La missione dell'associazione no profit olandese Women on Waves, è semplice e chiara: portare ‚Äì via mare e via posta ‚Äì l'aborto nei Paesi in cui la pratica è ancora illegale. Tenaci marinaie e solerti postine, dunque, in difesa del fondamentale e imprescindibile diritto umano all'interruzione di gravidanza per via chimica. Una barca salpa alla volta dei lidi incriminati, fa salire a bordo le donne che intendono abortire e le conduce in mare aperto dove ‚Äì così stabilisce il diritto internazionale ‚Äì vige la legislazione di cui l'imbarcazione porta la bandiera
del 20 gennaio 2007
La missione dell’associazione no profit olandese Women on Waves, è semplice e chiara: portare – via mare e via posta – l’aborto nei Paesi in cui la pratica è ancora illegale. Tenaci marinaie e solerti postine, dunque, in difesa del fondamentale e imprescindibile diritto umano all’interruzione di gravidanza per via chimica. Una barca salpa alla volta dei lidi incriminati, fa salire a bordo le donne che intendono abortire e le conduce in mare aperto dove – così stabilisce il diritto internazionale – vige la legislazione di cui l’imbarcazione porta la bandiera. Le Women on Waves sono così libere di fornire in piena legalità l’aborto chimico alle loro passeggere dopo 2 ore di navigazione (il tempo per raggiungere le acque internazionali), un leggero pasto e qualche pasticca contro il mal di mare. L’invito all’ospite è di vestirsi comoda (niente tacchi, please!), di portarsi appresso il passaporto, un cambio di biancheria intima e degli assorbenti.
Come spiega Rebecca Gomperts, tra le fondatrici dell’associazione, intervenuta a un recente convegno romano, si è scelta la via chimica perché più rapida e facile di quella chirurgica: bastano 20 minuti e l’aborto legale e sicuro è eseguito. Legale senz’altro (le Women on Waves si muovono nel pieno rispetto della legislazione olandese), sicuro forse un po’ meno: il mifepristone lo prendi a bordo, il misoprostolo a casa. In una casa in cui, un volta che la donna è rientrata a terra, abortire è fuori legge – il che significa che rivolgersi a un medico in caso di bisogno è pressoché impossibile. Dal 1999, anno di fondazione dell’associazione, ad oggi sono state condotte tre campagne: Irlanda (2001), Polonia (2003) e Portogallo (2004; Women on Waves è convinta di aver avuto il merito di aver fatto cadere il governo allora in carica); prossima destinazione, presumibilmente l’anno venturo, l’Argentina. Rebecca Gomperts mostra orgogliosa dei video a firma illustre (come la statunitense Cnn e l’inglese Channel 4) che ritraggono le loro imprese, evidente testimonianza del grande clamore che queste campagne hanno sollevato (e per il fermo immagine sceglie, sollevando le lunghe risa delle presenti, la gigantografia di un uomo polacco che accoglie la nave olandese sgranando il rosario).
La Gomperts è solo un po’ incupita quando rivela che la sua associazione – che non è proprietaria delle barche, ma le affitta ad hoc per le singole missioni – fatica non poco nella natia Olanda per trovare un proprietario disposto a cedere un’imbarcazione su cui issare il prezioso container delle Women on Waves.
La strategia acquatica, scenografica quanto volete, si rivela infatti poco proficua sul piano concreto ed ecco quindi pronta un’altra offerta onde poter abortire con facilità e in sicurezza. È il servizio Women on Web che, attraverso la rete, istruisce le donne sull’aborto chimico. Così, a quelle che vivono in Paesi in cui interrompere la gravidanza è ancora illegale, si danno indicazioni pratiche e concrete sull’aborto fai-da-te. O meglio fai-con-loro: le paladine olandesi, infatti, ti inviano il kit necessario direttamente a casa.
Come spiega il sito, le vie sono due: un aborto chimico a base di mifepristone e misoprostolo (percentuale di riuscita, informa la pagina web, del 97%) o, laddove questo non sia possibile, un aborto chimico a base di solo misoprostolo (esito fausto all’80%).Il sito informa ancora che il misoprostolo è disponibile in farmacia in quasi tutti i Paesi ed essendo usato per prevenire le ulcere gastriche o contro l’artrite, si tratta solo di sbizzarrirsi nelle spiegazioni – dite che vostra nonna, immobilizzata a letto, ne ha bisogno e il gioco è fatto. Si fornisce quindi l’elenco dei farmaci che lo contengono (l’importante è che ne assumiate la dose necessaria), aggiungendo che può essere anche ordinato via internet (vedi la lista acclusa delle farmacie) o che lo si può comprare al mercato nero (per esempio dove comprate la marijuana). Ovviamente non si dimentica il particolare di star parlando a donne che vivono in Paesi in cui abortire è fuori legge: l’aborto a base di misoprostolo presenta tutte le caratteristiche (e i rischi) di un aborto spontaneo; se l’avete praticato e siete nei guai, recatevi senza paura da un medico o in ospedale e recitate la parte. Se avrete assunto il farmaco per bocca, sarete sicuramente creduta – ecco perché se ne sconsiglia l’assunzione per via vaginale.
l racconto della Gomperts lascia più di qualche ascoltatrice attonita e le domande incalzano. L’oratrice si affretta a spiegare che la sua associazione non ha alcuna responsabilità legale per gli aborti, e rimarca la bontà del loro progetto: l’invio avviene anche a quelle donne che non hanno di che pagare le pillole mandate loro dalle Women. Ricorda quindi come il sito precisi che l’aborto-fai-da-te è possibile solo se si vive in un posto da cui si può raggiungere in 'a few hours' l’ospedale. E cosa ne è di queste donne fortunate che ricevono la pasticca a casa? L’invio avviene entro un certo tempo dall’inizio della gravidanza? Cosa si fa nei casi in cui l’aborto non si produce? Rebecca Gomperts non si scompone. La sua associazione non sa nulla di quanto poi accade alle donne, il sito parla di aborto chimico entro la nona settimana ma il plico può essere recapitato anche oltre: non dimenticate che per queste donne la sola alternativa è quella di morire o di menomarsi con una forchetta o un ferro da calza. Del resto, è sempre la Gomperts a parlare, la notizia che nel caso in cui la gravidanza prosegua nonostante l’assunzione del misoprostolo, vi sia il rischio di malformazioni nel feto è una bufala fatta circolare ad arte dagli anti abortisti; le probabilità che questo accada sono infatti pochissime. Quello a cui la Gomperts però non risponde è perché i suoi sonni dovrebbero essere più tranquilli di quelli di chi fa abortire in maniera barbara e primitiva le donne nei Paesi in cui la pratica è illegale. Nemmeno troppo tra le righe, infatti, si accetta la stessa immagine contro cui l’associazione olandese conduce le sue battaglie: quella di una donna disperata e sola che si contorce tra dolori lancinanti ed emorragie non raramente letali.
Giulia Galeotti
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)