«Ho commesso tanti errori, ora sono nelle mani del Signore»...
«Con chi vorrei mangiare il mio ultimo pasto? Un bel piatto di spaghetti in compagnia di Gesù».
E’ stato un eroe del filone “Spaghetti western” insieme a Terence Hill, ora Bud Spencer in una recente intervista al giornale tedesco Welt am Sonntag a proposito del suo nuovo libro “Mangio Ergo Sum“, si confessa su temi intimi e molto delicati: il suo rapporto con la religione, con la fine della vita, l’aldilà.
BISOGNO DI RELIGIONE
«Nella mia vecchiaia avanzata ho bisogno della religione – dice l’86enne Carlo Pedersoli (questo il suo vero nome) – ho bisogno della fede. Credo in Dio, è ciò che mi salva – spiega –. Invece mi sono reso conto che è il nulla ciò a cui prima attribuivo un grande valore: lo sport, dove volevo affermarmi, la popolarità. Chi si inorgoglisce per queste cose, chi insegue solo il successo, la fama, è un idiota».
ERRORI E PENTIMENTI
Bud ammette di non essere stato proprio un “santo” in vita. E solo ora riesce a rendersi conti di errori passati. «Ne ho fatti tanti errori, con le donne, gli amici, errori grossolani, follie. Ora che ho quasi 86 anni vedo tante cose in maniera diversa. La vita mi ha insegnato che sono altre le cose che contano».
LA VITA NELL’ALDILA’
Non si sottrae al discorso sulla morte. Tutt’altro. «Sono sempre più appassionato della vita ogni giorno che passa, ma la morte non mi spaventa. Perché credo che in realtà non si muore, e che la nostra anima sia viva anche dopo aver lasciato la terra. Anzi, sono certo che la vita continua. Intanto affronterò la morte, in ogni caso, con dignità e con la stessa dignità affronterò il giudizio di Dio».
“NON SONO UN EROE”
Quella stessa dignità che gli porta a dire: «Non mi interessa un “addio” da eroe. Tra l’altro sono un uomo come tanti. La vita è una farsa, tanto fumo negli occhi, tante gioie ma anche tante delusioni. L’eroismo, nel mio caso, è un qualcosa di artificiale, una finzione. Il vero eroe è solo chi dà la vita per il suo Paese o protegge con un atto straordinario la sua famiglia. Io non sono uno di quelli».
Gelsomino Del Guercio
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