Capitolo 16

Don Bosco e la virtù della purità.

Capitolo 16

da Memorie Biografiche

del 28 novembre 2006

 Un affetto così ardente verso la Madonna era una irradiazione ed una prova della purità del cuore di Don Bosco.

Sì, noi siamo intimamente persuasi che qui consista soprattutto il segreto della sua grandezza, vale a dire che Dio lo abbia colmato di doni straordinari e che di lui siasi servito in opere meravigliose, perchè si mantenne sempre puro e casto. “Al solo vederlo, asserisce D. Piano, si poteva conoscere quanto amore portasse alla bella virtù ”. Le sue parole, i suoi portamenti, i suoi tratti ed in complesso ogni sua azione spiravano tale un candore ed un alito verginale, da rapire ed edificare qualunque persona si avvicinasse a lui, fosse pure un traviato. L'aria angelica che traspariva dal suo volto aveva un'attrattiva tutta speciale per guadagnare i cuori. Non uscì mai dal suo labbro una parola che potesse dirsi meno propria. Nel suo contegno evitava ogni gesto, ogni movimento che avesse anche solo per poco del mondano. Chi lo conobbe nei momenti più intimi della sua vita, ciò che riscontrò sempre in lui di più straordinario fu l'attenzione somma che egli ebbe costantemente nella pratica dei più gelosi riguardi per non mancare menomamente alla modestia. Alcuni de' suoi vollero esaminare in tutto e per tutto la sua condotta esteriore, spiandolo talvolta persino dalla fessura della toppa dell'uscio, e mai fu sorpreso in atteggiamento men che dignitoso. Non fu mai visto neppure una volta sola accavalciare le gambe, star sdraiato sopra un seggiolone, mettersi le mani in seno o nelle scarselle, anche nel maggior freddo, per riscaldarle.

  Non permetteva mai alla sua presenza scherzi anche solamente grossolani; una frase un po' libera lo faceva arrossire e non esitava di avvertire chi l'aveva pronunciata. Tutti i suoi scritti sono un modello della delicatezza somma che egli aveva a questo riguardo, vero e limpido riflesso dell'animo suo. “ Alcune volte accadde a me, disse D. Rua, e a vari miei compagni di trovarci incagliati nel raccontare alcuni fatti dell'antico testamento; e, consultando la sua storia sacra, trovavamo il modo di esprimerci con tale delicatezza, da escludere ogni pericolo di sconvenienza. Si può dire anche di lui ciò che si dice del nostro Divin Salvatore, che, accusato in tante guise dai suoi nemici, non si osò intaccarlo sulla castità. Di modo che devesi conchiudere che in modo eroico conservò questa virtù in tutto il corso della sua vita ”.

  Un giorno D. Chiattelino si trovò in conversazione con D. Bosco, suo confidente e consigliere. Il buon prete era angustiato da gravi scrupoli dopo avere ascoltato le confessioni, e dubitava sempre se avesse fatto le necessarie interrogazioni per assicurare l'integrità del Sacramento. Allora D. Bosco per calmarlo gli narrò che egli essendosi andato a confessare da un sacerdote ancora novello nel sacro ministero, interrogato su varie mancanze, egli aveva risposto che colla grazia di Dio noti, ne aveva mai commesse.

     - E questa tal cosa?

     - Nossignore, mai; Iddio mi ha sempre assistito.

     - E quest'altra?

     - Nemmeno, per bontà di Dio! - E aggiungeva. D. Bosco che quel confessore pareva non ci si raccapezzasse, e quasi temesse che il suo penitente non fosse sincero. Quindi egli faceva osservare a D. Chiattelino, che se una persona si presume sufficientemente istrutta nei suoi doveri, esser regola sicura di prudenza, che il confessore accetti senz'altro l'accusa come è presentata, e non turbarsi o recare turbamento. Perciò si persuadesse, i suoi timori non essere altro che fantasie.

   D. Chiattelino raccontandoci questo fatto, aggiungeva: -Ascoltando io queste parole di D. Bosco, e confrontandole con altre che mi ricordava essergli una volta sfuggite nel dare un importante consiglio, mi feci persuaso che D. Bosco non fosse mai caduto in colpa grave.

   Anche D. Savio Ascanio, che fin dal principio e per ben quarant'anni studiò D. Bosco, affermava come fosse persuaso ch'egli non avesse mai perduta la innocenza battesimale e che tale opinione era pur divisa con lui da altri antichi allievi sacerdoti.

   Nel trattare cogli uomini D. Bosco si lasciava baciar le mani, ma ci diceva che ciò dovevasi permettere perchè i sacerdoti sono rivestiti di un carattere e di una autorità divina e le loro mani sono consacrate. Questi sentimenti erano fatti evidentemente palesi da ogni suo atto. Alle persone di altro sesso talora permetteva quell'atto di ossequio, senza mai però tenere la loro mano nella sua, e

sovente si schermiva, ma senza sgarbatezze. Nei primi anni dell'Oratorio, quando non aveva ancora porteria, soleva attendere alle udienze, dopo la messa, sotto i porticati della casa, e non si vide mai che conducesse donne in camera per dar loro udienza. In appresso poi ingrandita la casa, le riceveva nella sua stanza, la quale però era attigua a quella di aspetto, in cui si trovavano altre persone che attendevano, ed uno della casa che annunziava chi voleva parlargli. E teneva sempre la porta semichiusa, affinchè tutti gli astanti potessero liberamente vedere. Se alcune volte si presentava a lui una signora vestita un po' vanamente, teneva gli occhi fissi al suolo, come tutti videro sempre, e come attestano D. Rua, D. Piano e cento altri.

  Sedeva ad una certa distanza dalle visitatrici e non mai di fronte; non le mirava in volto e mai stringeva loro la mano al loro uscire od entrare; e se ne sbrigava il più presto che potesse. Siccome molte di queste persone avevano bisogno d'essere consolate, non usava mai espressioni affettuose, che non avrebbero potuto guarire un male, se non producendone un altro. Perciò composto in contegno grave, le confortava nelle loro avversità con una ragione che soleva ripetere frequentemente: - Fiat voluntas tua! Ed anche: “ Dio non abbandona nessuno; chi ricorre a lui coll'anima monda dal peccato e colla preghiera ben fatta, ottiene quanto gli abbisogna ”. Evitava persino di dare del tu ad alcuna, ancorchè fosse sua parente, eccettochè alle bambine o fanciulle di pochi anni. Ma anche con queste era sempre riservatissimo. Talvolta qualche donna, chiedendo a lui la benedizione, lo pregava a farle un segno di croce sulla fronte o sugli occhi sperando di poter guarire da un suo incomodo; ma D. Bosco non accondiscese mai al loro desiderio. Un giorno una di queste gli prese la mano per portarsela sulla testa; ed egli allora ne la rimproverò severamente. Era testimonio D. Rua.

   Per via non salutava mai alcuna dama pel primo, fosse anche una benefattrice. Non faceva mai visita ad una signora, se non quando lo esigeva la gloria di Dio, o qualche grande necessità. Più volte venne invitato da qualche dama ad approfittare della propria vettura dovendo uscire contemporaneamente; e D. Bosco ringraziando non accettava; e se qualche volta accettò l'invito, fu quando era accompagnato da qualcheduno de' suoi, oppure da un altro uomo.

   Tale somma compostezza egli raccomandava a' suoi allievi. Narrava il Teol. Reviglio: “ Mi ricordo che quando andai parroco e Vicario Foraneo a Volpiano, D. Bosco mi diede l'avviso di non fare mai la più piccola carezza anche per premio o per incoraggiamento alle ragazze, perchè diceva: Ciò può dare occasione a maldicenze. E quando poi era già curato alla parrocchia di S. Agostino in Torino, mi inculcava di usare anche nelle cose lecite ogni circospezione e riservatezza al fine di conservare il prestigio di parroco casto ”.

   E D. Bosco era geloso di questo prestigio. D. Savio Angelo e Mons. Cagliero ci raccontarono come egli, giunto una volta a Castelnuovo e avendo bisogno di farsi radere la barba, cercò di una bottega di barbiere. Trovatane una, vi entrò. Tosto gli si presentò una donna che dopo averlo cortesemente salutato lo invitò a sedersi, assicurandolo che presto sarebbe stato servito. È  da notarsi che il padre di colei era barbiere e, non avendo alcun figlio maschio, aveva insegnato il suo mestiere alla figlia. Quella adunque cominciò a stendergli innanzi l'asciugamano. - Fin qui meno male, disse tra sè D. Bosco, credendo che sopraggiungesse il barbiere in persona. Ma ecco che vede quella donna disporre il rasoio, prendere il vasetto del sapone, in atto di mettersi all'opera di radergli la barba. Ciò visto D. Bosco si alzò, prese il suo cappello e salutando disse: - Non permetterò mai che una donna venga a prendermi pel naso. Oh no! Finora nessuna fuori di mia madre toccò queste guance! - E se ne andò. Aggiungeremo che nelle sue malattie non volle mai essere servito da persone di altro sesso e neppure dalle suore, e non ammise mai altri intorno al letto fuori de' suoi coadiutori adulti, che ammirarono sempre la sua estrema diligenza nell'evitare ogni più piccola cosa che potesse offendere la modestia.

   Ma ex abundantia cordis os loquitur D. Bosco nelle sue prediche, fervorini, conversazioni, conferenze sapeva insinuare nei cuori l'amore alla regina delle virtù. Parlava continuamente del tesoro intrinseco inestimabile che dessa è; dipingeva la bellezza di un'anima casta e le gioie che gode, i premii che il Signore le ha preparato in terra ed in cielo, e come nel paradiso stesso segua l'Agnello, ovunque vada. Le sue parole producevano un effetto mirabile in quelli che l'udivano, sicchè rimanevano invaghiti della purità; parole ancora oggi ricordate con affetto da Villa Giovanni e da mille altri. D. Bosco non pareva un uomo che parlasse, ma un angelo, e gli uditori andavano poi ripetendo: -Solamente chi è puro e casto come gli angioli, saprebbe parlare della purità in tal modo. - Elettrizzava D. Bosco i suoi giovani e sovente, eziandio in ricreazione con improvvise esclamazioni: Vorrei che foste tanti S. Luigi! - Manteniamo le nostre promesse! Spero che l'infinita misericordia di Dio farà che ci possiamo un giorno trovare tutti colla candida stola nella beata eternità!  - E se qualche meticoloso aveva dei dubbi, esclamava: Là, là, ricórdati: Omnia possum in eo qui me confortat. E in modo speciale inculcava a tutti con istanza la divozione alla Vergine Santissima, dicendo d'invocarla nei pericoli colla giaculatoria: Maria, aiutatemi; anzi suggeriva loro di scrivere sui libri e sui quaderni tale giaculatoria con queste iniziali: M. A. E li premuniva contro i pericoli da evitarsi.

  Oltre i mezzi spirituali e molteplici che già conosciamo, insisteva sulla necessità di stare sempre occupati in qualche cosa, in ricreazione essere sempre in moto, nei divertimenti non mettersi mai le mani addosso, non camminare a braccetto o tenersi per mano o stringere quella del compagno. Non tollerava che i giovani fra loro fossero sgarbati o si abbracciassero anche solo per ischerzo. Rigorosamente, ma con prudenza, inibiva le amicizie particolari, per quanto sulle prime non presentassero pericolo di sorta, ed in ciò era inesorabile. Non solo esecrava il turpiloquio, ma non poteva soffrire che si pronunciassero parole plateali, che potessero suscitare un pensiero, un sentimento men che onesto, ed esclamava: - Certe parole nec nominentur in vobis. - Li esortava eziandio a regolare ogni azione in modo da allontanare ogni menomo sospetto sulla loro condotta.

  Nelle sue esortazioni però D. Bosco parlava della purità più che non del vizio contrario, e di questo faceva cenno con termini riservati e prudenti. Evitava di pronunciare i nomi di tal peccato; alle tentazioni non dava altro epiteto che quello di cattive; una caduta appellava disgrazia. Per contrario lo stesso vocabolo castità non gli sembrava abbastanza soddisfacente; vi sostituiva quello di purità, che presentava un senso più esteso e secondo lui meno risentito dalla fantasia. Nei giovani incuteva il massimo orrore per questo vizio non tanto la sua parola, quanto un tutto insieme di grazia divina, di persuasione, di affetto, di spavento, che dal cuore di D. Bosco si riversava nei loro cuori. Ed egli esclamava frequentemente per incoraggiarli a combattere il demonio: Momentaneum quod cruciat, aeternum quod delectat. E piangeva dal dolore al pensare che tanta gioventù andava in rovina per il peccato della disonestà. Anche in pubblico ei pianse parlando con grande calore in proposito su questo argomento: -Piuttosto, egli disse, che si commettano di questi peccati nell'Oratorio, è, meglio chiudere la casa. Tali colpe portano la maledizione di Dio anche sulle intiere nazioni. - E i giovani andavano a riposo commossi e colla testa bassa, risoluti di custodire gelosamente il loro cuore per Dio.

   “ Beati quei giorni, esclamò D. Bongioanni, in cui un piccolo neo riguardo ai costumi, ci commoveva al pianto e ci spingeva con insistenza ai piedi del confessore, sì grande era l'effetto prodotto in noi dalle parole di Don Bosco ”.

         E soggiungeva D. Reviglio, che visse per tanti anni in Valdocco: - Si può asserire con giuramento che nell'Oratorio regnava tale ambiente di purezza, che aveva dello straordinario.

   Nello stesso tempo D. Bosco formava i chierici assistenti simili a sè. Li avvertiva, se scorgeva che usassero cogli alunni troppa famigliarità. Non permetteva che li tenessero per mano, che li introducessero nelle loro celle, e che nelle camerate si portassero tra l'uno e l'altro letto, tolto il caso di grave necessità. Ogni trattenimento, conversazione esigeva che si facesse alla presenza di tutti, e per nessun pretesto mai in luoghi appartati. Li avvertiva che in ogni loro gesto, scritto, parola nulla vi fosse che, anche da lungi, mettesse in dubbio la loro virtù. Inculcava loro di custodire con severità i propri sensi e, mandandoli a servire nelle sacre funzioni negli educatorii, li avvisava di lasciare gli occhi a casa. Questa mortificazione, ei diceva, è una gran custodia della purità. - D. Bosco un giorno era uscito di casa con un giovanotto, il quale giunto in una piazza, essendo distratto, fissava con insistenza l'architrave di una finestra. A un tratto fu scosso dalla voce di D. Bosco: - Che cosa guardi? - Il giovanotto si affrettò a dargli una risposta soddisfacente, e D. Bosco rasserenato, quasi riflettendo, disse sottovoce: - Pepigi foedus cum oculis meis. - A questo fine cercava d'impedire che le giovani signore venissero a consultarlo nell'Oratorio, e fissava in altri luoghi l'incontro da esse desiderato. Ne abbiamo prova certa in varie sue letterine, fra le quali una in data da Torino 13 luglio 1854.

 

Signora contessina,

 

Sono giunto a S. Francesco quando non era più a tempo di renderla avvertita. Abbia la bontà di dire a Maman che domani dalle 3 alle 5 pomeridiane sarò al Convitto; e non avranno che farmi chiamare dal portinaio.

  Dio La benedica affinchè colla pratica della virtù possa formare la consolazione degli ottimi suoi genitori.

 

Obbl.mo

Sac. Bosco Giovanni

 

 

Rigorosissimo poi quando eragli chiesto consiglio intorno alla vocazione ecclesiastica, soleva dire che non si consigliassero o permettessero mai le sacre ordinazioni a quelli che non fossero fermi nella pratica dell'angelica virt√π.

  Nell'esortare i chierici a prendersi cura affettuosa dei giovani, recava loro l'esempio di N. S. Gesù Cristo; ma pur temendo che taluno non sapesse valersene in bene, non citava in pubblico per intero, o senza commenti quei passi del vangelo nei quali si dice che il Divin Salvatore stringeva al seno i fanciulli, perchè, soggiungeva, ciò che Dio faceva, non potevano farlo essi, senza pericolo. Non cessava di raccomandare la continua vigilanza, e che allontanassero dalle mani e dagli occhi dei giovani qualunque cosa potesse far nascere in loro qualche mala curiosità, o insegnare qualche malizia, dicendo: - Ricordatevi: De moribus! ecco tutto; salvate la moralità. Tollerate tutto, vivacità, insolenza, sbadataggine, ma non l'offesa di Dio e in modo particolare il vizio contrario alla purità. State bene in guardia su questo, e mettete tutta l'attenzione vostra sui giovani a voi affidati.

  Ed ecco D. Bosco stesso in mezzo ai fanciulli maestro e modello nelle parole e nelle opere ai preti, ai chierici e a tutti i suoi coadiutori; e la sua purità brillare così rigorosa, delicata e pubblica, da non dar mai luogo al più lieve dubbio. Il suo amore per i fanciulli, e specialmente per i più poveri ed abbandonati come più bisognosi di sue cure, perchè in maggiore pericolo di perdersi, si manifestò sempre tenerissimo, grande, forte; ma tutto spirituale, veramente casto. Benchè cercasse in tanti modi di manifestarlo, non si permetteva nessun atto troppo sensibile e neppure stringeva lungamente le mani di un giovane nelle sue. Egli dava un'idea perfetta della presenza del Salvatore in mezzo ai giovanetti. La virtù della purità era come una sopravveste che lo copriva da capo a piedi; e quindi i giovani volentieri gli si avvicinavano, gli avevano illimitata confidenza, conoscendo come egli fosse innocente e puro. E il Teol. Murialdo Leonardo aggiungeva come conseguenza, che tale carità che Don Bosco aveva verso i giovani faceva sì che essi pure lo riamassero di sincero affetto ed in tal grado, che non si saprebbe trovare altro esempio da mettere in confronto.

  Il Can. Ballesio presta la sua testimonianza: “ Sempre in mezzo ai giovani circondato da loro e tirato alle volte dai medesimi da una parte e dall'altra, nelle ricreazioni, e i giuochi di mano e di corsa, dimostrava una semplice, disinvolta e pudicissima sveltezza; e non solo le sue parole, ma anche la sua presenza e molto più un suo sguardo, un sorriso, ispiravano amore a questa virtù, che era ai nostri occhi uno dei più splendidi ornamenti del servo di Dio e pel quale egli era tanto per noi venerando ed amabile. Sovente, quando non giuocava, teneva un gran, numero di giovani avvinti per una mano colle sue dita, discorrendo ad un tempo di cose utili e morali. Sempre molto riservato, di quando in quando, per dare qualche suggerimento ad alcuno di essi piegava alquanto il di lui capo, per poter dirgli decorosamente la sua parola nell'orecchio, sicchè i vicini non l'udissero. Ed ora consigliava una di quelle giaculatorie che egli stesso ripeteva frequentemente, ed ora si raccomandava per una preghiera. Lasciavasi baciar la mano, e di quest'atto servivasi, per intrattenere qualche giovane a cui avesse da indirizzare qualche ammonimento o incoraggiamento. Ma sia allora che poi, usciti i giovani dall'Oratorio ed anche i sacerdoti, gli baciavano volentieri la mano, e questo lo facevano per un misto di stima e di profonda riverenza come se baciassero una reliquia ”.

   D. Turchi Giovanni afferma: “ Quando eravamo intorno a lui, la stessa sua presenza aveva tanta attrattiva per la virtù della purità che non si era neppur più capaci ad avere un pensiero meno che onesto; e questa stessa impressione la sentivano pure i miei compagni”. Mons. Cagliero faceva eziandio osservare: “ Quando D. Bosco ci confessava era tale la compostezza della persona ed il candore dell'anima sua, che ci sentivamo compresi di santo e religioso contegno e come in un ambiente di paradiso. Come egli sapeva con poche parole ispirare ardente amore per la castità! ”

   Diremo ancora che non fu visto mai usare verso dei giovani quelle carezze che altri usa onestamente. Per dare come un premio ed un segno della sua benevolenza, si limitava a mettere loro per un istante la mano sul capo o sopra una spalla, o sulla guancia appena appena sfiorandola colle dita. “ E in queste carezze che usava con noi, scrisse il Teol. Reviglio, vi era un non so che dì così puro, di così castigato, di così paterno, che pareva infonderci lo spirito della sua castità, a segno che noi ci sentivamo rapiti e maggiormente risoluti a praticare la bella virtù ”. Da notarsi però che quando un alunno andava a parlargli solo in camera, lo trattavo con un riserbo ancor maggiore; benchè sempre affettuoso nelle parole non si permetteva nessuno dei segni sopraddetti, benchè minimi, di famigliarità.

   Così D. Bosco con quel suo atteggiamento prudente, ingenuo e santo, fin dal principio incominciò e continuò poi fino al suo ultimo respiro a infondere amore per la purità e quindi per la verginità nei giovanetti. Sebbene questi fossero un'accolta di gente diversa e di ogni condizione e paese, ne furono così compresi, e la tenevano in tale pregio, che lo splendore di così bella virtù spiccava in particolar modo nella maggior parte di essi. Si rilevava nelle loro parole, nello sguardo, nel contegno della loro persona. È  indicibile l'orrore che avevano per il peccato. Di qui quel fondo di pietà cara, soda e vera che era la caratteristica dell'Oratorio: pietà che era quasi superiore alla loro età, ed incredibile ai profani. Noi li abbiamo visti mille volte in chiesa e la loro fisonomia presentò sempre un aspetto così amabile da incantare, e lo sguardo un tale fuoco d'inestimabile candore, che nessuna penna può descrivere. È  il riflesso del volto del Signore: Beati mundo corde quoniam ipsi Deum videbunt.

   Alcuni di questi giovani, senza che essi nulla sapessero, erano da D. Bosco condotti in certe grandi famiglie della città per edificazione dei loro figliuoli, e talvolta per il medesimo fine signori e patrizi di Torino conducevano i loro figliuoli alle funzioni dell'Oratorio.

   La ragione di tanta carità e purità nei giovanetti ce la disse un esimio vecchio professore, già alunno nell'Oratorio: “ Giudicando adesso le cose che io vidi per dieci e più anni nell'Oratorio, conchiudo che nessun altro sacerdote, di molti che ne conosco, vidi ardere di tanto puro amore di Dio come D. Bosco, e che tanto si sia, adoperato perchè tutti lo amassero ”.

 

 

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