Una vera predica evangelica dovrebbe equivalere a porgere a un bambino una bella mela rossa o un assetato un bicchiere d'acqua fresca e a domandargli: lo vuoi? L'annuncio del Vangelo dev'essere tale che le mani di chi ascolta si tendano a esso come la mano dell'assetato all'offerta di un bicchiere d'acqua fresca.
del 01 gennaio 2002
Una vera predica evangelica dovrebbe equivalere a porgere a un bambino una bella mela rossa o un assetato un bicchiere d’acqua fresca e a domandargli: lo vuoi?
Dovremmo perciò esser capaci di parlare delle cose della nostra fede in modo tale che le mani possano tendersi verso di esse più velocemente di quanto noi non siamo in grado di riempirle.
Gli uomini dovrebbero accorrere e non trovare pace quando si parla del Vangelo, così come i malati accorrevano una volta verso il Cristo, che andava in giro guarendo, per farsi sanare. Queste non sono soltanto belle parole. Le cose non dovrebbero essere veramente così dove si parla della buona novella di Dio?
E invece purtroppo non sono così, come tutti sappiamo.
Ma noi non dobbiamo darci pace, come se fosse necessario e naturale che le cose stiano così.
E qui uno dei motivi – naturalmente solo uno – è che abbiamo semplicemente paura di prendere in mano il Vangelo in maniera palpabile e realista, così come esso è. Abbiamo spiritualizzato il Vangelo, e cioè lo abbiamo impoverito, cambiato.
Prendiamo il Vangelo del ricco epulone e del povero Lazzaro. È diventata un’abitudine vedere tutto il senso del racconto nel fatto che i ricchi devono aiutare i poveri. Cioè se ne fa un racconto morale esemplare.
E invece questa narrazione, se le permettiamo di influire in modo veramente genuino su di noi, è qualcosa di completamente diverso, è una predicazione molto palpabile della buona novella. Naturalmente tanto palpabile, tanto massiccia che non la prendiamo più sul serio.
Immaginiamoci come una folla di malati, di indigenti, di miseri, di poveri Lazzari si radunò attorno a Cristo e come questi cominciò a raccontare del Lazzaro povero e lebbroso seduto davanti allo soglia del ricco epulone e tormentato persino dai cani. E come il racconto prese un’altra piega con le parole: «Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo... Lazzaro ha ricevuto i suoi mali durante la vita e ora è consolato».
Tra la folla devono essere scoppiate grida di gioia e di speranza. Questa era la buona novella, l’acqua fresca verso cui essa tendeva la mano. Era lo stesso amore di Dio a parlare così ai poveri e ai miseri. Voi reietti, voi svantaggiati, voi poveri e malati, voi disprezzati sarete consolati. Avete sofferto tanto nel mondo, ma tra poco sarete inondati da una gioia eterna e da una eterna consolazione. Guardate il povero Lazzaro, come egli giace disprezzato davanti alla soglia del ricco, e poi guardate come viene consolato da Dio nel seno di Abramo. Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Rallegratevi ed esultate, perché la vostra ricompensa è grande nei cieli.
Così suonano le beatitudini in Luca (6,20-23). Qui non si parla di poveri in spirito (Mt 5,3)... ma viene detto «Beati voi poveri, voi che avete fame, voi che piangete» così come vi conosciamo nel mondo. Beati voi Lazzari di tutti i tempi, perché sarete consolati nel seno di Abramo. Beati voi reietti e disprezzati, voi vittime della società, voi uomini e donne senza lavoro, voi falliti e rovinati, voi solitari e abbandonati, violentati e vittime di ingiustizie, voi sofferenti nel corpo e nell’anima, beati voi, perché la gioia del Signore verrà sopra di voi.
E ascoltiamo ancora l’altra faccia della medaglia, quella spaventosa, quella del ricco epulone che vestiva di porpora e bisso. Di lui leggiamo: «Morì anche il ricco e fu sepolto». Già queste parole sono molto dure. E poi egli deve sopportare nell’inferno il tormento della sete eterna, perché era stato pienamente sazio sulla terra. Deve vedere il povero Lazzaro nel seno di Abramo e implorare affinché questi plachi anche solo per un istante la sua sete. Ma neppure questo gli è concesso.
«Ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita». E dietro di ciò noi udiamo le parole: «Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete» (Lc 6,25).
Guai a voi che ora vestite di porpora e di bisso e banchettate, perché patirete una sete eterna.
Beato te, Lazzaro povero, reietto, lebbroso di ieri e di oggi, perché tu hai un Dio. Guai a te che vivi nella magnificenza, banchetti e godi di prestigio, ieri e oggi.
Questa è la buona novella dell’avvento del nuovo mondo, del nuovo ordine, che è il mondo e l’ordine di Dio.
Dietrich Bonhoeffer
da Risposta alle nostre domande, Queriniana 2003
Dietrich Bonhoeffer
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