Capitolo 19

La Compagnia di S. Luigi - Sue regole - La prima accettazione di ascritti - Alcuni alunni dei Gesuiti - I primi esercizi spirituali nell'oratorio - Il Teologo Federico Albert - Consolanti conversioni - Conseguenze di questi esercizi.

Capitolo 19

da Memorie Biografiche

del 07 novembre 2006

 Don Bosco in tutte le sue spirituali industrie, come nel regime dell'Oratorio, spiegò il maggior zelo, prudenza, giacchè tutto studiava dapprima al cospetto di Dio nella preghiera e poi colla lunga, riflessione andava provando in appresso grado a grado, quale poteva essere l'efficacia di questi mezzi che voleva, adottare a vantaggio dell'anima dei suoi allievi. E da ciò seguiva che non ebbe mai a recedere dall'uso delle pratiche introdotte constatando i felici risultati che ne provenivano.

Dopo aver posto in mano agli alunni dell'Oratorio il “Giovane Provveduto”, cotanto utile, per la pietà e per i buoni costumi, dopo aver gettate le basi organiche con un Regolamento per promuovere e conservare l'unità di amministrazione, e fondato l'ospizio, era mestieri di dare eccitamento al bene operare con qualche pratica stabile ed uniforme che collegasse Insieme i più virtuosi, destasse fra di loro una santa emulazione, ed essendo in molti, li rendesse forti contro il rispetto umano. D. Bosco pensò quindi d'istituire la Compagnia di S. Luigi Gonzaga, allo scopo d'impegnare i giovani a praticare costantemente le virtù che furono in questo Santo più luminose. Intendeva avviarli ad una vita così morigerata e pia, da addivenire sale e luce in mezzo alla moltitudine dei compagni. Per la qual cosa egli escogitò e compose alcune poche ma sugose regole, che gli sembrarono più opportune e le presentò all'Arcivescovo. Il Venerando Pastore che non tralasciava mai d'incoraggiar per quanto poteva i disegni di D. Bosco, le esaminò e le fece esaminare da altri, e il giorno 11 aprile 1847 gliele rimandava, scrivendo di suo pugno le seguenti osservazioni.

 

“ Molto Rev. Signor P.ne oss.mo,

 

Ho fatto esaminare il progetto di regolamento per la Compagnia di S. Luigi, o per meglio dire, per quei giovani che vorranno mettersi sotto il suo patrocinio mediante un tenore di vita che aspiri ad imitarne le virtù, e mi risultò, che, mentre la cosa sostanzialmente è senza dubbio ottima in se stessa, converrebbe però spiegare in qualche luogo, che le relative promesse non obbligano sotto colpa neppure veniale. Inoltre la promessa di accostarsi ai Sacramenti ogni otto giorni sembra troppo forte e che basterebbe ogni quindici giorni, con anche maggior frequenza, occorrendo particolari solennità della Chiesa; inoltre quel dover dire al superiore il motivo, per cui non si è andato ai Sacramenti, può cagionare imbrogli anche gravi. Finalmente l'ultimo periodo dell'articolo relativo, cioè il secondo, ove si esorta a frequentare i Sacramenti, dopochè nel principio già si dice di accostarvisi ogni otto giorni, resta fuori di luogo.

Nel ciò significarle, mi rinnovo colla più perfetta stima ecc.

 

                                                                                                       Luigi Arcivescovo ”

 

 

D. Bosco nello schema presentato all'Arcivescovo, aveva fissata la Confessione e la Comunione ogni otto giorni, perchè il fiore dei suoi giovani, aggregati in questa Compagnia, avessero un'occasione novella di ricevere il loro Divin Salvatore. L'esortazione che sembrava superflua, di frequentare i Sacramenti, aveva per scopo di eccitare indirettamente i più fervorosi ad accostarsi qualche volta alla sacra Mensa anche nei giorni feriali; l'invito a quelli che non fossero venuti per confessarsi e comunicarsi di manifestare il motivo della loro assenza, altro non era che un ritegno a non mancare all'Oratorio festivo con poco buon esempio dei compagni. Tuttavia D. Bosco, obbedì subito al consiglio del suo Arcivescovo, e depennò, modificò, aggiunse secondo gli era stato indicato.

Mons. Fransoni con Rescritto autografo il 12 aprile 1847 approvava la Compagnia di S. Luigi; concedeva alla medesima 40 giorni di indulgenza a lucro spirituale degli aggregati ogni qualvolta recitassero la giaculatoria: Gesù mio, misericordia, invocazione già arricchita da Pio IX con 100 giorni; e Monsignore stesso volle pel primo essere iscritto al pio sodalizio.

Le regole furono le seguenti; e tali si conservano tuttora.

1. Siccome S. Luigi fu modello di buon esempio, così tutti quelli che desiderano di farsi ascrivere nella sua Compagnia devono adoperarsi ad evitare quanto può cagionare scandalo, anzi procurare di dare buon esempio in ogni cosa, ma specialmente nell'esatta osservanza dei doveri di un buon cristiano. S. Luigi fin da fanciullo fu così esatto nell'adempimento di ogni suo dovere, così amante degli esercizi di pietà, e così devoto che quando andava in chiesa, la gente correva per osservarne la modestia ed il raccoglimento.

2. Ogni quindici giorni ciascun Confratello procurerà di accostarsi alla S. Confessione e Comunione, ed anche con più frequenza, specialmente nelle maggiori solennità. Queste sono le armi con cui si porta compiuta vittoria contro il demonio, S. Luigi ancor giovinetto si accostava a questi Sacramenti ogni otto giorni, e divenuto alquanto grandicello, con maggior frequenza. Chi per qualche motivo non potesse adempiere questa condizione, col consiglio del Direttore della Compagnia potrà mutarla in altra pratica di pietà. Si esortano inoltre gli ascritti a frequentare i Sacramenti, e assistere alle sacre funzioni nella propria loro Cappella per edificazione dei compagni.

3. Fuggire come la peste i compagni cattivi, e guardarsi bene dal fare discorsi osceni. S. Luigi non solo evitava tali discorsi, ma era così modesto, che niuno ardiva proferire parola per poco sconcia alla sua presenza.

4. Usare somma carità verso i compagni, perdonando volentieri qualunque offesa. Bastava fare un'ingiuria a San Luigi per averselo tosto amico.

5. Grande impegno pel buon ordine della Casa di Dio, animando gli altri alla virtù ed a farsi ascrivere alla Compagnia. S. Luigi pel bene del prossimo andò a servire gli appestati, il che fu cagione della sua morte.

6. Mettere grande diligenza nel lavoro e nell'adempimento dei propri doveri, prestando esatta ubbidienza ai propri genitori ed agli altri superiori.

7. Quando un Confratello cadrà infermo, ciascuno si darà premura di pregare per lui, ed anche aiutarlo nelle cose temporali, nel modo compatibile colle proprie forze.

A questi articoli fondamentali nella Parte seconda al Capo XI del Regolamento dell'Oratorio, D. Bosco aggiungeva alcune norme perchè la Compagnia avesse una ben determinata organizzazione. Trascriviamo il suo primo autografo.

“ 1. Lo scopo che si propongono i soci della Compagnia di S. Luigi si è di imitare questo Santo nelle virtù compatibili al proprio stato, ed avere la protezione di Lui in vita, e in punto di morte.

2. L'approvazione dell'Arcivescovo di Torino, deve animarci ad aggregarci a questa Compagnia.

3. A maggior tranquillità di tutti vuolsi notare, che le regole della Compagnia di S. Luigi non obbligano sotto pena di peccato nemmeno leggero; perciò chi trascura qualche regola della Compagnia, si priva di un bene spirituale, ma non fa alcun peccato. La promessa che si fa all'Altare di S. Luigi non è un voto; chi però non avesse volontà di mantenerla, fa meglio a non iscriversi.

4. Questa Compagnia è diretta da un Sacerdote col titolo di Direttore Spirituale e da un Priore il quale non dev'essere sacerdote.

5. Il Direttore Spirituale è nominato dal Superiore dell'Oratorio. È suo uffizio di vegliare che tutti i Confratelli osservino le regole; fa l'accettazione di quelli, che gli paiono degni; tiene il catalogo dei vivi e dei defunti; è visitatore degli ammalati della Società di Mutuo Soccorso. Il tempo della sua carica non è limitato.

6. Il Priore si elegge a pluralità di voti da tutti i Confratelli della Compagnia insieme radunati. La sua carica dura un anno e può essere rieletto. Il tempo stabilito per la elezione del Priore è la sera del giorno di Pasqua.

7. La carica di Priore non porta alcuna obbligazione pecuniaria. Se fa qualche oblazione in occasione della festa di S. Luigi, di S. Francesco di Sales, od in altre circostanze, è a titolo di limosina. È pure uffizio suo di vegliare nel coro e procurare che il canto sia ben regolato, e che le Solennità si facciano con decoro.

8. Al Priore è raccomandata la parte disciplinare delle regole dell'Oratorio, ed è coadiuvato dal vice - Priore, che è pure eletto a pluralità di voti la Domenica in Albis ”.

Grande entusiasmo eccitò tra i giovani dell'Oratorio l'annunzio di questa Compagnia, che fu denominata da essi dei fratelli di S. Luigi, e in tutti si accese vivo desiderio di farvisi ascrivere. Ma affinchè non accadesse di dover ripetere il detto del profeta: Multiplicasti gentem et non magnificasti laetitiam, ed anche per lasciare ad ognuno un più forte stimolo a riformare la propria condotta, D. Bosco per l'accettazione appose due condizioni. La prima si era che l'aspirante facesse un mese di prova, mettendo in pratica le regole e dando buon esempio in chiesa e fuori; la seconda, che fuggisse i cattivi discorsi e frequentasse i santi Sacramenti. Questa disposizione produsse ben tosto nei giovanetti un notabilissimo miglioramento vuoi nei costumi, vuoi nella pietà.

La prima accettazione venne fatta in una Domenica del mese di maggio, cioè il giorno 21, che fu la prima delle sei precedenti alla festa di S. Luigi. Fu questo un avvenimento per l'Oratorio di imperitura ricordanza. I giovani stipavano la chiesuola, ansiosi di contemplare quella novità. I postulanti erano in ginocchio innanzi alla statua di S. Luigi, e a D. Bosco, vestito di cotta e stola bianca. Cantato il “Veni Creator”, mosse ai congregati le interrogazioni che si suole rivolgere a chi domanda di essere aggregato a qualche pia società e recitata la Salve Regina, i cantori intonarono: Elegi abiectus esse in domo Dei mei, magis quam abitare in tabernaculis peccatorum. Intanto ciascuno dei postulanti scrisse o fece scrivere il proprio nome nel formolario e quindi ciascuno lo lesse a chiara voce. Eccone il tenore:

“ Io N. N. prometto di fare quanto posso per imitare S. Luigi Gonzaga, perciò di fuggire i cattivi compagni, di evitare i discorsi osceni, di animare gli altri alla virtù colle parole e col buon esempio, tanto in chiesa come fuori di chiesa; prometto altresì di osservare tutte le regole della Compagnia. Questo spero di eseguire coll'aiuto del Signore e colla protezione del Santo. Ogni giorno dirò:

Glorioso S. Litigi Gonzaga, vi supplico umilmente di ricevermi sotto la vostra protezione e di ottenermi dal Signore l'aiuto onde praticare le vostre virtù in vita per fare una santa morte ed essere un dì partecipe della vostra gloria in Paradiso. Così sia.

Pater, Ave, Gloria ecc.

Ges√π mio, misericordia.

 

 

D. Bosco tenne una breve esortazione ai nuovi soci, dimostrando quanto piace al Signore di essere servito in gioventù, e conchiuse la funzione cantando l''Oremus' di S. Luigi.

Finita quella cara cerimonia, coi nomi e cognomi dei novelli ascritti, incominciò il Registro generale della Compagnia. Era dessa una nuova occupazione alla quale si assoggettava lietamente. Infatti egli, o qualcuno da lui incaricato, talora ogni settimana, e sempre una volta al mese, radunati a parte i soci, teneva loro una breve conferenza sopra qualche articolo dei Regolamento, o sopra qualche fatto della vita di S. Luigi o di alcuna delle sue virtù. Un segretario era incaricato di redigere i verbali, notando le deliberazioni con un transunto delle parole del Direttore, o del conferenziere straordinario. Così si continuò e si continua.

In quei giorni il giovane Picca Francesco, che frequentava il collegio dei Gesuiti posto ove ora è il Museo d'antichità, essendo molto influente sugli animi dei compagni, ne condusse quindici in Valdocco, li presentò a D. Bosco e li fece ascrivere a detta Compagnia. Da quel punto essi per qualche tempo, aiutarono i catechisti dell'Oratorio, avendoli i loro superiori dispensati dalla Congregazione della Domenica.

D. Bosco intanto maturava l'attuazione di un altro mezza dei più efficaci per la santificazione di un certo numero dei suoi giovani: la pratica dei santi spirituali esercizi. Gli alunni interni erano appena quattro o cinque, ed essi specialmente egli aveva in mira; senza escludere però i più adulti che frequentavano l'Oratorio festivo, fra i quali ne aveva preparati ed invitati alcuni ad uno spirituale ritira di sette od otto giorni. Grandi erano le difficoltà per la mancanza di camere in cui ritirarli, per l'incomodo di un'assistenza continua che tutta avrebbe pesato sopra di lui, per l'indole vivace dei giovani che non avrebbero inteso l'importanza del silenzio e del raccoglimento, per i rumori continui cagionati dai vicini e dai molti che affluivano a casa Pinardi, per il disturbo che ne provavano i parenti o i padroni, e per le spese non indifferenti che doveva incontrare. Non ostante che la sua cucina mancasse perfino delle stoviglie più necessarie era deciso di ammannire il pranzo agli esercitandi, perchè andando alle case loro a mezzogiorno non avessero occasione di troppo distrarsi. Tuttavia egli non aspettò a procacciare quel vantaggio ai giovani quando già ogni cosa fosse stata convenientemente disposta a tale scopo, persuaso della verità dell'aforisma che l'ottimo è nemico del bene. Perciò in questo stesso anno 1847 volle che avessero principio gli esercizi; e la Divina Provvidenza gli mandò il predicatore nella persona del teologo Federico Albert, Cappellano Palatino, che fu valentissimo oratore apostolico e morì in concetto di santità nel 1876 Vicario parrocchiale a Lanzo. D. Bosco narrò in qual modo lo incontrò la prima volta, ricordando come da quel momento divenisse suo cooperatore e rimanesse sempre in relazione con lui, anche quando per altre sue occupazioni non poteva più venire all'Oratorio. Ecco le parole di D. Bosco: “ Una domenica del 1847 essendo io nell'Oratorio, vidi venirmi incontro un giovane sacerdote il quale dopo i saluti di convenienza, si fece a dirmi - Sento che V. S. ha bisogno di qualche prete che lo aiuti nel fare il Catechismo e nell'indirizzare questi ragazzi al bene. Se crede che io sia capace a qualche cosa, mi presto ben volentieri.

 - Ella si chiama?

 - Teologo Albert.

 - Ha già predicato?

Qualche volta, rispose con grande umiltà; ma se è il caso, mi preparo. E se non sarà il caso di predicare, Ella avrà bisogno di chi lo aiuti a fare catechismi, a scrivere, a copiare.

 - Ha già qualche volta dettati esercizi spirituali?

 - Non ancora, ma se mi dà un poco di tempo, io mi metterei attorno a prepararmi e proverei.

 - Bene; io ho vari giovani, veda: alcuni che stanno già qui con me ed altri verrebbero di fuori, e mi pare che andrebbe tanto bene se facessero gli esercizi spirituali. Si prepari pel tal tempo e poi vedremo.

 ” Io potei radunare una ventina di ragazzi e furono i primi esercizi spirituali che si siano dati nell'oratorio ”.

Erano quei giovani una mescolanza dei migliori coi peggiori. Fuori di questi, nessun altro fu ammesso ad ascoltare le prediche. Alcuni di coloro che vi assistettero, fra i quali Giuseppe Buzzetti, ci attestarono aver queste prediche prodotto in loro una straordinaria impressione. Il Signore benedisse quegli esercizi, e D. Bosco ne fa molto contento. Alcuni giovani, intorno ai quali si era lavorato lungo tempo inutilmente, da quel punto si diedero davvero ad una vita virtuosa.

D. Bosco pur a costo di qualunque sacrificio, volle che una tale pratica si ripetesse ogni anno, sicchè continuò con un progresso sempre crescente di vere conversioni e di frutti singolari di santità: in tutta quella settimana proseguì per vari anni a tenere gli esterni a pranzo con sè e talora fin in numero di cinquanta. Di questa occasione prevalevasi specialmente per conoscerne l'indole, per animare nella pietà fervorosa i tiepidi, per incoraggiare vieppiù i ferventi, e per scrutarne eziandio le vocazioni, avviando poi alla carriera ecclesiastica quelli che ravvisava essere chiamati a tale stato. Queste cure però esercitava con tale spontaneità e prudenza, che mentre lasciava i giovani pienamente liberi nel loro operare, eccitava in essi un grande amore verso Dio e le cose celesti, e un gran distacco dalle cose di questo mondo. Ed era causa di grande consolazione al suo gran cuore, il vedere non pochi figli del popolo, occupati nell'apprendere un umile e faticoso mestiere, aspirare con perseveranza dopo gli esercizi non solo ad una vita buona, ma addirittura percorrere la via della santità. Nè questa è esagerazione, perchè noi potremmo fare molti nomi, che ci vennero palesati da Giuseppe Buzzetti. Fare col “Giovane Provveduto” un po' di meditazione tutte le mattine, levarsi presto per andare alla chiesa e fare la santa Comunione quotidiana, o almeno due o tre volte per settimana, recarsi verso sera a visitare per un po' di tempo Gesù in Sacramento, erano le devozioni di questi buoni giovani. Nella Domenica nel tempo della ricreazione vi era sempre chi dopo le funzioni si fermava nella chiesuola e pregava per un tempo notevole; qualche altro si ritirava dietro la siepe dell'orto di mamma Margherita per non essere disturbato da alcuno, e quivi, piegate le ginocchia, recitava il santo Rosario; altri passeggiavano nel vialetto dell'orto, leggendo qualche libro di pietà, o la vita di un santo o conversando di cose di religione; vi furono taluni che digiunavano più volte alla settimana, e praticavano altre mortificazioni e penitenze. Soprattutto commoveva la franchezza colla quale alcuni si mostravano in pubblico ferventi cattolici, prendendo le difese della Religione, e impedendo il male fra i compagni. Certe indoli violente e superbe si mutarono in benigne ed umili per sforzo risoluto di volontà unito, alla preghiera. Più d'uno si era fatto una legge di dar buon esempio per riparare gli scandali dati quando nessuno gli aveva ancora insegnato il timor di Dio; e se qualcuno li lodava per la loro esemplare condotta in famiglia, nell'opificio e dovunque, rispondevano con un'espressione ingenua di fisionomia: - Oh, una volta era tanto cattivo! È D. Bosco che mi ha salvato!

E questa benedizione, per iniziativa di D. Bosco, si propagò in tutto il mondo, sicchè oggigiorno ogni anno si predicano alla gioventù specialmente popolana un seicento e più corsi di esercizi spirituali, i quali Dio sa quante migliaia di anime conducano a salvamento.

 

 

 

 

 

 

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