Pia Unione provvisoria di laici cattolici per impedire i progressi dell'empietà - D. Bosco predica il giubileo a Milano - Fatti edificanti - Conferenza annuale in ringraziamento a Maria SS. Immacolata - La Madonna di Rimini.
del 24 novembre 2006
La vita di D. Bosco si fa ogni giorno più ricca di lavori e di meriti. Sul finire del 1850 egli è sulle mosse per andare a Milano. Il Sommo Pontefice aveva pubblicato un nuovo Giubileo per riparare ai tanti danni cagionati alle anime dagli odii di parte, dalle guerre e dalle ribellioni. D. Serafino Allievi, Direttore a Milano dell'Oratorio di S. Luigi in via S. Cristina, invitava D. Bosco, perchè venisse a predicarlo ai suoi giovani. Questo floridissimo Oratorio festivo aveva per iscopo di istruire i fanciulli più poveri, più abbandonati ed ignoranti della città, accoglierli sbandati, allontanarli dal giuoco e dalle bettole, e, in una parola, educarli cristianamente. D. Biagio Verri, modello nel pregare, nel confessare, nel predicare e nello svolgere tra quei giovani un gran numero di vocazioni, sì ecclesiastiche che religiose, abitando presso D. Serafino, ed essendo tanto amico di D. Bosco per averne conosciuto da vicino le rare virtù, lo attendeva con viva impazienza. L'invito era stato fatto di pieno accordo coll'Arcivescovo Mons. Romilli. Eziandio il parroco di S. Simpliciano, chiesa parrocchiale dell'Oratorio di S. Luigi, non solo aveva approvato questa deliberazione, ma con vive istanze da parte sua rinnovava l'invito a D. Bosco, sperando di servirsi del suo sacro ministero a gran bene della propria popolazione.
Volentieri D. Bosco accondiscese a fare quel viaggio, e ne chiedeva licenza all'autorità ecclesiastica e il permesso all'autorità civile ed alla Legazione Austriaca. Il passaporto reca contrassegni che noi abbiamo stimato bene di non ommettere: età anni 35; statura oncie 38 capelli castagni oscuri; fronte media; sopraciglia castagne occhi id.; faccia ovale; carnagione bruna; condizione maestro di scuola elementare.
Ma prima di partire egli desiderava di assistere alla riuscita di alcune conferenze che si erano promosse per opporre un argine efficace all'errore invadente. Egli, sin dai primordii dell'Oratorio, aveva intiero nella mente il programma delle opere che da lui esigeva la Divina Bontà. Ponderava, ciò che altri solo più tardi compresero, di quale aiuto poteva essere ai Vescovi e al Clero il laicato cattolico, quando fosse disciplinato in modo da concorrere alla difesa della società cristiana minacciata. Nello stesso tempo non gli sfuggiva l'importanza di una associazione che stringesse in comune accordo i suoi benefattori per il conseguimento de' suoi fini. Era quindi nella sua mente eziandio un tentativo per dare inizio, per quanto esiguo e non senza riserve di prudenza, alla pia unione di coloro che poi furono chiamati Cooperatori Salesiani. Il seguente documento spiega il disegno caldeggiato da D. Bosco.
 
 
Copia di deliberazione costitutiva.
 
Vien formata la seguente scrittura per servire di positiva e solenne testimonianza, che essendosi radunati li qui sottoscritti amici tutti cattolici e laici, i quali addolorati dagli abusi della libera stampa in materie religiose, e dalla sacrilega guerra dichiarata da molti cattivi cristiani contro la Chiesa ed i suoi ministri, e dal pericolo di vedere in Piemonte la religione vera soppiantata dal Protestantesimo, avuto il favorevole parere di cinque dottissimi Ecclesiastici fra li pi√π distinti e zelanti del clero di questa Capitale, sono addivenuti alle seguenti determinazioni:
1° Di costituirsi essi medesimi in Pia unione provvisoria sotto l'invocazione di S. Francesco di Sales, preferendo questo Santo per ragione di analogia tra le circostanze attuali del nostro paese e quelle della Savoia ai tempi di detto Santo, il quale col suo zelo illuminato, predicazione prudente e carità illimitata l'ha liberato dagli errori del protestantesimo.
2° Che questa pia società provvisoria sia il principio di un consorzio in grande, il quale col contributo di tutti i soci e con quelli altri mezzi leciti, legali e coscienziosi che si potrà procurare, attenda a tutte quelle opere di beneficenza istruttiva, morale e materiale che si ravviseranno le più adatte e speditive ad impedire all'empietà di fare ulteriori progressi, e se è possibile, sradicarla dove già si fosse radicata.
3° Che a cominciare da questa provvisoria unione la Società, o Consorzio che venga a chiamarsi, sia un'istituzione laicale, onde non possano certi malvagi appellarla, nel loro gergo di moda, un ritrovato pretesco della bottega. Ma che, ciò malgrado, non se ne escludano que' buoni e fervorosi ecclesiastici che ben vorranno favorire la società colla loro adesione, coi loro lumi, e colla loro cooperazione, secondo lo spirito ed i fini di questo istituto.
4° Per regolarizzarne la esistenza morale e l'opera di questa provvisoria società, li pochi intervenuti qui presenti si sono divisi tra di loro per reciproco consenso le incombenze della società nel modo seguente:
Primo Promotore. - Bognier Giuseppe Maria.
Secondo Promotore. - Roggieri Domenico.
Terzo Promotore. - Donna Domenico.
Quarto Promotore. - Battistolo Pietro.
Quinto Promotore. - Bognier Leandro.
Sesto Promotore. - Gilardi Gio. Batta.
Settimo Promotore. - Bosso Amedeo.
E per far le parti di segretario si delega il Promotore Bognier. Come Tesoriere si deputa il Promotore Roggieri Domenico.
Si fa atto della colletta fattasi qui tra noi, la quale ha prodotto la somma di lire cinque, che furono qui consegnate al sig. Promotore Roggieri nella sua qualità di Tesoriere, per servire di primo obolo alla società e da spendersi solo dietro ordinato regolare della medesima.
5° Tutti li qui intervenuti Promotori predetti, cui si è aggiunto, seduta stante, il qui presente sig. Borel Giuseppe, s'impegnano di adoperarsi, per quanto sta in loro, a procurare alla socie à quel maggior numero di nuovi membri che si potrà sempre pero colle cautele necessarie, onde non introdurre ipocriti o fratelli di equivoca cattolicità, o di uno zelo esagerato.
6° Che Domenica prossima abbia luogo una nuova adunanza, colla presentazione dei nuovi soci che si saranno procurati, a quell'ora, ed in quel luogo che verrà indicato dal primo Promotore.
7° Che fra la settimana il Promotore Bognier presenti copia di quest'atto a quelle notabilità fra i laici ed ecclesiastici che giudicherà capaci di favorire la nostra Istituzione, pregandoli di aderire, prescindendo però subito ogni ulteriore pratica con chi si mostrerà piuttosto contrario che favorevole.
In fede:
 
Torino, li diciassette novembre mille ottocento cinquanta, alle ore otto di sera.
 
Sottoscritti all'originale
 
  Bognier Giuseppe.              Gilardi Gio. Batta.
  Domenico Roggieri.            Bognier Leandro.
Donna Domenico.               Borel Giuseppe.
     Battistolo Pietro.
 
Seguono le firme degli aderenti e le cifre delle oblazioni volontarie.
In calce sta scritta questa Istruzione:
 
Si proporrà primieramente la cosa come un solo desiderio, poi come una necessità, quindi come un progetto, a misura che risponde favorevolmente l'animo dell'ascoltante; ma per poco che esso si mostri ritroso, si prescinderà subito da ogni pratica ulteriore, comunque pia ed ottima sia la persona. Si noteranno però le risposte ed osservazioni avute, per regola della Società.
Le persone che per motivi particolari consentiranno solo a condizione di secreto sul loro nome, resteranno conosciute dal solo Promotore che le avrà scritte. Figureranno anonimi con solo un'iniziale sull'elenco della Società, oppure coll'appellativo di benefattore.
Forse si faranno tre categorie: Socii, aderenti e benefattori. Si prevengano tutti che i soci avranno da pagare almeno 20 soldi al mese, oltre la prima oblazione. Gli altri qualche piccola moneta a lor volontà ogni settimana.
Chiuse queste conferenze, D. Bosco partiva da Torino il 28 novembre alle ore 2 pomeridiane, e con viaggio non interrotto, passando per Novara e per Magenta, giungeva a Milano all'indomani alle ore 11 antimeridiane. Aveva sofferto molto nel viaggio pel moto della vettura.
I tempi correvano difficilissimi. Milano, dopo le famose giornate, sembrava sedesse sopra un vulcano ancora acceso. I liberali e le sette avevano sempre rivolti tutti i loro disegni alla Lombardia, aspettando e cercando l'occasione di scacciarne i Tedeschi. Questi poi spiavano e conoscevano quasi tutti i disegni e le brighe dei congiurati e raddoppiavano la vigilanza. Di quando in quando gli arresti e le gravissime condanne per delitto di lesa maestà cagionavano terrore ai cittadini. La polizia austriaca teneva aperti mille occhi, eziandio sul clero e sui predicatori, perchè temeva che dai sacri pergami si facessero allusioni all'insurrezione di recente domata. Intanto per timore del Governo i parroci esitavano a dar principio alle sacre missioni in preparazione all'acquisto del Giubileo; gli assembramenti numerosi nelle chiese, avrebbero potuto dar appiglio ad effervescenze politiche o provocare sospetti, divieti e repressioni. I sacri oratori non si azzardavano di salire il pulpito, potendo una loro frase male interpretata essere causa di guai.
In queste critiche circostanze D. Bosco prendeva alloggio presso D. Serafino Allievi e D. Biagio Verri, ed annunziò al parroco di S. Simpliciano che avrebbe subito incominciata la predicazione pel Giubileo nella sua chiesa. Ma il parroco, forse per suggestione di timidi consiglieri, aveva mutato parere: osservò che altra cosa era predicare nell'interno e come in privato, nell'Oratorio di S. Luigi, e altra il predicare a una gran folla in pubblica chiesa; e dichiarò assolutamente di non poter permettere che s'incominciasse quella missione senza prima parlarne coll'Arcivescovo. - Oh, in quanto a questo ci penso io! - rispose D. Bosco; e senz'altro recossi da Mons. Romilli per chiedergli quella licenza.
Il Prelato, che era ben accetto alla Corte di Vienna, non gliela negò; ma sul principio cercava di dissuaderlo. Vedendo però come D. Bosco fosse pieno di coraggio e nulla temesse: Signor Abate, gli disse, io non ho nulla in contrario, ma predicate sulla vostra responsabilità. Se vi accade disgrazia io non ci entro. Voi sapete che noi viviamo in tempi pericolosi.
- Ed lo predicherò, rispose D. Bosco, in quel modo che si usava nel fare le prediche cinquecento anni fa.
- Siete in libertà, vi replico, concluse l'Arcivescovo. Se vi sentite l'ardire andate pure e predicate. Io nè  ve lo comando, nè  ve lo consiglio, ma ve lo permetto di buon grado. Ricordatevi però, che per quanto grande sia la vostra prudenza, non sarà mai troppa.
E D. Bosco cominciò a predicare a S. Simpliciano. Fin dalla prima predica la folla accorse con una curiosità ed un'ansia da non potersi descrivere. In mezzo a quelle febbri rivoluzionarie sembrava impossibile l'indifferenza, politica. Si aspettava una cosa ed era un'altra ben diversa. Egli predicava nè  più nè  meno di quello che avrebbe fatto un oratore sacro due o tre secoli prima. Con grande franchezza ed affetto invitava i peccatori a penitenza; e ciò che era da dirsi per la riforma dei costumi lo esponeva senza ambagi, non badando a nessuno. Riguardo a ciò che si agitava nel cuore dei popolani, e che teneva desta la vigilanza risoluta del Governo, non fece il minimo accenno e schivò di narrare qualunque paragone o fatto anche antico che avesse potuto essere giudicato, anche alla lontana, allusivo alle circostanze attuali: in tutto sì comportava intieramente come se non esistessero questioni politiche e non fossero mai esistite. Perciò nessuna delle autorità ebbe a fargli la minima osservazione. Tutti i suoi uditori trovavano nelle sue parole in lungo e in largo null'altro che la meditazione sui novissimi e le istruzioni sul modo di confessarsi e di comunicarsi. Milano fu meravigliata del modo di predicare da lui seguito.
Il suo stile era quello di S. Alfonso Maria de' Liguori. Di questi esercizii dettati a Milano noi abbiamo conservato le tracce scritte da lui stesso; e si capisce come la sua parola avesse sempre una forza irresistibile. Benchè lento nel parlare, pure stampava le sue sentenze nel cuore di chi l'udiva. Ci basti per saggio l'esordio della sua predica sul giudizio universale: “E fino a quando, o peccatori, abuserete della bontà di Dio, fino a quando continuerete ad offenderlo? Già gridano vendetta i compagni scandalizzati da voi; già gridano vendetta le chiese nelle quali commetteste tante irriverenze; già gridano vendetta i sacramenti profanati con tanti sacrilegi; già gridano vendetta il sole, la luna, le stelle, testimoni della vostra ribellione al loro Creatore; già grida vendetta la terra, da voi fatta teatro delle vostre iniquità; già gridano vendetta gli angioli stessi che vorrebbero vendicare gli insulti da voi fatti al loro Dio. E fino a quando vi abuserete della pazienza di questo misericordioso Signore? Vi rincresce forse mutar vita? Non tremate innanzi alla spada della giustizia celeste, già sfoderata per colpirvi?
Ebbene, continuate a bestemmiare il suo santo Nome, continuate pure a parlar male contro la SS. Religione nostra e contro i suoi ministri, continuate pure a mormorare contro il vostro prossimo, continuate, pure a fare cattivi discorsi, continuate pure a profanare i giorni festivi, fate presto a crocifiggere di bel nuovo sa questo duro legno il buon Gesù, perchè il tempo che vi resta è breve, l'eternità si avanza, è imminente, le folgori già lampeggiano in aria e stan per piombare su di voi, già si innalza il tribunale ove siederà il Giudice Eterno. Non lusingatevi, non sperate salvezza: il braccio del Signore è già steso e non avrete luogo di scampo. Al giudizio vi attendo, al giudizio, al quale tutti dovremo comparire e rendere strettissimo conto delle nostre azioni; di tutto ciò che avremo fatto, sia di bene omesso, come di male operato...” Era questa la politica per l'eternità.
Bello osservare allora in chiesa certi mostacchi appostati, solamente per osservare se gli sfuggisse qualche parola contro il Governo o contro lo stato attuale della cosa pubblica. Ed eziandio costoro di quando in quando non potevano tenersi dall'asciugare una lagrima, atterriti al pensiero del giudizio e dell'inferno.
Non aveva ancor finito questo triduo di due prediche al giorno in S. Simpliciano che il 2 dicembre, lunedì dopo la prima domenica di Avvento, incominciava ad ore diverse gli esercizii spirituali nell'Oratorio di S. Luigi, che dovevano durare pure tre giorni. D. Serafino aveva raccolti a centinaia i suoi giovani.
D. Bosco, che tante meraviglie operava tra i suoi giovani di Valdocco, doveva attirare a sè  egualmente i cuori dei giovani di Milano. D. Serafino Allievi molti anni dopo ne faceva, noi presenti, cara testimonianza. Di queste prediche di Don Bosco abbiamo eziandio i punti principali da lui notati sopra un foglietto. La prima sua parola fu la parabola di una madre che manda in viaggio due suoi figliuoli con due rispettivi compagni e dà loro i necessarii avvisi, perchè possano giungere sani e salvi, con un tesoro che loro affida, ad una lontana città ove li attende il padre loro. Essi partono, incontrano varie vicende, ed eziandio un nemico il quale si sforza di far loro disprezzare gli avvisi materni. Uno li segue e riesce bene, l'altro li trascura e riesce male. Applicazione. I due figli siamo noi; la madre è la S. Chiesa; i compagni, gli angeli custodi; il viaggio, la vita nostra mortale; la città, il paradiso; il padre che ci attende, il Signore; il nemico, il demonio; il gran tesoro, l'anima nostra. Su questa idea fondamentale svolse gli argomenti del fine dell'uomo, della salvezza dell'anima, dello scandalo, della morte che può venire improvvisa, della sacramentale confessione e del paradiso.
L'ultima sua parola fu quella già predicata agli esercitandi di Giaveno. Lasciava per ricordo: - Ogni mese apparecchio alla buona morte.
In quel frattempo varii Rettori di chiese assicurati che la sua predicazione a S. Simpliciano, non solo non aveva dato il minimo pretesto nè  a disordini, nè  a violenze, ma era riuscita felicemente con molto frutto per le anime, lo chiamarono nelle loro chiese. Egli acconsentì volentieri, e predicò in S. Maria Nuova, in S. Carlo, in S. Luigi e in Santo Eustorgio, come afferma D. Rocca Luigi per averne udito a parlare dai suoi parenti e concittadini milanesi. Talora predicava una sol volta al giorno in una delle sopradette chiese, talora fino a cinque prediche al giorno in diverse chiese.
Mentre predicava un triduo a S. Rocco, ebbe invito dai padri Barnabiti, alcuni dei quali aveva conosciuti a Moncalieri, di andare a dettare gli esercizii spirituali a Monza. Allora tra Milano e Monza vi era l'unica ferrovia che si avesse nelle terre lombarde. D. Bosco partiva da Milano alle l0 e mezzo ant., predicava a Monza e ad un'ora pomeridiana era già a Milano per la predica a S. Rocco. Grandissimo era il numero di coloro che venivano a confessarsi.
Un giorno mentre D. Bosco andava al suo confessionale assiepato di penitenti, un giovanotto lo prese per la veste, lo tirò in un banco in mezzo alla chiesa, alquanto oscura per le tendine abbassate, e gli disse: -Mi confessi qui! D. Bosco si assise e l'altro gettandosi in ginocchio si confessò. Finita la confessione quel giovane disse a D. Bosco: - Lei confessa tale e quale e colle stesse parole di un prete dal quale io mi confessava a Torino anni sono.
- E se questo prete qui fosse quel prete là? gli rispose D. Bosco.
- Lei D. Bosco! esclamò il giovane fissandolo in volto.
- Proprio D. Bosco! - disse il buon prete. Quel giovanotto ruppe allora in pianto, tanta fu la consolazione e la tenerezza che provava in quell'istante.
D. Bosco non solo per quella predicazione non incorse in alcun mal partito, ma in varii luoghi, trovatosi in mezzo ai soldati ed agli ufficiali austriaci, era visto assai volentieri. Tanto pi√π che egli si giovava di quel po' di lingua tedesca che aveva imparata nel 1846, per ispirar loro qualche buon sentimento.
Intanto, dietro il suo esempio, altri sacerdoti si erano posti a predicare, e l'Arcivescovo per questo gli attestò più tardi la sua viva riconoscenza.
Questa predicazione aveva durato 18 giorni. Don Bosco ritornava a Torino passando per Magenta e Novara. Al solito, confessò il conduttore del velocifero e nel tempo di una fermata uno stalliere nella stalla. Coi locandieri poi ebbero luogo le stesse scene graziose, di prediche e di inviti a pensare seriamente all'anima.
Alla Barriera detta di Milano trovava i giovani Rua Michele e Savio Angelo che lo attendevano.
Appena giunto in Torino, fu suo primo pensiero porgere un attestato di riconoscenza a Maria SS. col ricordare le tante grazie che Ella aveva accordate all'Oratorio. Era una sua pratica speciale, direi quasi un atto di confidenza famigliare. Fino dall'anno 1842 era solito tenere una conferenza, ai suoi figli, intorno al suddetto argomento nel giorno dell'Immacolata: la prima volta ai giovanetti, poi ai soli catechisti, poi ai chierici; e infine la continuò ai Salesiani in tutti gli anni della sua vita, cioè di mano in mano che svolgendosi la sua Istituzione gli uni prendevano importanza e preminenza sugli altri. Se qualche rara volta ne era impedito, non ommetteva mai di tenerla prima che l'anno terminasse.
E in quest'anno per accendere sempre più ne' suoi cari la divozione verso la Madre del Divin Salvatore gli dava eziandio argomento di parlare un fatto che riempiva di sua fama l'Italia. A Rimini nella piccola chiesa di Santa Chiara, si venerava un quadro della Vergine SS. sotto l'invocazione: Regina Madre di Misericordia. Sull'imbrunire dell'11 maggio tre buone signore postesi a pregare innanzi a Lei, con grande meraviglia e consolazione, osservarono un movimento nelle pupille della santa effigie, in senso orizzontale e verticale; talora dolcemente si elevavano fino a nascondersi sotto le palpebre con un leggiero cangiamento nel colore del sacro volto. La città come in un baleno fu piena della sorprendente notizia e tutta si affollava intorno a quell'altare. E il prodigio sensibilissimo, evidente, continuò per quasi otto mesi innanzi a migliaia e migliaia di testimonii. I costumi mutati di tutto il popolo, i sacramenti frequentati in modo meraviglioso, una fonte inesausta di grazie che fin d'allora incominciò a scaturire, il rigoroso processo diocesano approvato dalla Sacra Congregazione dei Riti, l'Ufficio e la Messa propria consentita per questo portento, la corona d'oro concessa dal Sommo Pontefice, la chiesa ridotta ad una elegante architettura di croce latina e dedicata nel novembre di questo stesso anno, erano altrettante testimonianze della verità del prodigio.
Colla viva gioia di questa nuova gloria della Madonna e colle soavi emozioni delle Feste Natalizie D. Bosco giungeva alla fine del 1850.
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