Ascoltare il silenzio

Il silenzio è un mezzo, uno strumento preziosissimo per aumentare le nostre possibilità di espressione, e per migliorare la nostra vita. Quella di tutti i giorni.

Ascoltare il silenzio

da Quaderni Cannibali

del 08 ottobre 2009

Immersi nel rumore, travolti e confusi da una valanga di informazioni, abituati a riempire ogni piccolo vuoto: siamo così noi uomini d’oggi, ormai incapaci di vivere un silenzio diventato insieme rarità da ricercare e spazio angosciante, lusso e condanna. E così, se da un lato aspiriamo alla quiete delle campagne o all’ombra dei chiostri, dall’altro difficilmente sappiamo godere del silenzio, incapaci come siamo di rallentare, di ascoltare, di stare con noi stessi.

 

Negli ultimi anni il silenzio ha ottenuto una particolare attenzione: non solo vacanze nei monasteri, ma pacchetti «tutta quiete» offerti dagli alberghi, silent party (d’importazione statunitense) cioè feste silenziose dove non si parla, non si ascolta musica, non si balla; per finire addirittura con un festival dedicato proprio al silenzio. Questa «moda» del silenzio ha invaso pure le librerie e le sale cinematografiche. Per esempio, ha stupito non poco il successo di pubblico de Il grande silenzio, un film lentissimo e praticamente muto, scandito dai suoni del monastero della Grande Certosa all’interno del quale è stato girato. Dal canto suo, la pubblicità ha creato spot sublimi e memorabili, pure immagini senza parole né musiche che fanno scoprire a tutti noi quanto sia assordante l’assenza di rumore.

 

Inizia qui un breve viaggio alla riscoperta del silenzio insieme a Nicoletta Polla-Mattiot, psicologa, direttrice di «Per me» e «studiosa del silenzio». Innazitutto, che cos’è questa dimensione «misteriosa»? «C’è una bella poesia di Wisława Szymborska, Attimo, che recita: “Quando pronuncio la parola Silenzio / lo distruggo. / Quando pronuncio la parola Niente / creo qualcosa che non entra in nessun nulla”. Insomma il silenzio non si può definire». Non possiamo coglierlo con la parola, e, secondo recenti studi, neppure con l’udito. «Siamo talmente circondati dai rumori, da non riuscire più a percepire suoni sotto i 60 decibel». Sempre più difficile anche ritrovarlo in se stessi: «Ognuno di noi, durante i tempi “morti”, trova subito il modo di rompere il silenzio: una telefonata al cellulare o la musica dell’i-pod».

 

Il silenzio è sempre più strozzato anche nei nostri discorsi: «Alcune ricerche dimostrano che mentre parliamo lo spazio tra le parole è sempre più corto, diciamo molte più cose in meno tempo», prosegue la psicologa.

Se non lo definiamo, non lo percepiamo e tutto sommato non lo vogliamo, ha ancora una parte il silenzio nella nostra vita? Polla-Mattiot sorride: «La nostra quotidianità è piena di silenzi, ma noi non ne siamo coscienti: c’è il silenzio dei sentimenti e quello del rispetto, il silenzio dell’autorità e quello della buona educazione, il silenzio dell’amico e quello dello psicologo, il silenzio dello stupore e quello dell’imbarazzo, il silenzio del sapiente e quello dello sciocco, quello del coraggioso e quello del codardo. C’è un’intera gamma di sentimenti, sensazioni e significati che senza silenzio sarebbe impossibile. Il silenzio aumenta le nostre possibilità di comunicare». C’è poi un silenzio importantissimo, che segna il limite delle nostre identità: «Chi straparla ci infastidisce, colonizza il nostro spazio.

È sbagliato e forse falso dirsi sempre tutto. Anche all’interno della coppia. C’è una parte di noi che neppure noi conosciamo totalmente e che rimane nell’ombra: il suo confine è il silenzio».

 

Il silenzio poi è la «misura» di ogni parola. Senza le pause non ci sarebbero il dialogo, l’incontro con l’altro, la comunicazione: «Quando parliamo con qualcuno usiamo delle regole, un ritmo misurato di parole e silenzio per permettere all’altro a sua volta di esprimersi e ascoltare». Senza la pausa non c’è significato: «Se dico tutto di seguito nessuno capisce che cosa sto dicendo. È la pausa che permette di capire i significati. Più in fretta parlo, meno cose rischio di comunicare».

 

Se il silenzio è già tra noi perché non lo valorizziamo? «Perché pensiamo che il silenzio sia solo quello con la “s” maiuscola, quello dei monasteri e dei mistici. Invece il silenzio è un mezzo, uno strumento preziosissimo per aumentare le nostre possibilità di espressione, per migliorare la nostra vita. Per questo io vedo di buon occhio tutto questo parlare di silenzio: è bene battersi per la sua introduzione “omeopatica” nella vita di tutti i giorni. Il silenzio è anche il modo per recuperare spazi interiori, per rallentare l’azione e far riprendere forza al pensiero. Riscoprirlo e averne coscienza vuol dire aumentare le possibilità dell’essere».

 

A parole è facile, ma in pratica che cosa possiamo fare? «Smettere con i miti del tipo: mi ritiro una settimana e poi mi ributto nel flusso. Più difficile, ma molto più produttivo, allenarsi a trovare piccoli spazi di silenzio personale, casalingo, giorno dopo giorno».

 

Giulia Cananzi, Sabina Fadel

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