A partire dai discorsi del Santo Padre all'Agorà di Loreto, Marco Pappalardo uno dei due giovani del MGS che hanno ricevuto il mandato missionario dal Papa, riflette sulla sua esperienza e sul futuro impegno.
del 07 settembre 2007
Questo è davvero un giorno di grazia! Comprendere quale meravigliosa opera abbia compiuto il Signore facendoci incontrare, qui a Loreto, così numerosi e in un clima gioioso di preghiera e di festa.
Così il Santo Padre, salutate le autorità, ha iniziato l’omelia della Santa Messa celebrata il 2 settembre a Loreto in occasione dell’Agorà dei giovani italiani. Un’opera meravigliosa davvero se pensiamo all’unità d’intenti dei presenti, alla varietà delle provenienze, alla diversità anagrafica, alle statistiche di partecipazione prima dell’incontro. Sì, perché queste opere il Signore le compie proprio quando si è più increduli e sfiduciati, quando ci si lascia scoraggiare, quando prevale la stanchezza. Ed è così allora che ogni spazio verde delle spianata di Montorso si riempie momento per momento, sembra quasi di ritrovarsi nel racconto evangelico della “moltiplicazione dei pani e dei pesci”. Un evento storico questo incontro di Loreto, di quelli di cui qualcuno un giorno dirà: “Ma tu c’eri a Loreto nel 2007?”, un po’ come la GMG del 2000!
     Ancora oggi Dio cerca cuori giovani, cerca giovani dal cuore grande, capaci di fare spazio a Lui nella loro vita per essere protagonisti della Nuova Alleanza. Per accogliere una proposta affascinante come quella che ci fa Gesù, per stringere Alleanza con Lui, occorre essere giovani interiormente, capaci di lasciarsi interpellare dalla sua novità, per intraprendere con Lui strade nuove.
   Giovani anagraficamente, ma anche “cuori giovani” come dice ancora il Papa, uniti in Cristo e dunque creature nuove. A Montorso c’erano infatti adolescenti, giovani e adulti accompagnatori: genitori e figli, animatori e animati, professori e alunni…insieme con gli stessi sogni e le stesse speranze, attenti gli uni gli altri, un cuor solo e un’anima sola. Nella Chiesa non c’è un primato nell’annuncio e nella testimonianza, non c’è il grande e il piccolo, colui che sa di più o di meno, bensì insieme si è chiamati a portare al mondo il Vangelo.
Cari giovani – ha affermato il Santo Padre - lasciatevi coinvolgere nella vita nuova che sgorga dall’incontro con Cristo e sarete in grado di essere apostoli della sua pace nelle vostre famiglie, tra i vostri amici, all’interno delle vostre comunità ecclesiali e nei vari ambienti nei quali vivete ed operate.
 L’annuncio è tema del nuovo anni dell’Agorà, dopo il tempo dell’ascolto; un dire con coraggio e a voce alta ai propri coetanei e agli adulti che Dio è Amore, ma soprattutto affermarlo con la vita e nel quotidiano. Tornati a casa da un’esperienza così grande non si può restare indifferenti, né continuare ad essere quelli di prima; chi riceve un bel dono ha subito voglia di farlo conoscere agli altri, questo dono è stato elargito a tanti ed è tempo di condividerlo ciascuno secondo le proprie possibilità, l’età, la cultura, il lavoro, il tempo. Spetta di certo agli adulti e agli educatori sostenere l’entusiasmo e il desiderio dei giovani con l’opportuna formazione permanente, il sostegno alle iniziative, l’accompagnamento necessario nel servizio. E’ una responsabilità grande sostenere una tale missione, sarebbe un vero peccato lasciar cadere tutto!
   La via dell’umiltà, indicata anche dalla liturgia della Parola, indica lo stile con cui portare il messaggio di Cristo per sé e per gli altri così come Papa Benedetto XVI dice: Non seguite la via dell’orgoglio, bensì quella dell’umiltà. Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all’apparire e all’avere, a scapito dell’essere. Di quanti messaggi, che vi giungono soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici! Non andate dietro all’onda prodotta da questa potente azione di persuasione. Non abbiate paura, cari amici, di preferire le vie 'alternative' indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni affettive sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse profondo per il bene comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda: i vostri coetanei, ma anche gli adulti, e specialmente coloro che sembrano più lontani dalla mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo. Quella dell’umiltà, cari amici, non è dunque la via della rinuncia ma del coraggio. Non è l’esito di una sconfitta ma il risultato di una vittoria dell’amore sull’egoismo e della grazia sul peccato.
   Parole forti e chiare per chi vuol ascoltare, che spingono ad andare all’essenziale in un mondo che tende al superfluo, che esortano al coraggio in una società di rinunciatari, che richiamano alla verità dinanzi alle menzogne di ogni sorta, che invitano ad essere se stessi dinanzi ai modelli omologati e omologanti, che desiderano una vita piena piuttosto che da mezzi uomini, sì una vita dove l’amore vero vince quello adulterato e di plastica!
   Ciò richiama tutti, e soprattutto i giovani a vivere in comunione tra di loro, con gli adulti e nella Chiesa. Si tratta di prendere consapevolezza che Chiesa non è sinonimo di gerarchia, di struttura, di catechisti e consacrati, di grandi pensatori e di regole, ma la comunità dei fedeli in Gesù Cristo la cui unica “regola” è l’amare Dio e il prossimo. E’ questa la Chiesa da conoscere, da vivere, da amare.
È vero- continua il Papa -  tante e grandi sono le sfide che dovete affrontare. La prima però rimane sempre quella di seguire Cristo fino in fondo, senza riserve e compromessi. E seguire Cristo significa sentirsi parte viva del suo corpo, che è la Chiesa. Non ci si può dire discepoli di Gesù se non si ama e non si segue la sua Chiesa. La Chiesa è la nostra famiglia, nella quale l’amore verso il Signore e verso i fratelli, soprattutto nella partecipazione all’Eucaristia, ci fa sperimentare la gioia di poter pregustare già ora la vita futura che sarà totalmente illuminata dall’Amore. Il nostro quotidiano impegno sia di vivere quaggiù come se fossimo già lassù. Sentirsi Chiesa è pertanto una vocazione alla santità per tutti; è impegno quotidiano a costruire la comunione e l’unità vincendo ogni resistenza e superando ogni incomprensione. Nella Chiesa impariamo ad amare educandoci all’accoglienza gratuita del prossimo, all’attenzione premurosa verso chi è in difficoltà, i poveri e gli ultimi. La motivazione fondamentale che unisce i credenti in Cristo, non è il successo ma il bene, un bene che è tanto più autentico quanto più è condiviso, e che non consiste prima di tutto nell’avere o nel potere ma nell’essere.
   Già, essere di Cristo, dunque creature nuove per rinnovare la società che ci circonda, per fare della periferia il centro, perché dove c’è Cristo c’è tutto il centro. Dove si celebra l’Eucaristia, dove c’è il Tabernacolo c’è Cristo e quindi è il centro e dobbiamo fare di tutto perché questi centri vivi siano efficaci, presenti e siano realmente una forza che si oppone a questa emarginazione. La Chiesa viva, la Chiesa delle piccole comunità, la Chiesa parrocchiale, i movimenti, dovrebbero formare centri nella periferia e così aiutare a superare le cose che la grande politica ovviamente non supera e dobbiamo nello stesso tempo anche pensare che nonostante le grandi concentrazioni di potere, proprio la società di oggi ha bisogno della solidarietà.
Questo è un invito chiaro del Santo Padre a camminare uniti come il tralcio alla vite, a fuggire la tentazione degli “orticelli” personali ben  curati o ai “campi di funghi” fatti di piccoli raggruppamenti e con deboli radici. E’ un impegno fondamentale quello dell’unità nel rispetto delle differenze, anzi nell’esaltazione delle stesse, perché la Chiesa sia autentica, irradiante, significativa, concreta, unita. Non si tratta, però, di tendere a questo stato per se stessi, per compiacersi, per mostrare un bel manifesto o un potere. L’Agorà di Loreto  non è stata una vetrina ecclesiale, né un dimostrare qualcosa al mondo, ma un trovarsi insieme attorno a Cristo e al successore di Pietro condividendo ciò che si vive tutti i giorni, nel servizio quotidiano ai fratelli più deboli, con lo sforzo costante di rinnovare la società attraversi i piccoli ma concreti gesti, con la consapevolezza che “tutto comincia ora”! Che questo tutto parta proprio dai giovani? Saranno proprio loro gli artefici di un nuovo inizio? Benedetto XVI ci crede, così come i giovani credono in lui, e a loro dice: Il mondo, lo vediamo, deve essere cambiato, ma è proprio la missione della gioventù, cambiarlo!
Marco Pappalardo
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