Malumore a Giaveno contro D. Bosco - Dialogo diplomatico D. Bosco si ritira dalla direzione del piccolo Seminario Alcuni de' suoi chierici allettati dalle promesse dei Superiori del Seminario acconsentono a rimanervi; altri ritornano all'Oratorio - Maneggi per indurre parecchi della Congregazione ad abbandonare D. Bosco - D. Bosco tratta bene quelli che lo trattano male - D. Bosco e la Curia Arcivescovile - Chi la fa, l'aspetti - Il Governo restituisce alla diocesi di Torino il Seminario Metropolitano e le sue rendite - Dimenticanza deplorevole e sue conseguenze - Deterioramento dal Seminario di Giaveno - Mons. Lorenzo Gastaldi s'informa delle norme date da D. Bosco per far rivivere quel Seminario, le approva e le prescrive al Rettore da lui eletto - D. Giuseppe Aniceto - Splendida e duratura prosperità del piccolo Seminario - D. Bosco gode di quel trionfo da lui iniziato.
del 01 dicembre 2006
 
Se d. bosco amava tanto le anime de' giovanetti educati nel suo Oratorio non portava minore affetto a quelle degli alunni del piccolo Seminario di Giaveno, delle quali era pur responsabile al cospetto del Signore. Sul principiar dell'anno scolastico e nel mese di gennaio del 1862, era andato a visitarli con gran vantaggio dello studio, delle vocazioni e del rifiorimento delle più elette virtù. Le sue parole erano state accolte come uscite dalla bocca di un santo ed ei si era prestato a confessare tutta la comunità. Ma certi cuori gretti e ignoranti le vie del Signore non potevano soffrire l'influenza salutare, che egli esercitava sopra que' giovani, la confidenza che questi avevano in lui e sopratutto certe norme e certi consigli, che credeva doveroso suggerire a coloro, che egli stesso aveva messi alla direzione del Seminario. Quindi malumori e critiche.
Persona ecclesiastica di autorità in varie occasioni aveva scritto a D. Bosco, bellamente insinuandogli non, essere conveniente che si immischiasse troppo in quella direzione, e che procurasse invece di tenersi a parte per non dare ombra al Rettore. D. Bosco, ben sapendo chi ispirava quelle lettere, rispondeva sorvolando tale questione. Egli non ignorava che secondo il Concilio di Trento un Seminario dipendeva dall'autorità Diocesana, ma questa non aveva ancora osato revocare un mandato, che a lui aveva conferito con tanta pienezza di poteri.
Intanto moriva l'Arcivescovo suo principale appoggio; e alcuni del clero di Giaveno sobbillati dai malcontenti andavano dicendo che D. Bosco col suo predominio in collegio, faceva perdere alla Curia quel prestigio, che a lei sola doveva appartenere. In questo senso scrissero al Canonico Vogliotti, presentandogli lo stato delle cose in modo da ferirne l'amor proprio. I signori della Curia presero in considerazione quelle rimostranze e soddisfatti, perchè in Giaveno era stato, rimesso l'antico onore, decisero di pregare D. Bosco a non più occuparsi del Seminario.
Uno di questi venne infatti in Valdocco e prese a dirgli: - Signor D. Bosco, le siamo troppo riconoscenti di ciò che ha fatto per noi; ma capirà bene che, trattandosi di un Seminario della diocesi, sarebbe cosa desiderabile che a Giaveno vi fosse una direzione uniforme con quella che vige in varii altri nostri Seminarii.
 - E che cosa trova di difforme e che cosa le dispiace nella nostra direzione? osservò D. Bosco.
 - A noi sembra che vi domini una pietà troppo spinta fra i giovani e troppa frequenza de' sacramenti. Vi è chi critica questa frequenza come un abuso.
 - E quale altro mezzo si vorrebbe sostituire a questo per la vera educazione della gioventù, e per lo sviluppo e la sodezza delle vocazioni ecclesiastiche?
 - Pare che bastino gli ordinamenti antichi tuttora vigenti e tante comunioni sanno un po' troppo di sistema gesuitico.
 - Gesuitico! Ma se i gesuiti avessero trovato ciò esser meglio per l'educazione della gioventù, io mi metto subito dalla parte loro.
 - Ma capisce! ... I tempi in cui viviamo così contrarii ad ogni apparenza di fanatismo religioso ....; il sistema suo così diverso da quello che governa la formazione dei chierici in tutti i Seminarii del Piemonte ...; i partiti avversi che accusano e cercano di screditarci presso la popolazione, con insinuazioni velenose, ironie, sarcasmi per causa di nuove divozioni .....
 - Sì! Hanno ragione, l'interruppe D. Bosco; intendo bene ove vada a parare questo suo ragionamento... Io ho dovuto faticar molto e assoggettarmi a sacrifizii per quel piccolo Seminario…… Io vi ho mandato un gran numero di giovani, che senza il mio invito sarebbero andati altrove, oppure non si sarebbero mossi dalle loro case.... Io ho provvisto il perso­nale dirigente…… E tutto ciò per condiscendere ed obbedire, ad un loro invito formale, che mi prometteva piena libertà d'azione.... Ed ora vogliono mettermi da banda. Sia pure....
 - Oh questo poi no!
 - No ? Mio caro Signore, non sono tanto cieco da non vedere, …… da non capire.
 - Non prenda le cose in mala parte. S'immagini se vogliamo escluderlo! Lei sarebbe sempre quegli che ne terrebbe l'alta direzione, considereremo sempre Lei come un insigne benefattore…… Solamente poi la pregheremmo a, lasciar fare gli altri…… a non impicciarsi in ciò che riguarda l'azione di quel Rettore…… Del resto saranno meno disturbi per lei... – E finì col fargli intendere essere meglio, per amor della pace, che per qualche tempo si astenesse dal mettere piede nel piccolo Seminario.
D. Bosco senza fare osservazioni, rispose risoluto ma calmo: - Se è così, io mi ritiro!
Il giorno dopo di quel colloquio il Canonico Vogliotti andò a Giaveno. Dopo aver annunziato al Rettore D. Grassino l'atteso e deciso ritiro di D. Bosco dalla direzione, chiamò a sè il Ch. Vaschetti e tante gliene disse, con promessa di assegnargli un patrimonio ecclesiastico e di anticipargli di un anno l'ordinazione sacerdotale, che quegli acconsentì a continuare l'opera sua nel piccolo Seminario. Il Ch. Vaschetti amava molto D. Bosco, ma non era legato a lui con obblighi speciali; d'altra parte desiderava di ottenere una posizione stabile in diocesi e suo ideale era una parrocchia dove esercitare con zelo il sacro ministero.
Il Ch. Ruffino intanto, essendo di Giaveno, venne a conoscere i particolari delle trame che da più di un anno si erano ordite contro D. Bosco e non potè a meno di esclamare: È un vero tradimento!
Con simile persuasione un chierico de' più anziani dell'Oratorio scrisse a Vaschetti una lettera molto pungente, il quale la mandò a D. Bosco lamentandosene. E D. Bosco gli rispose da buon padre, pacificandolo e ancora oggidì (1909) egli conserva questo biglietto per suo conforto e giustificazione. Don Bosco aveva scritto ai chierici, che gli appartenevano, di ritornare all'Oratorio; ma D. Grassino, eseguendo le istruzioni avute loro fece la proposta di abbracciare apertamente il suo partito. Boggero e Bongiovanni preferirono obbedire a D. Bosco e senza frappore indugi, non avendo danari per pagare la vettura, partirono a piedi da Giaveno e ritornarono nell'Oratorio. Si noti che que' chierici nei due anni avevano prestate gratuitamente le loro fatiche senza il menomo compenso pecuniario.
Lo stesso D. Bosco pago di aver conservato all'Archidiocesi un istituto di tante speranze, dopo averlo reso fiorentissimo con gravi sollecitudini, erasi ritirato senza pretendere nessuna retribuzione.
Ciò non ostante in quel tempo e poi per anni parecchi sembrava che una congiura fosse ordita contro di lui. Ogni volta che all'Oratorio eravi un sacerdote o un chierico d'ingegno o di virtù speciale, non mancava chi cercasse di allettarlo con larghe promesse ad abbandonare chi tanto aveva fatto per mantenerlo ed istruirlo, amandolo qual carissimo figliuolo. Nutriva forse quel consigliere le più buone intenzioni del mondo, ma intanto D. Bosco non di rado vedeasi strappare dal fianco quelli sui quali aveva riposte le sue speranze.
D. Bosco però non conservava rancori. Tutti coloro che, ebbero disparità di sentimenti o di interessi con il Servo di Dio, in questioni anche gravi, è cosa mirabile l'udirli a parlare di lui con profonda commozione e a ricordare la benevolenza colla quale egli continuava a trattarli. D. Grassino affermava alla nostra presenza e a quella di D. Vaschetti, che D. Bosco dopo i fatti di Giaveno più volte aveagli detto con molta affezione di cuore, che davagli il diritto di prendere alloggio nell'Oratorio e di sedervi a mensa ogni qualvolta gli fosse piaciuto.
Eziandio colla Curia Arcivescovile non mantenne dissapori. D. Rua Michele testificò con giuramento: “ Dopo la morte di Mons. Fransoni, D. Bosco si trovò nella necessità di sovvenire l'opera sua contro esigenze, che ne sarebbero state la rovina, come pure sostenere diritti, che erangli stati concessi del defunto Arcivescovo, o dallo stesso Sommo Pontefice, ma si mostrò sempre pieno di rispetto e sottomissione e in tutto ciò, che non era contrario alla vita della sua Istituzione. Qualche differenza sorgeva a quando a quando per ragione dei chierici; ora perchè volevasi che questi passassero i loro corsi come interni nel Seminario della diocesi, ora perchè insistevasi che almeno frequentassero la scuola di cerimonie col clero della città. Ma D. Bosco, senza muovere doglianza su tali pretese, faceva conoscere in quanto alla prima aver egli provveduto ai chierici con tanti sacrifizii, perchè ne aveva sommo bisogno e per altra parte gli sarebbero mancati i mezzi per mantenerli in Seminario. In pari tempo procurava che i suoi chierici frequentassero le scuole del Seminario di Torino come esterni e per la scuola di cerimonie procurava loro come maestri alcuni di quelli, che erano maestri del Clero della città; e quando non poteva averli suppliva con qualche ecclesiastico capace e beneviso dalla Curia stessa. E così capacitava, i Vicarii o Provicarii, che muovevangli tali difficoltà.
 ” In questo modo si procedette fino alla venuta in Torino dell'Arcivescovo Mons. Riccardi di Netro nel 1867 ”.
Ma intanto quali erano state le sorti del piccolo Seminario di Giaveno? Abbiamo più sopra esposto fedelmente quanto ci narrò il nostro compagno Vaschetti e ora Canonico Prevosto e Vicario Foraneo di Volpiano; e sotto la sua scorta continuiamo la nostra narrazione.
D. Grassino si era avveduto ben presto dello sproposito che aveva fatto respingendo il valido appoggio, prestatogli da Don Bosco. Il Ch. Vaschetti però con un coraggio eroico sosteneva il suo Rettore, ricordandogli continuamente i consigli essenziali che D. Bosco aveva loro ripetutamente inculcati, e disimpegnava senza risparmiarsi le accresciute e già prima molteplici occupazioni; ma sul finire del 1863, stanco di quella vita, volle ritirarsi. Il Can. Vogliotti cercò di smuoverlo dal suo proposito con nuove promesse, col dargli un grazioso compenso pecuniario pel suo servizio gratuito di tre anni; gli fece vere, benchè amorevoli, pressioni morali, ma egli tenne fermo. Entrò nel Convitto Ecclesiastico e per due anni tutte le domeniche veniva all'Oratorio per fare il catechismo ai giovani e per intrattenersi con D. Bosco.
In quanto a Giaveno, la Curia poteva sostenere finanziariamente quel Seminario e anche gli altri di Bra, Chieri e To­rino, perchè il Governo, che aveva in odio il  Vicario Generale Can. Fissore, risoluto come Mons. Fransoni nel sostenere/i di­ritti della Chiesa, aveva gradita l'elezione del Vicario Capito­late Can. Zappata in fama di essere più conciliante. A questi perciò rendeva non solo il maestoso edifizio del Seminario maggiore, ma tutte le sue rendite, sicchè molti chierici eb­bero pensioni gratuite.
I soli mezzi materiali però non bastano a far, prosperare una comunità. Il Rettore di Giaveno col suo naturale impetuoso guastava tutto per non aver più chi lo frenasse o avvertisse; anzi parve che avesse interamente dimenticato Don Bosco e i suoi consigli. D. Turchi Giovanni andatovi come professore di ginnasio l'anno 1863 - 1864, con sua meraviglia non vide cosa, non udì parola che rammentasse le benemerenze del Servo di Dio.
Quel Rettore vedendo ogni anno diminuire maggiormente il numero de' suoi alunni, dovette nel 1866 dare le sue dimissioni. I Rettori che gli successero fino al 1872, non furono più fortunati di lui, sicchè gli alunni diminuirono talmente da essere ridotti a poche decine.
Non è però da far meraviglia di queste vicende, perchè le istituzioni umane più o meno vanno soggette a tali alti e bassi, ma non tardano a risorgere quelle, che, appartenendo alla Chiesa, hanno in sè un alito della sua vita.
Così accadde al piccolo Seminario di Giaveno. Da tre anni Mons. Lorenzo Gastaldi governava l'Archidiocesi di Torino, quando mandò un giorno a chiamare D. Vaschetti già parroco a Volpiano e si fece raccontare tutta la storia del passato intorno al Seminario di Giaveno; la causa della sua prima decadenza, i mezzi adoperati da D. Bosco per rialzarlo, le condizioni da lui poste alla Curia accettandone la direzione, i motivi per i quali era stato costretto a dimettersi. Don Vaschetti diede una esatta relazione a Monsignore, il quale approvò pienamente la condotta di D. Bosco e poi gli disse di volere assolutamente che nel Seminario di Giaveno si addottassero i sistemi di educazione introdotti da D. Bosco.
Nell'udir queste lodi, D. Vaschetti, pensando alle questioni già sorte tra l'Arcivescovo e D. Bosco, si azzardò ad interrogare: - Ma perchè, Monsignore, combatte D. Bosco?
 - Perchè voglio conservare quel tesoro per la nostra Diocesi, e non che si estenda a servizio di altri. - E poi soggiunse: - Sono i mezzi che D. Bosco adopera per ritenere i chierici per sè, che non mi piacciono.
D. Vaschetti rispose: - Non è così, Monsignore: Veda: vengo ora dall'Oratorio, ove ho cinque giovani della mia parrocchia, che presto metteranno la veste clericale in Seminario.
Dopo queste informazioni, Mons. Gastaldi pose mano alla riforma del piccolo Seminario di Giaveno, e prima cosa vi nominava Rettore l'egregio Sacerdote Giuseppe D. Aniceto nativo di Susa, che stabilivasi nel nuovo ufficio il settembre del 1875. Educato nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, per disposizione del Can. Anglesio aveva frequentati con altri suoi compagni le classi ginnasiali dell'Oratorio; e D. Bosco nel 1857 alla solenne chiusura dell'anno scolastico nel porgergli il primo premio gli aveva detto: - Ricordati che il Signore ha su di te grandi disegni. - Egli oltre a belle doti di educatore, aveva una grande esperienza per essere stato prima assistente e poi professore in quel Seminario. Mons. Gastaldi, secondo l'idea di D. Bosco, gli aveva concessa una piena autorità nell'interno dell'Istituto; e per suo ordine D. Aniceto rimise in vigore quanto facevasi nell'Oratorio di Valdocco per la direzione spirituale, tutte le pratiche di pietà quivi in uso, e specialmente le frequentissime comunioni. Così riusciva in poco tempo a far fiorire quell'Istituto ecclesiastico a benefizio della Diocesi. Nei 24 anni che fu Rettore gli alunni sorpassarono ogni anno il numero di 250. Dovette perciò innalzare nuovi edifizii e mettere le fondamenta di una maestosa cappella. Severissimo nell'espellere i giovani bacati nella moralità, coltivò grandissimo numero di vocazioni. Mons. Pechenino, che per molti anni visitava quel Seminario come direttore degli studi, soleva dire che là parevagli di trovarsi all'Oratorio. Lo stesso attestarono i professori Salesiani Don Durando Celestino e D. Francesia Gio. Batt., che erano spesso invitati a dare gli esami agli alunni.
D. Bosco godeva del gran bene che si faceva a Giaveno, e che si sarebbe fatto da successori di D. Aniceto per l'impulso che egli aveagli dato fin dal principio. Egli poteva ripetere, come ripetè in tante altre occasioni, le parole di S. Paolo: Quid enim? Dum omni modo, sive per occasionem, sive per veritatem Christus annuntietur; et in hoc gaudeo, sed et gaudebo.
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