«Il cortile - era solito dire don Bosco - attira i giovani più della chiesa!». Lui voleva un oratorio aperto a tutti, di larga accoglienza, dove il “don” o l'educatore laico è sempre presente, sta sulla porta invitando i giovani a entrare nel cortile, prendendosi cura di loro.
del 05 giugno 2009
Don Bosco era certamente un cortilaio, il cortile per lui era un luogo pedagogico importantissimo, parte essenziale del suo metodo educativo: «Il cortile - era solito dire - attira i giovani più della chiesa!». «Togliete alla vita di don Bosco come dalla vita della sua casa, la vita del cortile, rimane una figura senza carattere e nella casa si fa un vuoto incolmabile», scriveva un noto studioso del suo metodo. Il mio amico don Valerio ha il merito di riportare, in un linguaggio moderno, l’intuizione di don Bosco sull’oratorio aperto a tutti, di larga accoglienza, dove il “don” o l’educatore laico
 
- è sempre presente,
- sta sulla porta invitando i giovani a entrare nel cortile, - prendendosi cura di loro,
- accogliendo le loro domande,
- valorizzandoli nel rapporto personale,
- rendendoli protagonisti attivi,
- facendoli sentire persone che hanno qualcosa di bello da dire e da dare agli altri.
 
 Ai tempi di don Bosco, i cortilai erano i giovani migliori: Domenico Savio è stato uno dei più riusciti.
 
Mi piacciono queste nuove espressioni per dire ruoli antichi: non pi√π assistenti ma animatori: coloro che danno anima a un gruppo, a un giovane; cortilai: esperti nella prima accoglienza, quella del gioco, del tempo libero occupato in modo simpatico, allegro, amabile; alleducatori, allenatori sportivi che sono prima di tutto educatori; traghettatori, coloro che aiutano a fare il guado, da un tipo di vita superficiale a una impegnata, alla vita di Fede.
 
Piacciono perché non affossano i luoghi del passato ma li ravvivano, rinfrescandoli, restaurandoli, adattandoli ai tempi e alle esigenze dei giovani per cui gli oratori non sono ricette superate: là dove vivono, e ce ne sono tanti in diocesi, essi sono in grado di generare educatori ma anche vocazioni sacerdotali e religiose, sanno orientare i ragazzi e i giovani a cammini di educazione all’amore, che danno sicurezza alle famiglie future, percorsi che li portano a inserirsi positivamente nella vita della comunità.
 
Vivono gli oratori per delle presenze fedeli; vivono perché i consigli pastorali li mettono al centro delle loro attenzioni; vivono perché non si basano sulle sole forze del prete ma hanno il valido sostegno delle famiglie e dei “cortilai”.
 
Il cortile antico era il campo da gioco, la sala da cinema e teatro, le gite fuori paese, i campeggi tradizionali… Oggi il cortile ha conservato e aggiornato questi spazi, aggiungendo la sala giochi, quella delle prove musicali, dei computer, il teatro per i musical autoprodotti, la biblioteca video… In alcuni oratori sono nate palestre e sale polivalenti per le sagre, le cene, le feste… In altri oratori di frontiera non esiste questa abbondanza di offerte ma sono frequentati lo stesso dai ragazzi più poveri del quartiere, da quelli che hanno poca o nessuna voglia di studiare, da ragazzini immigrati. Vengono e cambiano se c’è qualcuno che li attende, che sta con loro! Sono gli oratori di periferia o di aree urbane problematiche, autentici luoghi di prevenzione, punta avanzata della Chiesa che ama i giovani poveri e bisognosi.
 
Moderni, ben attrezzati o poveri di mezzi, se non c’è qualcuno ad attendere i ragazzi, senza “cortili”, non sarebbero più gli oratori di don Bosco ma neppure quelli sognati dal nostro Cardinale Dionigi!
 
Cercasi Cortilai! Una bella sfida!
 
 
don Vittorio Chiari
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