Adesso li chiamano così! Un tempo erano definiti «barabitt », ragazzi difficili, devianti, antisociali, delinquenti in erba, «gioventù bruciata»! Oggi invece sono i «baby killer», i «baby criminali», un'etichetta che sa di avventuroso, di eroico, di film americani.
del 16 gennaio 2008
Adesso li chiamano così! Un tempo erano definiti «barabitt », ragazzi difficili, devianti, antisociali, delinquenti in erba, «gioventù bruciata»! Oggi invece sono i «baby killer», i «baby criminali», un’etichetta che sa di avventuroso, di eroico, di film americani.
Cambia la terminologia, si aggiorna tristemente ai tempi, ma è sempre una terminologia poco rispettosa di questi minori, che sono il prodotto del nostro modo di stare insieme, di educare, di quantificare vita e valori.
Già il termine «minore» mi infastidisce come quello di «handicappato», sono ragazzi di casa nostra: «Chi non riesce a introdurli nella propria vita e li ferma alla porta, sarà portato a giudicarli e a etichettarli con facilità, forse a condannarli ».
Questi «baby criminali» sono dei ragazzi nei guai, cresciuti senza guida e orientamento, senza un riferimento a persone adulte. Questi «baby killer» interpellano la coscienza di tutti gli adulti e non solo di chi ha cuore e passione educativa.
Quali esempi abbiamo dato e quali stiamo offrendo loro? La confusione morale che regna nella società crea incertezza e disorientamento in chi è più giovane. È andato concretizzandosi nelle scuole il «Progetto salute », come prevenzione del disagio: ho avuto modo di partecipare a numerosi incontri con i genitori sul tema dello stare bene con se stessi e con gli altri. La presenza è perlopiù femminile: il padre delega la donna, quasi che l’educazione fosse, come certe malattie, «roba da donne».
I genitori, che intervengono, lamentano di non essere accolti dai loro figli. Parlando con i ragazzi, leggendo le loro lettere o i loro scritti, si ha una spiegazione di adulti che non sono testimoni di valori, gente incapace di amare e di educare: sta qui il germe del disagio, del reciproco rifiuto. Tutto questo non serve a spiegare appieno il fenomeno dei «baby killer»: ci sono altre cause, la più macroscopica forse è la violenza, che li circonda.
Dalla famiglia ai mass-media, è tutto un rincorrersi di episodi di violenza gratuita, legata ai soldi, a una vita che si vorrebbe sempre splendida, piena di soldi, di macchine, di bella vita. Tutto questo sarebbe moralismo se il numero dei piccoli criminali fosse esiguo: purtroppo le cifre, sono allarmanti.
Non possiamo dormire sonni tranquilli, pensando a una generazione di piccoli che sta crescendo in un clima di violenza, che si proietta minacciosa nel futuro. Dobbiamo riprendere in mano «il mestiere di educare», recuperare la voglia di stare con i ragazzi e le ragazze, per fare con loro quel delicato tratto di strada che si chiama adolescenza e, prima ancora, fanciullezza.
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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