Don Bosco vagheggia il disegno di un liceo per gli studenti di Filosofia - Progetto di questo nuovo Istituto, accettato da una benefattrice, pronta a far donazione di una sua casa in Torino - Lettera di Don Bosco alla Contessa Callori: presto le manderà copia del Cattolico Provveduto: si stampa la vita di S. Paola: la ringrazia di una sua offerta: modificazione del progetto del liceo: pensa ad un edifizio presso l'Oratorio: la sua più grande consolazione è la benevolenza del Vescovo di Casale: domenica in Albis gli alunni faranno la Comunione per lei - Il Card. Gonella ringrazia Don Bosco degli indirizzi di congratulazione ricevuti - Don Bosco va a Lanzo: notti agitate - Sogno: giovani che saltano un torrente con varia fortuna e le belve in un prato fra gli alunni - Preparativi in Torino pel matrimonio del Principe Umberto - Don Francesia dà notizia di questo al Cavaliere: i lavori della chiesa progrediscono - Le nozze del principe ereditario: l'esposizione della S. Sindone: feste cittadine - Il segreto di confessione - Una dama di Corte della Regina di Portogallo visita D. Bosco, il quale le dona un'immagine: anche la Regina desidera un simile dono - Un biglietto della dama suddetta a Don Bosco, per raccomandare un signora portoghese inferma - Parlata di Don Bosco alla sera: modo di celebrare il mese di maggio: i giovani si raccontino a vicenda fatti edificanti o le meraviglie della Madona: le comunioni e i fioretti - Sua lettera alla Contessa Callori: le manda il Cattolico Provveduto e due immaginette: ogni giorno del mese quattro giovanetti faranno la comunione per lei
del 07 dicembre 2006
 Il 10 gennaio Don Bosco aveva scritto alla Contessa Callori. “ Il pensiero di un liceo, di cui sentesi gravemente la necessità, per quest'anno dobbiamo sospenderlo ”. Tuttavia questo progetto, lungamente vagheggiato gli stava a cuore e perciò non cessava di studiare il modo di attuarlo.
Due insigni benefattrici lo assicuravano del loro appoggio. La Contessa Callori era pronta a dare sussidio; e la signora Angela Chirio a donare un edifizio. Uno schema di convenzione era già da più mesi stato scritto da Don Bosco e approvato dalla donatrice.
 
 
PROGETTO ISTITUTO CHIRIO.
 
La signora Angela Chirio, nata Giaume, nel desiderio di fondare un'opera stabile che possa tornare della maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime e che nel tempo stesso tomi di utilità all'anima sua e di suffragio all'anima del compianto suo marito, di sua spontanea volontà e secondo il movimento del suo cuore si è deliberata di fare donazione di una sua casa, posta lungo il viale della Regina del valore di fr. 5.000 di reddito annuo, come segue:
1° La donazione di questa casa senz'altra condizione, se non coll'obbligo che il novello Istituto si chiami Istituto Chirio, per così ricordare il nome della famiglia del marito suo di sempre cara memoria. Non pone altra condizione per evitare le difficoltà e complicazioni che potrebbero insorgere davanti alle leggi civili e specialmente all'Autorità Ecclesiastica.
2° Affinchè gli allievi possano avere il sito indispensabile per un cortile in cui fare ricreazione e un po' di ginnastica, la prelodata signora Chirio darà una parte del giardino dietro stante alla casa, ma in quella misura e in quel tempo che sarà beneviso alla signora donatrice.
3° Il donatario si assume tutte le spese che potranno occorrere per alzare, ampliare e riattare i locali, provvedere le suppellettili; pagherà le tasse di ogni qualità e farà tutte le spese necessarie alla manutenzione, uso e conservazione dell'edifizio.
4° Saranno pure a totale carico del donatario le spese di vitto, vestito Ad altro che sia necessario pel buon andamento dell'Istituto, pei banchi di scuola, pel salario delle persone di servizio, tanto nell'impianto presente, quanto in avvenire.
5° Il donatario provvederà e pagherà il Direttore, l'economo, i maestri, gli assistenti e tutto il personale che occorrono pel buon organamento e progresso di un Istituto scientifico, quale deve essere questo.
6° Tutte le incombenze da compiersi per la legalità degli insegnanti, relazioni colle autorità scolastiche civili e religiose e spese annesse, saranno a totale carico del donatario acquirente.
7° Sebbene la pia donatrice non intenda di porre alcuna condizione, tuttavia pel desiderio che l'Istituto conseguisca il suo scopo, qualora sua vita durante il locale cangiasse scopo e non fosse più destinato a beneficio della gioventù, intende che ritorni in piena ed assoluta proprietà della donatrice. Nel qual caso però, non volendo alcuna cosa che riesca a peso altrui, renderà indenne il donatario di tutte le spese che a questo scopo avrebbe fatto.
8° La medesima signora donatrice non intende di obbligarsi ad alcuna spesa che possa occorrere per la conservazione dei locali e sostentazione del convitto; tuttavia nel fare le sue opere di carità procurerà anche di estenderle al nuovo Istituto che considererà sempre come opera sua propria.
9° Intende pure che gli allievi in perpetuo recitino mattino e sera un Pater, Ave e Gloria secondo la sua intenzione e facciano un modesto funerale, tanto nel giorno del decesso del suo marito, quanto nel giorno in cui, al più tardi che a Dio piacerà, la stessa donatrice venisse chiamata alla vita eterna per godere il frutto della sua carità.
 
Dall'esimia signora erano state aggiunte le seguenti condizioni in foglio a parte.
1° La novella fondazione si chiamerà Istituto Chirio, per così ricordare la sempre cara memoria del marito defunto e sarà posta sotto la speciale protezione di S. Benedetto e di S. Michele Arcangelo.
2° La signora Chirio Angela intende di acquistare il diritto di nominare a suo piacimento quattro giovanetti a pensione gratuita, o nel novello Istituto, oppure nell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Questi giovanetti devono avere l'età e quel grado d'istruzione prescritta per essere accolti come artigiani o come studenti e potranno dimorare nell'Ospizio fino a compimento del corso ginnasiale, se studenti; o finchè abbiano appreso un mestiere, se artigiani.
3° Il diritto di nomina sarà della stessa signora Chirio esercitato sua vita naturale durante; dopo di lei la nomina passerà al Sac. Giovanni Bosco e a' suoi credi. La nomina dovrà essere fatta a preferenza fra i parenti di lei; e qualora non ve ne fosse alcuno, sarebbero scelti tra i più bisognosi di Torre Pellice, perciocchè ella intende di fare un benefizio alla sua patria, cui ha sempre portato grande affezione.
4° Il Sac. Bosco però sarà il vero ed assoluto padrone dell'Istituto e non sarà mai tenuto a dare conti ad alcuno intorno alla sua amministrazione e alla scelta degli accettandi e in altro che a quello scopo sia relativo.
Erano sorte intanto gravi difficoltà che avrebbero cagionato lunghi indugi a danni al progetto; e Don Bosco il 12 aprile, scrivendo con filiale confidenza alla Contessa Callori, tra l'altro le manifestava in proposito un suo nuovo disegno, formato coll'assenso della signora Chirio.
 
Benemerita signora Contessa,
 
Oggi è Pasqua e rimanendomi un momento di tempo dopo le sacre funzioni lo impiego ad aggiustare un poco i miei conti con V. S. B. Vedo che non posso raggiungere il pareggio, ma almeno supplicherò per un benigno condono, ovvero una sanatoria, che Ella certamente in questi giorni non mi vorrà rifiutare.
1° Perdono della risposta di cui sono debitore e che ho trascurato anche in cose di rilievo.
2° Perdono del ritardo del libro, che finalmente è compiuto e si sta legando e ne avrà copia quanto prima. Quando ne veda il volume, dirà che ci voleva proprio tempo e pazienza.
3° Santa Paola si stampa con alacrità e di mano in mano che la pia letterata ci manda l'originale si fa subito consegnare ai compositori .
4° Don Cagliero portò da parte sua fr. 1.000 quale tratto della solita sua carità. A questo riguardo è bene che abbia la bontà di dirmi se debba notare questa somma fra quelle che promise, o dirò meglio, fecemi sperare per gli angeli da mettersi sui campanili, di cui uno è già terminato, l'altro in costruzione; oppure sull'altro scopo del Liceo.
5° A Proposito del liceo mi trovo nel caso di fare una modificazione. Una signora darebbe vicino alla Gran Madre di Dio un locale, ma è pigionato per più anni e bisognerebbe dare una forte indennità ai pigionanti; il che unito alla spesa dell'impianto porterebbe ad un vero sbilancio.
Io avrei preso un temperamento: fare adattare una parte di edifizio qui vicino e destinarlo a ciò. Si avrebbe diminuzione di spesa, il personale sarebbe in un momento là e qui, ed ogni cosa si compierebbe sotto gli occhi miei. Questo anno ho già fatto una prova ed ho già preso 25 filosofi che studiano e mi danno molta soddisfazione nella moralità. Le cose modificate in questo senso non fanno cangiare lo scopo della sua beneficenza e la volontà di farla?
6° Ella mi dica quel che vuole, quale madre accorta ad un figlio sbadato; io prenderò tutto in buona parte, anzi intendo che Ella faccia quello che può, quello che vuole, con facoltà di venire a sospendere quando inaspettate ragioni tale cosa persuadessero. In quanto alla mora dei pagamenti ogni cosa si lascierebbe come ha scritto; cioè a maggio, luglio, novembre ed anche con altre variazioni che le tornassero di qualche comodità.
7° Il Vescovo di Casale è tutto benevolo per le nostre case e ci fa tutto il bene che può; è questa la più grande consolazione che in questi momenti io possa avere.
8° Per darle una tenue prova della nostra gratitudine, domenica in Albis celebrerò la santa Messa ed i nostri giovanetti faranno la loro Comunione con preghiere particolari seconda la pia di Lei intenzione.
Dio la benedica, Benemerita signora Contessa, e con Lei benedica tutta la sua famiglia e tra le altre cose le conceda anche la grazia e la pazienza di leggere questa letteraccia, mentre mi raccomando alla carità delle sue preghiere e mi professo con gratitudine profonda
Di V. S. B.,
 
Torino, 12 aprile 1868,
Obbl.mo Servitore
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
 
Il giorno 13, lunedì dopo Pasqua, Don Bosco andava a Lanzo, ove eragli recapitata una preziosa risposta.
 
Rev. sig. Don Bosco,
 
Le cortesi congratulazioni che la S. V. mi porgeva a suo nome e dei molti sacerdoti e chierici dell'Oratorio di Valdocco, di S. Luigi, di Lanzo e di Mirabello, mi riuscirono graditissime e son lieto di porgerne a Lei e a tutti per suo mezzo i miei più sinceri ringraziamenti. I quali in particolar modo prego V. S. di porgere ai chierici del piccolo Seminario di Mirabello, donde eziandio mi giunse l'ultimo del p. p. mese un affettuosissimo indirizzo. Mi raccomando alle preghiere di tutti per poter meglio corrispondere ai miei nuovi doveri, e spero che in ciò fare la cortese carità loro non vorrà mancarmi.
Rinnovando pertanto i miei ringraziamenti, coi sensi della stima pi√π distinta e di vero affetto, mi onoro di rassegnarmi
Di Lei, Rev.mo Signore,
 
Roma, 13 aprile 1868,
Dev.mo Obbl.mo Servitore
EUSTACHIO Card. GONELLA.
 
 
Don Bosco era a Lanzo per riposarsi. Essendo assai sofferente di sanità, non poté intrattenersi coi giovani. Alla notte non poteva quietare per un succedersi continuo di sogni che da circa dieci giorni lo conturbavano. Andava a riposo alle 11 di sera colla speranza di dormire profondamente per la veglia prolungata, e non essere tormentato; ma a nulla serviva tale precauzione. Uno di questi sogni riguardava il Collegio di Lanzo e lo raccontò a quel Direttore il mattino della sua partenza, giorno 17, incaricandolo di esporlo alla comunità. Il direttore lo accompagnò a Torino, dovendo andare a predicare gli esercizi Spirituali a Mirabello, e di là mandò ai suoi alunni relazione di quanto Don Bosco gli aveva detto:
 
18 aprile 1868.
 
Miei cari figliuoli del Collegio di Lanzo,
 
Nella fretta di partire non potei salutarvi come avrei desiderato, ma ora giunto in Torino vi scrivo ciò che avrei voluto dirvi. Ascoltatemi adunque e state attenti perchè è il Signore che vi parla per bocca di Don Bosco.
L'ultima notte che Don Bosco fu a Lanzo dormì un sonno molto agitato. Voi sapete che la mia camera è vicina alla sua; ora due volte io mi svegliai di soprassalto senza saperne il motivo: mi sembrava di aver udito un urlo prolungato che faceva spavento. Mi alzai seduto sul letto, tesi l'orecchio e quel rumore veniva precisamente dalla camera di Don Bosco. Al mattino pensai su ciò che avea udito e mi determinai a farne parola a Don Bosco: - È vero, mi rispose, perchè stanotte ho fatto sogni che veramente mi attristarono. Mi sembrava di essere alle sponde di un torrente non largo, ma dalle acque spumanti e torbide. Tutti i giovani del Collegio di Lanzo mi circondavano e tentavano passare sul lido opposto. Molti prendevano la rincorsa, saltavano e riuscivano a pie' pari all'asciutto dall'altra parte. Che bravi ginnastici neh! Ma altri la sbagliavano; chi batteva dei piedi proprio sull'orlo della ripa e ricadendo indietro era strascinato via dall'acqua; chi facea un tonfo in mezzo alla corrente e spariva; chi percuotendo dello stomaco o della testa sui sassi sporgenti in mezzo alle onde, si spaccava la testa, ovvero il sangue gli usciva di bocca. Don Bosco osservava per lungo tempo questa scena dolorosa, gridava, avvisava che prendessero lo slancio con prudenza, ma inutilmente. Il torrente era sparso di corpi che precipitando di cateratta in cateratta andavano a sfracellarsi contro una rupe che si alzava allo svolto del fiume, dove l'acqua era più profonda e là sparivano in un vortice.
Abyssus abyssum invocat.
Quanti poveri miei figliuoli, che adesso stanno ascoltando la lettura di questa mia lettera, sono nell'acqua in pericolo di perdersi per sempre! Ma perchè giovanetti così vispi, così allegri, così valorosi in saltare, riuscivano così male in questa prova?
Perchè mentre saltavano avean dietro qualche sciagurato compagno, il quale faceva loro il gambetto, o li tirava indietro pel cappotto, o con un urtone li cacciava capovolti avanti, così che rotto lo slancio fallivano il salto.
E questi poveri infelici (che sono pochi però) che fanno le parti del diavolo, che cercano rovinare i loro compagni, ascoltano anche essi in questo momento la lettura della mia lettera. A costoro io dirò colle parole stesse di Don Bosco: Perchè coi vostri discorsi cattivi volete accendere nel cuore dei compagni la fiamma di quelle passioni che poi dovranno consumarli in eterno? Perchè insegnate il male a certuni che forse sono ancora innocenti? Perchè colle vostre burle e con certi vostri patti vi ritirate dai Sacramenti e non volete ascoltare le parole di chi vi può mettere sulla strada del Paradiso? L'unica cosa che guadagnerete sarà la maledizione di Dio. Ricordatevi le minacce fulminate da Gesù Cristo e che io tante volte vi ho ripetute! Miei cari figliuoli! Sentite. Anche voi, causa del male agli altri, siete i miei cari! Anzi avete nel mio cuore un posto distinto, perchè più di tutti ne avete di bisogno. Lasciate il peccato, salvate l'anima vostra. Se io dovessi immaginarmi che un solo di voi andrà perduto, non avrei più un momento di pace in tutto il tempo di mia vita! Perchè la salute vostra è il solo pensiero della mia mente, è il solo affetto del mio cuore, è il solo affanno dei miei giorni! Farvi buoni Cristiani! Aiutarvi a guadagnare il paradiso! Mi ascolterete, non è vero?
Non fa bisogno che io vi spieghi il sogno: l'avete già capito. La riva sulla quale si trova Don Bosco è la vita presente. La riva opposta l'eternità, il paradiso. L'acqua del torrente che stravolge e strascina i giovani è il peccato che conduce all'inferno.
Don Bosco adunque a tale spettacolo, vinto dall'angoscia, fece degli sforzi, gridò, si svegliò e pensò tra sé: - Oh se potessi avvisare certuni, che riconobbi, come lo farei volentieri, ma domani mi tocca partire!
Così dicendo si riaddormentò e gli parve trovarsi in un gran prato ove eravate tutti voi: giuocavate, saltavate; ma, cosa spaventevole a vedersi! Nello stesso prato passeggiavano e correvano bestie feroci di tutte le specie. Leoni cogli occhi di fuoco, tigri che tiravano fuori gli unghioni e raspavano la terra, lupi che quatti quatti si aggiravano fra i diversi crocchi di giovani, orsi che con ghigno ributtante seduti sulle zampe di dietro aprivano le zampe anteriori per abbracciarvi.
In qual brutta compagnia voi eravate! Ma di pi√π! Qual brutto governo queste belve faceano di voi!
Queste belve si slanciavano sopra di voi furiosamente. Alcuni di voi eravate stesi per terra e vi stavan sopra que' mostri, e colle unghie e coi morsi vi dilaniavano, stracciavano ed uccidevano. Altri fuggivano disperatamente inseguiti da esse e si ritiravano intorno a Don Bosco domandando aiuto! Alla presenza di Don Bosco le belve indietreggiavano. Altri però procuravano di difendersi da queste da soli, ma non vi riuscivano, perchè era troppa la forza di quelli animali; e così restavano sbranati. Ed altri, guardate che insensati! invece di fuggire si fermavano ad aspettare quei mostri e loro sorridevano, facevano moine e sembrava avessero gusto di essere strangolati dagli orsi. Il povero Don Bosco correva qua e là, si sforzava di chiamare intorno a sé gli uni e gli altri, gridava. Ma aveva un bel gridare, perchè mentre molti lo obbedivano, alcuni non lo ascoltavano. Il prato era sparso di cadaveri dei poveri giovanetti uccisi e dei corpi dei feriti. I loro gemiti, i ruggiti, gli urli degli animali feroci, le grida di Don Bosco si mescolavano stranamente. Ed in mezzo a queste violente commozioni Don Bosco si svegliò per la seconda volta.
Ecco il sogno e voi sapete che razza di sogni sono quei di Don Bosco. Voi potete immaginarvi il mio crepacuore nell'udir questo racconto. Se prima mi pesava immensamente dividermi da voi, dopo udito questo sogno, sarei tornato indietro sull'istante, se il dovere dell'obbedienza non mi avesse trattenuto. Bisognerebbe che vi volessi meno bene ed allora sarei pi√π tranquillo!
Chi sono questi leoni, tigri, orsi? Sono il demonio colle sue tentazioni. Alcuni le vincono perchè ricorrono alla guida, altri ne sono le povere vittime, acconsentono alle suggestioni; altri amano il peccato, il demonio e si mettono da per se stessi nelle sue unghie! Figliuoli! Vi farete coraggio? Vi ricorderete sempre che avete un'anima da salvare?
Don Bosco di più mi soggiunge: - Io li ho veduti tutti questi giovani: ho conosciuti certi volponi! Ma il mio segreto lo tengo per me e non lo dirò ad alcuno. La prima volta che potrò ritornare a Lanzo dirò a ciascuno la parte sua. Questa volta il mal di denti mi ha impedito di parlare con tutti; un'altra volta che io venga avviserò chi deve essere avvisato.
Quindi, o miei cari figliuoli, io so nulla, perchè Don Bosco nulla mi ha detto. Ma se ora so nulla, verrà un giorno nel quale saprò tutto. Sarà il giorno del giudizio. Sarà doloroso per me dopo aver lavorato tanto, dopo aver consumato la mia gioventù per voi, dopo avervi amati con tutto il mio cuore, dover forse essere divisi da qualcuno di voi per tutta l'eternità! Se non incominciate adesso ad amare il Signore, da vecchi non lo amerete: Adolescens iuxta viam suam, etiam cum senuerit, non recedet ab ea.
Figliuoli, figliuoletti miei, non disprezzate le mie parole, che sono del caro Don Bosco. I pochi giorni della vostra vita spendeteli nel guadagnarvi il Paradiso. Pregate perchè i miei esercizii vadano bene, perchè le prediche possano far frutto.
Vostro aff.mo in G. G.
Sac. LEMOYNE G. B.
 
 
Don Bosco ritornava nell'Oratorio, mentre in Torino Governo e Municipio erano intenti a preparare le feste per le nozze di S. A. R. il Principe Umberto, primogenito di S. M. il Re Vittorio Emanuele II, con S. A. R. la principessa Margherita, figliuola del defunto Duca di Genova, fratello dello stesso Re. Per assistere al matrimonio giunsero il 20 aprile da Berlino il Principe ereditario di Prussia e da Parigi il Principe Napoleone, che era stato preceduto dalla sua consorte, la principessa Clotilde, e dalla regina di Portogallo, Maria Pia, ambedue sorelle dello sposo.
Don Francesia dava notizie al Cavaliere di questi preparativi e di ciò che accadeva nell'Oratorio.
 
Torino, 18 aprile 1868.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
Don Bosco fu assai male in salute nei giorni scorsi e andò a Lanzo per ristorarsi. Lo stato generale di casa non è cattivo, anzi piuttosto buono; alcuni male d'occhi ci hic finis. Ieri arrivò Sua Maestà Maria Pia dal Portogallo, ricevuta assai freddamente dalla popolazione...
Il lavoro pel fascicolo di Maria Ausiliatrice è ormai tutto composto, sebbene ancor nulla sia stampato. A quante vicende non va soggetto! revisori ecclesiastici lenti e lentissimi, sebbene il lavoro sia già stato tutto riveduto da Mons. Galletti.
Nella chiesa i lavori vanno sempre bene. Il pavimento del presbitero è riuscito bellissimo ed è già terminato. I due altari laterali si collocano di questa settimana, come pure entro il mese si potranno mettere a posto alcuni confessionali... Non ho più visto il Marchese Villarios che forse sarà partito.
Sac. FRANCESIA.
 
Il 19 aprile cominciarono i festeggiamenti principeschi con una serata di beneficenza tenuta in un teatro. Il 21 si sottoscrisse il contratto nuziale, al quale assistettero i principi stranieri, il Corpo diplomatico e i gran dignitari dello Stato e della Corte. Il 22 fu celebrato prima il matrimonio civile nella gran sala regia; e poi il matrimonio religioso nella Metropolitana, dall'Arcivescovo di Torino, assistito da quello di Milano e dai Vescovi di Udine, Mantova e Savona. L'Arcivescovo aveva ottenuta, non senza difficoltà, che si mostrasse ai popoli la SS. Sindone con l'antica pompa, invitandovi i Vescovi subalpini, e che si desse campo ai fedeli di accorrere a venerarla, lasciandola per tre giorni esposta nella Metropolitana. Anche i giovani dell'Oratorio vi furono condotti.
Nello stesso tempo attraevano i cittadini corse di cavalli, concerti musicali davanti al palazzo reale, tornei, tombole popolari, splendide luminarie e sfolgoranti fuochi artificiali in piazza d'armi. Le novelle di questi spettacoli si ripetevano nell'Oratorio e diedero occasione a D. Bosco di dar nuova prova della sua esemplare prudenza. Un distinto ecclesiastico, allora alunno dell'Oratorio, così testificò con giuramento:
“ Nell'anno 1868 all'epoca del matrimonio del principe ereditario Umberto di Savoia, io con due altri miei compagni, eludendo la vigilanza dei superiori siamo usciti dall'Oratorio a tarda sera per vedere l'illuminazione della città. Uno de' miei compagni dormiva sopra la sagrestia dell'antica chiesa, e questa aveva una finestra che metteva in un retro cortile. Passando per l'inferriata guasta di questa finestra potemmo calarci di là e prendere il largo. Nel seguente sabato io che mi confessava a Don Bosco, esposi con ingenuità il mio fallo in tutte le sue circostanze. Egli si limitò a una buona sgridatina, facendomi conoscere il male che avevo commesso con quella grave disobbedienza, aggiungendo in fine: - Guarda un po' in che pericolo ti sei messo! ... Se i superiori venissero a saperlo, saresti mandato via.
” Ma egli non si serviva mai per nulla di ciò che in confessione aveva da me saputo a questo riguardo. Il mio compagno continuò a dormire nel medesimo luogo: l'inferriata della finestra rimase sempre quale era, ed io non ebbi altri rimproveri. Il fallo però non si ripeté mai più! Era tale la persuasione che i giovani avevano della sua prudenza e della sua delicatezza per tutto ciò che riguardava la confessione, che con piena confidenza essi confessavano i segreti delle loro mancanze di preferenza a lui, che ad altri ”.
Le feste ufficiali non erano ancor terminate, quando si presentò a Don Bosco Donna Eugenia Telles de Gama, Dama di Corte di S. M. la Regina di Portogallo, desiderosa di far la sua conoscenza con un sacerdote, del quale aveva udito parlar molto nel suo paese. S'intrattenne lungo tempo con lui e ritornata al palazzo reale fece vedere alla sua Regina un'immagine della Madonna, ricevuta in dono dal Servo di Dio e le parlò di lui con entusiasmo come si parla di un santo. Maria Pia guardò quell'immagine con molto rispetto e poi esclamò: - Siete fortunata! Oh se avessi coraggio di superare le leggi di Corte, vorrei io pure andare da D. Bosco e chiedergli una immagine.
Prima di lasciar Torino quella Dama mandò a Don Bosco un suo biglietto di visita sul quale aveva scritto in lingua francese: “ Io non ho tempo di scrivervi con tranquillità, ma la vostra bontà è così grande, che io mi prendo la licenza di indirizzarvi questo biglietto e domandarvi un grande favore. Io sono certa che quella Dama inferma della quale vi ho parlato, sarà felicissima se voi le donaste un'immagine con qualche scritta, come avete fatto per me. Il suo indirizzo é: A madama la Contessa de Murça, via Formosa, 139, Lisbona, Portogallo. - Però se preferite indirizzarla a me al Palazzo Reale a Torino bisognerà allora che io la riceva prima di venerdì, perchè io credo che partiremo il 26 alle quattro e mezzo del mattino. Mille ringraziamenti per tutto ”.
Finite le feste clamorose in città, Don Bosco disponeva gli animi de' suoi allievi alle grandi feste religiose che preparava per Maria Ausiliatrice.
Il 29 aprile, alla sera, sotto i portici diceva:
 “ Domani a sera incomincia il mese di maggio consecrato a Maria. In questo mese ciascheduno guardi di raccontare ai suoi compagni un esempio; se sarà sulla Madonna è meglio, se non si ha in pronto sulla Madonna, se ne racconti un altro che sia di stimolo al bene; se non se ne ha pronto nessuno, si domandi ad un compagno che ce lo narri lui, e se il compagno dicesse non aver esempi alla memoria, allora gli si domandi: - Qual fioretto fu dato per quest'oggi? L'hai già fatto?
” E ciascuno frequenti la comunione sacramentale, se può; se non può, la faccia almeno spirituale, perchè il Signore la gradisce anche molto. Ma desidererei che chi va al mattino alla S. Comunione, non si faccia vedere dissipato lungo il giorno. Come vedete, non vi domando cose difficili. Ciascheduno faccia tutto quel che può per essere diligente in tutti i suoi doveri di studio e di pietà. E faccia eziandio quei fioretti che ogni sera si proporranno”.
Nello stesso tempo mandava alla Contessa Callori, una delle prime copie del Cattolico Provveduto.
 
Benemerita signora Contessa,
 
Ecco il libro; compatisca il ritardo. Avvi pure la lettera con una immaginetta pel Bimbo; la spieghi, se non capisce. L'altra immaginetta è per la damigella Gloria, cui farà tanti saluti.
Faccia coraggio, signora Contessa, per tutto il Mese Mariano farò un memento speciale per Lei nella santa Messa e quattro giovanetti faranno alternativamente quattro Comunioni ogni mattina.
Fede e speriamo molto.
Dio benedica Lei, il sig. di Lei marito e tutta la sua famiglia; preghi per me che le sono nel Signore
 
Torino, 30 aprile 1868,
 
Obbl.mo Servitore
Sac. Giovanni Bosco.
 
 
 
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