Chiara Amirante: «ho incominciato ad andare in strada proprio dai ragazzi più lontani, ragazzi che vivevano di carcere, di prostituzione, di droga, quindi certamente non ferventi cattolici o praticanti. E il mio timore più grande era proprio quello di un grande rifiuto... Pensavo: “Cosa farò? Cosa dirò?”».
La nuova evangelizzazione è un’urgenza che riguarda tutti noi e tutto il mondo: questa la riflessione emersa dal Sinodo. Ma quanto si avverte, oggi, questa urgenza?
Al microfono risponde Chiara Amirante, fondatrice e presidente della Comunità Nuovi Orizzonti, presente ai lavori sinodali in veste di uditrice.
Ce n’è un grande bisogno! Io ho incominciato ad andare in strada proprio dai ragazzi più lontani, ragazzi che vivevano di carcere, di prostituzione, di droga, quindi certamente non ferventi cattolici o praticanti. E il mio timore più grande era proprio quello di un grande rifiuto … Pensavo: “Cosa farò? Cosa dirò?”. Poi mi sono resa conto che spesso sono più timori che nascono da una non piena consapevolezza del grande tesoro che ci è stato donato e di cui dobbiamo essere responsabili, perché di fatto la persona che si è allontanata dalla fede, da Gesù Cristo, per lo più si è allontanata per l’incoerenza di tanti cristiani, ma non certo per quello che è il messaggio di Gesù Cristo che è sempre e comunque affascinante, anche laddove è radicale. E’ vero che ci sono tantissimi valori che sono in crisi profonda; però è vero che c’è anche un grande bisogno di profeti che siano fedeli a quelle verità evangeliche ma che ci facciano anche comprendere il senso di certe linee che Santa Madre Chiesa, con l’esperienza di secoli, ci dà. Se penso alla sessualità e alle devastazioni che oggi questa sessualità, vissuta un po’ con l’usa-e-getta, sta portando nella vita di molti giovani, mi accorgo che quando parlo con ragazzi che sono stati sesso-dipendenti per una vita, quindi hanno vissuto il sesso anche come droga in tutte le sue sfumature, e hanno vissuto però anche i drammi che questo può portare nella vita, e poi parlo di castità … mi accordo che trasmettendo loro un senso di questa sessualità vissuta nell’amore, dell’altezza, della sacralità e anche dei danni che ne possono venire, io vedo che non c’è un rifiuto, anzi: anche le persone più lontane restano come affascinate … Perché Gesù Cristo affascina l’uomo di allora come l’uomo di oggi … Credo che il segreto sia nella coerenza alla radicalità evangelica e la coerenza alla genuinità del messaggio evangelico.
Questa testimonianza di vita coerente può essere in un certo modo la risposta a chi dice: “Credo in Cristo ma non nella Chiesa”?
I giovani che incontriamo in strada per lo più ci dicono proprio questo: “Noi ci siamo allontanati dalla Chiesa”, ma ci dimentichiamo che la Chiesa siamo noi. Ci dimentichiamo, appunto, che noi tutti siamo chiamati alla santità. Allora questo dire “Credo in Cristo ma non nella Chiesa” dovrebbe diventare qualcosa che ci interpella in prima persona. Cioè, ci interpella la radicalità di un Francesco che di fronte a quanto gli dice il Signore: “Va’, e ripara la mia casa perché cade in rovina”, sì, ha iniziato dai mattoncini di San Damiano ma poi il suo vero contributo nel rinnovare la Chiesa perché tornasse alle origini della sua santità e “meravigliosità”, questo suo essere il Corpo mistico di Cristo, è stato essere lui per primo santo!
Come portare avanti la testimonianza del Vangelo?
Credo che l’urgenza sia proprio questa: rimanere nel suo amore, nella riscoperta di una santità quotidiana, nella semplicità che ci porta a sperimentare quei frutti della vita di comunione con Gesù che sono frutti di grande gioia, di grande pace, di comunione che sono qualcosa che – purtroppo – il mondo cerca nei paradisi artificiali che i falsi profeti con tanta forza oggi propongono, ma che sanno riconoscere nei testimoni credibili. Quindi, la testimonianza si porta avanti con questo nuovo impegno alla santità quotidiana, nella semplicità.
Paolo Ondarza
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