Santa Messa nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio
del 03 gennaio 2007
Cari fratelli e sorelle! L’odierna liturgia contempla, come in un mosaico, diversi fatti e realtà messianiche, ma l’attenzione si concentra particolarmente su Maria, Madre di Dio. Otto giorni dopo la nascita di Gesù, ricordiamo la Madre, la Theotókos, colei che 'ha dato alla luce il Re che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno' (Antifona d’ingresso; cfr Sedulio). La liturgia medita oggi sul Verbo fatto uomo, e ripete che è nato dalla Vergine. Riflette sulla circoncisione di Gesù come rito di aggregazione alla comunità, e contempla Dio che ha dato il suo Unigenito Figlio come capo del 'nuovo popolo' per mezzo di Maria. Ricorda il nome dato al Messia, e lo ascolta pronunciato con tenera dolcezza da sua Madre. Invoca per il mondo la pace, la pace di Cristo, e lo fa attraverso Maria, mediatrice e cooperatrice di Cristo (cfr Lumen gentium, 60–61). Iniziamo un nuovo anno solare, che è un ulteriore periodo di tempo offertoci dalla Provvidenza divina nel contesto della salvezza inaugurata da Cristo. Ma il Verbo eterno non è entrato nel tempo proprio per mezzo di Maria? Lo ricorda nella seconda Lettura, che abbiamo poco fa ascoltato, l’apostolo Paolo, affermando che Gesù è nato 'da una donna' (cfr Gal 4,4). Nella liturgia di oggi grandeggia la figura di Maria, vera Madre di Gesù, Uomo–Dio. L’odierna solennità non celebra pertanto un’idea astratta, bensì un mistero ed un evento storico: Gesù Cristo, persona divina, è nato da Maria Vergine, la quale è, nel senso più vero, sua madre. Oltre alla maternità oggi viene messa in evidenza anche la verginità di Maria. Si tratta di due prerogative che vengono sempre proclamate insieme ed in maniera indissociabile, perché si integrano e si qualificano vicendevolmente. Maria è madre, ma madre vergine; Maria è vergine, ma vergine madre. Se si tralascia l’uno o l’altro aspetto non si comprende appieno il mistero di Maria, come i Vangeli ce lo presentano. Madre di Cristo, Maria è anche Madre della Chiesa, come il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Paolo VI volle proclamare il 21 novembre del 1964, durante il Concilio Vaticano II. Maria è, infine, Madre spirituale dell’intera umanità, perché per tutti Gesù ha dato il suo sangue sulla croce, e tutti dalla croce ha affidato alle sue materne premure. Iniziamo dunque guardando a Maria questo nuovo anno, che riceviamo dalle mani di Dio come un 'talento' prezioso da far fruttare, come un’occasione provvidenziale per contribuire a realizzare il Regno di Dio. In questo clima di preghiera e di gratitudine al Signore per il dono di un nuovo anno, sono lieto di rivolgere il mio deferente pensiero agli illustri Signori Ambasciatori del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che hanno voluto prendere parte all’odierna solenne Celebrazione. Saluto cordialmente il Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato. Saluto il Cardinale Renato Raffaele Martino e i componenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, esprimendo loro la mia viva riconoscenza per l’impegno con cui quotidianamente promuovono questi valori così fondamentali per la vita della società. In occasione della presente Giornata Mondiale della Pace, ho diretto ai Governanti e ai Responsabili delle Nazioni, come anche a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, il consueto Messaggio, che quest’anno ha per tema: 'La persona umana, cuore della pace'. Sono profondamente convinto che 'rispettando la persona si promuove la pace, e costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo integrale' (Messaggio, n. 1). È un impegno questo che compete in modo peculiare al cristiano, chiamato 'ad essere infaticabile operatore di pace e strenuo difensore della dignità della persona umana e dei suoi inalienabili diritti' (Messaggio, n. 16). Proprio perché creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), ogni individuo umano, senza distinzione di razza, cultura e religione, è rivestito della medesima dignità di persona. Per questo va rispettato, né alcuna ragione può mai giustificare che si disponga di lui a piacimento, quasi fosse un oggetto. Di fronte alle minacce alla pace, purtroppo sempre presenti, dinanzi alle situazioni di ingiustizia e di violenza, che continuano a persistere in diverse regioni della terra, davanti al permanere di conflitti armati, spesso dimenticati dalla vasta opinione pubblica, e al pericolo del terrorismo che turba la serenità dei popoli, diventa più che mai necessario operare insieme per la pace. Questa, ho ricordato nel Messaggio, è 'insieme un dono e un compito' (n. 3): dono da invocare con la preghiera, compito da realizzare con coraggio senza mai stancarsi. Il racconto evangelico che abbiamo ascoltato mostra la scena dei pastori di Betlemme che si recano alla grotta per adorare il Bambino, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’Angelo (cfr Lc 2,16). Come non volgere lo sguardo ancora una volta alla drammatica situazione che caratterizza proprio quella Terra dove nacque Gesù? Come non implorare con insistente preghiera che anche in quella regione giunga quanto prima il giorno della pace, il giorno in cui si risolva definitivamente il conflitto in atto che dura ormai da troppo tempo? Un accordo di pace, per essere durevole, deve poggiare sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona. L’auspicio che formulo dinanzi ai rappresentanti delle Nazioni qui presenti è che la Comunità internazionale congiunga i propri sforzi, perché in nome di Dio si costruisca un mondo in cui gli essenziali diritti dell’uomo siano da tutti rispettati. Perché ciò avvenga è però necessario che il fondamento di tali diritti sia riconosciuto non in semplici pattuizioni umane, ma 'nella natura stessa dell’uomo e nella sua inalienabile dignità di persona creata da Dio' (Messaggio, n. 13). Se infatti gli elementi costitutivi della dignità umana vengono affidati alle mutevoli opinioni umane, anche i suoi diritti, pur solennemente proclamati, finiscono per diventare deboli e variamente interpretabili. 'È importante, pertanto, che gli Organismi internazionali non perdano di vista il fondamento naturale dei diritti dell’uomo. Ciò li sottrarrà al rischio, purtroppo sempre latente, di scivolare verso una loro interpretazione solo positivistica' (ibid.). 'Ti benedica il Signore e ti protegga… rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace' (Nm 6,24.26). E’ questa la formula di benedizione che abbiamo ascoltato nella prima Lettura. E’ tratta dal libro dei Numeri: vi si ripete tre volte il nome del Signore. Ciò sta a significare l’intensità e la forza della benedizione, la cui ultima parola è 'pace'. Il termine biblico shalom, che traduciamo 'pace', indica quell’insieme di beni in cui consiste 'la salvezza' portata da Cristo, il Messia annunciato dai profeti. Per questo noi cristiani riconosciamo in Lui il Principe della pace. Egli si è fatto uomo ed è nato in una grotta a Betlemme per portare la sua pace agli uomini di buona volontà, a coloro che lo accolgono con fede e amore. La pace è così veramente il dono e l’impegno del Natale: il dono, che va accolto con umile docilità e costantemente invocato con orante fiducia; l’impegno, che fa di ogni persona di buona volontà un 'canale di pace'. Chiediamo a Maria, Madre di Dio, di aiutarci ad accogliere il Figlio suo e, in Lui, la vera pace. Domandiamole di illuminare i nostri occhi, perché sappiamo riconoscere il Volto di Cristo nel volto di ogni persona umana, cuore della pace!
Redazione Zenit
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