Capitolo 25

Il pane quotidiano nell'Oratorio - La Divina Provvidenza e D. Bosco - Fallisce il progetto della tipografia - Ottima condotta dei giovani dell'Oratorio nelle scuole privale -Un eroico paciere - Fastidi di D. Bosco,per le vacanze autunnali e suo racconto nella distribuzione dei premi - Un promessa alla Madonna mantenuta e premiata - Avvisi ai giovani che ritornavano al paese - Savio e Massaglia non vogliono allontanarsi da D. Bosco.

Capitolo 25

da Memorie Biografiche

del 28 novembre 2006

L’anno scolastico 1854 - 55 ormai terminava, e nell'Oratorio, benchè si vivesse in povertà, non era mancato; un sol giorno il vitto necessario. Il pane di seconda qualità costava settanta centesimi al chilogramma, e D. Bosco non congedò alcuno de' suoi giovani, non ne restrinse il numero e continuò ad accettarne de' nuovi. Anzi alcune volte rallegrò la loro mensa con qualche cosa di particolare. I proventi della lotteria bastarono al bisogno, ed erano stati premio della carità animatrice delle sue fatiche e delle umiliazioni prevedute, che accrescevano il valore de' suoi sacrifizii.

  Perciò la Divina Provvidenza non lasciava di assisterlo, ed egli abbandonavasi nelle sue braccia con tanta confidenza, tenerezza e gratitudine, da potersi affermare che passasse tutta la sua vita in continui ringraziamenti al Signore.

  Da ogni circostanza della vita, da ogni evento sia grande sia minimo, sapeva cogliere l'occasione per esaltare ora la bontà di Dio, ora la sua provvidenza, ora la sua sapienza ed onnipotenza. Un giorno nella stagione estiva egli era nelle vie di Torino accompagnato da D. Rua: fermatosi davanti ad un banco di fruttivendole, gli fece notare la varietà, la bellezza, la bontà delle tante sorta di frutta che vi erano esposte, e poi esclamò: - Quanto è mai buono il Signore che provvede con tanta abbondanza e varietà per i bisogni della nostra vita corporale! - Simili parole si udirono uscire le mille volte dall'amante suo cuore.

   In lui non apparve mai ombra d'impazienza nell'attendere quei soccorsi che talora si facevano desiderare, perchè fossero la ricompensa della sua fede: come pure, allorchè vedeva dileguarsi l'effettuazione creduta imminente di un progetto importante e a lui molto caro. Egli infatti prevedeva di dover sospendere il vagheggiato disegno della tipografia, e non poter riscattare il terreno a questo fine venduto. La morte dell'Abate Rosmini aveva mandato a monte tante speranze! Eppur con animo tranquillo egli rispondeva a D. Carlo Gilardi, il quale proponevagli di far vendere, o tutto o in parte, il campo da lui trasmesso all'Istituto della Carità.

 

   Carissimo Sig. D. Carlo,

 

Ricevo con grato animo la cara sua lettera che mi dà notizia ufficiale della elezione del P. Pagani a Padre Generale. Sia lode a Dio. Credo veramente che siasi fatta la volontà del Signore me lo saluti tanto da parte mia.

Riguardo al sito che si divisa porsi in vendita, c'è veramente un punto favorevole dello scalo provvisorio di Valdocco. Nella scorsa primavera ci erano domande ed offerte assai vantaggiose: ora siamo in un momento di crisi; pochi cercano di comperare, niuno di fabbricare; perciò io sarei di parere di attendere fin verso la primavera del 1856. In questo tempo se mai si presentasse occasione favorevole si potrebbe accettare, ma non precipitare. Dal canto mio non sarei in grado di comperare.

  Intanto io Le porgo i saluti della mia buona madre, dei miei chierici, che conservano viva di Lei memoria: e mentre ci raccomandiamo tutti alle pie di Lei orazioni mi dico nel Signore.

Di V. S. Car.ma

Torino, 15 agosto 1855,

 

Aff.mo amico

Sac. Bosco Giov.

 

Questa lettera rispecchia la perfetta calma del suo cuore, ispirata dalla fiducia in Maria SS. e rallegrata dall'ottima condotta de' suoi figliuoli. Per Torino era conosciuta ed in onore la loro virt√π. Essi avevano continuato a frequentare le due scuole private pel ginnasio inferiore del professor Giuseppe Bonzanino e pel ginnasio superiore del professore D. Matteo Picco. Nella modestia dei loro abiti, nell'umile condizione loro, apparivano puliti, ben educati, cortesi in guisa che i loro compagni di civile e anche di nobile stato si trattenevano volentieri con essi. E ne riportavano da questa amicizia grande vantaggio, coll'emulazione, col maggior ordine e silenzio, colle attrattive della virt√π. 1 professori ne benedicevano il Signore, tanto pi√π per avere uno di essi scongiurato un gravissimo disastro.

Savio Domenico frequentava le lezioni di seconda grammatica latina del prof. Bonzanino, e due discepoli gli diedero occasione di spiegare sino a qual punto lo ardesse

il fuoco di amar Dio e il desiderio d'impedirgli delle offese. Venuti un giorno a contesa tra loro, per alcune parole scambiatesi in dispregio delle rispettive famiglie, passarono dagli insulti alle villanie, e finirono collo sfidarsi a far valere le loro ragioni a colpi di pietra. Domenico, giunto a scoprire quella discordia e quella disfida, ne provò vivissima pena e desiderò d'impedirla; ma come riuscirvi, essendo i due rivali maggiori di forze e di età? Si provò di persuaderli a desistere da quell'insano divisamento, facendo osservare ad ambidue che la vendetta è contraria alla ragione ed alla religione; scrisse lettere all'uno e all'altro; li minacciò di riferire la cosa al professore ed anche ai loro parenti; ma talmente erano inaspriti i loro animi, che tornava inutile ogni parola. Allora il suo cuore magnanimo gli suggerì un atto, che sa dell'eroico. Egli li attese, dopo scuola, e parlando ad ambidue disse: - Poichè perdurate nel bestiale vostro divisamento, vi prego almeno di voler accettare una condizione. - L'accettiamo, risposero essi, purchè non impedisca la nostra sfida. - Egli è un birbante, gridò uno di loro. - Ed io non sarò in pace con lui, soggiungeva l'altro, finchè od egli od io non abbiamo rotta la testa. - Il pio giovanetto tremava a quel brutale diverbio; tuttavia nel desiderio di impedire maggior male, si fece coraggio e disse: La condizione che sono per mettervi non impedisce la sfida. - Qual è questa condizione? - Vorrei soltanto dirvela sul luogo, dove volete misurarvi a sassate. - Tu ci minchioni, o studierai di metterci qualche incaglio. Sarò con voi, e non vi minchionerò: state tranquilli. Forse tu vorrai andare a chiamare qualcuno. - Dovrei farlo, ma nol farò; andiamo, io sarò con voi, mantenetemi soltanto la parola.

     - Glielo promisero, e pel luogo dello scellerato combattimento furono scelti i così detti prati della cittadella vicino a Porta Susa, nell'area ove poi venne innalzata la chiesa parrocchiale di Santa Barbara.

   Giunti al luogo stabilito, il nostro Savio fece un atto, che certamente niuno sarebbesi immaginato. Lasciò che i duellanti, muniti ciascuno di grosse pietre, si prendessero le loro posizioni ad una certa distanza l'un dall'altro. Quando li vide in procinto di venire all'assalto selvaggio, disse: - Prima di effettuare la vostra sfida voglio che adempiate la condizione accettata. - Così dicendo, trasse fuori il suo piccolo Crocifisso, che aveva al collo, e, tenendolo alto in una mano, voglio, proseguì a dire, Voglio che ciascheduno di voi fissi lo sguardo su questa immagine, di poi, gettando una pietra contro di me, pronunzi queste parole: “ Gesù Cristo innocente morì perdonando a' suoi crocifissori, io peccatore voglio offenderlo e fare vendetta ”.

   Ciò detto, va ad inginocchiarsi davanti a colui che mostravasi più infuriato, e gli dice: - Fa il primo colpo sopra di me; tira una forte sassata sul mio capo. - Costui, che non si aspettava simile proposta, tremò, impallidì, e: - No, rispose, mai no: io non ho alcuna cosa contro di te, e vorrei invece difenderti, se qualcuno tentasse oltraggiarti. - Domenico, ciò udito, si alza, corre dall'altro, gli si prostra dinanzi, dicendo le stesse parole. A questo atto, anche colui rimase sconcertato e gridò: - Non mai fare del male a te, non mai.

   Allora il santo giovanetto si rizza in piedi e con voce commossa: - Come, dice loro, voi siete disposti ad affrontare anche un grave pericolo per difendere me, che sono una miserabile creatura, e non siete capaci di perdovarvi un insulto, una derisione, per salvare l'anima vostra, che costò il sangue del divin Redentore, e che voi andate a perdere con questo peccato? - Ciò detto, si tacque, tenendo sempre il Crocifisso alto in mano, e cogli occhi bagnati di lagrime.

  A tale spettacolo di carità e di zelo i due compagni furono vinti. - In quel momento, asserì poscia uno di loro, io fui intenerito; un freddo mi corse per tutte le membra, e mi sentii pieno di vergogna per aver costretto un amico sì buono ad usare misure estreme, per impedire l'empio nostro divisamento. - Pochi giorni dopo i due condiscepoli, già riconciliati tra loro, si andavano pure a riconciliare col Signore, mediante la santa Confessione.

   Intanto D. Bosco vedeva con pena, rinnovata ogni anno, il sopraggiungere delle vacanze autunnali e varie settimane prima incominciava ad avvisare i giovani che il demonio, se non si tenevano attenti, avrebbe fatto strage delle anime loro distruggendo il frutto de' suoi sudori. Ragionava di pericoli che si incontrano nel mondo per i cattivi compagni, le cattive letture, l'ozio e il vivere immortificato. Loro inculcava una gran riserbatezza nel trattare con qualsivoglia genere di persone e deplorava altamente il mal vezzo di certi parenti che lasciavano giuocare insieme ragazzi e ragazze, chiamandolo il naufragio dell'innocenza e la scuola elementare della malizia. Ricordava eziandio che S. Filippo Neri non voleva permettere ai fanciulli neppure di divertirsi colle sorelle.

   Per questi motivi faceva loro intendere che gli avrebbero fatto piacere col non andare in vacanza, o col ritornare presto nell'Oratorio, promettendo di compensarli di quel sacrifizio con ricreazioni, merende, teatrini e passeggiate deliziose. Aveva già tolte le vacanze natalizie e carnevalesche, che nei primissimi anni era stato costretto a concedere a qualcuno perchè ciò usavasi in tutti i collegi; ed ora, e per più anni poi, tollerava le vacanze Pasquali, Ma le autunnali duravano dalle prime settimane di luglio fino circa ai venti di ottobre; e perciò D. Bosco aveva stabilito che alla metà di agosto i giovani fossero richiamati dalle loro patrie per un mese intero per frequentare alcune scuole di riparazione, di ripetizione, preparatorie ai corsi superiori. Era convenuto però che quel giovane il quale, senza motivo legittimo, non si fosse presentato in questo mese, non sarebbe più accettato al principio dell'anno scolastico. Stava intanto fisso nella sua mente di togliere a tempo opportuno anche le vacanze Pasquali e ridurre le autunnali ad un solo mese.

   Tutte queste sue disposizioni e disegni erano suggeriti da un'eroica carità.

   Infatti egli doveva assoggettarsi ad una maggiore spesa, di gratuito mantenimento, che col crescere poi dei giovani fino a più di ottocento, diventò enorme; rinunziava volentieri al riposo, che avrebbe potuto godere almeno in questi tempi dell'anno; e accettava di buon grado nuove fatiche personali e sollecitudini che tutto ciò gli procurava.

   Nella prima metà di luglio, subíti gli studenti gli esami, facevasi la festa della distribuzione dei premii, e D. Bosco soleva coronarla con un suo discorsetto tutto cuore. Un antico allievo ci trasmise memoria di uno di questi che, se non fu pronunciato nel 1855, appartiene a quest'epoca. D. Bosco aveva detto che il primo premio spettava a Maria SS. per tutti gli aiuti che aveva prestati ai giovani in quell'anno, e narrava il seguente fatto - “ Era un giorno del mese di Maggio, sacro alla Regina del cielo e destinato in un convitto alla distribuzione dei premii. Parecchie ragguardevoli persone vi erano state invitate per rendere la festa più bella e gioconda. I premii erano d'ordinario oggetti pii, come libri,- quadri, statuette e simili. Nel numero degli oggetti esposti trovavansi pure alcuni vasi di fiori naturali, freschi e odorosi, ivi collocati più perchè servissero di abbellimento, che di premio. Que' giovani da premiarsi che primi sarebbero stati chiamati, avevano il vantaggio di poter scegliere l'oggetto fra tutti il più bello e prezioso, e che più loro aggradiva. Giunge l'ora sospirata e tutto essendo preparato, si dà principio alla distribuzione dei premii. Il primo ad essere chiamato avanzatosi fra quella rispettabile assemblea, scelse l'oggetto più caro e più prezioso. Ve ne rimanevano ancora altri molti a quello non di gran lunga inferiori, ed ecco un secondo giovane, di virtù specchiata e di costumi angelici, è chiamato a scegliersi il premio. Quegli modestamente s'avanza, quindi s'arresta, considera un momento sopra quale oggetto debba far cadere la sua scelta, ma pare .che non ne trovi alcuno di suo gusto. Quand'ecco, contro l'aspettazione di tutti i circostanti, fissa i suoi occhi sopra uno di quei vasi di fiori freschi; va, lo prende e tutto ..allegro e giulivo lo porta tosto ai piedi della statua di Maria nella vicina cappella a Lei dedicata, ed in quel mese divotamente festeggiata. Questo atto devoto, tutto ingenuo quale egli era, fu apprezzato come si doveva dall'assemblea. I giovanetti specialmente ne rimasero commossi e approvarono con replicati applausi la divozione dell'amico. Questo esempio fu imitato da altri giovanetti, i quali tutti in quel giorno dimostrarono quale amore nutrissero nei loro teneri cuori verso la celeste loro madre Maria SS ”. E concludeva che il premio che la Madonna desiderava da loro era che mantenessero sempre una condotta veramente cristiana.

L'anno scolastico si chiudeva coll'esercizio di buona morte. Il ragazzo Fumero Luigi, amantissimo della musica, era giunto in quell'età nella quale la voce suole mutarsi, e dovendo lasciar presto l'Oratorio andò a confessarsi da D. Bosco. Aveva una bellissima voce; e la prima chiesa tettoia e poi quella di S. Francesco di Sales sembravano mutarsi in un paradiso quando egli cantava. D. Bosco gli disse pertanto che procurasse di aver sempre l'intenzione di dare gloria a Dio, ogni volta fosse invitato ad esercitare la sua arte prediletta; e Fumero gli rispose come egli pregasse la Madonna a conservargli sempre senza alterazione quella soave potenza di voce, promettendole che non l'avrebbe mai impiegata in canzoni profane, in concerti secolareschi ed in teatri. D. Bosco allora lo assicurò che Maria SS. gli avrebbe concessa quella segnalatissima grazia. Fumero mantenne la sua promessa cantando solamente in chiesa e per dar lode a Dio e conservò limpida la graziosa sua voce fino a tarda età.

  Finalmente veniva il mattino fissato per la partenza. Buon numero di alunni, o per affezione sincera ai parenti, o per leggerezza giovanile, ed anche per le vive istanze dei genitori, non avevano rinunziato a rivedere la propria casa. E D. Bosco a costoro raccomandava caldamente di accostarsi ogni settimana ai santi Sacramenti, inculcava loro che giunti a casa tosto si presentassero al parroco, considerandolo quasi un altro D. Bosco; ed esortavali a servire la S. Messa ogni giorno, a non lasciar mai di andare alla predica ne' giorni festivi, e, se già capaci, di fare il catechismo ai fanciulli. Distribuiva poi a ciascuno un biglietto nel quale erano le norme per passare bene le vacanze. Benchè D. Bosco apparisse gioviale e calmo, è un fatto che per ogni giovane che si allontanava era uno strappo al suo cuore. Tuttavia non pochi di questi lungo le vacanze facevano viaggi di dieci e più miglia anche a piedi per venire all'Oratorio a confessarsi da D. Bosco, o chiedergli consigli, o anche solamente per vederlo. Ve ne erano talora parecchi che si erano mossi da Bra, da Asti, da Alessandria e da altri paesi anche più lontani.

   Non mancavano però alunni i quali, per far piacere a D. Bosco e mossi dal desiderio di progredire nello studio ed attendere meglio agli esercizi di pietà, preferirono di rimanere all'Oratorio, e tra questi furono Savio e Massaglia. Sapendo D. Bosco quanto fossero ansiosamente aspettati dai parenti, e quanto essi medesimi avessero bisogno di ristorare la loro stanchezza, disse ad ambidue: - Perchè non andate a passare qualche giorno in vacanza? - Essi invece di rispondere si misero a ridere. - Che cosa volete dirmi con questo ridere?

   Domenico rispose: - Noi sappiamo che i nostri parenti ci attendono con piacere; noi eziandio li amiamo e ci andremmo volentieri; ma sappiamo che l'uccello finchè trovasi in gabbia non gode libertà, è vero; è per altro, sicuro dal falcone. Al contrario se è fuori di gabbia, vola dove vuole, ma da un momento all'altro può cadere negli artigli del falcone infernale.

   Ciò non ostante D. Bosco giudicò di mandarli qualche tempo a casa pel bene della loro sanità, e si arresero al suo volere soltanto per ubbidienza, restandovi quei soli giorni che erano stati loro comandati.

   Altri poi dopo un mese di vacanza obbedivano alla prescrizione di D. Bosco; e nel registro del voto complessivo mensile dei figli della casa secondo la loro assiduità ai proprii doveri e la loro cristiana condotta, nell'anno scolastico 1854-55, troviamo che nell'agosto eranvi nell'Oratorio 35 studenti ed 80 artigiani: totale i 15. Non sono annoverati i chierici e altre persone o ricoverate o addette al servizio della casa.

   E prima cura di D. Bosco nell'agosto e nell'ottobre era di esaminarli al loro ritorno, se avessero seguiti i suoi consigli.

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