L'estromissione di una attiva presenza divina dall'amore, che diventa così solamente un incontro fra un uomo e una donna, impedisce infatti, secondo l'autore, quell'«allargamento dell'anima» che ci porta a penetrare nella caverna dove si sentono le voci della passione e la loro eco divina.
del 05 gennaio 2011
       
        Amore e religione è il sottotitolo dell’ultimo libro di Alain Besançon (Cinq personnages en quête d’amour, Paris, Editions de Fallois, 2010), dedicato a una riflessione sull’amore e il matrimonio nella tradizione occidentale condotta attraverso testi letterari fondamentali. Partendo dall’Odissea per passare poi all’elaborazione giudaico-cristiana dell’amore, con la Bibbia e Tristano e Isotta, e arrivare a quella moderna, segnata da una graduale secolarizzazione, con Rousseau e Flaubert.
 
        È una sorta di meditazione che non rimane nell’ambito della creazione letteraria, ma ci riguarda da vicino: l’estromissione di una attiva presenza divina dall’amore, che diventa così solamente un incontro fra un uomo e una donna, impedisce infatti, secondo l’autore, quell’«allargamento dell’anima» che ci porta a penetrare nella caverna dove si sentono le voci della passione e la loro eco divina.
        Ed egli arriva a ipotizzare che «il Cielo chiuso del nostro mondo contemporaneo rende difficile l’apertura di queste caverne» e come quindi oggi «il loro accesso sia sbarrato». I nostri amori, di conseguenza, si devono accontentare di «un teatro più stretto», che limita anche la nostra formazione interiore. L’anima scompare e viene rimpiazzata dall’«apparato psichico», al cui fondo si trova l’inconscio.
        Besançon conclude gli affascinanti capitoli dedicati all’amore nei poemi omerici dicendo che, nonostante le numerose avventure di Ulisse, «c’è un solo e unico amore nell’Odissea ed è coniugale» e che quindi nella cultura classica il matrimonio lungo e fedele rimane un ideale incontestato. Ma è solo con la Bibbia, cioè con l’irruzione del monoteismo, che viene considerato legittimo esclusivamente l’amore coniugale.
        E, dal momento che si attribuisce un significato nuziale sia alla missione di Israele che al suo rapporto con Dio, è inevitabile che il peccato sia poi sempre ricondotto all’adulterio. In particolare, il peccato supremo, l’idolatria. Questa concentrazione sul peccato sessuale e sulla sua portata religiosa, metafisica — considera l’autore — è assente invece nella letteratura greca.
        Nel mondo greco-latino, infatti, la colpa dell’errore viene gettata sugli dei che intervengono impedendo all’essere umano di riflettere, e quindi di rifiutarsi di commettere la colpa. Nel testo biblico, invece, la colpa non può essere gettata su Dio ma, anzi, è una offesa a Dio stesso. Il Dio di Davide è temibile, ma è anche misericordioso, qualità che non vengono mai attribuite agli dei pagani. La rivelazione portata dalla Bibbia «ha aperto all’uomo la caverna dei sentimenti».
        Con il cristianesimo — scrive Besançon — nel rapporto fra la donna e l’uomo si introduce un terzo, il Dio vivente, giusto e misericordioso, che è ben diverso dal destino. Il teatro del rapporto si allarga a un altro soggetto, l’anima, che conosce l’esperienza dell’interiorità. Agostino, che a lungo ha riflettuto sull’amore, pone fine a una concezione della sessualità come fenomeno semplicemente fisiologico, secondo la visione allora prevalente. Essa diventa invece una ferita permanente e incurabile dell’anima, che impedisce all’essere umano di sottoporsi liberamente alla legge e all’amore di carità. La concupiscenza si stacca dal corpo ed entra nell’anima. Ma l’amore umano può essere benedetto se include il terzo divino, e si pone nel destino naturale e sovrannaturale delle persone coinvolte.
        La storia di Tristano e Isotta è indubbiamente sovversiva, si oppone direttamente alla morale coniugale e ne propone un’altra, fondata sul sentimento. Essa introduce l’amore folle, che si può considerare una forma di impazienza, cioè un modo di gustare immediatamente il frutto che era sì promesso, ma al termine di una crescita e di una attesa. Per questo motivo Besançon ricorda come i padri della Chiesa sostenessero che il peccato originale si poteva assimilare all’impazienza.
        Eloisa vuole espellere Dio dal rapporto con Abelardo: il suo amore è così assoluto che ella contravviene al primo e più importante comandamento. Wagner riprenderà il tema proponendo un nuovo tipo d’amore, affrancato dalla morale divina e dalla morale sociale, nel quale la pena viene dalla frustrazione del desiderio e dal conflitto morale.
        Al mito di Tristano e Isotta allude fin dal titolo il romanzo La nouvelle Héloïse di Rousseau, ma con altri sviluppi e altri esiti: Julie, la protagonista divisa fra il grande amore e il dovere coniugale, «parla troppo del suo crimine, e non abbastanza dei suoi peccati» perché l’Essere supremo a cui fa riferimento non è il Dio cristiano, ma una divinità inventata da lei stessa. E benché si offra in sacrificio ed entri in una sorta di stato mistico, si sente che è falso, e questa falsità si comunica al romanzo.
        La religione scompare completamente nell’educazione sentimentale di Flaubert — anche se, nota l’autore, la metà femminile della Francia è ancora pia nel XIX secolo — e quindi manca totalmente l’idea di peccato. Fino a quel momento l’amore sacro non era stato del tutto separato da quello profano: in questo romanzo, invece, l’amore è completamente secolarizzato.
        Oggi — sottolinea l’autore — la secolarizzazione dell’amore è generale, e tutto avviene solo fra un uomo e una donna, come prova la sostituzione del sacramento matrimoniale con legami civili.
        Ma questi legami, che sembrano così moderni, in realtà non fanno che ripetere, senza saperlo, il matrimonio pagano, greco, romano, cinese, indù. E conclude mestamente Besançon che comunque anche queste forme di vincolo, che pure sono state private di Dio, almeno restaurano il legame naturale.
Lucetta Scaraffia
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