1859 - Si conferma l'avveramento delle profezie di D. Bosco - Malattia, santa morte e funerali di Magone Michele - Nuove disposizioni ottenute dal parroco pei funerali dei giovani dell'Oratorio - La festa di San Francesco di Sales - Muore Berardi Costanzo - Un documento arretrato in lode di D. Bosco - Sua iscrizione Per la tomba del padre di D. Chiatellino.
del 30 novembre 2006
 L'effetto prodotto nei giovani dalle parole dette da D. Bosco nell'ultima sera dell'anno fu pari alla stima che essi avevano di lui. Il Can. Ballesio, allora studente, che aveale udite e fu testimone del loro avveramento, così scrisse:
“ Sebbene D. Bosco godesse presso di noi fama di uomo riccamente dotato di doni naturali nell'anima e nel corpo, come ingegno, memoria pronta, felice e tenace, grande bontà di animo, fortezza e destrezza fisica: sebbene noi lo credessimo meritamente dotato di molto e svariato sapere, tuttavia quello che ce lo rendeva sopratutto caro e venerando, era la nostra persuasione, che in lui Dio aveva posto, molti doni straordinarii e sopranaturali. È notorio, e noi tutti il crediamo fermamente e fondatamente, che D. Bosco in molti casi aveva il dono della profezia.
” Più di una volta ci annunziò pubblicamente che entro un determinato tempo, breve, per es. un mese, uno della sua già numerosa famiglia, allora in ottima salute, sarebbe venuto a morire. E questo paterno suo annunzio dava in un modo così grave e prudente ed accompagnato da tali consigli, che noi si rimaneva salutarmente impressionati, ciascuno metteva in ordine i fatti suoi; e, senza che cessasse la solita nostra chiassosa allegria, si stava più buoni, si lavorava e si studiava di più, ed il solo a portare la pena della profezia era il profeta medesimo, che aveva molto più da lavorare nell'ascoltare le confessioni fatte con più buoni propositi e nel rispondere a tante interrogazioni che naturalmente gli venivano mosse.
” Ho sentito a dire che D. Bosco, prima senza darlo a vedere e poi a suo tempo ed in modo prudente, disponeva l'interessato. L'evento sempre confermava la predizione ed è per questo che noi gli aggiustavamo fede ”.
Ed ora veniamo alla memorabile profezia. La sera del 31 dicembre un giovane poco lontano da D. Bosco avea udito l'interrogazione di Magone. Costui si chiamava Berardi Costanzo della Chiusa di Cuneo di 16 anni. Alle parole di D. Bosco eragli entrato in cuore la ferma persuasione sè essere il designato, e incominciò a dire: - Tocca a me! - Preparatosi perciò con una buona confessione, scrisse senz'altro una lettera ai suoi genitori, chiedendo scusa dei mancamenti, che aveva commessi quando era a casa; e, congedandosi da loro, affermava dover egli partire per l'altra vita. Chiesta licenza ed ottenutala, volle andare al Cottolengo, ove era stato ricoverato per due anni, a salutare per l'ultima volta il Canonico Anglesio e gli antichi amici. Parlava francamente del gran viaggio, affermando essere al termine de' suoi giorni. Tutti i suoi conoscenti nell'Oratorio e fuori lo credettero monomaniaco. Alcuni giovani andarono narrare a D. Bosco la fissazione di Berardi, ma D. Bosco senza stupirsene rispose con un - Uhm! - che diceva nè sì, nè no.
Da ciò nella casa nacque il sospetto che realmente fosse Berardi colui che doveva morire. Egli intanto andava tranquillamente ripetendo: - Tocca a me di morire!
“ Una settimana dopo, narrò D. Garino Giovanni, io con altri miei compagni, un mattino in tempo che D. Bosco prendeva un po' di caffè nel refettorio, ci trovavamo secondo il solito accalcati intorno a lui, ridendo e faceziando e desiderosi di sentire dal Servo di Dio alcuna cosa. Non so come, si incominciò a interrogarlo da diversi, quanti anni dovessero. ciascuno vivere. Io pure lo interrogai, e D. Bosco presami la mano, e considerando attentamente la palma della medesima, come soleva fare, quando, da alcuno lo si richiedeva degli anni di vita, che ancor gli rimanessero, mi disse scherzando un certo numero di anni. Come a me, rispose pure ad altri miei compagni, anzi a tutti, un solo eccettuato. Questi fu il santo giovanetto Magone Michele, mio condiscepolo, il quale non sapeva che dirsi di questa eccezione a suo riguardo ”.
Anche gli altri giovani, che osservavano attentamente ogni parola ed ogni atto di D. Bosco, notarono come egli non avesse badato a Magone, che porgevagli la mano e varie furono le loro opinioni, che si riferivano all'avveramento della predizione.
Intanto la Domenica del 16 gennaio i giovani della compagnia del SS. Sacramento, di cui faceva parte Magone, si radunarono come solevano tutti i giorni festivi. Dopo la consueta preghiera e lettura, dati quei ricordi, che sembravano più adatti al bisogno, uno dei compagni prende il taschino dei fioretti ovvero dei bigliettini sopra cui era scritta una massima da praticarsi lungo la settimana. Con esso fa il giro, e ogni giovanetto ne estrae uno a sorte. Magone tira fuori il suo e vede sopra di esso scritte queste notabili parole: “ Al giudizio sarò solo con Dio ”. Lo legge e con atto di meraviglia lo comunica ai compagni dicendo: - Credo che questa sia una citatoria mandatami dal Signore per dirmi che mi tenga preparato. - Dopo andò da D. Bosco e gli mostrò lo stesso fioretto con molta ansietà, ripetendo che egli lo giudicava una chiamata del Signore, che lo citava a comparire davanti a Lui. D. Bosco lo esortò a vivere tranquillo e tenersi preparato, non in virtù di quel biglietto, ma in virtù delle replicate raccomandazioni, che Gesù Cristo fa a tutti nel santo Vangelo di tenerci preparati in ogni momento della vita.
 - Dunque, replicò Magone, mi dica quanto tempo dovrò ancor vivere?
 - Noi vivremo finchè Dio ci conserverà in vita.
 - Ma io vivrò ancora tutto quest'anno? disse alquanto commosso.
 - Datti pace, non affannarti. La nostra vita è nelle mani del Signore, che è un buon padre; Egli sa fino a quando ce la debba conservare. D'altronde il sapere il tempo della morte non è necessario per andare in paradiso; ma bensì il prepararci con opere buone.
Allora tutto malinconico: - Se non vuole dirmelo è segno che sono vicino.
 - Nol credo, soggiunse D. Bosco, che tu sia tanto vicino, ma quando anche ciò fosse, avresti forse a paventare di andare a fare una visita alla B. Vergine in Cielo ?
- È vero, è vero. - Presa quindi la ordinaria giovialità se ne andò a fare ricreazione.
Fu l'unica volta che D. Bosco fidandosi nella virtù e amor di Dio veramente grande, che ornava il cuore di questo giovane, siasi lasciato sfuggire qualche parola di più, che indicassegli, benchè oscuramente, essere vicino il suo ultimo giorno. Ma il turbamento dal quale lo vide agitato, benchè per breve ora, fu tale, che egli fece fermo proponimento di non lasciar mai più trapelare simili segreti coi giovanetti, che Dio designavagli maturi per l'eternità.
Questa parola detta a Magone erasi risaputa da molti e Berardi mutata opinione incominciò a dire: - Dunque non sono io che devo morire!
Lunedì, martedì ed il mattino del mercoledì Magone fu sempre allegro, nè provò alterazione alcuna nella sua sanità e adempì regolarmente tutti i suoi doveri.
Solamente nel dopo pranzo del mercoledì D. Bosco lo vide che stava sul balcone a rimirare gli altri a trastullarsi, senza che discendesse a prendervi parte; cosa affatto insolita, e indizio non dubbio che egli non era nello stato ordinario di sanità.
Alla sera D. Bosco gli domandò che cosa avesse, ed egli rispose sentirsi alquanto incomodato dai vermi, che era la sua solita malattia. Fu visitato dal medico, che gli prescrisse i rimedii per somiglianti incomodi, ma non ravvisò in lui alcun sintomo di male grave. Senonchè venerdì mattina non potè alzarsi da letto perchè più aggravato. Alle due dopo mezzodì D.Bosco andatolo a vedere si accorse che, alla difficoltà del respiro, erasi aggiunta la tosse e che lo sputo s'era tinto di sangue; e mandò subito a chiamare il dottore. In quel momento sopraggiunse la madre: - Michele, gli disse, intanto che si attende il medico non giudicheresti bene di confessarti?
 - Sì, cara madre, volentieri. Mi sono soltanto confessato ieri mattina, ed ho pure fatto la S. Comunione; tuttavia vedendo che la malattia si fa grave, desidero di fare la mia confessione. - Si preparò quindi per qualche minuto, fe' cenno a D. Bosco che si avvicinasse e si confessò. Dopo con aria serena, disse ridendo a D. Bosco e a sua madre: Chissà se questa mia confessione sia un esercizio della buona morte, oppure non sia realmente per la mia morte?
 - Che te ne sembra? gli rispose D. Bosco, desideri di guarire, o di andare in paradiso?
 - Il Signore sa ciò che è meglio per me; io non desidero di fare altro se non quello che piace a lui.
 - Se il Signore ti offrisse la scelta o di guarire o di andare in paradiso, che sceglieresti?
 - Chi sarebbe tanto matto da non scegliere il paradiso?
 - Desideri tu di andare in paradiso ?
 - Se lo desidero! Lo desidero con tutto il cuore, ed è quello che da qualche tempo domando continuamente a Dio.
 - Quando desidereresti di andarvi ?
 - Io vi andrei sull'istante, purchè piaccia al Signore.
 - Bene; diciamo tutti insieme: in ogni cosa e nella vita e nella morte facciasi la santa, adorabile volontà del Signore.
In quel momento giunse il medico, che trovò la malattia cangiata affatto di aspetto.
 - Siamo male, disse; un fatale corso di sangue si porta allo stomaco, e non so se ci troveremo rimedio.
Si fece quanto l'arte può suggerire in simili occasioni. Salassi, vescicanti, bibite, tutto fu messo in opera a fine di deviare il sangue che furioso tendeva a soffocargli il respiro. Tutto invano.
Alle nove di quella sera, Magone chiese con desiderio e gli fu portato il Santo Viatico; e prima di riceverlo disse a D. Bosco: - Mi raccomandi alle preghiere dei compagni! - Fatto un quarto d'ora di ringraziamento, parve che fosse sorpreso da repentino sfinimento di forze. Ma indi a pochi minuti con aria ilare, e quasi in forma di scherzo fe' cenno di essere ascoltato e disse: - Sul biglietto di domenica vi era un errore. Là stava scritto: Al giudizio sarò solo con Dio, e non è vero; non sarò solo, ci sarà anche la B. Vergine che mi assisterà; ora non ho più nulla a temere; andiamo pure quando che sia. La Madonna SS. vuole ella stessa accompagnarmi al giudizio.
Erano le dieci ed il male appariva ognor più minaccioso; perciò, nel timore di perderlo in quella notte medesima, D. Bosco stabilì che il sacerdote D. Zattini, entrato nell'Oratorio nel 1858, un chierico ed un giovane infermiere passassero la metà della notte con lui; D. Alasonatti poi prefetto della casa, con altro chierico e con altro infermiere prestassero regolare assistenza pel restante della notte sino a giorno. D. Bosco dal canto suo, non ravvisando alcun imminente pericolo, disse all'infermo: - Magone, procura di riposare un poco: io vado alcuni istanti in mia camera e poi ritornerò.
 - No, rispose tosto il giovane; non mi abbandoni.
 - Vado soltanto a recitare una parte del breviario, e poi sarò di nuovo accanto a te.
 - Ritorni al più presto possibile.
Ma D. Bosco era appena giunto in camera, quando si sentì chiamare in fretta perchè l'infermo pareva avvicinarsi all'agonia. Il sacerdote Zattini Agostino gli amministrava in quell'istante l'Olio Santo e il morente ad ogni unzione aggiungeva una giaculatoria. Gli fu quindi data la benedizione Papale coll'indulgenza plenaria. Sembrò allora che volesse prendere un momento di sonno, ma tosto si risvegliò. Quantunque i polsi facessero conoscere trovarsi egli all'estremo della vita e la rottura di un viscere dovesse cagionargli un patimento generale in tutte le facoltà morali e corporali, pure l'aria serena, la giovialità, il riso, l'uso della ragione era quello di una persona in sanità. Egli di quando in quando recitava devote giaculatorie.
Scoccavano le dieci e tre quarti quando egli chiamò D. Bosco per nome e gli disse: - Ci siamo, mi aiuti!
 - Sta tranquillo, gli rispose D. Bosco, io non ti abbandonerò, finchè tu non sarai col Signore in paradiso. Ma poscia che mi dici d'essere per partire da questo mondo, non vuoi almeno dare l'ultimo addio a tua madre? - Sua madre che avevalo assistito era andata a riposarsi alquanto in una camera vicina.
 - No, gli rispose Magone, non voglio cagionarle tanto dolore. Povera mia madre! Ella mi ama tanto!
 - Non mi lasci almeno qualche commissione per lei?
 - Sì, dica a mia madre che mi perdoni tutti i dispiaceri, che le ho dati nella mia vita. Io ne sono pentito. Le dica che io l'amo: che si faccia coraggio a perseverare nel bene: che io muoio volentieri: che io parto dal mondo con Gesù e con Maria e vado ad attenderla dal Paradiso.
Queste parole commossero profondamente tutti gli astanti. Tuttavia D. Bosco fattosi animo, e per occupare in buoni pensieri quegli ultimi momenti, gli andava di quando in quando facendo alcune domande.
 - Che cosa mi lasci da dire a' tuoi compagni?
 - Che procurino di fare sempre delle buone confessioni.
 - Quale cosa in questo momento ti reca maggiore consolazione di quanto hai fatto nella tua vita?
 - La cosa che più di ogni altra mi consola in questo momento si è quel poco che ho fatto ad onore di Maria. Sì, questa è la più grande consolazione. O Maria, Maria, quanto mai i vostri divoti sono felici in punto di morte! Ma, ripigliò, ho una cosa che mi dà fastidio; quando l'anima mia sarà separata dal corpo e sarò per entrare in Paradiso, che cosa dovrò dire? a chi dovrò indirizzarmi?
 - Se Maria ti vuole Ella stessa accompagnare al giudizio, lascia a Lei ogni cura. Ma prima di lasciarti partire pel Paradiso vorrei incaricarti d'una commissione.
 - Dica pure, io farò quanto potrò per obbedirla.
 - Quando sarai in Paradiso e avrai veduta la grande Vergine Maria, falle un umile e rispettoso saluto da parte mia e da parte di quelli, che sono in questa casa. Pregala che si degni di darci la sua santa benedizione; che ci accolga tutti sotto la potente sua protezione, e ci aiuti in modo che niuno di quelli che sono, o che la divina Provvidenza manderà in questa casa, abbia a perdersi.
Farò volentieri questa commissione; ed altre cose? Per ora niente altro, riposati un poco.
Sembrava difatto che egli volesse prendere sonno. Ma sebbene conservasse la solita sua calma e favella, ciò nonostante i sintomi annunciavano imminente la sua morte. Per la qual cosa si cominciò a leggere il proficiscere. Alla metà di quella lettura, egli, come se si svegliasse da profondo sonno, colla ordinaria serenità di volto e col riso sulle labbra, disse a D. Bosco: - Di qui a pochi momenti farò la sua commissione, procurerò di farla esattamente; dica a' miei compagni che io li attendo tutti in Paradiso.
 - Di poi strinse colle mani il crocifisso, lo baciò tre volte, poscia proferì queste sue ultime parole: - Gesù, Giuseppe e Maria, io metto nelle vostre mani l'anima mia. - Quindi aprendo le labbra come se avesse voluto fare un sorriso, placidamente spirò.
Quell'anima fortunata abbandonava il mondo per volare, come piamente speriamo, in seno a Dio alle ore undici di sera, il venerdì 21 gennaio 1859, in età appena di quattordici anni.
Fattosi giorno, alla notizia: Magone è morto, i giovani ruppero in pianto, e nello stesso tempo ripetevano: - In questo momento Magone è già con Savio Domenico in cielo. - Si recitarono intanto molti rosari, l'ufficio dei defunti e si fecero moltissime confessioni e comunioni, mentre ognuno cercava qualche oggetto che gli fosse appartenuto come i quaderni e le pagine, per conservarle quali reliquie. Per dare poi un segno esterno del grande affetto che da tutti portavasi all'amico defunto, fu fatta una sepoltura solenne quanto era compatibile coll'umile condizione della casa.
Con cerei accesi, con cantici funebri, con musica istrumentale e vocale accompagnarono la cara salma fino alla tomba, dove, pregandogli riposo eterno, gli diedero l'ultimo addio, nella dolce speranza di essergli un giorno compagni in una vita migliore della presente. Fu seppellito nel quadrato di mezzanotte, fila 70, fossa 22, come attestò il vice cappellano D. Fissore.
Nè qui finirono le onoranze funebri, poichè, in riguardo alle sue straordinarie virtù, fu celebrata nell'Oratorio una messa solenne di trigesima ed il Sac. Zattini, celebre oratore, espose in patetico e forbito discorso l'elogio del giovane Michele. D. Bosco però, volendo impedire che dal funerale di Magone si prendesse motivo di stabilire un'usanza, che sarebbe stata sconveniente per una casa di poveri, d'accordo col parroco si stabilì che le sepolture dei morti nell'Oratorio si farebbero per carità, cioè more pauperum. La permissione ottenuta dal parroco era scritta in questi termini:
1. Si ordina il trasporto del cadavere in capo alla tettoia, passando per la via di S. Pietro in Vincoli con quattro, tra preti e chierici, vestiti di cotta e seguito di lumi;
2. Si accorda di accompagnarlo fin là pregando ad alta voce, ma non cantando;
3. Là giunti i chierici partano subito. Restino i laici con torchie e candele. Seguano il feretro fino alla chiesa e in fine riportino la loro cera a casa.
4. La bara sia portata come meglio aggrada.
5. Qui in parrocchia canterassi messa presente cadavere.
Alcun tempo dopo si ottenne di poter celebrare ogni funzione funebre nell'Oratorio, e mandare direttamente la salma al Camposanto, ma senza accompagnamento di clero.
Dopo i giorni di lutto, un giorno di festa. Il 30 gennaio si celebrava nell'Oratorio di Valdocco la solennità di S. Francesco di Sales. Ne fu priore il signor Delponte Giovenale, al quale si dedicò e stampò un bel sonetto in onore del santo Patrono. Un invito sacro ci conserva la memoria e l'ordine di questa solennità.
Potrà sembrare cosa superflua che fra i tanti programmi, quasi tutti simili delle nostre molteplici feste religiose, noi riproduciamo questo. Ma una gran ragione ci persuade di perpetuarlo. Il nostro caro Santo dava formalmente il suo nome alla Pia Società Salesiana convocata in questo anno come tale per la prima volta, nome che durerà come nostra insegna e programma per secoli e secoli, se così piacerà a Dio benedetto e alla Sua santissima Madre.
Mentre svolgevansi questi fatti, Berardi Costanzo, visto morire Magone, più non pensava ai suoi pronostici. Però fra molti giovanetti dell'Oratorio eravi un presentimento che alcun altro tra breve dovesse morire. Quand'ecco che il 25 gennaio D. Bosco annunziava alla sera non essere Magone quello che egli aveva voluto indicare come vicino all'eternità;  che perciò stessero tutti preparati, perchè colui che doveva morire non fosse sorpreso dalla morte in un cattivo momento. E soggiunse: - Ciò accadrà prima che passi un mese. Sarò io, sarete uno di voi? Stiamo preparati.
Berardi allora, con una sicurezza che tutti sorprese, ripigliò la sua prima frase: - Dunque tocca a me star preparato! - E avvicinatosi a D. Bosco gli chiese: - Sono io che devo morire? - D. Bosco non gli diede risposta. Era sano, prendeva parte ai divertimenti, compieva i suoi doveri come qualunque altro.
Non si era visto mai tanto fiorire di sanità nei giovani della casa come in quei giorni e sul finir di gennaio, non vedendosi alcun ammalato, più d'uno andava dicendo: - Questa volta D. Bosco la sbaglia e nessuno morirà entro questo mese. - Eravi pertanto una grande aspettazione.
Il sette febbraio dopo aver pranzato Berardi Costanzo si trovava in ricreazione e poi andava a scuola cogli altri. Il giovane Garino, che aspettava egli pure con ansietà, se avveravasi la parola di D. Bosco, così ci narrava: “ Accanto a me nella scuola (era la sala posta al primo piano) ed a mia destra, aveva un compagno più grande di me per nome Berardi. Ci era stato assegnato un lavoro di prova, un tema di versione. Attendevamo ciascuno al nostro compito, quando, verso la metà della scuola, il detto Berardi si rivolge a me e mi dice: - Guarda un po' che cosa ho qui - e mi mostrava col dito il labbro superiore, ove cominciava ad apparire una pustoletta. - Senti, continuò a dirmi, se fosse un po' un male pericoloso? D. Bosco disse che uno in questo mese deve morire. Dopo Magone non c'è morto ancora nessuno: se fossi un po' io il designato! - E così dicendo quasi piangeva, e intanto irritando la pustoletta col troppo fregarla, le fece dar sangue ”.
Dopo la scuola prese ancor parte alla ricreazione della merenda, quindi andò nella stanza di studio e continuò a lamentarsi col giovane Albera Paolo, che la pustola sul labbro cresceva e gli faceva molto male. Nella notte fu assalito dalla febbre e al mattino, non essendosi levato da letto, ad Enria Pietro, che gli portò un po' di brodo, parve quel malessere una cosa da niente. D. Bosco però mandò a chiamare in tutta fretta il medico. Questi avendo constatato trattarsi di carbonchio alla bocca, lo fece trasportare subito all'Ospedale Mauriziano. Malgrado ogni cura Berardi tutto sfigurato moriva all'indomani nove di febbraio; e precisamente prima della fine di un mese dalla morte di Magone e quindi prima del Carnovale, secondo l'annunzio dato da D. Bosco l'ultimo giorno del 1858.
D. Rua Michele è uno dei duecento testimoni dell'avveramento di queste predizioni.
Ad un terzo duolo in quei giorni aveva dovuto prendere parte D. Bosco. Più volte era stato a Carignano, eziandio con un numero de' suoi giovanetti cantori. Il parroco Don Capriolo Teol. Giuseppe, il clero, e molti cittadini nutrivano per lui viva affezione. Eguale stima gli professava la famiglia del Senatore Conte Mola di Larissé, che si ricordava con dispiacere non aver egli potuto accettare l'ufficio di precettore di sua nobile figliuolanza:, avendolo D. Cafasso destinato per l'Ospedaletto della Marchesa di Barolo. Ma sovratutto l'amicizia dì D. Chiatellino attraevalo a quella città. Ora essendo morto il venerando vecchio padre di questo santo prete, il figlio e gli altri amici, si rivolsero a D. Bosco, perchè dettasse un'iscrizione da scolpirsi sulla lapide di quella tomba. D. Bosco acconsentì e scrisse, volendo che il marmo funebre predicasse l'amore alla Chiesa Cattolica.
 
CHIATELLINO DOMENICO - MODELLO DI VITA CRISTIANA - RARO ESEMPIO AI PADRI DI FAMIGLIA - CALDO PROPUGNATORE DELLA MUSICA SACRA - ZELANTE PEL DECORO DELLE ECCLESIASTICHE FUNZIONI - LARGO IN BENEFICARE I POVERELLI - SEBBEN DI MEDIOCRE FORTUNA - FERMO CATTOLICO - COSTANTE NELL'AFFETTO VERSO IL SOMMO PONTEFICE - AMATO DA QUANTI LO CONOBBERO - COMPIANTO DAI PARENTI E DAGLI AMICI - NELLA MATURA ETÀ D'ANNI 80 - MORIVA IL 23 DI GENNAIO 1859 PREGHIAMO CHE L'ANIMA DI LUI - VADA A RIPOSO NELLA BEATA ETERNITÀ - NOI SEGUIAMONE GLI ESEMPI.
 
 
 
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