Capitolo 26

Una predizione che avrà compimento dopo tre mesi e mezzo - Pratica presso il Ministero della Pubblica Istruzione per la dispensa dal comprovare con titoli legali l'idoneità degli insegnanti nell'Oratorio - Supplica di D. Bosco al Ministro - Raccomandazioni del Sindaco e del Prefetto di Torino - Risposta del Ministero trasmessa dal Prefetto a D. Bosco - Lettera di Pio IX a D. Bosco - Il ricordo dell'Oratorio di un antico allievo; desiderii di D. Bosco pel bene dei giovani; un sogno: una visita nelle camerate; annunzio della vicina partenza di un alunno per l'eternità e morte avvenuta - Un altro sogno: il demonio che disturba le confessioni e le Comunioni - Un altro fascicolo delle Letture Cattoliche.

Capitolo 26

da Memorie Biografiche

del 06 dicembre 2006

 Don Bosco ritornava a Torino per finire con i suoi alunni santamente e allegramente il carnevale (13 febbraio) e una sera dei primi giorni di quaresima annunziava che dopo tre mesi e mezzo un alunno sarebbe stato chiamato all'altra vita: Estote parati!

Intanto si adoperava per tentare l'attuazione di un progetto, che sapeva di riuscita problematica, ma tentare non nocet.

D. Bosco aveva un'idea fissa, che vagheggiava. Era certo che i suoi collegi e quindi le sue scuole si sarebbero moltiplicate in modo meraviglioso, ma vedeva anche la difficoltà di poterle sostenere con professori che avessero tutti i titoli voluti dalle autorità scolastiche. Benchè avesse fatto prendere ai suoi un certo numero di lauree e di diplomi, e altri si preparassero per rendersi idonei all'insegnamento, non s'illudeva coll'escludere la possibilità che parecchi lo avrebbero abbandonato per farsi una posizione indipendente nelle scuole civiche e governative. Negli stessi esami il Rettore dell'Università e il Preside nelle Commissioni esaminatrici si erano dimostrati avversi a quelli che sarebbero rimasti nell'Oratorio. Abbiam narrato il modo col quale erasi cercato d'impedire che fossero ammessi all'Università nel 1863, e l'opposizione al Provveditore Selmi che nel 1864 aveva autorizzato temporaneamente insegnanti senza patenti a fare scuola di ginnasio nell'Oratorio. Nel 1865 quest'opposizione, che sordamente continuava, fu fatta cessare alquanto dal Sindaco di Torino Galvagno, il quale aveva raccomandato molti giovanetti a D. Bosco, che li aveva accettati nell'Ospizio. Tuttavia, come abbiamo narrato non si era voluto sulle prime concedere l'esame di laurea a D. Francesia sul fine del terzo anno di lettere, mentre simile favore avevano ottenuto più altri; a D. Durando, benchè per motivi diversi, il Preside della Commissione rifiutava l'idoneità per l'insegnamento della Rettorica, e solo dopo alcuni mesi si rassegnava a dargli il diploma per ordine espresso del Ministero; Don Rua che aveva subito lo stesso esame in scritto, non era stato ammesso al verbale, perchè non si volle riconoscere legale un documento. D'altra parte è da notare che nelle scuole governative, molti professori insegnavano per solo decreto reale, altri senza avere alcun diploma, ed altri titolari con diploma si facevano sostituire da un maestro non patentato.

Per questo lato adunque erano per D. Bosco tempi di lotta continua; tanto più, che anche nei momenti di tregua apparente egli conosceva le intenzioni e le trame di chi l'osteggiava. Della gravità di questa lotta fece indiretta testimonianza il Grande Oriente della Framassoneria ufficiale di

Torino, il quale sul finire del 1865, incontrando D. Bosco, gli disse: - Lo fanno sudar bene, povero D. Bosco! ma darò ordine che lo lascino in pace. - E parve che l'effetto corrispondesse alla sua promessa.

Senonchè il Servo di Dio aveva già maturato il suo progetto. In quest'anno nell'Oratorio alcuni insegnanti del ginnasio facevano scuola senza diplomi, poichè i professori titolari si trovavano occupati in altri gravi uffizi. Il Regio Provveditore si era contentato, senz'altro, della solita dichiarazione o statistica annuale, ma ciò non poteva durare; ci voleva un tentativo risoluto che almeno svincolasse l'Oratorio da ogni legame; ci voleva il coraggio di un colpo di Stato.

- Ho tutti gli oneri di un padre di famiglia, pensò Don Bosco e perchè non debbo averne i diritti secondo la legge?

Si consultò col Sindaco Galvagno, il quale, benchè appartenesse al partito dirigente in Italia, approvò la sua idea e promise di aiutarlo. Sicuro di questo appoggio, D. Bosco indirizzava una supplica al Ministro della Pubblica Istruzione, Domenico Berti.

 

Eccellenza,

 

Credo essere noto a V. E. come da 25 anni in Torino esistano i così detti Oratorii maschili. Consistono essi in appositi locali destinati a raccogliere nei giorni festivi i giovanetti più pericolanti, che dai varii paesi dello Stato intervengono a questa città, e per trattenerli ivi con piacevole ed onesta ricreazione dopo aver compiuto i loro religiosi doveri. Vi sono quattro Oratorii di questo genere, dove si radunano anche più migliaia di ragazzi; e mentre loro è somministrata l'istruzione elementare si ha pure massima cura che ciascuno possa lungo la settimana essere collocato presso qualche padrone. Ma nella moltitudine se ne incontrano di quelli che sono così poveri e privi di assistenza, che forse tornerebbe inutile ogni sollecitudine se non venissero accolti in qualche casa in cui siano alloggiati, istruiti, vestiti, ed avviati a qualche mestiere, con cui a suo tempo possano onestamente guadagnarsi il pane della vita. Di qui incominciò la casa, detta Oratorio di S. Francesco di Sales, ove presentemente sono raccolti circa ottocento giovanetti. Tutti hanno qui regolarmente la scuola serale elementare con altri studii loro addatti. Lungo il giorno poi una parte è occupata a varii mestieri, come sono calzolai, sarti, falegnami, ferrai, legatori da libri, tipografi, compositori, e simili. Altri poi cui la Povvidenza fornì speciale attitudine alle scienze soglionsi destinare allo studio secondario. Costoro riescono compositori nello stabilimento od in altre tipografie; parecchi conseguiscono il diploma per l'insegnamento ginnasiale; alcuni in fine intraprendono altre carriere, cui mercè possono in breve spazio di tempo giungere a procacciarsi onesto sostentamento.

Queste scuole pel passato furono sempre considerate come opere di zelo e di carità, perciò il sig. Ministro della pubblica istruzione in più occasioni le raccomandò, le incoraggì, e fra le altre cose compiacevasi di significare all'esponente che quel Ministero desiderava di concorrere con tutti quei mezzi che erano in suo potere affinchè queste nostre scuole avessero il maggior loro sviluppo. I maestri furono il Direttore coadiuvato da alcuni allievi dello stabilimento, ed anche da persone esterne; ma tutti lavoravano gratuitamente. Perciò i Regi Provveditori agli studi per lo spazio di oltre venti anni, prestandosi in senso il più favorevole, lasciarono piena libertà di insegnare quei rami scolastici che si giudicavano più opportuni pel bene dei giovani, senza badare se il maestro fosse o no patentato. Solamente da qualche anno il Regio Provveditore, sebbene in modo assai benevolo, considerando questo stabilimento soltanto come pubblico ginnasio-convitto, vorrebbe sottomettere queste scuole a tutte le leggi e discipline con cui sono governati e diretti i pubblici collegi, e fra le altre cose vuole che gl'insegnanti delle rispettive classi presentino i loro diplomi o titoli equivalenti. Ora non potendosi se non con dispendio provvedere tali maestri incompatibili, perchè lo stabilimento è totalmente gratuito, sarebbe nel pericolo di dover cessare, con danno grande di tanti figli del basso popolo che pure hanno ingegno e volontà, di fare i corsi secondarii che loro aprirebbero la strada per guadagnarsi da vivere onoratamente.

Dopo tale esposizione io prego rispettosamente la E. V. che:

1° In considerazione dell'art. 251 della legge sulla pubblica istruzione in cui è fatta facoltà ai padri di famiglia ed a chi ne compie le veci di far dare ai loro figliuoli o congiunti l'istruzione secondaria prosciolta da ispezione per parte dello Stato;

2° dell'art. 356 che dispensa le persone, che insegnano a titolo gratuito ai poveri fanciulli delle scuole elementari o tecniche dal far constare la loro idoneità;

3° in considerazione eziandio di quanto V. E. pronunciava testè nella Camera dei deputati con cui proclamava voler concedere ogni possibile facilitazione alla libertà dell'istruzione;

prego, dico, V. E.:

che voglia considerare il Direttore di questo stabilimento come padre dei giovani ivi ricoverati, cui realmente provvede quanto loro è necessario per la vita materiale e morale;

che l'insegnamento è totalmente gratuito ed amministrato a giovani poveri che non hanno altro mezzo per procurarselo;

che sarebbe un gran beneficio materiale e morale qualora si potesse liberamente somministrare l'istruzione secondaria a questi giovani secondo la loro capacità e bisogno.

Quindi si conceda al Sac. Bosco Giovanni direttore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, coadiuvato da caritatevoli persone, di compartire l'istruzione secondaria ai poveri giovani ricoverati in detto stabilimento in conformità degli articoli mentovati, cioè dispensarli dal far constare la loro idoneità all'autorità scolastica, siccome per oltre a ventitre anni si è praticato.

Questo favore non ridonda a favore di alcun privato, giacchè le scuole sono gratuite e gli insegnanti si prestano gratuitamente, ma torna a totale vantaggio di poveri fanciulli, i quali non potrebbero in verun altro modo coltivare l'ingegno che il Signore si degnò loro concedere.

Il desiderio da V. S. in più occasioni dimostrato di coadiuvare il libero insegnamento mi fa sperare che sarà preso in benigna considerazione quanto è qui esposto, e che i giovanetti di questo stabilimento avranno un motivo di più per offrirle gli atti della più sentita riconoscenza loro. Mentre invoco le benedizioni del Cielo sopra di Lei, ho tanto onore di potermi professare,

Dell'E. V.

Febbraio 1866.

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

 

Questa supplica era appoggiata dalla seguente lettera di raccomandazione del Sindaco di Torino, il quale la fece anche stampare sui giornali, conoscendo l'influenza della pubblica opinione sulle decisioni governative.

 

CITTA' DI TORINO.

Gabinetto del Sindaco.

 

Lo stabilimento educativo del chiaro sacerdote D. Bosco, eretto a poco a poco e su modestissima scala, salì mediante le cure indefesse di quel suo direttore, anzi creatore, gradatamente a proporzioni si può dire colossali; il bene che fece in questi 25 anni che corsero dalla sua creazione a questa parte è notorio, è immenso: migliaia e migliaia di giovanetti miseri, abbandonati, costituenti un pericolo per la società, rigenerati, istruiti, fatti laboriosi cittadini chi nelle arti, chi nell'istruzione, chi nel Sacerdozio, chi in varii altri rami, fanno chiara testimonianza a favore di quel benemerito stabilimento, che come co' meschinissimi mezzi a sua disposizione si sorregga e fiorisca non sarebbe concepibile, se dei Torinesi non si conoscesse la feconda ed illuminata carità che là più liberale si mostra ove il vero e solido pubblico interesse scorge richiederlo.

La bella prova che di sè diede sin qui quel pio Istituto, il sommo utile che riversa sulla società, e le lodi specialmente che riscosse in ogni tempo anche dai funzionari governativi, per la parte dell'insegnamento secondario, lo fanno ben degno per ogni riguardo che il Governo gli continui quella benevola assistenza che non gli difettò sin ora, e che voglia perciò aderire alla domanda che il suo direttore dirige all'illuminato sig. Ministro della Pubblica Istruzione, a ciò voglia continuare nel sinora usatogli riguardo, di non costringerlo a tener maestri patentati per la istruzione secondaria ivi gratuitamente impartita ai giovanetti dal Direttore medesimo, coadiuvato da dotte e pie persone, ed i cui frutti si manifestano cotanto sani e copiosi.

Per questi riflessi, e per il vantaggio particolarissimo che da quel pio stabilimento ridonda alla città di Torino, il Sindaco sottoscritto crede dover appoggiare vivamente presso l'Onorevolissimo sig. Ministro della Pubblica Istruzione la surriferita domanda del sig. Direttore D. Bosco, che in nessuna maniera potrebbe reggere al peso che gl'imporrebbe il doversi provvedere per l'insegnamento secondario di maestri patentati e quindi stipendiati, impossibile essendo trovarne che siano ed in posizione e disposti a prestare gratuitamente quell'opera, che costituisce la loro professione dalla quale ricavano il loro sostentamento.

Torino, 26 febbraio 1866.

Il Sindaco e Collega aff.mo dei Ministro Berti

nel Consiglio Municipale di Torino

GALVAGNO.

 

 

Anche dal Prefetto della Provincia D. Bosco aveva ottenuta una simile raccomandazione.

Queste commendatizie ottennero solo in parte l'effetto desiderato. Il Prefetto rispondeva a D. Bosco:

 

 

 

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI TORINO

Gabinetto particolare

N. 105.

Torino, addì 16 marzo 1866.

 

Mi affretto a trascrivere qui appresso per norma della S. V. il riscontro in oggi pervenutomi dal Ministero dell'istruzione pubblica in esito della di Lei istanza per conseguire la dispensa delle patenti a favore degli insegnanti di codesto benemerito Istituto:

“ Pur tenendo nella meritata considerazione le raccomandazioni di codesto rispettabile Municipio e della Sig. V. Ill.ma, nè potendo d'altra parte il Ministero sanzionare a favore delle scuole dell'Oratorio di S. Francesco di Sales un'eccezione non contemplata dalla legge, il sottoscritto ha data facoltà al R. Provveditore degli studii per codesta Provincia di autorizzare pel solo corrente anno scolastico gli insegnanti delle scuole infrascritte a proseguire nel rispettivo loro còmpito, diffidando in pari tempo il sac. Bosco che se nel veniente anno scolastico non uniformerà alla legge l'Istituto diretto da Lui, sarà costretta la scolastica autorità di procedere contro l'Istituto medesimo a tenore delle vigenti disposizioni. Questo è quanto potevasi fare da questo Ministero a favore di tale istituzione, di cui è ben lungi dal disconoscere la benemerenza e la filantropia, nè più avrebbe potuto, senza derogare a quanto dalla legge è prescritto. ”

Il Prefetto

TORRE.

 

 

Da questo punto però il Governo, avendo tra le altre cose da pensare anche alla guerra contro l'Austria, per parecchio tempo lasciò in pace l'Oratorio. L'Angelo delle nostre scuole vegliava su di esse, e proteggevale anche la preghiera e la benedizione del Vicario di Gesù Cristo. Il Venerabile aveva scritto al Sommo Pontefice forse sul principio dell'anno, ma non ci è rimasta nè copia nè memoria della lettera a cui così rispondeva Pio IX.

 

 

PIO PP. IX,

Diletto Figlio, salute e apostolica benedizione.

 

Ringraziamo Iddio, diletto Figlio, per la grande abbondanza di grazie che egli concede a cotesto popolo fedele, e per le molte ed utilissime imprese che dispone siano incominciate e condotte a fine pel bene di cotesto medesimo popolo, a dispetto di cui si lanciano tante ingiurie contro la religione cattolica e contro questa Santa Sede con grave scandalo di tutti. Di cuore poi ci congratuliamo con te, coi pii sacerdoti tuoi compagni e colle divote associazioni di cui ci scrivi, ed a cui auguriamo sempre maggior incremento. Del resto puoi conoscere di quanto affetto Noi amiamo te e le opere tue, dalla facilità con cui abbiamo esaudite le tue preci, ed arricchite dette Associazioni dei privilegi ed indulgenze domandate. Le tenga il Signore lontane da ogni insidia del nemico, ne respinga ogni assalto, e prosperi e renda feconde le opere vostre colla sua benedizione. Ciò di cuore a voi auguriamo, mentre auspice di celesti favori e pegno di paterna benevolenza a tutti impartiamo affettuosamente l'Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 24 febbraio 1866, del nostro. Pontificato 20° .

PIUS PP. IX.

 

 

E l'Opera di D. Bosco continuava feconda di grazie per le anime dei giovani. Una lettera di un antico allievo, il già accennato Agostino Semeria, scritta dalla Liguria nel 1883, ci descrive lo zelo del Servo di Dio in quest'anno.

 

Rev. Sig. D. Rua,

 

Sono ormai 17 anni che io ho lasciato questo Oratorio e non l'ho ancora messo in dimenticanza. Come potrò io scordarmi di tante cure amorose prodigateci da D. Bosco, negli anni della nostra inesperienza? Ricordandomi di quei tratti di bontà ineffabile, quelle parole affettuose colle quali c'incoraggiava alla virtù, quella pazienza con cui tollerava i nostri difetti, quella sollecitudine per la nostra educazione, mi sento intenerito, commosso e le lagrime non posso trattenere dagli occhi miei.

Mi ricordo che questo buon padre si lamentava amorosamente che parecchi giovani del suo istituto si accostavano di rado ai Sacramenti... Egli che voleva conoscere le piaghe delle anime nostre per curarle ed applicar loro il rimedio necessario, con qualche buon suggerimento, si serviva anche dei sogni. Prima di palesarli ci diceva che di sogni ve ne sono di tre qualità: parte venivano da Dio per animarci al bene, parte dal demonio per stimolarci al male, e parte dalla posizione in cui si trova uno dormendo. Quei che ci raccontava D. Bosco, li credo provenienti da Dio.

Era l'anno dei Signore 1866, circa 15 giorni avanti la festa di San Giuseppe e D. Bosco ci narrava:

“ Sognai che io mi trovai in letto e mi si presentò un individuo o fantasma con una lucerna accesa in mano, dicendomi: -D. Bosco! Alzati su e vieni con me!

” Io senza paura alcuna discendo dal letto, mi vesto e vo dietro a costui, il quale non lasciò mai che io potessi vederlo in volto. Mi fece traversare varie camerate, percorrendo la corsia di mezzo alle due file di letti tutti occupati dai giovani che dormivano. Osservai passando che sopra i letti stavano gatti attaccati colle zampe di dietro, e colle zampe davanti in atto di arraffare pel volto i giovani dormienti.

” Io andava sempre dietro a questo fantasma, il quale finalmente si ferma, poscia gira attorno al letto di un giovane che dormiva. Anch'io mi fermai e gli chiesi perchè facesse ciò! Colui mi rispose: - Per la festa di S. Giuseppe questo giovane deve venire con me! - Io intesi che sarebbe morto.

” Allora io ripresi di nuovo con tono assoluto: - Voglio sapere chi sei e a nome di chi parli.

” Egli nuovamente parlò: -Se vuoi sapere chi sono, eccoti! -In quel mentre sparì e con lui anche la lucerna, dimodochè io rimasi al buio. Io allora mi avviai per andarmene nuovamente a letto, ma strada facendo urtai non so se in un baule o in un letto o in altro inciampo e mi svegliai. ”

Fatta questa narrazione ci spiegò che quei gatti in atto di divorare i giovani che tranquillamente dormivano, significavano i nemici dell'anima nostra, che stanno sempre intorno a noi per farci cadere se siamo in grazia di Dio, o per strozzarci se ci troviamo in disgrazia del Signore, qualora stanco di noi Iddio lo permettesse loro.

“ Io conobbi, soggiunse, colui che quello sconosciuto mi disse dover morire per S. Giuseppe; ma chi sia non lo dico a nessuno per non cagionare troppo spavento. Staremo a vedere se questo sogno si avvera. Intanto stiamo tutti apparecchiati a ben morire. A quelli poi che verranno a confessarsi da me, loro suggerirò qualche cosa in particolare ”. Passato S. Giuseppe ci disse che proprio nel giorno della festa di questo Santo, alla sera un giovane dell'Oratorio era morto al suo paese nativo.

Si legge nelle necrologie dell'Oratorio: - Il 19 marzo 1866 muore Lupotto Simone in età di 18 anni. Per la sua insigne pietà fu ognora l'edificazione dei suoi compagni. Frequente ai SS.Sacramenti, divoto in ogni sacra funzione, innamorato di Gesù Sacramentato, l'avresti detto un S. Luigi, ogni volta che lo avessi osservato a pregare. Sopportò con eroica rassegnazione la sua lunga malattia. Secondo la predizione di D. Bosco, andò a passare la festa di S. Giuseppe in Paradiso, essendone egli molto divoto. Sicut lilium inter spinas, giacchè in casa trovavasi attorniato da persone da lui ben differenti ”.

 

La lettera di Semeria prosegue.

Un altro giorno D. Bosco narrava:

“ Sognai che io era in sagrestia zeppa di giovani che sì confessavano da me. Ed eccoti entrare un capretto dalla porta della sagrestia, aggirarsi intorno ai miei giovani, e giuocare or con l'uno or con l'altro dimodochè fatta perdere ad essi la buona volontà di confessarsi, a poco a poco uno per volta se ne uscirono. Il capretto in ultimo si avvicinò a me ed ebbe l'ardire con i suoi vezzi lusinghieri di allontanare quello del quale io ascoltava la confessione, tenendolo stretto al mio sello. Io adirato diedi un pugno sulla testa a quella bestia, le ruppi un corno e la sforzai a fuggire. Voleva dare anche un forte rimprovero al sagrestano per averlo lasciato entrare.

” Intanto mi alzo e vestitomi dei paramenti sacri vado a celebrare la S. Messa. Giunto alla consumazione, ecco entrare per la porta maggiore della chiesa, non uno, ma una moltitudine di capretti, che introdottisi qua e là in mezzo ai banchi, con mille scene svogliavano quei giovani che erano desiderosi di accostarsi alla mensa degli angioli. Alcuni si erano già alzati per andare all'altare, ma allettati da quei perfidi vezzi si mettevano nuovamente al loro posto. Altri erano già vicini alla balaustra, altri ancora erano già inginocchiati all'altare, ma ritornarono indietro senza comunicarsi.

” Questi capretti erano i nemici delle anime che colle divagazioni e cogli affetti disordinati tengono i giovani lontani dai Sacramenti... ”.

Con queste ed altre parlate D. Bosco preparava gli alunni alle feste pasquali, mentre per loro e per le migliaia di esterni dei quattro Oratorii festivi continuavano i giornalieri catechismi della quaresima. Ma stavagli eziandio a cuore, e ne dava prova ogni anno, che tutti quei suoi giovani, i quali non erano ancora cresimati, ricevessero degnamente questo sacramento.

Intanto sul principio di marzo usciva il terzo fascicolo delle Letture Cattoliche intitolato: Sacra Novena di meditazioni e di preghiere per apparecchiarsi degnamente al Sacramento della Cresima. - Apparecchio prossimo ai Sacramenti della Confessione e Comunione e della Cresima. - Compendio delle interrogazioni principali sopra il catechismo per l'esame dei cresimandi.

Questo fascicolo faceva seguito ad un altro stampato l'anno antecedente pel mese di ottobre col titolo: Istruzione catechistica intorno al Sacramento della Confermazione. Era presentato senza frontispizio e col numero di pagina progressivo, onde, come abbiamo già accennato, potesse essere unito al suddetto per maggior comodo di quelli che volessero valersene.

 

 

 

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