Che fine hanno fatto o faranno tutti banchi vecchi sostituiti nelle scuole?
di Marco Pappalardo
Che fine hanno fatto o faranno tutti banchi vecchi sostituiti nelle scuole? Sui social sono molte le immagini di accatastamenti, di una sorta di discarica improvvisata dietro gli stessi istituti, di camion carichi verso ignote destinazioni e probabilmente non consone. Ecco alcune idee! In tempo di crisi un valore è quello di non sprecare e dare un nuovo senso alle cose, piccole o grandi, poche o numerose; anche questo è un modo per “fare economia” sostenibile e virtuosa, per insegnare una cittadinanza attiva e responsabile. I numeri sono molto significativi e proprio per questo trovare una strategia di riciclo e recupero è fondamentale. Innanzitutto non è il caso che si butti via proprio tutto, poiché è sempre bene che le scuole ne abbiano una buona scorta di riserva per cambiare un banco rotto o per averli nel caso di una nuova classe; poi, dove l’ampiezza delle aule lo permette, possedere dei banchi in più non è male per ulteriori punti d’appoggio di materiale e strumenti didattici visto che gli armadietti scarseggiano. Ma proviamo a guardare oltre! Sebbene un banco (più sedie naturalmente) non sia un bisogno primario, quanto potrebbe essere utile in alcuni paesi in via di sviluppo, in contesti missionari privi quasi di tutto? Spesso partono container per tali destinazioni e, affidandoli alle realtà ecclesiali missionarie, alle associazioni di volontariato specifiche o alle ONG con esperienza sul campo, arriverebbero certamente a destinazione e sarebbero valorizzati. Certo, l’ideale sarebbe inviargli quelli nuovi e non gli scarti, ma non tutti quelli sostituiti sono vecchi o rotti, poiché a volte si tratta di banchi per due o troppo grandi per tenere la giusta distanza richiesta; in ogni caso va fatta una cernita, mettendo da parte ciò che è irrecuperabile e donando il meglio. Ma cosa è davvero irrecuperabile di un banco e di una sedia? La maggior parte è riciclabile, dal ferro alle parti in legno seppur di modesta qualità, e le industrie del settore saprebbero certamente come dargli nuova vita, senza finire necessariamente dal classico raccoglitore di ferraglie per la strada (che comunque ne trarrebbe qualcosa). Con un po’ di ricerca e magari con un bando pubblico, inoltre, si troverebbero start-up capaci di lanciare idee nuove e qualcosa di non ancora pensato, affinché non finiscano semplicemente nelle discariche o restino inutilmente e pericolosamente abbandonati negli istituti. Non dimenticherei neppure il buon uso, senza andare troppo lontano, che potrebbe nascere dentro le parrocchie, gli oratori, le associazioni non-profit del territorio, i centri di aggregazione giovanile e per anziani che a volte faticano per arredare adeguatamente gli spazi per la catechesi, il doposcuola, le attività di manualistica o decoupage. Infine, una proposta strana, ma che da studente mi stuzzicava e cioè la possibilità di portare con me a casa il mio banco scolastico, il simbolo di tutti quegli anni seduto e appoggiato là; forse qualche mamma o papà storcerebbe il naso, tuttavia in una cameretta da studente in fondo non starebbe così male come arredo o tavolo di lavoro. Magari si può proporre al costo simbolico di 1 euro e destinare il ricavato per sostenere gli studenti in difficoltà per il costo dei libri, dei device o della connessione, richieste sempre maggiori in questo periodo difficile. Per concludere in “bellezza”, dove del banco o della sedia si possono riutilizzare sono le parti legnose, la fantasia e il genio degli stessi studenti andrebbero chiamate in causa (nelle famose “Giornate della Creatività” o nelle ore di Disegno e Arte) per usarle come tele su cui dipingere, disegnare, graffitare, cosa tra l’altro generazioni di loro colleghi hanno fatto più o meno di nascosto dai docenti durante le lezioni.
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