Capitolo 2

Desiderio innato nell'uomo di Conoscere l'avvenire - Le predizioni delle anime Pie - Parlata di Don Bosco ai giovani nell'ultimo giorno dell'anno - Sogno: Predizioni pel 1868: morte di tre giovani: stato delle coscienze nell'Oratorio: la strenna: peste, lame e guerra - Testimonianze sull'esatta relazione del sogno e sull'avveramento delle morti di tre giovani - Altro annunzio di morituri in quest'anno - Motivo delle Predizioni di questo sogno.

Capitolo 2

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Siamo coll'esposizione delle Memorie biografiche di Don Bosco alla fine del 1867, e noi, insieme co' suoi fatti meravigliosi e continui, abbiamo eziandio riportati i sogni che egli ci espose colla rivelazione dello stato di molte coscienze e con predizione avverata di avvenimenti particolari e generali. Egli era persuaso che quanto diceva era la verità e di questa sentivano la certezza tutti quelli di buon volere, ed erano la massima parte, che non avevano la mente ingombra da pregiudizi o il cuore turbato da passioni incalcolabile fu il bene spirituale che ne ricavarono gli alunni, mentre un preziosissimo vantaggio era anche l'avere la mente e la fantasia difesa da pericolosi pensieri. L'annunzio che Don Bosco avrebbe raccontato un sogno era un avvenimento nell'Oratorio, e i giovani impazienti e irrequieti aspettavano il momento di udirne la narrazione.

Infatti è naturale nell'uomo il desiderio di conoscere in qualche modo il futuro, specialmente quando i tempi corrono per lui infelici. Di ciò rendono continua testimonianza le storie di tutti i popoli. E niuno dee farne le meraviglie, ed assai meno degli altri possono riderne coloro che vanno mendicando predizioni dalle sonnambole e dagli spiritisti; mentre i buoni cristiani si limitano ad ascoltare anime pie, riputate care a Dio e favorite da lui di speciali comunicazioni.

Non neghiamo possibile, ed anche facile, l'errore dei buoni cristiani in questo loro supposto, ma intorno a ciò la prudenza c'insegna essere due gli estremi da evitare. L'assoluta incredulità a qualsiasi profezia, fuorchè alle autentiche della Bibbia, esclusine i commentarii; e l'assoluta credulità a tutte le profezie, che persone anche probe e dabbene riferiscono per tali.

Contro ambedue gli estremi sta l'ammonimento di San Paolo, che esorta a non spregiare le profezie, ma a provarle: Prophetias nolite spernere; omnia autem probate: (Thess. V, 20, 21), al che tanto contravviene chi le disprezza, quanto chi le ammette alla leggera e senza esame. Queste parole dell'Apostolo assicurano, che anche fuori delle bibliche si possono dare vere profezie. E ciò si conferma dal fatto del dono profetico, il quale, al pari di altri divini carismi, fiorì sempre nella Chiesa, e dalla Chiesa fu sempre riconosciuto.

Pertanto, come nessun cattolico può agli altri imporre una fede più che umana nei vaticini umanamente autorevoli e sicuri; così nessuno può ragionevolmente imporre una incredulità recisa, per quelli che si dicono improbabili e fantastici. Dove non interviene il giudizio della Chiesa, la credenza dei vaticini privati è liberissima. Piuttosto che caso di fede, si ha a dire caso di sano criterio e di buon senso.

Premesse queste osservazioni, veniamo al nostro Venerabile.

La sera del 31 dicembre del 1867 Don Bosco radunò i giovani in chiesa e salito sul pulpito dopo le orazioni così parlò:

Sogliono in questi giorni i parenti dare la strenna ai loro figliuoli, gli amici darsela fra di loro. Così anch'io sono solito di fare ogni anno, dando in questa sera un ricordo ai miei cari giovani che serva di norma per l'anno venturo.

Io adunque stava pensando da alcuni giorni quale strenna darvi, o miei cari figliuoli, e malgrado ogni mio sforzo non trovava nella mia testa un pensiero che facesse all'uopo. Anche la notte scorsa, essendo già coricato, andava pensando e ripensando tra me che cosa dirvi di salutare in questa sera per l'anno 1868, ma non poteva concentrarmi in un punto solo. Quando dopo molto tempo, agitato sempre dalla più viva preoccupazione, mi trovai come uno che sia fra il sonno e la veglia, in quel tempo nel quale sente ed è quasi conscio di se stesso. Era un sonno nel quale uno può conoscere quello che fa, udire quello che si dice e rispondere se interrogato. In tale stato incominciai ad essere in balìa di un sogno che non era sogno. Mi pareva sempre di essere in mia camera. Faccio per uscirne e al posto del poggiuolo mi trovai innanzi ad un bel giardino nel quale si vedevano piante senza numero di stupende rose, cinto intorno da un muro, sopra il cui ingresso era scritto a caratteri cubitali: 68.

Un portinaio mi introdusse nel giardino e là vidi i nostri giovani divertirsi, gridare e saltellare allegramente. Molti si affollarono a me d'intorno e parlavamo insieme di tante cose. C'incamminammo tutti per quel giardino e dopo un tratto di via, lungo il muro del medesimo vidi in un canto molti giovani affollati che cantavano e pregavano con alcuni preti e chierici. Mi avvicinai di più a quei giovani, li guardai e non li conosceva ancora tutti bene, anzi in gran parte mi erano nuovi: e udii che cantavano il Miserere e le altre preghiere dei defunti. Fattomi loro dappresso dissi:

 - Che cosa fate qui? Perchè recitate il Miserere? Quale è la causa del vostro lutto? È morto forse qualcheduno?

 - Oh! risposero: ella non lo sa?

 - Io non so niente.

 - Preghiamo per l'anima di un giovane che è morto il tal giorno, alla tal ora.

 - Ma chi é?

 - Come? replicarono: non sa chi é?

 - Eh! no!

 - Che non l'abbiano avvisato? - si dissero a vicenda. Poi rivolti a me: - Ebbene sappia che è morto il tale! - e mi dissero il nome.

 - Come? È morto il tale?

 - Sì, è morto, ma ha fatto una buona morte, una morte invidiabile. Ha ricevuto con grande soddisfazione ed edificazione nostra tutti i Sacramenti. Rassegnato alla volontà di Dio, dimostrò i più vivi sentimenti di pietà. Ora preghiamo per l'anima sua accompagnandolo alla sepoltura, ma speriamo che sia già in possesso del cielo e che preghi per noi. Anzi siamo certi che è già in paradiso.

 - La sua fu dunque una buona morte? Sia fatta la volontà di Dio. Imitiamo le sue virtù e preghiamo il Signore che conceda anche a noi la grazia di fare una buona morte.

Ciò detto, mi allontanai da costoro, circondato sempre da una folla di giovani. Ci siamo di nuovo incamminati per quel giardino e, fatto un lungo tratto di strada, siamo giunti vicini ad un bellissimo prato verdeggiante. Io intanto diceva fra me: - Come va questo? Ieri sera mi coricai nel mio letto e adesso mi trovo con tutti i giovani sparsi qua e là in questo giardino?

Quand'ecco un'altra turba numerosa di giovani disposta in circolo, in mezzo a cui vi era qualche cosa che io non sapeva distinguere quello che fosse. Vidi però che erano inginocchiati; gli uni pregavano, gli altri cantavano. Mi avvicinai e vidi che attorniavano una bara, udii che recitavano le preghiere dei defunti e cantavano il Miserere. Domandai: - Per chi pregate?

Essi tutti melanconici mi risposero:

 - È morto un altro giovane ed ha fatto una buona morte. Ha ricevuto con edificazione nostra i Santi Sacramenti e ha dimostrato sensi di grande pietà. Adesso lo portano già alla sepoltura. Stette infermo otto giorni e vennero a vederlo anche i suoi parenti.

Domandai allora il nome del morto e mi fu detto. Rimasi molto addolorato nell'udirlo, ed esclamai:

 - Oh che mi rincresce! era uno che mi voleva tanto belle e non ho potuto dargli l'ultimo addio... e neanco l'altro ho veduto prima che morisse... Muoiono tutti adesso? ... Un morto qui e l'altro là! ... Ma possibile? Solamente ieri ne morì uno... e quest'oggi un altro ...

 - Che cosa dice? mi fu risposto: uno morto poco fa e l'altro adesso? Le pare poco tempo, eppure sono più di tre mesi dacchè è morto il primo, il tal giorno, nella tal ora.

Al sentir queste cose pensai tra me: Sogno o non sogno? Mi pareva di non sognare e non sapeva che cosa dire di ciò che udiva.

E continuammo ad inoltrarci tutti in mezzo a quei boschetti e dopo non breve cammino ecco che odo cantare di bel nuovo il Miserere. Arresto il passo e con me si fermano quelli che mi accompagnavano e vedo un'altra schiera numerosa di giovani che si avvicinava. Chiesi a coloro che mi erano al fianco:

 - Che cosa fanno quei giovani? Dove vanno?

Venivano da un luogo poco lontano ed erano tutti sconsolati e cogli occhi lagrimosi:

 - Che cosa avete? - dissi loro, essendomi affrettato ad incontrarli.

 - Ah se sapesse! ...

 - Che cosa ci fu dunque?

 - È morto un giovane.

 - Come? dappertutto veggo morti? E chi è quel vostro compagno che si portò alla sepoltura?

E i giovani con atti di grande meraviglia:

 - Come! Non sa ancor nulla? Non sa che è morto il tale?

 - È morto anche lui?

 - Sì, poveretto. I suoi parenti non sono andati a visitarlo ..... ma .....

 - E che ma? Non ha forse fatto una buona morte?

 - Ah no! Ha fatto una morte per nulla desiderabile.

 - Non ricevette i Sacramenti?

 - Dapprima non voleva riceverli e poi li ricevette, ma con poca voglia e non dando segni di vero pentimento, cosicchè rimanemmo poco edificati di lui, anzi dubitiamo molto della sua eterna salute e ci rincresce assai che un giovane dell'Oratorio abbia fatto una così brutta morte.

Allora io cercai di consolarli, dicendo:

 - Se ha ricevuti i Sacramenti speriamo che si sia salvato. Non bisogna disperare della misericordia di Dio. È così grande! - Ma non riuscii a infonder loro questa speranza ed a consolarli.

Mentre, addolorato e colla mente turbata, pensava in qual tempo que' giovani fossero morti, apparve all'improvviso un personaggio che non conosceva e che, avvicinatosi, mi disse

 - Guarda: dunque sono tre!

Lo interruppi:

 - E tu chi sei che mi parli con tanta famigliarità dandomi del tu, senza avermi veduto mai? 

 - Ascoltami, rispose, e poi ti dirò chi sono. Tu vuoi una spiegazione di ciò che hai visto?

 - Sì, che cosa significano questi numeri?

 - Hai visto, lui rispose, il numero 68 scritto sulla porta del giardino?

Significa l'anno 1868. In quest'anno i tre giovani che ti furono indicati dovranno morire. Come hai visto, i due primi son ben preparati; il terzo tocca a te prepararlo.

Io, pensando se proprio dovesse essere vero che nel 1868 dovranno morire que' tre cari figliuoli, soggiunsi:

 - Ma come tu puoi dirmi questo?

 - Sta' attento all'esito e vedrai - mi rispose.

Alla sicurezza e all'amabilità del dire conobbi allora in quel personaggio un amico e proseguii con lui la strada assorto nelle parole che aveva udite:

 - Ma sogno io forse? gli andava dicendo: pure qui non c'è sogno: sono desto! Io vedo, io sento, io conosco.

E quegli mi disse:

 - Sta bene: questa è realtà.

Ed io:

 - Realtà? Ti prego adunque di essermi cortese. Mi hai detto dell'avvenire, ed ora parlami del presente. Quello che io desidero si è che tu mi dica qualche cosa da riferire ai miei giovani domani sera come strenna.

Ed egli:

 - Di' ai tuoi giovani che siccome que' due primi erano preparati perchè frequentavano colle debite disposizioni la santa Comunione in vita, così anche in punto di morte la ricevettero con edificazione di tutti. Ma quell'ultimo non la frequentava in vita, mentre era sano, e perciò in punto di morte la ricevette con poca soddisfazione. Di' loro che se vogliono fare una buona morte frequentino la salita Comunione con le dovute disposizioni, e che la prima disposizione è una confessione ben fatta. La strenna adunque sia questa: “ La Comunione devota e frequente è il mezzo più efficace per fare una buona morte e così salvarsi l'anima ”. Ora seguimi e sta' attento.

E s'inoltrò alquanto per un sentiero del giardino. Io lo seguiva quando a un tratto vedo raccolti in un largo spazio aperto i miei giovani radunati. Mi fermai ad osservarli. Io li conosceva tutti e mi sembrava fossero tutti, come tante volte li aveva visti, senza alcuna diversità. Però, esaminatili alquanto più (la vicino, vidi cosa che mi riempì di maraviglia ed orrore. Di sotto al berretto di molti spuntavano dalla fronte due cornette Gli uni le avevano più lunghe, gli altri più corte; quali le avevano intere, e quali rotte; parecchi non avevano più che il segno di averle avute, perchè erano perfettamente rotte alla radice e più non si vedevano spuntare o crescere, ad altri invece non potevasi impedire che le corna crescessero, ma rotte che erano, tornavano fuori ancor più grosse, riproducendosi sempre. Taluni poi non solo avevano le corna, ma quasi non fossero paghi di averle, davano delle grandi cornate ai compagni. Ve ne erano pure di quelli che avevano un sol corno in mezzo al capo, ma di una straordinaria grossezza, e questi erano i più terribili. In fine ve n'erano altri, la cui fronte candida e serena non era stata mai deturpata da simile deformità .....

E qui noterò che io potrei dire a ciascheduno di voi in particolare quello che faceva nel giardino.

Dilungatomi alquanto dai giovani, accompagnato solamente dalla mia guida, giunto ad un certo luogo elevato, vidi in vaste regioni moltissima gente che si azzuffava: erano militari. Per un lungo tratto di tempo combattevano accanitamente senza compassione al mondo. - Molto era il sangue sparso. Io vedeva chiaramente gli infelici che cadevano al suolo sgozzati. Chiesi al mio compagno :

 - Come va che questi uomini si uccidono, furiosamente in questa maniera?

 - Grande guerra, esclamò la mia guida, nel 1868; e questa guerra non terminerà se non dopo un grande spargimento di sangue.

 - La guerra sarà forse nei nostri paesi? Che gente è questa? Sono italiani, o forestieri?

 - Guarda quei militari e dalle vestimenta conoscerai a quale nazione appartengano

Li guardai attentamente e vidi che erano di varie nazioni. La maggior parte non aveva la divisa dei nostri soldati, ma ve n'erano anche degli italiani:

 - Ciò significa, soggiunse la guida, che a questa guerra parteciperanno anche gli italiani.

Siamo partiti allora da quel campo di morte e camminando per breve tratto passammo in altra parte del giardino; quand'ecco sento gridare a grandi voci:

 - Fuggiamo di qui, fuggiamo: fuggiamo di qui, se no moriremo tutti.

E vidi molta gente che fuggiva gridando e, in mezzo a questa, gran numero di persone sane e robuste cadere a terra in un istante e morire.

 - E che cosa hanno costoro che vogliono fuggire? - chiesi a qualcuno di quelle turbe.

 - Il colera ne fa morire tanti e se non fuggiamo moriremo anche noi - mi fu risposto.

 - Ma che cosa è ciò che io vedo, dissi al mio condottiero. Per ogni dove regna adunque la morte?

 - Grande colera, esclamò, nel 1868!

 - Come è possibile? Il colera d'inverno? E muoiono già benchè faccia così freddo?

 - A Reggio di Calabria ne muoiono già adesso 50 al giorno!

Andammo avanti ancora e vedemmo una moltitudine sterminata di gente, pallida, abbattuta, smunta, sfinita, coi panni laceri.

Io non poteva intendere la cagione dello sfinimento e della macilenza di quella moltitudine e chiesi al mio amico:

 - Che cosa hanno costoro? Che cosa vuol dire questo?

 - Grande carestia, mi rispose, nel 1868. Non sai che costoro non hanno di che togliersi la fame?

 - Come? io dissi; in questo stato per la farne?

 - È così veramente!

Io intanto osservava quelle turbe che gridando - fame! fame! cercavano pane da mangiare e non ne trovavano, cercavano di che togliersi la sete che loro ardeva le fauci e non trovavano acqua.

Allora, pieno di sgomento, dissi al mio compagno:

 - Ma dunque in quest'anno tutti i mali piombano sulla nostra misera terra? E non vi sarebbe mezzo per allontanare dagli uomini tutte queste sventure?

 - E sì che vi sarebbe questo mezzo, purchè tutti gli uomini insieme si ponessero d'accordo nell'astenersi dal commetter peccati, nel far cessare la bestemmia, nell'onorare Gesù Sacramentato, nel pregare la Beata Vergine da loro adesso abbandonata indegnamente.

 - E questa fame e siccità sarà di cibo corporale o spirituale?

Mi rispose: - E dell'uno e dell'altro. Gli uni ne mancheranno perchè non vogliono, gli altri perchè non possono averlo.

 - E l'Oratorio avrà anche da soffrire di questi mali? Anche i miei giovani morranno dal colera?

La mia guida mi guardò da capo a piedi; dopo mi disse: - Condizionatamente: cioè se i tuoi giovani saranno tutti d'accordo nel tenere lontana da loro l'offesa di Dio coll'onorare Gesù Sacramentato e la Beata Vergine, saranno salvi; perchè con queste due salvaguardie si ottiene tutto e senza di queste si ottiene niente. Se facessero altrimenti moriranno anch'essi. Bada però che un solo che faccia peccati mortali può bastare per attirare lo sdegno di Dio ed il colera sopra l'Oratorio.

Chiesi ancora: - E i miei giovani hanno forse anch'essi da soffrire la mancanza di cibo?

 - Pur troppo! anche i tuoi giovani soffriranno gli effetti della carestia.

 - A me sembra che almeno la carestia sarebbe caduta solamente sopra Don Bosco, perchè tocca a me di pensare e provvedere al loro cibo. Se mancherà pane nella nostra casa, i giovani non ci penseranno certamente.

 - La sentirai tu la fame e la dovranno anche sentire i tuoi giovani. I loro parenti o benefattori dovranno stentare per pagare la loro pensione e somministrar loro le tante altre cose necessarie. Molti più nulla potranno pagare e la casa, mancando di mezzi, non potrà più soccorrerli nei loro bisogni. E così anch'essi patiranno.

 - Ma soffriranno anche mancanza di cibo spirituale?

 - Sì; alcuni perchè non vorranno averlo, altri perchè non potranno.

Così dicendo andavamo sempre avanzandoci in quel giardino. Ma tutto ad un tratto vidi il cielo ricoprirsi di neri nuvoloni che minacciavano una vicina tempesta. Si era levato un vento orribile. Io guardava attorno e in lontananza vidi i giovani che s'erano messi a fuggire Lasciata la guida, correva per raggiungerli e pormi in salvo con essi; ma ben presto li perdetti di vista: lampi e tuoni si succedevano. Pareva che da un momento all'altro dovessimo essere tutti inceneriti dal fulmine. Cadde quindi una turbinosa e dirottissima pioggia. Non aveva mai visto un temporale così violento: io mi aggirava per quel giardino cercando i miei giovani e un qualche ricovero ove riparare, ma non trovava né quelli, né questo. Tutta la regione era disertata. Cercavo la porta per uscire e malgrado la mia fretta non lui riuscì di giungervi, che anzi sempre più dalla medesima lui allontanava in ultimo cadeva una grandine così spaventosa che non ne vidi mai di simile per grossezza. Alcuni granelli, caduti sul mio capo, lui percossero con tanta violenza che mi svegliarono e mi trovai sul letto. Vi assicuro che io era molto più stanco allora, che quando andai a riposo.

Queste cose io vidi, come vi dissi, sognando, e non voglio dirvele affinchè le crediate come cose vere, ma siccome da questo si può imparare qualche cosa, approfittiamone. Teniamo come sogno quello che non fa per noi, ma teniamo per cose vere quelle che possono servire per nostra utilità, tanto più che siccome sono già accadute cose che si erano dette altra volta, potrebbero accadere anche questa volta. Approfittiamone teniamoci preparati alla morte, preghiamo, Maria SS. e teniamo da noi lontano il peccato.

Vi lascio in ultimo per strenna questa massima: - La frequente devota confessione e Comunione è un gran mezzo per salvarci l'anima.

Buona notte!

Don Bosco narrò questo sogno in due sere. La suesposta narrazione è del chierico studente di Teologia, Stefano Bourlot, che ne lasciò apposita memoria colla sua firma, in data 29 gennaio 1868.

E scrisse in calce alla medesima: “ Del sogno di Don Bosco io faccio semplice relazione e tale e quale mi parve d'averla udita e con lo stesso ordine, senza però ripetere esattamente tutte le parole da lui proferite, perchè non le ricordo bene. Ma so con certezza che il senso è quello da me esposto, e tanto basti ”.

A dimostrare l'importanza di questo testimonio e il valore della sua mente, diremo come ordinato sacerdote, e mandato da Don Bosco missionario in America, gli venne affidata l'immensa e turbolenta parrocchia della Boca a Buenos Aires, che allora era il covo delle sette anticristiane. Ed egli colla sua attività, fermezza di carattere, parola franca e leale, sempre improntata allo spirito di fede, e coll'ardente sua carità, vinse le volontà ribelli. Riformò la popolazione, amato dai buoni, temuto dai tristi, specie quando col suo periodico Cristoforo Colombo si fece arbitro dell'opinione pubblica alla Boca, dove eresse un grandioso tempio, un collegio per giovanetti e un altro per fanciulle, con oratorii festivi, associazioni cattoliche di mutuo soccorso, e la società delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli. Avendo nella sua parrocchia 60.000 e più mila italiani, ne aveva imparati i dialetti, e celebrava solennemente le feste dei patroni delle singole provincie italiane destando così in quelli la fibra del patriottismo, ed attiravali alla chiesa con processioni di sommo splendore, che ricordavano i patrii costumi. Nell'esercizio del ministero parrocchiale fu infaticabile, ed eroico nell'assistere gli ammalati.

Don Bourlot adunque, giovane serio e sagace, era da poco tempo entrato nell'Oratorio per ascriversi alla Pia Società. Egli provava una certa ripugnanza a prestar fede ai sogni di Don Bosco, a lui narrati dai compagni anziani, e quindi con spirito di critica stette osservando ciò che questa volta sarebbe accaduto, riguardo alle morti dei tre giovani e alle circostanze che dovevano accompagnarle. Quindi, con Don Gioachino Berto e Don Giuseppe Bologna, si mise di proposito a constatare per iscritto gli avvenimenti a mano che accadevano, tutti e tre firmando il verbale ogni volta che una profezia si avverava, e rimanendo stupiti della mirabile precisione colla quale si svolgevano le cose preannunziate da Don Bosco.

Ma questi verbali andarono pur troppo smarriti in un trasloco di carte, fatto da chi non ne intendeva il valore e restò un solo foglio che tratta della morte del primo giovane. Per buona sorte, tornato Don Bourlot dall'America per qualche tempo, mentre ci indicò qualche piccola addizione da farsi al sogno, ci diede pur notizia sulla fine degli altri due giovani e ci rilasciava la seguente dichiarazione in data 12 ottobre 1889: “ Posso assicurare con giuramento che la morte annunziata dei tre figli di Don Bosco si è avverata, come potrebbero testificarlo D. Berto e Don Bologna ”. E ci aggiungeva che sebbene non ricordasse il cognome del secondo e del terzo, tuttavia poteva assicurare che uno di questi incominciava colla B ed era un fabbro ferraio, che morì all'ospedale, e Don Bosco ne ricevette l'ultima confessione.

Non mancheremo d'illustrare la testimonianza di Don Bourlot confrontando con essa le memorie biografiche del Venerabile da noi raccolte, alcune note di Don Rua, ed i Necrologii, e ne presenteremo il risultato al lettore, narrando gli avvenimenti del 1868.

Intanto notiamo come l'annunzio della morte di quei tre non escludesse altri che fossero per essere chiamati all'eternità in quell'anno. Infatti ci attestò Agostino Parigi aver Don Bosco detto qualche giorno dopo, che altri sei sarebbero passati di vita e che ad un compagno che temeva di essere in questo numero aveva risposto: - Sta' tranquillo: il Signore non ti vuole ancora. - E così avvenne.

Erano dunque nove quelli che dovevano andare all'eternità fra 800 e più persone che si trovavano in casa. Ma perchè il sogno accennava solamente a tre? La loro successiva dipartita doveva compiersi nello spazio quasi intiero dell'anno: e la morte degli altri sei ad intervalli, della quale ignoravansi le circostanze, avrebbe costretto, come uno svegliarino, quelli dell'Oratorio a riflettere sovente al sogno e alla descrizione fatta riguardante lo stato delle coscienze.

L'avveramento delle tre morti del sogno è sufficiente per testimoniare la veracità dell'annunzio dei tre flagelli.

Così talvolta i profeti d'Israele vaticinavano avvenimenti che si sarebbero avverati anche dopo qualche secolo, ma intanto con una seconda profezia di un fatto impreveduto imminente, confermavano la veracità della prima. E anche su questo punto torneremo nuovamente.

 

 

 

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