D. Bosco strumento nelle mani di Dio - Sua fiducia nella Divina Provvidenza e suo abbandono in Lei - I giovani esortali alla preghiera per ottenere all'Oratorio soccorsi nelle materiali necessità - Effetti meravigliosi della preghiera - Elemosine generose e provvidenziali dei ricchi - 0fferte dei poverelli - Alcuni falli.
del 30 novembre 2006
 La splendida generosità di D. Cafasso verso l'Oratorio, non solo era ispirata da un'ardente amore verso Dio e verso il prossimo, ma eziandio dalla persuasione di cooperare ad un'impresa duratura per secoli: quindi amò di avere il merito intero della compra di Casa Pinardi, ponendo così egli stesso le fondamenta di un edifizio che sarebbe divenuto mondiale. Conosceva le rette intenzioni, la fedeltà ai disegni della Divina Provvidenza del suo discepolo, ed era certo che egli avrebbe corrisposto pienamente alla sua vocazione. Soprattutto ammirava in lui la fermissima fiducia di conseguire da Dio tutti gli aiuti necessarii a compiere le sue grandi opere di religione e di carità.
D. Bosco infatti intrapresa una di queste, più non vi desisteva, ancorchè sprovvisto de' mezzi richiesti dalla prudenza umana, nè per difficoltà che insorgessero, nè per opinioni e giudizii contrarii, malignità o vessazioni degli uomini, nè per disgrazie, nè per contrattempi che accadessero. Egli non dubitò mai che Dio non gli sarebbe venuto in soccorso; e anche in gravissimi bisogni sempre lieto e tranquillo diceva: - Iddio è un buon padre, che provvede agli uccelli dell'aria, e non lascierà certamente di provvedere ai bisogni dell'Istituto. - E soleva recare la ragione della sua fiducia: - Di queste opere io non sono che umile strumento; l'artefice ne è Iddio. Or tocca all'artefice e non allo strumento provvedere i mezzi di proseguirle e condurle a buon fine: ed egli lo farà quando e come giudicherà meglio; a me tocca solo di mostrarmi docile e pieghevole nelle sue mani.
Quindi non si infastidiva mai per l'avvenire; e se qualche benefattore gli avesse lasciato alcuna sostanza, egli era pronto a vendere tosto edifizii e terreni, impiegando il prezzo per i bisogni urgenti della Casa o per opere nuove. Giorno per giorno spendeva quanto aveva ricevuto e non conservava alcune somme, perchè era sempre pressato dai creditori. Sovente i prudenti lo consigliavano a non arrischiare con tanti debiti l'esistenza dell'Oratorio, ma egli, mostrandosi sicuro di ciò che affermava, più volte disse: - Dopo la mia morte questa Istituzione non solo continuerà, ma prospererà vie maggiormente e si diffonderà per ogni parte del mondo.
“La sua confidenza in Dio e nella Beata Vergine, era portentosa, esclamò Mons. Cagliero. Durante trentacinque anni che stetti al suo fianco, non mi ricordo averlo veduto un sol momento infastidito, scoraggiato ed inquieto per debiti dei quali era aggravato, eziandio pel sostentamento de' suoi giovanetti ”.
D. Bosco non possedeva nulla, assolutamente nulla, ma Dio era il suo cassiere, che ha per suoi agenti tutte le persone buone e generose, le quali sanno che il danaro non è scopo, ma mezzo concesso a loro per far del bene a se stesse e ai loro simili.
Quindi egli si rivolgeva a Dio, perchè gli mandasse questi buoni angeli terreni e sovente nel sermoncino della sera diceva agli alunni: - Pregate, e coloro che possono facciano la Santa Comunione secondo la mia intenzione. Vi assicuro che prego ancor io, anzi prego più di voi. Mi trovo in gravi imbarazzi. Ho bisogno di una grazia. Vi dirò poi quale sia.
E dopo qualche sera raccontava, per esempio, che un ricco signore gli aveva portato una grossa somma pari al suo bisogno, soggiungendo: - La Vergine SS., oggi, oggi stesso ci ottenne un segnalato favore. Ringraziamola di cuore e continuate a pregare che il Signore non ci abbandonerà. Ma se nella casa entrasse il peccato, poveri noi! Il Signore non ci soccorre più. Attenti adunque a respingere le insidie del demonio e frequentare i sacramenti.
Gli stava perciò moltissimo a cuore che gli alunni pregassero bene.
Era solito, quando poteva, venir alla sera a recitar in comune coi giovani studenti le orazioni. Pi√π di una volta quando per qualche motivo doveva protrarre la sua cena in tempo delle preghiere, o trattenersi in refettorio, lasciava ora all'uno ora all'altro l'incarico d'andare a sorvegliare o ad avvertire certi alunni, che invece di dire le preghiere o dormivano o chiacchieravano.
Alcune volte si alzava in fretta da tavola e andava lui stesso a fare questo ufficio, tanto gli stava a cuore la recita devota delle orazioni. Non poteva tollerare che i giovani in questo tempo si appoggiassero al muro o stessero seduti sulle calcagna, diceva egli, come i cagnolini.
Qualcheduno fece a D. Bosco questa osservazione: - Non sarebbe meglio che invece di far recitare dai giovani le preghiere in comune e ad alta voce, si lasciasse che ciascuno le dicesse sotto voce e si assuefacesse alquanto all'orazione mentale?
D. Bosco rispose: - I ragazzi sono così fatti che se non pregano ad alta voce cogli altri, lasciati a sè non direbbero più le preghiere nè vocalmente, nè mentalmente. Quindi posto anche che le dicessero solo materialmente, anche distratti, mentre sono occupati a pronunziare le parole non possono parlare coi compagni, e le stesse parole che dicono anche solo materialmente servono a tener lontano da loro il demonio.
Insisteva eziandio molto che quando i giovani fossero raccolti per le preghiere in comune, nessuno stesse a far ricreazione chiacchierando o passeggiando nel cortile o sotto il porticato. Voleva che ognuno dei chierici o preti andasse a recitare le orazioni coi giovani, o si ritirasse in chiesa od in camera, perchè il fare diversamente lo giudicava scandalo da evitarsi a qualunque costo. Esigeva il silenzio perfetto, dalla sera dopo le orazioni fino al mattino seguente dopo la santa Messa. Questo silenzio riputavalo di somma necessità perchè gli animi non divagati potessero conseguire tutto il frutto della preghiera.
Una volta D. Bosco discendendo dalla sua camera per le confessioni s'incontrò in una squadra di giovani studenti, che andavano in chiesa per ascoltare la S. Messa. Avendone visto alcuni a chiacchierare forte e liberamente, li avvertì con qualche parola o segno di far silenzio. Uno di quelli però non si diede per inteso di quell'ammonimento. Allora D. Bosco gli andò incontro ed egli stesso lo castigò, dimostrandosi poi assai malcontento, perchè gli assistenti non esigevano quel silenzio che egli aveva tante volte raccomandato.
Per tutte queste sue premure le preghiere della comunità salivano gradite al trono di Dio e si avveravano pienamente quelle parole di Isaia Profeta: “ Non si affaticheranno, invano i miei eletti, nè avranno figliuoli, che sian loro di affanno, perchè stirpe benedetta dal Signore sono essi. E prima che alzin la voce, io li esaudirò e prima che abbiano finito di dire, li avrò uditi”.
Sul principio del 1858, dovea D. Bosco estinguere un grosso debito pel 20 gennaio e non possedeva un soldo. Il creditore aveva già aspettato alquanto tempo ed ora voleva assolutamente essere soddisfatto. Si era già al 12 del mese e nulla di nuovo per assicurare le speranze di D. Bosco. Trovandosi egli adunque in tali strettezze, disse ad alcuni giovani in privato: - Quest'oggi ho bisogno di una grazia particolare: io andrò in Torino, e per quel tempo che vi rimarrò procurate che vi sia sempre qualcuno di voi a pregare in chiesa. - Così si fece. D. Bosco andò in città e quei giovani alternativamente andarono a pregare in chiesa.
Mentre D. Bosco camminava per Torino, vicino alla chiesa dei Lazzaristi gli si presenta un signore sconosciuto e dopo averlo salutato, gli domanda:
- D. Bosco! È vero che ha bisogno di danari?
- Altro che bisogno! necessità!
Se è così prenda! - E gli presentò una busta nella quale erano più biglietti da mille lire. D. Bosco rimase meravigliato di quel dono, ed esitava nell'accettarlo, pensando che quel signore non facesse da senno o celiasse.
- Ma a che titolo mi dona questa somma? gli chiese. D. Bosco.
- Prenda, le replico, e se ne giovi per le necessità de' suoi giovani.
- Grazie adunque e la Madonna lo ripaghi... E se vuole le farò due righe di ricevuta.
- Non fa bisogno.
D. Bosco prese quei biglietti che l'incognito gli porgeva e continuò:
- Almeno favorisca di dirmi il suo nome, affinchè possa conoscere il mio benefattore.
- Non cerchi di più! Il donatore non vuol esser conosciuto. Desidera solamente che si preghi per lui... Ella può fare ciò che vuole di questo danaro... e non si curi di altro. - Così dicendo si allontanò in fretta.
Era evidente un tratto della Divina Provvidenza e D. Bosco mandò subito a pagare il suo creditore.
Narrò Mons. Cagliero: “ Un giorno dell'anno 1859 D. Bosco a mezzodì discese nel refettorio, ma non per mangiare, sibbene con mantellina e cappello in procinto di uscire. Maravigliati noi dicemmo: Oh ! D. Bosco, non mangia oggi con noi? - Non posso, rispose, pranzare oggi all'ora solita, anzi, ho bisogno che usciti di refettorio, vi incarichiate (rivolto a D. Alasonatti Prefetto, a D. Rua, a me e ad altri chierici) ho bisogno che da quest'ora fino alle tre, vi sia sempre alcuno di voi ed alcuni dei nostri fanciulli, scelti tra i migliori per pietà e fervore, dinanzi al SS. Sacramento Stasera se otterrò la grazia, che ci è neccessaria, vi spiegherò il perchè di questa preghiera.
” Eseguimmo i suoi ordini e si pregò fino alle ore tre. Verso sera arrivò D. Bosco tranquillo e calmo come quando era partito a mezzo giorno. E disse rispondendo alle nostre importune e curiose domande: - Oggi alle tre scadeva un compromesso serio col libraio Paravia di diecimila lire: se non l'avessi soddisfatto ne avrebbe avuto grave danno lui e gravi danni l'Oratorio. Altri debiti urgevano con altri creditori, che non ammettevano più dilazione e questi ammontavano ad altri dieci mila franchi. Sono uscito in cerca di provvidenza e senza sapere dove sarei andato. Giunto alla Consolata entrai e pregai la Vergine SS. a volermi consolare ed a non abbandonarmi in quel frangente! Uscitone andai di contrada in contrada dal tocco sino alle due, quando giunto in un vicolo presso la chiesa di S. Tommaso, che metteva in via dell'arsenale, mi si avvicina un uomo pulitamente vestito che mi dice: - Oh se non m'inganno lei è D. Bosco!
- Sì, per servirla; risposi.
- Veda; è proprio lei che io cercava e se non l'avessi incontrato avrei dovuto andare fino all'Oratorio: così mi risparmia una passeggiata: ecco: il mio padrone mi ha incaricato di portarle questo plico.
- E che cosa contiene?
- Io non lo so; disse quel domestico - Allora io lo apersi e vi trovai cartelle del debito pubblico.
- E da chi provengono queste cartelle? domandai.
- Non debbo dirlo... ed ora la mia commissione è fatta. Stia bene. -E senz'altro se ne andò. Io allora mi recai in casa di Paravia, ed esaminato il pacco e le cartelle, trovai tanto da pagare a lui dieci mila lire per la stampa delle Letture Cattoliche ed anche per soddisfare ad altri urgentissimi impegni! Oh! figliuoli! Come è grande la divina Provvidenza! Come ci vuol bene! Come dobbiamo esserle riconoscenti! Siate sempre buoni! Amate sempre e non offendete mai il Signore ed egli non ci lascierà mancare il necessario.
” Noi vedevamo in quel momento il suo volto più raggiante del solito, udivamo la sua voce più affettuosa e soave non tanto per la gioia e per la meraviglia, quanto per la gratitudine e l'amore verso Dio. E noi eravamo compresi dello stesso suo stupore e riconoscenza, accrescendosi in noi l'ammirazione verso il nostro buon padre.
” Tratti prodigiosi e simili a questi della divina Provvidenza si sono poi ripetuti molte altre volte in favore dell'Oratorio e delle altre Case della Congregazione ”.
Nel 1860 un giorno di sabato o altra vigilia di festa verso le 11 del mattino si presentava a D. Bosco il panattiere dicendogli bruscamente, che se non era pagato all'istante non avrebbe mandato pi√π pane per la cena di quel giorno. E in casa non ve n'era che il puro necessario per il pranzo. Non valsero a calmarlo le buone parole e le promesse.
D. Bosco, dopo aver pranzato, mandava a prendere il suo cappello e il suo mantello. Era un'ora e mezzo pomeridiane ed il Chierico Turchi con Anfossi e altri compagni, fra i quali Garino Giovanni, stavano discorrendo sotto al porticato presso la scala che scendeva nel refettorio. Ed ecco comparire D. Bosco in atto di uscir di casa. Avvicinatosi ai chierici, disse loro: - Fatemi un piacere: andate subito in chiesa a pregare per un venti minuti innanzi al SS. Sacramento secondo la mia intenzione. Datevi lo scambio due alla volta, fino all'ora in cui andrete a far scuola. Oggi mi trovo in un gran bisogno.
I chierici senza sapere il perchè eseguirono subito quanto egli desiderava e mentre erano in iscuola D. Bosco rientrava nell'Oratorio.
D. Turchi ci narrava: - Alla sera io era ansioso di sapere il risultato della cosa, ma D. Bosco dovendo attendere alle confessioni, non era venuto neppur a cena colla comunità, secondo il solito nelle vigilie delle feste. Io però chiesi al Prefetto D. Alasonatti, se sapeva nulla del risultato delle nostre preghiere: - Sì, sì, rispose; tutto andò bene e Don Bosco ve ne parlerà. All'indomani dopo le orazioni Don Bosco così ci disse: Vi ringrazio che ieri avete pregato. Io doveva fare un grosso pagamento al panattiere Magra provveditore dell'Oratorio, il quale si protestava di non poter più somministrare le provvigioni, se non veniva pagato. Io non aveva denari e non sapeva dove dar del capo per trovarli. Mentre voi eravate in chiesa io andava per la città fantasticando dove potessi rivolgermi, quando sento un uomo che mi chiama, mi raggiunge e mi dice: - Oh D. Bosco, andava precisamente da lei, mandato dal mio padrone, il quale è infermo e desidera parlargli. - Acconsentii subito e il servitore mi accompagnò presso un bravo signore, che da tempo era obbligato a stare in letto. Egli mi accolse con grande bontà, mi chiese notizie dell'Oratorio, e dopo avermi intrattenuto in altri ragionamenti, mi consegnò un plico con entro il danaro del quale io abbisognava. E così abbiamo potuto in giornata soddisfare il panattiere. Un'altra sera D. Bosco raccontava agli alunni ch'avevano pregato per lui: - Io mi era avviato per cercar fortuna: Sapevo che sotto la parrocchia dei Martiri abitava una signora facoltosa e senza famiglia, ma che non voleva saperne di far beneficenze. Trovandomi in forte bisogno, andai dal curato D. Bruno a chiedergli se non avesse a male che io andassi da quella sua parrocchiana a chiederle un qualche aiuto. Il Curato mi disse: - Vada pure e se spillerà qualche cosa sarà bravo: io ho già tentato più volte pei bisogni della parrocchia e non potei averne un becco di quattrino. E ciò non ostante io ci andai e la signora mossa a compassione di me e di voi mi diede diecimila lire. Incontratomi poi col Curato, ed avendogli esposto quanto aveva ottenuto, ne rimase altamente meravigliato.
Circa il 1862 D. Bosco doveva dare varii acconti all'impresario delle costruzioni e ai provveditori di legnami, ferri, cuoi e panni e di altri oggetti per i laboratori.
Egli pertanto, mentre i giovani erano a scuola, pieno di fiducia nella Provvidenza divina, pregò il capo cuoco Gaia ed altre pie persone della casa di andare in Chiesa e recitare il Santo Rosario: quindi usciva di casa per cercare soccorso. Ma allontanatosi di poco dall'Oratorio incontrò sul viale fiancheggiante il manicomio un cotale, il quale consegnatogli un piego suggellato gli disse: - Per le sue opere! - e senza dir altro se n'andò. D. Bosco, aperto quell'involto, vi trovò settemila franchi e ringraziando l'amabilissima Provvidenza di Dio, tutto allegro, se ne ritornò alla sua stanza.
Ma se le cento volte egli andava in cerca della divina Provvidenza, questa madre amorosa veniva le cento volte e le mille in cerca di lui co' suoi soccorsi.
Nell'anno 1861 il sig. Magra panattiere al quale D. Bosco doveva dodici mila lire, per provvista fatta di pane, si era rifiutato di mandargliene dell'altro. D. Bosco anche allora, come sempre soleva ripetere ai suoi creditori, gli fece dire che non dubitasse, che la divina Provvidenza aveva mai fatta bancarotta, continuasse a provvedere il pane a' suoi giovanetti, e che il Signore avrebbe pensato a mandargli del danaro.
Il sig. Magra mandò il pane, ma venne per riscuotere il suo avere o almeno un acconto. In casa non si aveva punto di danaro. Era un mattino di festa e D. Bosco stava confessando in sagrestia un gran numero di giovani, quando venne il creditore dicendo al sagrestano, che a tutti i costi voleva parlare con D. Bosco. Il sagrestano tentò d'impedire questo disturbo, ma il panattiere si fa largo in mezzo ai giovani e va diffilato innanzi a D. Bosco e incomincia ad insistere affermando d'aver gran bisogno della somma dovutagli. Don Bosco lo guardò tutto tranquillo e gli disse: - Aspetti alcuni momenti che io abbia finito di confessare. Ma l'altro: - No che non posso aspettare, ho bisogno che mi paghi subito.
D. Bosco per tutta risposta continuò a confessare e il panattiere vedendo che egli non se ne dava per inteso delle sue proteste, si ritirò in disparte guardando D. Bosco quasi con stupore. Quindi uscì a passeggiare sotto i portici aspettando che egli uscisse. D. Bosco finito che ebbe, pregò il Signore che lo aiutasse in quell'angustia e in quel mentre entrava in sagrestia un signore a lui ignoto, il quale gli consegnò una lettera chiusa e, salutatolo cortesemente, se ne andò senz'altro. D. Bosco pose quella lettera nel suo breviario e celebrata la S. Messa, andò in refettorio, accompagnato da D. Savio Angelo e da alcune persone esterne. Allora il Savio gli ricordò il debito urgente e D. Bosco senza scomporsi incominciava a dirgli che bisogna aspettare altro momento, che allora nulla egli aveva. In quell'istante però, essendo stata recata la posta, si sovvenne della lettera che aveva ricevuta in sagrestia e apertala vi trovò una somma considerevole, che tosto consegnò a D. Savio per contentare sufficientemente il panattiere. Incontratolo poco dopo gli diceva: - Vedete! La Provvidenza è grande ed è venuta in nostro soccorso! Ora vi manda un acconto e presto vi farà tenere il saldo. Sia ringraziata la Madonna.
Così narrarono Mons. Cagliero, D. Savio, Enria e lo stesso D. Bosco.
D. Savio Angelo, economo dell'Oratorio, aggiungeva a questo altri fatti. - Un creditore, dopo una sfuriata, per non essere ancora stato pagato, già stava per andarsene dalla camera di D. Bosco, minacciando di far spiccare contro di lui una citazione giudiziaria. Quand'ecco un benefattore presentarsi a D. Bosco e consegnargli tremila lire, precisamente la somma necessaria per pagare quel debito.
- Un'altra volta trovandomi io stesso in bisogno di dar le paghe ai muratori per le costruzioni già fatte, ricorsi a D. Bosco, ma egli nulla aveva di che darmi. Nel mentre che D. Bosco mi licenziava, dicendomi di tornare in altro momento, entrava in sua camera, se ben mi ricordo, il Conte Callori, il quale consegnò una vistosa somma che servì a meraviglia in quella critica circostanza.
Da queste pagine adunque risulta l'efficacia della preghiera, la carità sorprendente delle anime buone; ma nello stesso tempo esse racchiudono un mistero di fatiche, traversie, angustie senza numero come ognuno può bene intendere, sopportate però da D. Bosco quasi scherzando. Egli scrisse un giorno al Can. Anfossi un biglietto in questi termini: “ Mio caro; son carico di debiti: fa una colletta per me, altrimenti faccio bancarotta ”. E il Can. Anfossi recatosi da lui per presentargli una elemosina negli ultimi tempi della sua vita, sentissi a dire: - In questo anno solo si fecero già quattro milioni di spese e grazie a Dio sono tutte pagate: il poco fa il molto: ho bisogno che mi aiutino come fai ora tu, anche con offerte da poco ”.
E le offerte da poco venivano a lui dalle mani di persone poverette e di bassa condizione, ma tanto numerose, da sorpassare di gran lunga quanto avevano fatto tutti i ricchi insieme. Si legge nei Proverbi al Capo XIX versicolo 22: “ L'uomo che è nell'indigenza è misericordioso, provando egli ciò che sia il patire ”. A milioni furono gli esigui, ma eroici atti di beneficenza di questi umili messaggieri della divina Provvidenza. Scegliamo due fatti.
Mentre D. Bosco era angustiato per un debito di 300 lire che bisognava pagare senza dilazione, ecco entrare in cortile un uomo di età matura il quale avvicinatosi a lui, gli disse: - Io sono un impiegato governativo in ritiro. Ho fatto qualche risparmio sulla mia pensione ed ho pensato di fare un po' di bene per l'anima mia. - Così dicendo porgeva a D. Bosco una borsa.
- Ma poi lei, si è serbato qualche cosa per caso di malattia? chiese D. Bosco.
- C'è la Provvidenza, concluse il bravo uomo: e poi prima di morire voglio mandarmi innanzi all'eternità qualche merito. Se verrò ammalato, ci sono gli ospedali. - E senza dire altro se ne andò.
In quella borsa vi erano precisamente 300 lire.
Un dì venne all'Oratorio per parlare a D. Bosco una vecchia di circa 75 anni. Egli credeva che venisse solamente per farsi scrivere una supplica da indirizzarsi a qualche autorità o a un qualche ricco signore.
- No, quella rispose, ho bisogno di parlare con Don Bosco.
D. Bosco la condusse in disparte, la fece sedere ed essa così prese a parlare. - Io sono una povera vecchia: ho sempre lavorato per poter vivere: aveva un figlio e mi è morto; ora non mi resta che morire io pure; non ho eredi necessarii; mio figlio prima di morire mi disse di dare in limosina tutto quello che mi fosse sopravvanzato. Ecco: ho cento franchi, risparmio di 50 anni di lavoro continuo, e li consegno a vostra signoria. Ho ancora quindici franchi e li conservo per la bara dove mi porranno dopo la mia morte. Ho eziandio un'altra piccola somma per pagare il medico. Questa sera vado a pormi in un letto e sarà affare di pochi giorni.
- Io prendo questi 100 franchi, rispose D. Bosco, e ve ne ringrazio, ma vi assicuro che non li toccherò fin dopo la vostra morte; e perciò in qualunque occorrenza venite pure che sono vostri.
- No; sia piuttosto così; io ho fatto limosina e ne ho il merito; ella si serva pure di questo danaro. Qualora io avessi bisogno verrò a domandarle limosina ed ella, facendola, ne avrà eziandio il merito. Ma lei poi verrà a vedermi ammalata?
- Sicuramente! rispose D. Bosco.
Il domani D. Bosco, colpito dalla carità così ingenua di quella poveretta volgeva in pensiero di andarla a visitare, ma non si ricordava più della strada e del numero dell'abitazione. Passarono due giorni, quando un'altra donna venne a chiamarlo. D. Bosco andò subito. Appena entrato nella stanza riconobbe la vecchia che sorridendo gli fe' segno di aver bisogno di nulla.
- Ma sì, esclamò D. Bosco, ella ha bisogno, del resto non mi avrebbe chiamato.
- Sì; ho bisogno di ricevere i SS. Sacramenti.
Li ricevette tutti con viva fede e se ne morì in pace.
Oh amabile carità! E D. Bosco tutti i giorni di sua vita potè ripetere: - Come è buono il Signore! Sapeva che eravamo in bisogno e ispirò alle caritatevoli persone di venirci in aiuto. - E nello stesso tempo verificavasi la promessa del Salmo XXXII “ Santi tutti del Signore temetelo, imperocchè non manca nulla a coloro che lo temono. I ricchi si trovarono in bisogno e patirono la fame; ma a coloro che temono il Signore non mancherà nessun bene ”.
 
 
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