Dalle origini umbre del nome e argentine d'anagrafe, inizia il docufilm «Francesco da Buenos Aires - La rivoluzione dell'uguaglianza», che Microcinema distribuirà in sala il 28, 29 e 30 aprile.
Sguardo vivace. Sorriso sereno, aperto al mondo, come sono oggi le sue braccia, tese ad accogliere ogni donna e ogni uomo che cercano una ragione, un conforto, una parola di speranza. Una foto che commuove, quella di Jorge Maria Bergoglio da piccino, mentre inteneriscono i ricordi della sorella María all’indomani del Conclave che lo ha eletto. Decidendo anche di chiamarsi Francesco. Da lì, dalle origini umbre del nome e argentine d’anagrafe, inizia il docufilm Francesco da Buenos Aires - La rivoluzione dell’uguaglianza che Microcinema distribuirà in sala il 28, 29 e 30 aprile. «Un’idea nata dal regista argentino Miguel Rodríguez Arias – racconta il napoletano Fulvio Iannucci – al quale mi sono affiancato per le ricerche di archivio e le riprese italiane. Avevamo paura di gestire un tema così delicato, ma siamo riusciti a trovare una struttura narrativa che ci ha facilitato molto il compito».
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Un attento e paziente lavoro preparatorio per giungere a quali risultati?
«Capire i motivi per cui Bergoglio anche in Argentina, oltre che in Europa e nel mondo, non fosse conosciuto prima della sua elezione. Nessuno sapeva di lui, delle sue opere, della sua attività pastorale e di governo della Diocesi di Buenos Aires. Abbiamo indagato a fondo e grazie al tantissimo materiale di repertorio girato in Argentina e alle interviste che siamo riusciti a raccogliere abbiamo scoperto come è proprio del suo carattere il non voler mai apparire, mettendo Cristo al primo posto».
Come avete scelto le immagini e le testimonianze?
«Abbiamo pensato a quattro linee narrative. La prima consiste nel materiale di archivio su di lui, con tutti i suoi discorsi, quelli che oggi ci sorprendono, ma già lo caratterizzavano quando era arcivescovo di Buenos Aires, con la critica alla corruzione e all’arricchimento che lede la dignità umana, la sua battaglia in difesa dei poveri. La seconda: il materiale che riguarda la sua missione pastorale, ossia il sacerdote e poi il cardinale, soprattutto nelle favelas della capitale dove, senza farsi intimidire, denuncia lo sfruttamento e il commercio della persona umana; poi il Bergoglio ragazzo e uomo come lo scopriamo nelle voci degli intervistati, tra cui la sorella, che vive in una casa semplicissima. "Come lo chiamo adesso?" è stato il primo pensiero pochi minuti dopo l’elezione. E al telefono con lui: "Vorrei abbracciarti", gli dice; "Credimi lo stiamo già facendo", la risposta del Papa».
Ricordi ancora più lontani?
«Sì, i ricordi vanno indietro fino alla sua adolescenza, con gli amici di scuola e i compagni di seminario (un grande senso dell’umorismo, ma anche "guanti di velluto e mani di ferro", da buon gesuita). Insomma, un mosaico di racconti caratterizzati da grande entusiasmo e sincerità. Anche da parte di alcuni rabbini suoi amici. Infine, il materiale di repertorio, ossia tutto ciò che i media hanno fatto vedere e detto di Bergoglio dal 1998 al 2013, durante il suo ministero. Ne esce un ritratto in cui domina la coerenza basata sulla semplicità di questo Papa».
Chiarezza anche sui fatti del 1976 e i rapporti con la dittatura argentina.
«Ne parla Nello Scavo, autore del libro La Lista di Bergoglio e possiamo ascoltare anche dichiarazioni rilasciate dallo stesso cardinale nel corso dei processi a Buenos Aires per i delitti di Lesa Umanità. Non ha assunto il ruolo di oppositore visibile e diretto, non ha alzato la voce per non destare sospetti, ma in silenzio ha salvato centinaia di vite umane».
L’immagine che lei aveva di papa Francesco è cambiata al termine delle riprese e del montaggio?
«Assolutamente no. Come dicono anche tutti gli intervistati, l’immagine di papa Francesco non è diversa dalla persona che avevano conosciuto prima. Bergoglio è sempre stato così, ha sempre dato risposte concrete ed è sempre stato un uomo di azioni concrete. Ha sempre rischiato per testimoniare a tutti ciò in cui crede».
Nel docufilm viene più volte ricordato come Bergoglio vescovo e Papa non abbia mai amato e non ami la pubblicità. Come potrà prendere ora l’uscita di un film in cui lui è addirittura il protagonista?
«Abbiamo completamente annullato ogni timore perché ci è arrivata cinque giorni fa una mail dalla sua Segreteria particolare nella quale ci viene confermato che il lavoro gli è piaciuto e si è anche emozionato vedendo persone lontane nel tempo e nello spazio che parlano e ricordano. Il nostro è un film semplice, proprio come il Papa».
Luca Pellegrini
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