L'IDENTITA' DELL'ANIMATOREDon Bosco diceva: 'Ricordatevi che l'educazione è cosa di cuore e solo Dio ne è il padrone e noi non potremo riuscire in cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l'arte'. Don Bosco afferma che per arrivare alla mente dei ragazzi si deve passare per il cuore. Ma chi ha le chiavi del cuore dei ragazzi? Solo Dio le ha! L'educazione è un'arte che solo Dio può insegnare.
del 01 gennaio 2002
5. L'IDENTITA' DELL'ANIMATORE
1. L'ANIMATORE E' UN CHIAMATO
Un giovane cristiano anima perchè si accorge che il Signore glielo chiede e si rende conto che attraverso l'animazione il Signore gli vuole dire qualcosa. Non scelga, quindi, l'animazione chi non sa come trascorrere il sabato pomeriggio o la domenica mattina o chi non è riuscito ad organizzare le vacanze estive in spiaggia o in montagna! Infelici poi gli animatori che animano perchè piacciono loro i ragazzi: 'romperanno ben presto' e questi animatori finiranno di animare!
Il compito di animare scaturisce da una chiamata: 'Non siete voi che avete scelto di diventare animatori, ma è Dio che vi affida questo compito'. I ragazzi quindi appartengono a Dio, non agli animatori. L'animazione è un atteggiamento interiore che deriva dalla fede e dalla volontà di dare un corpo alla propria fede: è, pertanto, una buona occasione per crescere nella fede.
Don Bosco diceva: 'Ricordatevi che l'educazione è cosa di cuore e solo Dio ne è il padrone e noi non potremo riuscire in cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l'arte'. Don Bosco afferma che per arrivare alla mente dei ragazzi si deve passare per il cuore. Ma chi ha le chiavi del cuore dei ragazzi? Solo Dio le ha! L'educazione è un'arte che solo Dio può insegnare. Un vero animatore, secondo Don Bosco, non può essere tale se non è un credente, un vero e profondo innamorato di Dio.
L'essere animatore, quindi, non si gioca sulle tante cose da fare: non è questo il suo primo compito. L'animatore è chiamato prima di tutto a crescere nel suo rapporto personale con Dio, nell'ascolto cioè della sua Parola.
L'animazione è una chiamata da cui scaturisce un impegno. Di conseguenza l'animatore non esce mai di casa senza aver capito che cosa Dio gli domanda. Non può andare a lavorare nella sua vigna, senza aver prima capito cosa Dio gli chiede: se c'è da zappare, se c'è da potare, se c'è da innaffiare... Prima di cominciare un lavoro ha bisogno di rivolgersi al suo 'datore di lavoro' per chiedergli che cosa può fare oggi, per che motivo è chiamato, altrimenti rovina e distrugge, invece di creare e costruire. All'inizio di ogni giornata gli chiederà: 'Per che cosa mi hai chiamato quest'oggi, Signore? Che cosa mi affidi di bello da realizzare nel tuo Regno?'.
L'animatore è allora prima di tutto un testimone, non un capo, non un maestro. Il testimone è colui che lascia trasparire i motivi delle sue azioni: l'animatore è così colui che ha trovato nel cristianesimo una verità, un gusto, una gioia tale da far venir voglia a chi lo incontra di andargli dietro. L'animatore però non è la vetta della montagna, ma il segnale che indica la direzione da percorrere. San Giovanni nel suo vangelo infatti testimonia: 'La prima persona che Andrea incontrò fu suo fratello Simone e lo condusse subito da Gesù'.
Ma dove un giovane oggi può incontrare Gesù Cristo? Chi lo porterà dal Signore? Gesù Cristo non ha lasciato l'uomo solo! La Chiesa è il luogo che permette l'incontro con Gesù Cristo e la crescita della fede. Se da una parte la Chiesa conduce a Gesù Cristo, dall'altra è la Chiesa stessa Corpo di Cristo, perchè solo conoscendo e amando la Chiesa si conosce e si ama Gesù Cristo. Per questi motivi Gesù Cristo e la Chiesa sono inseparabili come per un uomo sono inseparabili la sua anima e il suo corpo.
Don Bosco insegnò ai giovani a vivere il mistero della Chiesa che racchiude, nella debolezza dell'umano, la grazia invisibile della presenza di Dio. E' dall'amore per Gesù Cristo che nasce inseparabilmente l'amore per la sua Chiesa, popolo di Dio, centro di unità e di comunione di tutte le forze che lavorano per il Regno di Dio.
La Chiesa va incontro ad ogni persona attraverso le sue membra: i singoli fedeli, le parrocchie, i gruppi cristiani... Mosso dalla testimonianza viva della comunità cristiana o di qualche credente, il giovane animatore matura sempre più consapevolmente, all'interno e in comunione con la Chiesa, la propria fede.
'Stare in gruppo' è innanzitutto intessere un'amicizia cristiana e vivere un'esperienza di Chiesa. La vita di gruppo è un'esperienza di fede, capace di far incontrare Gesù Cristo. Il gruppo, all'interno del grande corpo che è la Chiesa, è paragonabile all'ultimo capillare che porta il sangue alla cellula oppure all'ultimo cavo che porta la corrente elettrica, proveniente dalla centrale, alla lampadina. L'incontro con Gesù Cristo è il grande tesoro che c'è dietro ad ogni gruppo cristiano. Il gruppo diventa così il 'luogo' dove Gesù Cristo è percepibile per coloro che lo incontrano.
2. ANIMARE E' IMPARARE A SERVIRE GRATUITAMENTE
Ciò che fa la differenza tra un animatore cristiano e un animatore turistico è volere il bene dei ragazzi e non il loro portafoglio, è il desiderio di aiutarli a crescere pienamente, sapendo di essere strumenti nelle mani di Dio. Il problema, infatti, non è far star buoni i ragazzi, non è farli divertire, ma farli crescere. La missione appartiene a Dio e i ragazzi non appartengono agli animatori, ma a Dio. L'animatore allora si propone come fratello che aiuta, non come capo che comanda.
I ragazzi non possono diventare i 'reintegratori' delle immaturità degli animatori! Non si può essere animatori 'part-time', indossando una bella e coloratissima maschera! Essere animatori non significa impadronirsi di una serie di tecniche per intrattenere i ragazzi, ma significa accettare di essere, pur con i propri limiti e difficoltà, degli strumenti nelle mani di Dio; e la garanzia e la paga dello spendersi dell'animatore è Lui, il Signore. Se un animatore non ha lo spirito del servo il suo lavorare è autogratificazione, strumentalizzazione dei piccoli!
Don Bosco diceva spesso: 'Mettiamoci al loro servizio, come Gesù, che venne ad obbedire non a comandare, vergognandoci di ciò che possa avere l'aria dei dominatori...'. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, sopportandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poca fedeltà, e col trattare i peccatori con una dolcezza e familiarità da produrre in alcuni stupore, in altri quasi scandalo e in molti la santa speranza di essere perdonati da Dio. L'animatore ha la passione che i ragazzi crescano, non gli importa se lui diminuisce, se ad un certo momento non 'centra più', se nessuno gli batte le mani; anzi l'inutilità dell'animatore è segno che il ragazzo è cresciuto, è ormai capace di camminare autonomamente. Fine dell'animatore è pertanto 'diventare inutile'.
L'animatore è paziente, dà ai ragazzi del futuro, non pretende che siano come lui, ma cammina con loro perchè siano come Dio li vuole. L'animatore non fa del bene perchè il ragazzo gli dia qualcosa, perchè sia bravo, ma perchè è lui, perchè merita il suo amore e il suo tempo. Non per ricevere applausi, non per avere soddisfazioni, verranno anche quelle; ma l'animatore non chiede niente ai ragazzi, non può chiedere niente, neanche un grazie... Gesù ha amato gli uomini per se stessi, non per il gusto che gli veniva.
Ogni ragazzo è un figlio di Dio che è affidato all'animatore. Per questo motivo deve essere forte la passione dell'animatore per il destino delle persone che gli sono affidate. Nel vangelo si dice che Gesù Cristo, incontrando il giovane ricco 'lo guardò e lo amò'. L'animatore comincia ad educare quando i ragazzi che incontra sentono che l'animatore è interessato a loro, senza secondi fini, non perchè devono ingrossare il numero del loro gruppo, ma perchè ha a cuore il loro destino eterno. Quale gioia per un ragazzo sentirsi addosso questa simpatia, accorgersi che l'animatore gli vuol bene, senza nessun interesse, ma solo perchè è lui, un figlio di Dio!
C'è infine un rapporto preziosissimo, sconosciuto, fra amore e - una parola che non si usa mai - purezza. La purezza è un modo intensamente evangelico di amare Dio e i fratelli. Don Bosco visse la castità come amore senza limiti a Dio e ai fratelli. Volle che essa fosse un segno distintivo della Società salesiana: 'Chi spende la vita a pro dei giovani abbandonati deve certamente fare tutti gli sforzi per arricchirsi di ogni virtù. Ma la virtù che si deve sommamente coltivare... è la virtù della castità'. La purezza, come capacità di autentica signoria di sè, da una parte consente all'animatore di animare schiettamente in modo che i ragazzi 'conoscano di essere amati' e dall'altra lo rende capace di educare all'amore. La purezza è la forma suprema di gratuità, perchè è consegna totale di sè all'altro. Solo gli animatori puri nel corpo, nella mente e nel cuore sapranno far trasparire dai loro atteggiamenti l'amore di Dio. L'animatore puro nei pensieri e nelle azioni offre ai ragazzi un amore che non trattiene, ma orienta a Dio.
3. L'ANIMATORE E LA SUA SCELTA DI VITA
L'educazione può diventare una scelta vocazionale: allenarsi ad una stagione di animazione per poter intuire dove Dio può chiamare a fare una scelta anche di educazione per la vita. Si può essere educatori in una famiglia, da cooperatori salesiani, da salesiani o figlie di Maria Ausiliatrice...
Un aiuto importante per la crescita dell'animatore è la presenza della guida spirituale con la quale verificare la propria esperienza di animazione: l'esperienza di avventure varie, di momenti di entusiasmo, di momenti di scoraggiamento, forse anche di cotte... rileggere l'esperienza perchè aiuti l'animatore a capire che cosa Dio gli ha comunicato tramite l'animazione.
Con l'animazione si deve scoprire cosa Dio sta domandando: se, però, alla fine dell'esperienza, l'animatore non avrà scoperto a che cosa Dio lo chiama, avrà fallito.
L'animazione è un mezzo, utile, ma pur sempre un mezzo per capire chi è il Signore per l'animatore e chi è l'animatore per il Signore.
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