La Compagnia di S. Luigi - Conferenze - Meraviglie di D. Bosco - Predice l'avvenire della Casa di Valdocco e degli altri Oratorii festivi - Annunzia la morte vicina di alcuni giovani e una guarigione insperata - Svela lo stato delle coscienze - Il dono delle lagrime.
del 27 novembre 2006
La compagnia di S. Luigi Gonzaga fioriva negli Oratorii di Portanuova e di Vanchiglia, arricchiti di indulgenze che dovevano estendersi anche a tutti gli altri Oratorii che si sarebbero aperti nell'avvenire; ma dove portava i frutti più preziosi ed abbondanti era in Valdocco. Quivi presiedeva D. Bosco, il quale, amandola come la pupilla degli occhi suoi, una volta all'anno invitava a mensa con sè  la sessione dei giovani esterni. Teneva di quando in quando le sue radunanze nella cappella, e un segretario redigeva i verbali. Ne facevano parte i migliori giovani esterni e i giovani interni, poichè D. Bosco voleva che questi vi fossero tutti ascritti. Ed essi si facevano premura di dare il nome loro e portavano indosso la medaglia di S. Luigi.
In questa Compagnia si erano aggregati, come membri onorarii, anche personaggi illustri della nobiltà torinese, i quali non si peritavano di intervenire alla festa, fregiarsi essi pure della medaglia di S. Luigi ed accompagnare la processione. Gli ufficiali della Compagnia dovevano prendere insieme col Priore di questa, i debiti concerti per la festa di San Francesco di Sales e di S. Luigi. Nei nove giorni che precedevano queste due feste si cantavano in chiesa l'Iste confessor o l'Infensus hostis, con qualche preghiera od un sermoncino, o almeno un po' di lettura della vita del Santo, o di qualche verità della fede. Nelle funzioni del mattino e della sera alla domenica precedente la solennità si esortavano i giovani ad accostarsi ai SS. Sacramenti della confessione e comunione. E non si ometteva mai di avvertirli dell'indulgenza plenaria che in questi giorni potevano lucrare. Queste disposizioni furono poi registrate nel Regolamento degli Oratorii festivi. Congiunta alla Compagnia di S. Luigi prosperava sempre la Società di mutuo soccorso ed eziandio i suoi ufficiali e i suoi membri più distinti erano invitati a pranzo da D. Bosco una volta all'anno.
D. Bosco in sua camera radunava sovente i suoi più fidi e più distinti per bontà, per dar loro istruzioni particolari sull'andamento dell'Ospizio e dell'Oratorio e sul modo di fraternamente sorvegliare. Quivi D. Bosco educavali secondo il suo scopo, cogli esempi di S. Luigi, e diceva loro: - Ricordatevi che S. Luigi passava più ore al giorno innanzi al SS. Sacramento. - Egli amava più degli altri compagni coloro che lo disprezzavano. - Ancor secolare, portavasi nella chiesa ad insegnare il catechismo agli ignoranti, ne correggeva i costumi e studiava di acquietarli nelle risse e nelle discordie. - S. Luigi, istruendo in Roma i poverelli, li conduceva da qualche confessore perchè fossero assolti dalle loro colpe e rimessi in grazia di Dio. - Quando noi non potessimo fare il catechismo ai poveri giovanetti, conduciamoli ove altri li istruiranno. Quante anime potremo così levare dal sentiero della perdizione e rimetterle in quella strada che li condurrà a salvamento. Ed allora quante grazie ci otterrà S. Luigi da Dio.
Non è a dire quanto riuscissero efficaci le parole di Don Bosco, sia per la santità della sua vita, come per la persuasione in tutti che egli operasse cose maravigliose. Ed era naturale, dicendo S. Paolo: - Chi sta unito col Signore, è un solo spirito con lui. - Quindi non avvi nessuna difficoltà che possa conoscerne certi segreti e talora giovarsi della sua onnipotenza. Quanto a D. Bosco è incontestabile che Dio volle accompagnare le sue esimie virtù con doni sovrannaturali e grazie gratis datae, le quali, mentre gli erano di grande aiuto per procurare la divina gloria e la salute delle anime, manifestavano agli uomini la sua celeste missione. Infatti egli era decorato dello spirito profetico, della scrutazione dei cuori, della cognizione delle cose occulte e segrete, del dono delle lagrime e di quello delle guarigioni e dei miracoli.
D. Savio Ascanio, che abitò nell'Oratorio dal 1848 al 1852, e D. Vacchetta suo compagno ci asserirono che, fino dai primordii della casa, D. Bosco annunziava che Dio avrebbe benedetti i suoi disegni e le sue opere, e loro parlava, dell'Oratorio che avrebbero essi Visto crescere meravigliosamente.
D. Turchi Giovanni, venuto nell'Ospizio nel 1851, ci confermava come D. Bosco fin d'allora parlasse di una gran casa, di grandi laboratorii e specialmente di una tipografia propria, per promuovere la gloria di Dio colla diffusione di buoni libri, destinati a diffondere e conservare la religione e la virt√π nei giovani e ad opporsi agli errori dei Protestanti e al diluviare dei pessimi libri.
Dal signor Villa Giovanni, che incominciò a frequentare l'Oratorio come esterno nel 1855, udimmo aver egli avuto conferma di queste profezie da molti de' suoi compagni che da varii anni prima di lui frequentavano in Valdocco le radunanze festive, e ne erano stati testimoni auricolari. Anzi altri aggiunsero: “D. Bosco per animare i socii della Compagnia di S. Luigi, narrava talora come avesse visto in sogno l'incremento e lo sviluppo meraviglioso dell'Opera degli Oratorii festivi, indicando così, senza nominarla, la sua futura Congregazione. Con questo veniva anche a far conoscere loro l'importanza e l'estensione che avrebbe raggiunto la Compagnia. Egli, per umiltà parlava di sogni; ma tutti i giovani erano intimamente persuasi che D. Bosco loro annunziasse quanto aveva conosciuto per il dono di profezia”.
E una prova che ben si apponessero, erano le predizioni di avvenimenti prossimi, avverate sotto i loro occhi.
Narra D. Rua Michele: “Fin dai primi giorni che io frequentai l'Oratorio festivo, dal 1847 al 1852, ricordo che, ogni qualvolta doveva morire qualche giovane della Compagnia di S. Luigi, D. Bosco annunziava qualche tempo prima tale evento. Non ne pronunziava mai il nome, bensì diceva: - Fra quindici giorni, oppure, fra un mese, uno della Compagnia sarà chiamato all'eternità; posso essere io, può essere uno di voi. Teniamoci preparati! - Un salutare timore teneva attenti i giovani per notare se quell'annunzio fosse veritiero. All'epoca della predizione quelli, ai quali alludeva D. Bosco come chiamati all'eternità, talora erano sani e robusti e talora infermicci; ma le morti avvenivano nei tempi determinati. Io stesso parecchie volte sentii dare tali annunzi, talora ne ebbi avviso dai compagni, e sempre ho visto verificarsi le predizioni. Egli predisse la morte di mio fratello e di altri di mia ricordanza”. Rua Luigi, fratello maggiore di Michele, era morto il 29 marzo 1851 contando 19 anni. Frequentava l'Oratorio festivo e teneva una condotta ammirabile.
Eziandio Buzzetti Giuseppe ci dettava la seguente attestazione di un fatto avvenuto nel 1850.
“D. Bosco una sera, dopo aver parlato ad alcuni giovani della Compagnia di S. Luigi che radunava a conferenza speciale, mentre tutti erano per congedarsi da lui, disse loro: - Contatevi pure: la prima volta che ci raduneremo mancherà uno. - Tutti intesero che quell'espressione - mancherà indicava il passaggio all'altro mondo. Perciò vi furono i più confidenti, fra i quali il fratello di D. Rua Michele, i quali presolo in disparte, gli chiesero chi di loro sarebbe mancato. D. Bosco sulle prime cercò di dare una risposta evasiva, ma pressato, disse Il nome di colui che morirà incomincia colla lettera B.
”I giovani nell'udire questa franca risposta si guardarono l'un l'altro. - Chi sarà costui? - Fra i presenti alla conferenza vi erano due soli il cui nome incominciasse colla lettera B e, cosa singolare! benchè non fossero parenti, tutti e due si chiamavano Burzio. I giovani si raccomandarono l'un l'altro il segreto e stettero a vedere a chi dei due sarebbe toccata quella sorte. Ambedue allora godevano ottima salute.
”Il più giovane dei due Burzio era un piccolo S. Luigi e D. Bosco lo teneva in gran concetto di virtù. Una domenica mentre D. Bosco celebrava e i giovani assistevano al santo Sacrifizio, questo Burzio rimase come assorto, quindi mandò alcune grida lamentevoli e in fine svenne. I compagni attribuirono ciò a malessere; ma D. Bosco, che aveva udite quelle grida, volle interrogarlo sul motivo di esse. Il giovane rispose: - Nel tempo dell'elevazione ho visto l'ostia tutta grondante sangue, e nello stesso tempo ho ascoltata una voce formidabile che diceva: - Questa è un'immagine del come sarà trattato Gesù in Piemonte coi sacrilégi.
”E questo santo giovanetto fu quello che morì prima che si tenesse la susseguente conferenza”.
Buzzetti accennava pure a fatti simili, accaduti quando D. Bosco era ancora al Refugio.
”E non solamente la morte, aggiungeva D. Rua, ma altresì la guarigione preannunziò molte volte, anche in casi disperati. - Ricordo certo chierico Viale, mio compagno, il quale cadde una volta gravemente ammalato nel 1853. Non eravi più speranza di guarigione. D. Bosco fu a trovarlo all'Ospedale, e raccomandatogli di ricorrere a qualche Santo, non so quale, forse S. Luigi, gli promise che fra tre giorni sarebbe ritornato da lui e l'avrebbe trovato seduto sul letto a mangiare qualche porzione e che ben tosto sarebbesi levato pienamente libero. Così predisse; così si avverò precisamente”.
Tutti i nomi che abbiamo citati sono di giovani appartenenti alla Compagnia di S. Luigi, dai quali e da molti altri abbiamo udito eziandio raccontare come D. Bosco fosse fin d'allora dotato da Dio della scrutazione dei cuori. Ci narravano rivelazioni avvenute nell'atto delle confessioni e fuori di queste e che gli uni andavano confidando agli altri. Egli aveva conosciuti i loro pensieri più intimi, e quanto avevano dimenticato o taciuto nelle confessioni precedenti. - Come un'acqua profonda, dicono i Proverbi, così i consigli dell'uomo nel cuore di lui; ma l'uomo sapiente li trarrà a galla.
I giovani ne erano convinti e taluni che avevano qualche grave imbroglio sulla coscienza schivavano d'incontrarsi con D. Bosco, sperando così che egli non avvertirebbe e non conoscerebbe la loro ostinazione nel male ovvero la loro miseria interna. “Molti, e lo attesta un esimio professore di se stesso, sentendosi la coscienza rimordere di qualche mancanza erano da una forza misteriosa tenuti lontani da D. Bosco durante le private conversazioni, ma intanto sentivansi spinti a recarsi al più presto a' suoi piedi per farne la confessione. E allora molte volte udivano D. Bosco ricordare precisamente le loro colpe anche di più anni, non senza grande loro sorpresa; e di più la confessione, fatta da lui, riusciva loro facilissima e li lasciava coll'animo pienamente soddisfatto, perchè per suo suggerimento potevano esporre, senza ometterne una, tutte le loro colpe, colle rispettive circostanze. Altri invece andavano a lui con ansia e giubilo per aver la sicurezza di essere in grazia di Dio, ovvero che la confessione, che erano per fare, sarebbe stata coll'aiuto di D. Bosco, di pieno gradimento del Signore”.
Vi fu qualche illustre e dotto personaggio che, avendo saputo da molti che D. Bosco faceva profezie, leggeva nei cuori, manifestava cose occulte, dubitò che, essendo egli di sottilissima intelligenza e tenendosi bene in cognizione delle cose dall'Oratorio, dell'indole e dei costumi dei giovani e di quelli che lo avvicinavano, potesse naturalmente prevedere certe cose impreviste agli altri e che intuisse con sagacia ciò che era nascosto ai meno esperti. Noi concediamo che D. Bosco possedesse tale naturale discernimento, e aggiungeremo che portentosa era la sua ritentiva dei nomi delle persone, delle fisionomie, dei fatti e delle parole, e che talvolta a bene del prossimo è possibile che siasi approfittato di queste cognizioni. Ma le tante cose straordinarie che si dissero, vuoi dagli esterni vuoi dagli allievi, e quelle innumerevoli che abbiamo vedute noi stessi ci costringono a conchiudere che qui dentro vi fosse certamente molto e molto di soprannaturale. Del resto le stesse doti naturali di Don Bosco, tutte adoperate eroicamente a gloria di Dio, è ovvio che fossero ricompensate con doni così eccelsi perchè il suo zelo fosse più fruttuoso. Il buon servo del Vangelo ha detto al suo padrone: - La tua mina ne ha fruttate altre dieci. - Ed egli disse - Buon per te, servitore fedele, perchè sei stato fedele nel poco, sarai signore di dieci città.
D. Savio Ascanio ci lasciò una chiara testimonianza.
“Era voce comune nell'Oratorio fin dal 1848 che Don Bosco scopriva i peccati dei giovani, e li leggeva sulla loro fronte. I giovani per metterlo alla prova dicevano: - Don Bosco, mi indovini i peccati. - E D. Bosco qualche volta si metteva a parlare confidenzialmente all'orecchio di qualcheduno, e questi dava a divedere che li aveva indovinati, perchè non parlava più. Una sera si trovava in quella conversazione un giovanetto di Vercelli, chiamato Giulio. Questi disse a Don Bosco con insistenza: - L'indovini anche a me i peccati che ho commessi. - E D. Bosco gli parlò segretamente all'orecchio come faceva cogli altri. Questi, sentite le parole di D. Bosco, si mise a piangere esclamando: - E lui, è lui che ha predicato la missione nella tal chiesa, alludendo a qualche chiesa del Vercellese. Essendo quel giovane venuto da lontano paese, in quel giorno solamente, senza essere stato mai conosciuto da D. Bosco, e questi non avendo mai confessato in quella chiesa indicata, io credo che D. Bosco abbia conosciuto l'interno di quel giovane per lume soprannaturale. Era così diffusa questa opinione che D. Bosco leggesse i peccati sulla fronte, che parecchi in bei modi cercavano di coprirsi la fronte affinchè non potesse leggerli.
”Mi disse il mio fratello D. Angelo, che una volta Don Bosco alzandosi il mattino scrisse alcuni avvisi a varii giovani dell'Oratorio, tra i quali uno al detto mio fratello. Io gli domandai: - Te li ha indovinati i tuoi difetti? - E mi rispose di sì. Nel modo con cui mi parlò si vedeva che erano difetti nascosti, e che non potevansi conoscere se non per lume soprannaturale”.
Oh, in D. Bosco non eravi finzione, non rispetto umano, e ciò che diceva aveva per movente un sacro dovere, tanto più grave, quanto erano più misericordiosi i disegni di Dio. E i giovani ne erano certi, vedendo come ogni suo atto, ogni sua parola fosse ispirata da uno zelo calmo, prudente, sereno. Il dono poi delle lagrime era evidente prova della grande unione che aveva con Dio e del tenero amore che gli portava. Versava dolci lagrime talora nella celebrazione della santa Messa, altre volte quando amministrava la santa Comunione, e anche semplicemente benedicendo il popolo dopo il santo Sacrifizio. Parlando alla sera ai giovani e nelle conferenze a' suoi coadiutori, o dando i suoi brevi ed efficaci ricordi al termine degli esercizii spirituali, e accennando al peccato, allo scandalo, alla modestia, alla poca o niuna corrispondenza degli uomini all'amore di Gesù Cristo, o al timore che alcuno de' suoi avesse a perdersi eternamente, bene spesso per la commozione era interrotto dal pianto in modo da eccitarlo anche ne' suoi uditori. E in mezzo alle lagrime talvolta il suo volto fu visto raggiante da buoni giovani, come asseriva D. Giovanni Bonetti. Scrisse Mons. Cagliero: “Mentre D. Bosco predicava sull'amor di Dio, sulla perdita delle anime, sulla passione dì Gesù Cristo nel venerdì santo, sulla SS. Eucaristia, sulla buona morte e sulla speranza del paradiso, lo vidi io più volte, e lo videro i miei compagni, versare lagrime ora di amore, ora di dolore, ora di gioia; e di santo trasporto quando parlava della Vergine SS., della sua bontà e della sua immacolata purità”.
Ciò succedeva sovente quando predicava nelle chiese pubbliche. D. Reviglio lo vide versare lagrime nel Santuario della Consolata mentre faceva la predica sul giudizio universale, descrivendo la separazione dei reprobi dagli eletti. D. Dalmazzo Francesco osservollo più volte lagrimare, specialmente quando toccava il punto della vita eterna, sicchè moveva a compunzione i peccatori ostinati, i quali dopo la predica cercavano di lui per confessarsi.
Noi stessi che stendiamo queste pagine fummo testimoni con mille altri di questo dono divino, che a D. Bosco fu dato fin da quando fondava l'Oratorio e anche prima e durò fino alla sua morte.
Del dono delle guarigioni e dei miracoli abbiamo già parlato; ma è un nulla a petto di ciò che ne resta a dire; e quanto narrammo in questo capitolo, non è che una piccola traccia di un argomento inesauribile.
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