Come salesiani vogliamo affermare che questa esperienza positiva non solo per il servizio che ci permette di offrire ad altri giovani, ma soprattutto per l'offerta formativa rivolta ai giovani stessi che fanno servizio civile. Infatti anche loro sono giovani nostri, giovani di don Bosco, giovani per i quali il nostro fondatore si sarebbe lanciato nelle avventure più incredibili.
del 06 maggio 2011
 
 “ACCANTO AI GIOVANI”          Da ormai trent’anni come mondo salesiano abbiamo esperienza di quanta sia la ricchezza delle persone che si sono impegnate nell’obiezione di coscienza prima e nel Servizio Civile poi.           Infatti il Servizio civile oltre che essere un’esperienza di cittadinanza e solidarietà nelle diverse forme di impiego proposte dai tanti enti seri che condividono le motivazioni della legge istitutiva, è per noi salesiani un’ottima risorsa per continuare la formazione dei giovani all’età adulta, nella loro responsabilità di “onesti cittadini” capaci di impegno civile, sociale e culturale in un momento in cui dei giovani si rischia sempre di parlarne in negativo.           A questo punto sarebbe bene dire che quando trovano qualcosa che li affascina e li coinvolge siamo pronti a distruggerla, a mettergli i bastoni tra le ruote. Perché è dei giovani normali, del loro agio che dobbiamo interessarci, è del loro star bene con sé stessi e con gli altri che ci deve interessare. (come è stato detto nella Assemblea della Federazione del 29 marzo u.s.)          “Occorre tuttavia rilevare che, come tumultuosa è stata la crescita quantitativa del nuovo servizio civile nei primi anni, così progressiva e sempre più pesante è stata la frenata imposta a tale crescita. Oggi, infatti, a dieci anni esatti dall’inizio di questa nuova esperienza, il dato incontestabile da cui partire è il progressivo inaridimento degli spazi offerti ai giovani per forme di educazione alla cittadinanza e al servizio. Tale inaridimento è stato causato principalmente da una progressiva “disattenzione” dello Stato nei confronti di questa esperienza e dalla consistente riduzione dei finanziamenti ad essa dedicati, anche a prescindere dalle ristrettezze di bilancio imposte dall’attuale crisi economica. Le prospettive per il 2011-2013, stanti le disponibilità finanziarie contenute nella “Legge di stabilità” approvata a fine 2010 (nella quale è stata stanziata la somma più bassa destinata al servizio civile in tutto il decennio), prefigurano un’ulteriore diminuzione del numero di volontari. Se la scarsità di risorse dovesse risultare confermata, il servizio civile è condannato all’insignificanza quantitativa e, di fatto, alla sua irrilevanza. Per essere significativo, infatti, e incidere sulla vita dei giovani del nostro Paese, se vogliamo cioè che questa esperienza contribuisca veramente a formare cittadini responsabili e solidali, non possiamo limitare il servizio civile a un’élite”. (Mons. Mariano Crociata, Segretario generale della CEI, Relazione “La Chiesa in Italia e l’educazione dei giovani alla pace e al servizio, VIII incontro nazionale annuale dei giovani in servizio civile, Roma, 12 marzo 2011.)          Gli enti della CNESC, molti dei quali hanno accompagnato la nascita del Servizio Civile, continuano a mettere a disposizione risorse e persone per mantenere questa opportunità di formazione dei giovani, ma se il Servizio civile nazionale continua ad avere questi alti e bassi, fino a quando potranno permettersi di spendere in risorse umane e materiali per la progettazione, la formazione e la gestione di un servizio così potenzialmente ricco e così superficialmente trascurato?           Forse dobbiamo interrogarci ed interrogare la politica su che tipo di Paese vogliamo, su che cosa vogliamo investire per formare i nostri giovani come cittadini maturi e responsabili. Andrebbero per questo ben valutate anche le proposte di riforma della legge che mirano a trasformare il servizio civile in stampella del Welfare, riserva di lavoro a basso prezzo, dimenticando la motivazione formativa che l’ha fatta nascere.          Come salesiani vogliamo affermare che questa esperienza positiva non solo per il servizio che ci permette di offrire ad altri giovani, ma soprattutto per l’offerta formativa rivolta ai giovani stessi che fanno servizio civile. Infatti anche loro sono giovani nostri, giovani di don Bosco, giovani per i quali il nostro fondatore si sarebbe lanciato nelle avventure più incredibili. L’impresa del servizio civile, fin dall’ormai lontano 1976 con il primo Odc negli oratori salesiani quando il servizio per loro durava 20 mesi, è stata un’esperienza esaltante. A quei primi giovani, motivatissimi testimoni dei valori della non violenza ne sono seguiti migliaia di altri impegnati, attivi, motivati con una testimonianza forte di cittadinanza nel servizio della educazione salesiana. E’ una delle tante imprese che sembravano uscire dai nostri ambiti tradizionali di impegno per i giovani e che si è rivelata carica di risorse per i giovani stessi e la nostra missione di formatori (come è stato detto nella Assemblea della Federazione del 29 marzo u.s.).          Oggi siamo ancora chiamati come salesiani, come Chiesa e come società, a osare quella temerità che si traduce in zelo instancabile, creatività e geniale modernità negli interventi, cuore oratoriano con i ragazzi e ragazze del Servizio civile. Ma tutto questo rischia di esserci sottratto per volontà politica, per scarsa coerenza tra i proclami e le azioni.           È vero, come molti enti sottolineano, che se il Servizio civile nazionale continua ad avere questi alti e bassi, non potrà durare. Fino a quando infatti si potranno spendere energie, risorse, strutture, per una gestione così discontinua? Crediamo si debba arrestare questa deriva così pericolosa, prima che sia troppo tardi.           Per questo vogliamo far sentire con più forza la nostra voce perché non vada perduta la ricchezza di una storia che tanto bene ha prodotto per la crescita dei giovani e il servizio alla comunità civile di cui tutti siamo partecipi. 
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