D. Bosco da Novara scrive al Marchese Fassati: Si recherà a Montemagno: è dubbioso sull'opportunità di predicarvi il triduo causa le voci di colera: la chiesa di Maria Ausiliatrice caparra di sicurezza nei presenti pericoli: ispezione della Commissione Municipale nell'Oratorio - Da Torino risponde al Provicario per l'esito degli esami di vestizione clericale: gli offre biglietti di lotteria - Fa il triduo di predicazione a Montemagno -Questua di materiali per la chiesa - Affida a D. Rua l'ufficio di Prefetto nell'Oratorio: obbedienza e cuore - Predizione - D. Rua si prepara a conseguire il diploma di Professore di Rettorica - Prove inefficaci per sollevare D. Alasonatti - Lettera di D. Bosco che è ancora in viaggio - D. Bosco ai Becchi, a Chieri e a Borgo Cornalense - Mons. Contratto gli scrive invitandolo ad andare in Acqui: gli dà notizie di un santo prete: chiede un professore pel suo seminario -Modi festevoli di D. Bosco co' suoi collaboratori laici, anche quando è in viaggio con essi - Il colera predetto ed altre epidemie in Europa - Speranza di immunità in coloro che concorrono all'erezione della chiesa in Valdocco.
del 06 dicembre 2006
 Le trattative colla Commissione d'Ancona e le esigenze igieniche dei Municipio di Torino, avevano trattenuto per qualche giorno D. Bosco all'Oratorio;ma egli non tardava a riprendere i suoi viaggi per distribuire biglietti della Lotteria e chiedere soccorsi per l'erezione della chiesa.
Il 29 agosto era di bel nuovo a Novara, donde scriveva al Marchese Fassati, che attendevalo a Montemagno.
 
Carissimo Sig. Marchese,
 
Attese le voci di colera che si fanno ogni giorno sentire a noi più vicine, sarà forse bene prescindere dal triduo che avevamo concertato in onore della Beata Vergine Maria. Se però Ella avesse già fatta parola in proposito, oppure si fosse già dato avviso in pubblico, io e D. Rua siamo ai suoi ordini.
Il Teol. Golzio è disposto di venire a fare meco una gita a Montemagno e il progetto sarebbe di andare lunedì prossimo; partiremo alle 9,30 e giungeremo per l'omnibus delle cinque pomeridiane.
Io spero, sig. Marchese, che Ella, la signora Marchesa, Azelia ed Emanuele godano tutti buona salute: questa è la grazia che io domando per tutta la sua famiglia ogni giorno nella santa Messa ed ho ferma fiducia che la Santa Vergine mi esaudirà in ogni tempo, ma specialmente nei presenti pericoli.
Non so se il maestro Cerruti appaghi l'aspettazione; occorrendo gli dia pure qualunque avviso o consiglio; egli lo prenderà certamente in buona parte. Ritardò qualche giorno la sua andata a Montemagno, perchè io gli aveva scritto a Mirabello, mentre egli era già partito per la sua patria, sicchè la lettera dovette fare un giro duplicato.
La nostra chiesa va avanti, ed una parte delle mura giunge già all'altezza del tetto. Questa chiesa spero che sarà per Lei e per tutta la sua famiglia una caparra sicura dell'efficace protezione di Maria Ausiliatrice. Abbia in Lei molta fiducia.
Avrà veduto da qualche giornale, che oltre la visita che il Signore ci fa nelle persone della Casa, vi sono anche nemici che ci tribolano al di fuori. S'immagini: Borella e Bottero furono dal Municipio incaricati a venire a visitare la nostra casa per lo stato d'igiene e di moralità. Due preziosi modelli!
Preghi tanto per me e per questa nostra casa, e mi abbia sempre tra quelli che con pienezza di stima si professano,
Di V. S. Car.ma,
Novara (per quest'oggi),  29 agosto 1865,
Aff.mo ed Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
 
Ritornato a Torino, rispondeva ad una nota del Provicario Can. Vogliotti, Rettore del Seminario.
Ill.mo e Molto Rev. Sig. Vicario,
Ho ricevuto la nota dei nostri giovani che si presentarono per l'esame della vestizione chiericale e ne la ringrazio. Sunt bona mixta malis. - Ho piacere che taluni siano stati rimandati perchè vollero andarvi contro mio volere. Mi rincresce per altro di Maffei che è molto lodevole per condotta ed era dei buoni nel suo corso. È proprio un caso eccezionale che sia riuscito male. Examen sive Periculum!
Ho pure ricevuto l'altra sua in cui mi partecipava che Ella si riteneva i 100 biglietti e mi invitava a terminare il conto che da molto avrebbe dovuto essere sistemato. Benedetta miseria! Se non fossi troppo ardito, vorrei fare una addizione alla sua lettera; ma temo di meritarmi il titolo di noioso. Basta, proviamo. Prenderebbe Ella ancora 100 biglietti di questa lotteria? Avrei altri f. 50 che uniti agli altri 350 formerebbero tondamente f. 400 e così ogni debito attuale col Seminario sarebbe saldato.
Per altro ab amicis honesta sunt petenda, e se stima la mia proposta inopportuna, ritirerà volentieri la mia domanda e mi limito a ringraziarla de' benefizi che ci ha fatti altre volte. Le auguro dal Cielo sanità e grazia; raccomando me e questa casa alla carità delle sue preghiere e mi creda con gratitudine di V. S. Ill.ma e Molto Rev.da Torino, 3 settembre 1865,
Obbl.mo Servitore
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
P. S. - Le unisco il certificato di condotta del Ch. Vittone, che il Vescovo d'Acqui mi manda da esserle trasmesso.
 
 
Il giorno 4, ricevute notizie rassicuranti dal Marchese Fassati, egli era a Montemagno con D. Arrò Carroccio di Lanzo a dettare un triduo solenne al popolo. D. Michele Rua per suo invito vi si era recato da Mirabello per aiutarlo a predicare e a confessare. Il frutto fu quale doveva aspettarsi. La popolazione era accesa di sacro entusiasmo. In quelle sere in tutte le famiglie si recitava il santo rosario, come solevasi nell'autunno avanzato al cessare dei lavori in campagna. I penitenti ritornavano a casa pieni di gioia con una medaglia di Maria SS. Ausiliatrice loro donata dai missionarii. Soldati in congedo che avevano combattuto nelle guerre del 1855 e del 1859 protestavano di anteporre tali medaglie della Madonna a quelle del valor militare, meritate sul campo di battaglia. Essi infatti avevano vinto la più gloriosa delle campagne, vincendo il nemico delle loro anime.
Finito il triduo, D. Bosco tornava a Torino e riprendeva le sue sollecitudini per la chiesa in costruzione. Al conte Carlo Cays che villeggiava a Casellette, inviava la seguente:
 
Car.mo Sig. Conte,
 
Con gran piacere ho ricevuta la notizia che notificava la nascita di un erede in Casa Cays, ma questa fu assai rattristata da un'altra che si diceva trovarsi la Signora Contessa molto aggravata dal male. Abbiamo tosto ordinate pubbliche preghiere mattino e sera, ed ora abbiamo avuto la grande consolazione di sapere che la malattia cessò e che riebbe il suo stato ordinario di sanità. Sia Dio e la Santa Vergine Ausiliatrice ringraziata.
Ma, e la nostra chiesa? Ecco la seconda parte della mia lettera. La chiesa è al coperchio; ed ho bisogno che mi aiuti a coprirla. In che modo? Con quei listelli, tegole, assi, reme, remoni, travi e travicelli che ella avesse fuori d'uso e che volesse regalare alla Madonna Ausiliatrice. - Che ne dice Signor Conte? Che ne dice il sig. Luigi e la Signora Contessa? Essendo difficile il questuare danaro, ho pensato di appigliarmi al consiglio del Cav. Zaverio Collegno di questuare materiali.
Compatisca, sig. Conte, la confidenza con cui scrivo; gradisca che io le auguri dal Cielo sanità e grazia, a Lei e a tutta la sua famiglia, e raccomandando me e li miei giovanetti alla carità delle sue sante orazioni godo moltissimo di potermi con gratitudine sincera professare
Di V. S. Ill.ma e Car.ma,
Torino, II settembre 1865,
Obbl.mo e Aff.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Un'altra lettera, indirizzata a D. Rua a Torino, non sappiamo da qual paese, ci conferma le sollecitudini del Servo di Dio per innalzare la reggia della sua Ausiliatrice:
 
 
 
Carissimo D. Rua,
 
C'è una cambiale che scade oggi di f. 1000. Prendi il chiavino che ti unisco, va' in mia camera e nel cancello che tu sai, troverai un groppo di f. 1000; di poi parlerai col Cavaliere o con D. Savio che ti dicano o facciano eglino stessi il versamento di questa somma in quel sito ove l'hanno già fatto un mese addietro.
Io sarà a Torino domani alle 3 pomeridiane.
Dio benedica te e tutta la nostra famiglia ed abbimi tuo
Aff.mo in G. G.
Sac. Bosco GIOVANNI.
18 settembre 1865.
 
 
D. Rua aveva con meravigliosa prontezza abbandonato Mirabello per assumere l'ufficio di Prefetto nell'Oratorio, ed erasi già sobbarcato al pesante fardello che aveva deposto D. Alasonatti; fardello davvero gravoso per la complicata amministrazione materiale.
D. Rua stava ordinando il suo collegio pel nuovo anno scolastico, quando D. Provera giunto a Mirabello gli disse:
- D. Bosco ti aspetta a Torino.
E D. Rua, che stava a tavolino scrivendo, non esita un istante: senza fare nessuna interrogazione, nè chiedere spiegazioni, si alza, prende il breviario, e:
- Son pronto! - disse; e partì subito per Torino.
Un'obbedienza così pronta dovette essere un duro sacrificio per lui che amava grandemente i suoi alunni. Tuttavia comparve nell'Oratorio con aspetto così ilare e disinvolto che si sarebbe detto nulla importassegli lasciar un luogo dove aveva dimorato due anni ed era stato l'oggetto dell'amore di tutti.
Quando però chi doveva succedergli nella direzione del piccolo Seminario fu a salutarlo, ei gli disse:
- Dunque tu vai a Mirabello. Salutami i giovani. Amali tu per me. Sono buoni, sai; - ed una lagrima gli spuntò sugli occhi. Quindi riprese: - Verso i confratelli, regolati come un fratello maggiore verso i fratelli minori.
Ma, cosa ancor pi√π notevole, in questi giorni incominciava ad avverarsi una predizione di D. Bosco.
Prima dei 1850 era spesso accaduto che il giovanetto Rua, andando o tornando dalla scuola s'incontrasse col Venerabile. Non appena lo scorgeva, fuor dì sè per la gioia gli correva incontro, e scoprendosi il capo e baciandogli la mano esclamava:
- Oh D. Bosco, mi da' un'immagine?
Il Venerabile si fermava amorevolmente con lui, gli riponeva il berretto in testa e, sorridendo, presentavagli sempre la palma della mano sinistra, mentre colla destra faceva atto di tagliarla a metà: e dicevagli scherzevolmente:
- Prendi, Michelino, prendi!
Michelino baciandogli di nuovo e con più affetto la mano si accomiatava pensando: - Con quel gesto che vorrà dire?
Fece questa domanda a D. Bosco quando, presa stanza nell'Oratorio, egli ebbe vestito il 3 ottobre 1852 l'abito clericale: -Rammenta, signor D. Bosco, quegli incontri che ebbi più volte con lei quando andava a scuola dai Fratelli, e che domandandole il dono di un'immagine, lei mi faceva segno di volermi dare metà della mano? Che cosa voleva dirmi?
- Oh mio buon figliuolo, gli aveva detto con accento paterno D. Bosco; ormai tu dovresti comprenderlo, ma lo comprenderai meglio in seguito... e proseguì: - D. Bosco voleva dirti che un giorno avrebbe con te fatto a metà.
Ora adunque, come Prefetto dell'Oratorio, il fedele imitatore delle virtù di D. Bosco incominciava e continuava per 20 anni continui, a dividere con lui tutte le fatiche della direzione generale dell'Oratorio e della Pia Società: e infine come Vicario ne divideva anche l'autorità.
D. Rua intanto preparavasi all'esame di lettere italiane greche e latine per conseguire la patente di professore di rettorica.
Fin dal 28 agosto D. Bosco aveagli procurata la fede di buona condotta dal Sindaco, con altri documenti necessari da presentarsi all'Università, ed ora, perchè richiesto, consegnavagli un suo attestato onorifico.
 
Il sottoscritto di buon grado dichiara che il sac. Rua Michele di Torino insegnò per lo spazio di sei anni nelle classi ginnasiali inferiori e quattro anni nelle ginnasiali superiori colla massima soddisfazione dalla parte de' suoi Superiori e con vantaggio non ordinario dalla parte degli allievi.
Dichiara inoltre che lo giudica degno di speciale encomio, perchè ha sempre spese con zelo le sue fatiche gratuitamente.
Torino, 14 settembre 1865.
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Visto per l'autenticità della firma del sig. Sac. D. Giovanni Bosco. Torino, 15 settembre 1865.
Per il Provveditore agli studi.
(Timbro). VIGNA.
 
D. Bosco era tornato all'Oratorio il 19 settembre, ma per ripartirne. Col suo pensiero era però sempre vicino a D. Alasonatti la vita del quale si andava spegnendo. Erasi tentato ogni mezzo per conservarla. Si era provato, come si è detto, di mandarlo ad Avigliana, sua patria, quindi era stato condotto a Mirabello nel piccolo Seminario, quando D. Rua ne era ancor Direttore. Di là si trasferì alla casa amenissima di Trofarello donata alla Pia Società da D. Matteo Franco, e finalmente scorgendo inutile ogni ripiego egli stesso si risolveva di recarsi nel collegio di Lanzo, poichè sentiva la necessità di respirare un'aria molto ossigenata. D. Bosco gli aveva dato per compagno lo scrivente.
 
Mio caro Lemoyne,
 
Scrivi al signor Canale che accetto il suo raccomandato e lui stesso se vuole venire con noi all'Oratorio. - Gli dirai le tre pensioni. – Pel 24 corrente sono a Torino e lo attendo con noi con gran piacere. Ben inteso che una camera e la nostra mensa è tutta a sua disposizione.
Pel resto ci parleremo presto. Saluta i nostri giovani. Fammi guarire D. Alasonatti. Va' eziandio a fare un caro saluto al sig. Vicario ed un altro a casa Arrò.
Amami nel Signore e credimi sempre tutto tuo
Aff.mo in G. G.
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
 
Torino. 19 settembre 1865.
 
Il 1° di ottobre, festa del SS. Rosario, il Venerabile era ai Becchi con la banda musicale e un bel numero di altri alunni. Quivi fermavasi alcuni giorni e dato ordine che il venerdì, giorno 6, tutta la brigata ritornasse a Torino, scendeva a Chieri e di là scriveva a D. Rua
 
Carissimo D. Rua,
 
In breve: 1° Manda due programmi del Collegio di Lanzo al sig. Cav. T. Vaccarino prevosto di Buttigliera d'Asti per rimetterne uno al sig. Arato Guglielmo della Serra.
2° Idem al sig. Can. Caselli, Chieri.
3° A D. Ghivarello che i giovani passeranno a sua casa venerdì. Se volesse andarli ad aspettare, gli farebbero un brindisi.
4° Di qui io vado a Borgo, ma venerdì sono a Torino e ciò per tua norma, in caso che la Marchesa Negrotto di Genova si presentasse a chiedere di me.
Noi stiamo tutti bene, D. Cagliero gode. Saluta D. Francesia e Don Bonetti una cum caeteris.
Chieri, 4 ottobre 1865.
Tuo aff.mo in G. C.
Sac. BOSCO GIOVANNI.
 
 
Per la metà di ottobre era atteso in Acqui, invitatovi con grandi istanze. Lo zelo del Venerabile, come abbiamo già visto, trovava modo di occuparsi anche de' speciali bisogni di qualche Vescovo.
 
 
 
Acqui, 3 ottobre 1865.
M. R. Signore,
 
Mi rincresce assai che V. S. M. R. non abbia potuto fare una gita a Strevi il 25, o 26 perduto settembre, epoca in cui avrebbe potuto vedere il sig. D. Luigi Cogrosso ed essere testimonio oculare della guarigione di un parroco che da quattordici anni non poteva più muoversi senza l'aiuto di due gruccie e che gli ottenne dal Signore con sovrannaturale prodigiosa grazia istantanea di camminare, abbandonando le stampelle che lascio nella stessa sala ove si operò la guarigione; e se ne parti alla sera senza aver più bisogno di alcun sostegno. Ieri mi partecipò che da quel giorno ha sempre celebrata la S. Messa e che domenica la cantò (dopo 14 anni), fece la processione ed impartì la benedizione con un concorso straordinario di popolo.
Mi spiace inoltre che non possa venire prima della metà di questo mese, per la ragione che il buon servo di Dio Luigi Cogrosso ritornerà da me il 10 corrente. Non dubito però che se le sarà possibile si varrà di tale congiuntura.
Frattanto devo prevenirla che tutte le indagini da me fatte pel professore di Rettorica, andarono a vuoto. Attendo bensì ancora un riscontro, ma con poca o nessuna speranza. Caldamente pertanto la prego e supplico di togliermi da questo imbroglio, come mi ha promesso e far sì che pel 1° di novembre, se pel 15 corrente non le parteciperò d'essere altrimenti provvisto, me lo possa mandare in compagnia del Ch. Vittone, professore di grammatica.
Porto fiducia che prima di tal'epoca avrò il piacere di abbracciarla in quest'Episcopio e frattanto coi sensi della massima stima ed affetto ecc.
+ F. MODESTO, Vescovo.
 
 
Nell'Oratorio eran tutti meravigliati nel vedere D. Bosco allontanarsi in quest'anno con viaggi continui ed affrettati, cosa prima d'allora mai vista. Si trattava della chiesa di Maria Ausiliatrice. Ma ciò che maggiormente destava stupore era il vederlo, per quanto fosse incomodato, affaticato, contraddetto, gravato di croci pesanti, non perdere la sua pace e il suo buon umore. Faceziava volentieri. Da tempo aveva già conferito titoli nobiliari con feudi, al più antichi de' suoi collaboratori laici. I feudi erano certe piccole pezze di terreno appartenenti in Morialdo alla sua famiglia, alcune delle quali incolte o sabbiose. Quindi c'era il Conte dei Becchi, l'umile frazione della borgata ove egli era nato; il Marchese di Valcappone; il Barone di Baccajao e il Commendatore... non so più di quale commenda.
Con questi titoli era solito a chiamare Rossi, Gastini, Enria, Pelazza, Buzzetti; nè solo in casa, ma anche fuori, specialmente quando in tempo di vacanze viaggiava con qualcuno di essi. Costoro, vestiti con semplicità decorosa, erano felici di continuare la burla e riuscivano a rappresentar bene la loro parte. Con maniere disinvolte e serie scherzavano chiamandosi coi loro titoli rispettivi, facendo allusione a possessioni, villeggiature, e conoscenze che stavano nel regno della luna. Talora chi viaggiava con loro nello stesso vagone, restava meravigliato di trovarsi con persone così cospicue. Altra volta giungendo alle stazioni eran trattati con molti riguardi, poichè i conduttori del convoglio, ai quali D. Bosco non di rado dava una mancia graziosa, si facevano un onore di far loro cortesia, preferenza, o servigio. Accadde pure che giunti in qualche paesello, non avendo ivi persone conoscenti, dovessero andare in qualche albergo per vitto ed alloggio. D. Bosco incominciava a dire:
- Ha fatto buon viaggio, signor conte? Non è forse troppo stanco, signor marchese? che cosa desidera per cena? E lei, barone, non troverà qui certamente i lauti pranzi delle sue cucine! Bisognerà, signori miei, che abbiano pazienza e che si contentino di ciò che potrà trovarsi in questi luoghi!
Naturalmente egli parlava in tono burlesco, ma lo faceva con tanta grazia che l'oste, la sua famiglia e i soliti oziosi nell'udire ripetere questi titoli di nobiltà restavano sbalorditi, e si davano d'attorno per trattare il meglio che potessero quei signori forestieri, ai quali erano pronti a cedere perfino i proprii letti.
L'oste si avvicinava a D. Bosco e dicevagli sotto voce:
- Come! quel signore è un conte? Quell'altro è un marchese?
- Sono persone distintissime!
- Oh poveri noi! E come faremo a trattarli secondo il loro stato?
- Non datevi pena, brav'uomo! Essi si contentano facilmente; sanno compatire.
Pei nostri era una commedia da scoppiar dalle risa! E talvolta anche lo scherzo faceva buon giuoco.
Un giorno il Servo di Dio si recò alla stazione di Porta Nuova per fare un viaggio con Rossi Giuseppe che gli portava la valigia. Al solito arrivò quando il treno era sul partire, e tutti i carrozzoni pieni di gente che stava già cogli sportelli chiusi, o affacciata alle finestrelle come se lo scompartimento fosse tutto occupato, quasi ad impedire che altri salisse con loro. Non potendo D. Bosco trovar posto, si volse a Rossi scherzevolmente ad alta voce esclamando:
- Oh signor Conte, mi rincresce che si prenda tanto incomodo per me! Degnarsi di portarmi la valigia!
- S'immagini, D. Bosco, rispose Rossi con voce abbastanza chiara. Io mi tengo fortunato di poterle prestare questo piccolo servigio.
Alcuni viaggiatori che udirono quelle parole signor Conte e D. Bosco si guardarono in faccia, le ripeterono meravigliati, quindi uno di essi chiamò i due che non erano ancor riusciti ad entrare sul treno:
- Don Bosco! sig. Conte! salgano qui; ci sono ancora due posti.
- Ma io non vorrei dar loro incomodo! dice D. Bosco!
- Salgano! È un onore per noi; ritiro le mie valigie, ci staremo tutti benissimo!
La predizione fatta dal Servo di Dio sulla fine del 1863 continuava intanto ad avverarsi. Dopo grande mortalità in Ancona e in Sardegna, a Napoli dal 13 ottobre al 14 novembre i colpiti dal colera registrati furono 2315 e i morti 1188, numero inferiore al vero; e dopo il 14 il male crebbe d'intensità. Vi furono giorni nei quali si ebbero 200 casi con 80 decessi e vennero rilascitati 40.000 passaporti ai benestanti che vollero andare fuori del regno, in luoghi riputati meno pericolosi.
Fuori d'Italia, Malta, Smirne, Costantinopoli ed altri scali divennero centri d'infezione.
Il colera si diffondeva pure in Francia. A Parigi e nel dipartimento della Senna colpiva sei o sette migliaia di cittadini. A Marsiglia a metà settembre morivano sessanta o settanta persone al giorno. Il morbo si estese pure a Tolone ove scoppiò più micidiale, rimanendone infette altre regioni vicine.
In Ispagna l'invasione del contagio fu così violenta e paurosa che le principali città per poco non si vuotarono di quanti cittadini avevano modo di trovare ricetto altrove, disperdendosi alla campagna o riparando in città non infette. Solamente a Madrid eransi raccolti oltre 60.000 profughi d'altre provincie; e quando l'epidemia comparve anche nella capitale là pure cominciò la fuga e la dispersione.
Nell'Inghilterra il colera non fece stragi considerevoli o tali da commuovere le popolazioni, ma la peste bovina in poche settimane sterminava a centinaia di migliaia i buoi e le vacche; e la febbre gialla in alcuni luoghi posti sul mare mieteva assai vittime umane, infuriando per modo che lo stesso Governo Italiano ebbe ad escludere da suoi emporii marittimi lo provenienze da varie città delle coste brittanniche.
In questo tempo la divozione e la confidenza a Maria Ausiliatrice andava crescendo nell'alta Italia. Fra i varii documenti scegliamo il seguente.
Da Campegine il 12 settembre 1865 la signora Amalia Fulcini Jacobazzi scriveva a D. Bosco:
Da diverse persone, ma particolarmente da una mia intima amica la Contessa Carolina Soranzo da Venezia ho sentito parlare della  prodigiosa costruzione della Chiesa che Ella fa costrurre in Torino e dedicata alla nostra cara Madre Maria SS. sotto il titolo Auxilium Christianorum. So pure da quella mia buona amica ch'ella accetta qualunque piccolissima offerta le si faccia per quel tempio: e conoscendo quanto io tema di morire dal colera, mi ha consigliata a fare una piccola offerta alla Madonna per ottenere la grazia d'esser preservata... Mi perdoni se ho avuto l'ardire di dirigerle direttamente i miei caratteri, ma anche in questo mi son tenuta al consiglio della mia buona Carolina che mi ha fatto coraggio.
La persuasione che Maria Ausiliatrice preservasse dal colera quei devoti che concorrevano alla costruzione del suo Santuario in Valdocco si era diffusa in molte città, come noteremo altrove; in essi al timore subentrava una dolce e ben fondata speranza.
 
 
 
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