Amore a colori

In Italia, le unioni miste stanno aumentando. Non sempre le convivenze sono semplici e i contrasti culturali diventano talvolta insanabili. Ma nella maggior parte dei casi si trasformano in un laboratorio in cui tradizioni diverse si incontrano diventando una ricchezza per la famiglia e per la società

Amore a colori

da Attualità

del 22 dicembre 2008

Il vecchio adagio «Moglie e buoi dei paesi tuoi» sembra aver perso attualità. Complice la globalizzazione, che porta molti italiani a lavorare e a studiare all'estero, e l'immigrazione, che ha fatto arrivare e continua a far arrivare in Italia sempre più stranieri, nel nostro Paese il numero delle coppie miste (cioè formate da un partner italiano e da uno straniero) è in forte e costante aumento. Secondo le statistiche dell'Istat (Il matrimonio in Italia, un'istituzione in mutamento, 2007), rielaborate dalla Caritas Migrantes (Dossier statistico immigrazione, 2008), nel decennio 1996-2006 il numero dei matrimoni misti è cresciuto del 143%, passando dai 9.875 del 1996 ai 24.020 celebrati dieci anni dopo, pari al 9,8% del totale dei matrimoni celebrati nel 2006.

«Questi dati - avverte Gaia Peruzzi, sociologa, autrice del libro Amori possibili. Le coppie miste nella provincia italiana (Franco Angeli, 2008) - si riferiscono ai matrimoni, non alle coppie. Non esistono infatti statistiche ufficiali sulle convivenze. Ma, siccome le convivenze in Italia sono in aumento, gli studiosi del fenomeno presumono che questo incremento riguardi anche le coppie con un partner straniero. Peraltro, va detto che nelle mie analisi le coppie miste dimostrano una maggiore propensione al matrimonio rispetto alle coppie italiane». Secondo una stima, i matrimoni misti sarebbero complessivamente circa 300mila, a questi dovrebbero essere aggiunte le convivenze che si stima siano tra le 200 e le 300mila. Le coppie miste in Italia sarebbero quindi in totale tra 500 e 600mila. «Anche questo dato - aggiunge Gaia Peruzzi - è però sottostimato. Infatti non tiene conto dei matrimoni 'invisibili' cioè di quelle unioni in cui il coniuge straniero prende la cittadinanza italiana e quindi sparisce dalle statistiche come straniero. Quindi, paradossalmente, quando le coppie tendono a diventare più stabili, spariscono dalle statistiche».

 

FENOMENO AL MASCHILE

Analizzando più in profondità il fenomeno, si può osservare come, su quattro matrimoni misti, tre sono formati da un uomo italiano e una donna straniera e solo uno da una donna italiana e un uomo straniero. «Questo dato - osserva la sociologa Barbara Ghiringhelli, responsabile del Consultorio famiglie interetniche della diocesi di Milano - può essere spiegato tenendo presente due fenomeni diversi. Anzitutto in Italia da sempre l'uomo è più libero di scegliersi la compagna di quanto lo sia la donna di scegliersi il compagno. Questo è ancora più vero quando ci si trova di fronte a un potenziale partner straniero. In secondo luogo, è molto importante la correlazione tra matrimoni misti e la composizione della comunità degli immigrati. In Italia ci sono comunità di stranieri composte prevalentemente da uomini (per esempio Marocco, Tunisia ed Egitto) e altre comunità di stranieri prevalentemente femminili (per esempio Ucraina, Ecuador, Colombia, ecc.). Quelle femminili hanno elementi di comunanza maggiore, in termini di cultura, religione e tradizioni, agli italiani».

A favore degli uomini italiani gioca anche la maggiore facilità con la quale è possibile incontrare le donne straniere. Queste solitamente lavorano come domestiche, badanti, infermiere. Sono presenti cioè in luoghi più quotidiani: abitazioni private, ambulatori, case di cura, ecc. Per la donna italiana invece è più difficile incontrare un uomo egiziano, tunisino, albanese o rumeno perché è raro che frequentino gli stessi ambienti. «I luoghi degli incontri sono molto diversi - spiega Gaia Peruzzi -, però ci sono ricorrenze. Alcuni partner mi hanno raccontato di essersi incontrati al bar, in associazioni e reti interculturali, nelle case dove lei faceva la badante o l'infermiera. A pensarci bene i luoghi in cui le future coppie miste si conoscono sono quelli più aperti agli immigrati e in cui la società italiana è disposta a farsi permeare. Si pensi per esempio alla casa in cui lavora la badante straniera. È vero che è un posto di lavoro, ma è atipico perché è uno dei pochi ai quali la donna straniera può accedere».

 

IDENTIKIT DI COPPIA

In passato esistevano solo due tipi di coppie miste: quelle composte da persone benestanti, cosmopolite che, viaggiando all'estero per piacere o per lavoro, trovavano un partner simile a loro; oppure, all'opposto, quelle composte da persone che appartenevano alle aree del disagio sociale che si incontravano in luoghi di marginalità: la strada, le associazioni di aiuto, ecc. Oggi invece si sta affermando una fascia di coppie «normali», cioè di unioni composte da impiegati, operai, infermieri, insegnanti, ecc. «Le indagini sociologiche sulla materia - spiega Barbara Ghiringhelli - indicano la nascita di un 'polo mediano' di persone che conducono una vita 'comune' e svolgono professioni normali. Nonostante questo però non sono scomparse le due tradizionali tipologie di coppie».

Tra le coppie italiane e le coppie miste c'è un elemento di profonda diversità: la differenza di età tra i coniugi. Nella metà delle coppie miste lo sposo ha almeno dieci anni in più della sposa (nel caso di coppie formate da italiani questa percentuale è del 15%) e i casi in cui la sposa italiana ha almeno 10 anni più del marito straniero sono il 15% (10 volte più frequenti di quanto avviene tra coniugi italiani). Come mette in evidenza il Dossier statistico immigrazione, nel caso delle coppie con marito italiano e moglie straniera, al momento del matrimonio lo sposo ha mediamente 41 anni e la sposa 33 (nelle coppie italiane l'età media è di 34 anni per lui e 31 per lei), viceversa, quando un'italiana sposa uno straniero, lei in media ha 33 anni e lui 32.

Oltre a essere più giovani, i coniugi stranieri sono solitamente anche più istruiti e hanno titoli di studio superiori a quelli del partner italiano. Tra le coppie con moglie italiana e marito straniero, nell'82% dei casi l'uomo ha una formazione più elevata. «Se uno straniero porta con sé il 'peso' di una cittadinanza svantaggiata - spiega Gaia Peruzzi - per accedere al 'mercato' matrimoniale italiano deve controbilanciarlo con doti favorevoli e appetibili. La giovane età e il maggior livello di istruzione spesso vengono considerati come buoni contrappesi».

Spesso queste diversità di istruzione e di età nascondono unioni di convenienza basate più sulla necessità dello straniero (uomo o donna) di avere una fonte economica certa, accasandosi con un italiano o un'italiana più anziani e meno colti, che non su autentici sentimenti. Nei casi più estremi sono addirittura coperture per truffe della malavita che lucra sulle concessioni di cittadinanza agli stranieri. Ma questa è un'altra storia, che compete alle forze di polizia e che rappresenta comunque una nicchia.

 

Le coppie miste sono un autentico laboratorio di integrazione. Gli altri luoghi di integrazione - scuola, fabbriche, uffici, ecc. - sono spazi pubblici. La famiglia è l'unico della sfera privata in cui culture, tradizioni e religioni diverse possono venire a contatto e «mescolarsi». «Sono convinta - osserva Gaia Peruzzi - che non ci sia integrazione senza matrimoni misti. Non c'è integrazione profonda quanto quella che si realizza in una sfera così intima qual è il matrimonio, nel quale la persona si mette completamente in gioco». Questa integrazione personale però va costruita giorno per giorno, superando ostacoli che le coppie con entrambi i coniugi italiani non devono affrontare. Secondo recenti studi, tra i principali motivi di difficoltà per le coppie miste ci sono la lingua, la concezione del ruolo della donna, l'educazione dei figli e il cibo. «In realtà - continua la sociologa -, la lingua e il cibo non sono gravi motivi di attrito. Anzi credo siano terreno di sperimentazione, conoscenza e avvicinamento. Ho notato invece che le tensioni più importanti arrivano dalla sfera religiosa, dal ruolo della donna, dalla gestione del denaro e dal timore che il coniuge lasci l'Italia». La religione è un terreno «scivoloso». Per molte coppie non è un problema perché uno dei due partner (spesso quello italiano) si dichiara non religioso o non praticante. Però, anche in questi casi, quando si apre una crisi coniugale, la fede può «tornare a galla». «Mi è capitato - ricorda Gaia Peruzzi - di conoscere un maghrebino musulmano, ma quasi indifferente alla sua religione. Eppure quando ha divorziato ha preteso che la figlia fosse educata secondo i più rigidi canoni islamici. Secondo me era un modo per riaffermare il suo essere arabo e islamico in contrasto con la moglie italiana e cristiana».

 

DIVORZI IN AUMENTO

Altro elemento di possibile crisi è il ruolo dei coniugi nell'ambito della coppia. Spesso le donne italiane accusano le famiglie di origine dei loro partner di avere una visione antiquata della donna. La stessa accusa viene rivolta ai propri coniugi dalle donne straniere sposate con uomini italiani più anziani. Ciò che è interessante è che le liti in questo campo sfociano sempre nell'accusa: «È colpa della tua cultura».

Anche la gestione del denaro è delicata. I soldi possono essere fonte di tensione. In questo campo conta molto l'atteggiamento del partner straniero, solitamente il più svantaggiato. Molte donne straniere chiedono di lavorare per potersi sentire indipendenti. Spesso però, pur non contribuendo con proprie entrate, pretendono di gestire il budget familiare. Molte di queste donne poi vogliono inviare i soldi ai loro familiari rimasti in patria. Ciò diventa un problema quando le rimesse vanno a un ex partner con il quale il rapporto non si è chiuso oppure, per gli uomini di fede islamica, alla seconda o alla terza moglie.

L'ultimo motivo di tensione è il timore che il partner straniero possa tornarsene in patria. Se in ogni coppia c'è il timore della separazione, nelle unioni miste questo timore è accompagnato sempre dalla paura che il partner lasci l'Italia e che, oltre a interrompersi definitivamente i rapporti, si possano creare problemi per l'educazione dei figli.

Queste difficoltà creano nella coppia un'instabilità che talvolta sfocia nella separazione o nel divorzio. Secondo il rapporto Istat, Evoluzione e nuove tendenze dell'instabilità coniugale, nel 2000 le separazioni di coppie miste sono state 4.266 (il 5,9% del totale delle coppie miste) e i divorzi 1.940 (5,2%). Nel 2005 tali dati sono cresciuti fino ad arrivare rispettivamente a 7.536 (9,2% del totale) e 2.883 (6,1%). Se in Italia le separazioni e i divorzi sono in generale aumento (nel decennio 1996-2006 sono cresciuti rispettivamente del 39,7% e del 51,4%), per le coppie miste questo incremento è ancora superiore: rispettivamente del 76,7% e del 48,6%. «Queste difficoltà non devono spaventare - conclude Barbara Ghiringhelli -. Non è uno slogan dire che la diversità può essere una ricchezza, ma solo se questa diversità è conosciuta e ben gestita può diventare un dono prezioso per la famiglia e per la società sia in termini di capacità di dialogo, sia di accoglienza dell'altro».

 

LA SFIDA POSSIBILE

Sposare una persona di nazionalità diversa dalla propria è una sfida appassionante, ma impegnativa, sotto molti punti di vista. Le testimonianze di italiani e stranieri sono concordi: un matrimonio misto (o una convivenza) è qualcosa di positivo e arricchente, ma non facile. Ogni aspetto della vita comune passa sempre al vaglio di due culture diverse, talvolta molto diverse, con interpretazioni che possono differire moltissimo. Con il rischio di incrinare il rapporto o comunque renderlo complesso.

 

IL FIDANZAMENTO

Le difficoltà possono iniziare durante il fidanzamento o subito dopo il matrimonio, quando i due partner si trovano subissati di obblighi burocratici da adempiere per mettere in regola l'unione. Questa difficoltà nell'ottenere i documenti necessari fa sì che spesso quel lavoro di approfondimento personale dedicato alla ricerca degli equilibri della coppia venga trascurato. Michele, 44 anni, di Torino, sposato con Maria, cubana, ricorda quel periodo come un incubo: «Per sposarci non abbiamo avuto problemi, ma dopo il matrimonio la burocrazia ci ha travolto. Per risiedere all'estero, i cubani che lavorano o hanno lavorato in un ministero devono chiedere a questo un permesso speciale. Mia moglie aveva lavorato per il dicastero della Salute e quindi aveva bisogno di quella autorizzazione. Averla non è stato uno scherzo. È stata addirittura nove mesi a Cuba senza poter rientrare».

Il periodo del fidanzamento è anche il momento in cui il partner straniero conosce la famiglia di quello italiano. In questa fase si concentrano paure, diffidenze, pregiudizi. I timori sono soprattutto nelle famiglie delle ragazze italiane che si sposano con stranieri. «La mia famiglia ha accettato bene mio marito - spiega Chiara Teresa, 31 anni, milanese, sposata con Ichiro, giapponese -. La nostra storia è maturata negli anni e quindi i miei genitori hanno avuto tempo per abituarsi. Se devo essere sincera, però, quando mia mamma ha saputo che mi ero fidanzata con un giapponese si è un po' spaventata, più che altro perché temeva che mi trasferissi in Giappone. In ogni caso con i miei ho parlato spesso del mio fidanzamento. Loro mi dicevano che ero libera di sposarmi con chi volevo, ma dovevo essere cosciente delle differenze culturali e di ciò che queste comportano».

«Io mi trovo benissimo con mio marito e non lo cambierei mai - spiega Giovanna, 41 anni, siciliana, sposata con Idrissa, senegalese -, però è faticoso dover 'tradurre' ogni aspetto della vita quotidiana da una cultura a un'altra. Tra noi non esiste alcun punto di riferimento culturale comune. Un esempio banale: se io gli parlo di Calimero, lui mi guarda perplesso e chiede a cosa mi riferisco. Devo spiegargli tutto: dai cartoni animati alla politica, dallo sport alla storia. E lo stesso ovviamente deve fare lui con me». Queste differenze culturali a volte richiedono notevoli sforzi. «Uno degli aspetti che dividono me e mio marito è la concezione del lavoro - continua Chiara Teresa -. Io sono avvocato e sono abituata a non avere orari. Ma la mia dedizione al lavoro non è nulla in confronto alla sua. Lui, prima delle 22-22,30 non torna mai a casa. E io, pur essendo ben predisposta, faccio fatica ad accettare questa situazione. Questa dedizione è iscritta nel suo dna e non potrò mai cancellarla, al limite potrò trovare una mediazione».

 

LA VITA DI COPPIA

Le difficoltà, naturalmente, non sono un'esclusiva dei coniugi italiani, ma interessano anche quelli stranieri. «Le difficoltà esistono, è inutile negarlo, però non sono insormontabili - sdrammatizza Mohamed, 72 anni, somalo, sposato, da 16 anni con Carla -. Con la buona volontà e un po' di intelligenza si supera tutto. Mia moglie da buona piemontese è una buongustaia. Pensi ai salti mortali che ha dovuto compiere ai fornelli per evitare di cucinare piatti con la carne di maiale che io, da musulmano, non mangio!»

Anche i figli potrebbero diventare (non sempre però) un elemento di criticità nella coppia perché entrambi i partner istintivamente riversano su di essi le proprie aspettative e abitudini culturali. «In una coppia mista - spiega Barbara Ghiringhelli -, questa dinamica può essere dirompente se prima non si è fatto un percorso che ha permesso di capire come affrontare questo problema. Se se ne parla prima, quando nasce un figlio non crolla il mondo, ma ci si mette in una situazione di dialogo e confronto». «Io - spiega Mohamed - mi sono sposato con la mia attuale moglie dopo un precedente matrimonio dal quale avevo avuto tre figli. Anche mia moglie aveva due figli dal suo precedente matrimonio. La nostra è diventata una grande famiglia allargata che si è amalgamata benissimo. Non ci sono mai stati problemi e i momenti di difficoltà, che pure non sono mancati, ci hanno unito di più».

Un ruolo negativo può essere giocato dalla diversità di religione. «Qualcuno dice che per una europea sposare un musulmano africano sia problematico. Non credo sia così - nega Giovanna -. Posso dire che i senegalesi sono persone molto aperte sui principali aspetti della vita quotidiana: il rispetto della persona, la cura dei figli, la divisione dei compiti, ecc. Con questo non intendo dire che tutte le donne occidentali siano preparate per sposarsi con un senegalese. Ma dico che è possibile instaurare un rapporto serio».

Tante difficoltà non possono scoraggiare le unioni miste? «Io credo di no - conclude Chiara Teresa -. Sposare una persona di una cultura diversa è un arricchimento incredibile. Ti porta a conoscere abitudini diverse, tradizioni diverse, diversi modi di leggere la vita. E questo è entusiasmante. Certo, una coppia che dice solo che è fantastico essere diversi e non prende in considerazione le difficoltà, forse non ha capito tutto».

 

 

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Enrico Casale

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