Non vediamo l'ora di mostrare qualcosa: foto, intimità, pensieri, anche insignificanti. E' l'epoca del mostrarsi, la nostra. In ogni modo. E' l'epoca in cui inondiamo di messaggi, e pensieri, i nostri contatti, perché dirli amici è decisamente troppo. E' l'epoca in cui di tutti è mostrato tutto.
del 14 febbraio 2011
 
            E’ un periodo strano questo. Dove si fatica a vedere, lontano, l’orizzonte. Dove, più che mai, si fatica a trovare, nelle cose del mondo, una verità nitida, limpida, che non faccia impallidire. O dubitare almeno un poco. E un po’ invidio, ma neanche tanto, chi ha le idee chiare. Chi ha scelto da che parte stare.
          E’ l’epoca del mostrarsi, la nostra. In ogni modo. E’ l’epoca in cui inondiamo di messaggi, e pensieri, i nostri contatti, perché dirli amici è decisamente troppo. E’ l’epoca in cui di tutti è mostrato tutto. E noi stessi non vediamo l’ora di mostrare qualcosa di noi. Le nostre foto, la nostra intimità, i nostri pensieri, persino quelli insignificanti.
          E, sotto sotto, vogliamo sapere dell’altro soprattutto le cose più insignificanti. Vogliamo sapere cosa ha pensato in quel momento, anzi, più che “pensato”, “postato”. Talvolta le due operazioni corrispondono.
          Tutti vogliono manifestare qualcosa. Rendere manifesto. Eppure, in questa morbosa epifania che coinvolge tutti, ciò che muore è forse la cosa più importante: il pudore.
          Ho paura di una società senza pudore. Senza quel riserbo che protegge l’amore. Senza quel silenzio, tenero e discreto, che ha rispetto per l’abisso che c’è al fondo della verità.
          Mi fanno paura le esibizioni. Quelle che mettono in mostra il potere, come quelle che non hanno altro scopo che giudicare. Anche l’esibire ostinatamente, sé stessi e gli altri, è un veleno letale per il pudore.
          Salvare il pudore credo sia oggi una missione. Un impegno che ognuno si deve prendere. Salvare il pudore dalla noia delle manifestazioni continue. Dalla noia del sentire su tutto il parere di tutti. Non a caso Dostoevskij e Baudelaire dicevano che il mondo non perirà a causa delle guerre, ma a causa della noia, quando da uno sbadiglio grande come il mondo, uscirà fuori il diavolo.
          E, dunque, coltiviamo il riserbo, l’umiltà del trattenere il giudizio. Proteggiamo quel velo di pudore. Proteggiamo la capacità di nascondere e custodire. La capacità di non mostrarci. E di trattenere, per donare a poco a poco, solo ciò che ha valore.
          Perché, come diceva sant’Isacco di Ninive, nonostante tutto “il silenzio sarà la lingua del secolo futuro”.
 
 
Cristian Carrara
Versione app: 3.25.0 (f932362)