Capitolo 24

D. Bosco e l'onomastico degli alunni - Predizione di malattie - Solo l'amore di Dio può unire a D. Bosco i suoi alunni - D. Bosco narra la morte di una pubblica peccatrice, che si converte: suggerisce ai giovani - la mortificazione de' sensi ed una preghiera - Una morte che accadrà dopo tre lune; un infermo grave è assicurato da D. Bosco che non morrà - Sogno: il serpente ed il Rosario - Spiegazione del sogno - La recita del Santo Rosario raccomandata sempre e voluta da D. Bosco - I figli continuano le tradizioni paterne.

Capitolo 24

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

 Benchè tempo di vacanze molti alunni rimanevano nell'Oratorio e D. Bonetti e D. Ruffino raccoglievano nelle loro cronache qualche tratto notabile della loro conversazione con D. Bosco. Anche D. Garino Giovanni e D. Provera Francesco ci lasciarono qualche memoria importante di questo mese.

 

D. Bonetti “ Il 3 agosto, il Ch. Bongiovanni Domenico gli (a D. Bosco) domandò: - Domani è il mio giorno onomastico. Mi faccia adunque un regalo in onore di S. Domenico, come è Solito a fare a' suoi giovani in simile circostanza. - E D. Bosco gli rispose: - Il regalo che ti faccio è una corona di spine.

” La sera dello stesso giorno Bongiovanni si coricò, per un certo malessere che il domani divenne seria malattia: i dolori lo presero alla testa, la quale gli doleva tutto intorno a guisa di cerchio, e lo tennero in vaneggiamento per parecchi giorni.

” Questa non fu la sola volta che annunziò a diversi giovani di prepararsi a soffrire malattie. Fra i molti annunziò al Ch. Ballesio, sotto la figura di una veste nera, una malattia, che lo incolse gravemente tre o quattro giorni dopo.

” Ogni volta che D. Bosco scende a mensa, quando gli altri superiori hanno già finito il loro pranzo e sono usciti in cortile, i giovani irrompono in refettorio. Si può dire che l'opprimono tale è la loro calca. Un giorno mentre D. Bosco, pranzava e parlava, un chierico sporse il proprio capo vicina al suo per udir meglio quel che dicesse. D. Bosco stesa la mano, toccò il capo del chierico all'improvviso, sicchè legger mente lo fece urtare nel suo. Il Chierico gli disse: - Si, sì, metta in comunicazione le due teste. - D. Bosco gli rispose: - L'amor di Dio solamente le può unire ”.

D. Ruffino: - Parola di D. Bosco ai giovani nella sera del 6 agosto.

    - Oggi alla ½  venne uno in mia camera a recarmi un biglietto cui mi si dava l'indirizzo d'una persona gravemente inferma.

Il latore m'aveva una faccia affatto sconosciuta. Uscii e dopo fatta un'altra commissione di breve durata, mi recai nel luogo indicatomi. Entro; era una casa cattiva. - A qui che c'è un infermo che mi ha fatto domandare?

 - Sì, venga qua. - E mi condussero in una camera e io avevo paura, perchè il demonio si vedeva chiaro che faceva da padrone in quella casa. Posto il piede nella camera vidi l'ammalata, che allungando le mani, prese le mie, dicendo: - Mi salvi l'anima, .... mi salverò io?...

 - Lo spero, le risposi. Poi detto alle altre donne di scostarsi, ne udii la confessione; ed era tempo perchè presto fu agli estremi. Finito che ebbi, uscendo dalla camera, le altre compagne mi si affollarono attorno: - Ebbene, guarirà?

 - Oh sì guarirà!... ancora pochi momenti e poi sarà all'eternità.

 - Oh poveretta! Oh disgraziata!... - E qui ad affannarsi, e piangere.

 - Non dite disgraziata lei, soggiunsi io, dite piuttosto disgraziate voi, che siete proprio nell'anticamera dell'inferno. - E qui presi a far loro una predica quale non avevano mai sentita. Ed esse. - Come fare? Come fare? Lei dice bene. Ma come fare?

 - Prima di tutto fuggitevene di qui .....

- Ma i sacramenti glieli porteranno?

 - Oh lo pensate voi? temerei, se entrasse qui il Signore, che sprofonderebbe tutta la casa con quanti ci sono.

 - E allora?

 - Adesso mi reco dal Parroco e lui farà come crede. Così detto uscii, corsi dal Parroco, gli raccontai la storia. - Lasci fare a me, disse; prendo su di me la cura di ciò. - Si recò dell'ammalata: ebbe appena il tempo di somministrarle l'Olio santo e pochi istanti dopo se ne morì. Alla sera più nessuno eravi in quella casa. Fortunata quella figlia, cui Dio concedette tempo di fare la sua confessione. I sentimenti che manifestò fanno sperare molto della sua eterna salute. Ma bisognerebbe essere stato là a vedere quelle altre compagne coi capelli ritti, le labbra livide, gli occhi stralunati, per capacitarsi che terribile flagello sia il peccato per chi lo ha in seno, massime quando si ha la morte davanti. D. Cafasso diceva, che se il peccato non avesse altra punizione che il rimorso che lascia a chi lo commette, sol per questo sarebbe da fuggire. È impossibile che un uomo possa durare in uno stato così inquieto come è quello di un'anima, che fermandosi brevi istanti a pensare a’ casi suoi, sente la coscienza squarciata dai rimorsi dei peccati.

In questa sera D. Bosco suggerì per l'avvenire di fare qualche cosa in onore della Madonna, come sarebbe, fuggire gli sguardi pericolosi o le letture cattive ecc., e di recitare a questo fine ogni giorno una Salve, Regina. Amen!

D. Garino: “ Il 15 agosto moriva all'ospedale S. Giovanni (Torino) il giovane Petiti Giovanni da Fossano in età di 14 anni. È di lui che Don Bosco, parlando, me presente, ad alcuni in privato, avea predetto alcun tempo prima, come non sarebbero passate tre lune che uno degli alunni sarebbe morto. Ora in quei tre mesi un artigiano sarto nato a Novara nel 1843, di nome Quadrelli David, erasi ammalato gravemente. Sapendo della profezia temeva forte di dover morire. D. Bosco andò a trovarlo per dargli conforto, ed anche vedere se fosse il caso di amministrargli i Sacramenti. Quadrelli appena lo vide esclamò: - Ma io non voglio morire!...  D. Bosco lo fissò con sguardo amorevole e gli rispose: - Ebbene tu guarirai…… un altro morirà in tua vece….. -  Quindi lo benedisse. E Quadrelli si rimise pienamente in salute ”.

D. Provera: “ D. Bosco ebbe una nuova prova degli assalti continui mossi dal demonio contro le anime, dei danni che arreca, della necessità di continue battaglie per respingerlo, e strappargli le prede fatte. Militia est vita hominis super terram. Un centinaio di alunni erano tornati da casa pel mese di ripetizione e preparazione al prossimo anno scolastico. Il 20 agosto 1862 recitate le preghiere della sera D. Bosco, dopo dati alcuni avvisi spettanti l'ordine della casa, disse:

Voglio contarvi un mio sogno fatto poche notti sono. (Deve essere la notte che precedeva la festa dell'Assunzione di Maria SS.)

Sognai di trovarmi con tutti i giovani a Castelnuovo d'Asti a casa di mio fratello. Mentre tutti facevano ricreazione, viene a me uno ch'io non sapeva chi fosse, e mi invita ad andar con lui. Lo seguii e menommi in un prato attiguo al cortile e là mi indicò fra l'erba un serpentaccio lungo sette od otto metri e di una grossezza straordinaria. Inorridii a tal vista e voleva fuggirmene: - No, no, mi disse quel tale; non fugga; venga qui e veda.

 - E come, risposi, vuoi che io osi avvicinarmi a quella bestiaccia? Non sai che è capace d'avventarmisi addosso e divorarmi in un istante ?

 - Non abbia paura non le recherà alcun male; venga con me.

 - Ah! non son così pazzo di andarmi a gettare in tal pericolo.

 - Allora, continuò quello sconosciuto, si fermi qui! - E poi andò a prendere una corda e con questa in mano ritornò presso di me e disse:

 - Prenda questa corda per un capo e lo tenga ben stretto fra le mani; io prenderà l'altro capo e andrò alla parte opposta e così sospenderemo la corda sul serpente.

 - E poi?

 - E poi gliela lascieremo cadere attraverso la schiena.

 - Ah! no per carità! Perchè, guai se noi faremo questo. Il serpe salterà su indispettito e ci farà a pezzi.

 - No, no; lasci fare da me.

 - La, là! Io non voglio prendermi questa soddisfazione che può costarmi la vita. - E già me ne voleva fuggire. Ma quel tale insistette di nuovo, mi assicurò che non avevo di che temere, che il serpe non mi avrebbe fatto male alcuno e tanto disse che io rimasi e acconsentii a far il suo volere. Egli intanto passò dall'altra parte del mostro, alzò la corda e poi con questa diede una sferzata sulla schiena del serpe. Il serpente fa un salto volgendo la testa indietro per mordere ciò che l'aveva percosso, ma invece di mordere la corda, resta da essa allacciato come in cappio corsoio. Allora mi gridò quell'uomo: - Tenga stretto, tenga stretto e non lasci sfuggire la corda. - E corse ad un pero che era là vicino, e legò a quello il capo di corda che aveva tra le mani: corse quindi da me, mi tolse il mio capo di corda e andò a legarlo all'inferriata di una finestra della casa. Frattanto il serpente si dimenava, si dibatteva furiosamente e dava giù tali colpi in terra colla testa e colle immani sue spire, che laceravansi le sue carni e ne faceva saltare i pezzi a grande distanza. Così continuò finchè ebbe vita; e morto che fu, più non rimase di lui che il solo scheletro spolpato.

Morto il serpente, quel medesimo uomo slegò la corda dall'albero e dalla finestra, la trasse a sè, la raccolse, ne formò come un gomitolo e poi mi disse: - Stia attento neh! - Così mise la corda in una cassetta che chiuse e poi dopo qualche istante aprì. 1 giovani erano accorsi attorno a me. Gettammo l'occhio dentro alla cassetta e fummo tutti stupiti. Quella corda si era disposta in modo che formava le parole Ave Maria! - Ma come vai ho detto. Tu hai messa quella corda nella cassetta così alla rinfusa ed ora è così ordinata.

 - Ecco, disse colui; il serpente figura il demonio, e la corda l'Ave Maria o piuttosto il Rosario che è una continuazione di Ave Maria, colla quale e colle quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demonii dell'inferno.

Fin qui, concluse D. Bosco, è la prima parte del sogno. V'è n'è un'altra parte, la quale sarà, ancor più curiosa e interessante per tutti. Ma l'ora è già tarda e perciò differiremo a contarla domani a sera. Frattanto teniamo in considerazione ciò che disse quel mio amico riguardo all'Ave Maria ed al Rosario. Recitiamola divotamente ad ogni assalto di tentazione, sicuri di uscirne sempre vittoriosi. Buona notte!

E qui domandiamo che ci si permettano alcuni commenti, giacchè D. Bosco non diede su questa scena alcuna interpretazione.

Il Pero di cui si tratta nel sogno è quello stesso al quale D. Bosco fanciullo aveva tante volte attaccata una fune, assicurandone l'altra estremità ad un secondo albero poco distante, per intrattenere co' giuochi di ginnastica i conterrazzani e così obbligarli ad ascoltare i suoi catechismi. Questo pero ci pare di poterlo raffrontare con quella pianta, della quale si legge nel Cantico dei Cantici, al Capitolo II, versicolo 3. Sicut malus inter ligna silvarum, sic dilectus meus inter filios. Il Tirino e molti altri celebri commentatori della Sacra Scrittura, notano che il melo è qui posto per qualunque pianta che porti frutto. Simile pianta, che spande un'ombra gradita e salubre, è un simbolo di Gesù Cristo, della, sua croce, dalla virtù della quale viene l'efficacia della preghiera e la sicurezza della vittoria. Sarà questo il motivo pel quale un capo della corda, fatale al serpe, è primieramente assicurato al pero? E l'altra estremità annodata alle spranghe della finestra non può essere indizio che all'abitante di quella casa ed a' suoi figli era affidata la missione di propagare la pratica del Rosario. E D. Bosco da tempo l'aveva intesa.

Egli ai Becchi ne aveva istituita la festa annuale; ogni giorno volle che ne fosse recitata una terza parte dagli alunni di tutte le sue case; e colle prediche e colle stampe cercò di rimetterne l'antica usanza nelle famiglie. Ei reputava essere il Rosario un'arma che avrebbe data la vittoria non solo agli individui, ma anche alla Chiesa. Perciò da' suoi discepoli furono poi pubblicate tutte le Encicliche di Leone XIII su questa preghiera così cara a Maria; e col Bollettino Salesiano caldeggiarono l'esecuzione dei voti del Vicario di Gesù Cristo.

                          

 

                          

 

 

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