L'invidia è forse “santa”? Don Vittorio Chiari dice di sì: «Quand'è ammirazione, desiderio di essere come quelli che invidio e che ho incontrato lungo il cammino della mia vita». Ed è con questa “santa” invidia di chi fa bene il bene che...
del 01 gennaio 2002
Invidio i Santi del nostro tempo! Quelli che hanno pazienza di educare nel quotidiano, senza attender risultati; quelli che amano i poveri e hanno fatto una scelta di campo in loro favore; quelli che sono capaci di stare accanto agli ammalati, anche quelli che sbavano e puzzano.
Invidio i volontari a tempo indeterminato che danno il loro tempo, la loro vita, senza preoccupazione di sorta per se stessi; quelli che lavorano per la pace, stando sui luoghi della divisione e della guerra, vivendo la beatitudine che li rende figli di Dio a titolo legittimo.
Invidio chi non teme per la propria vita, sapendo che il donarla è amore senza limiti, ma invidio anche chi nel quotidiano è fedele alle persone, nella famiglia, nell’amicizia; chi lavora per rendere più bello il mondo ma anche per chi lavora nell’umiltà di lavori faticosi, non riconosciuti.
Invidio quelle persone anziane che hanno la fede semplice e la preghiera a portata di mano nel rosario e a portata di cuore nella loro partecipazione ai dolori del mondo; invidio i parroci che vivono l’Eucaristia e hanno lo sguardo buono di misericordia per i fratelli “peccatori”, che vivono al margine, considerati guasti della società dell’uomo.
Invidio le suore che sono negli ospedali, nelle scuole materne, in cucina o in lavanderia, le donne che sono amore, immagini della Vergine Maria o delle spose sagge del Vangelo; invidio chi sa trasformare in parola e canto immagine e colore, musica, e danza le bellezze del Creato; invidio il “barbone” che si accontenta del poco e ama la libertà, che l’essere povero gli riserva dalle cose, dal danaro, dal potere; invidio chi ama il silenzio, non quello che distacca o quello malinconico nella solitudine, ma del contemplativo che si perde in Dio, nella natura, negli altri.
Invidio i bravi insegnanti, i fedeli formatori e animatori; invidio il contadino che conosce le stagioni e le sa rispettare nei suoi ritmi; l’operaio che batte il ferro o lavora il legno, il libraio che sa consigliare chi gli chiede un libro, il giornalista, che ama la verità e la sa comunicare; il cuoco che prepara da mangiare bene e accoglie a mensa senza alcuna preferenza di persona il primo e l’ultimo, il ricco e il povero:
Invidio la ragazza tetraplegica che mi ha confessato di essere contenta di esserlo perché con un sorriso è sostegno a chi incontra; invidio gli attori di strada, i clowns del circo, i saltimbanchi e gli acrobati, seminatori di gioia per le strade del mondo, invidio chi sa perdonare senza più ricordare, invidio i santi anonimi del Paradiso, perché sono più vicino a loro che a quelli dell’Altare, invidio chi possiede l’arte del sorriso per donarla agli altri, l’arte della riconciliazione per creare comunione tra la gente e tra nemici; invidio chi muore affidandosi a Dio, accettando la sofferenza, senza lamento. Vorrei invidiare anche i politici che non sono schiavi del potere ma “servi “ degli altri.
Invidio… ma non è peccato l’invidia? L’invidia è forse “santa”? In questo caso sì, perché è “ammirazione”, “desiderio” di essere come quelli che invidio e che ho incontrato lungo il cammino della mia vita. Così ho iniziato la mia Quaresima.
don Vittorio Chiari
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