Capitolo 33

Tranelli degli avversari di D. Bosco - Pranzi e merende a ufo - Effetti delle mormorazioni - L'Arcivescovo e la patente a D. Bosco di Capo Direttore dei tre Oratori -Lettera laudativa di Mons. Fransoni al Direttore dell'Oratoria di Vanchiglia - D. Bosco congeda i perturbatori - Nuove industrie e nuovi catechisti - Riconciliazione. - Una scatola di zolfanelli.

Capitolo 33

da Memorie Biografiche

del 27 novembre 2006

Don Rodrigo e i suoi emissarii non lasciavano di avvicinarsi di quando in quando all'Oratorio di Valdocco per invitare i più adulti ad andare con loro a passeggio fuori di città, pagando essi i pranzi e le merende agli alberghi: sicchè quasi tutte le feste mancava alle funzioni un certo numero di quei giovani. Erano specialmente smaniosi di togliere a D. Bosco il Brosio, che sembrava essere, ed era, il suo braccio destro. Prima gli offersero regali in danaro ed in oggetti affinchè servisse al loro partito, rimanendo però in vedetta a Valdocco. Un beneficiato di S. Giovanni gli promise molti vantaggi se si fosse ascritto all'Oratorio dei Filippini e lo avesse frequentato. Brosio però che voleva preparare le sue contromine, faceva loro buona cera e dava ambigue risposte.

Egli così descrisse i tranelli degli avversari di D. Bosco.

“Una festa venne D. Rodrigo ad invitarmi per una passeggiata in campagna, ed io feci subito parte, a D. Bosco di questa proposta, benchè mi fosse stato da lui proibito di parlargli di quelle spiacevoli radunanze. D. Bosco mi permise di accettare, ed io andai volentieri per vedere qual piega prendessero le cose. Alla Domenica seguente dopo le funzioni del mattino partii adunque dall'Oratorio per ritrovarmi al posto convenuto, cioè a Porta Palazzo. Ivi erano già tutti gli altri compagni, che mi aspettavano coi signori capi della Cricca, i quali però credevano che non sarei andato. Al vedermi comparire fecero una gran festa e per la contentezza mi baciarono ed abbracciarono. D. Rodrigo esclamò: - Oggi la festa sarà più bella perchè abbiamo con noi il nostro intimo amico, il nostro caro bersagliere! - Quindi partimmo; prendendo lo stradale di Milano, siamo andati all'albergo del Centauro, e appena giunti colà ci vennero serviti dei rinfreschi. A mezzodì era apparecchiato un pranzo sontuoso: non si poteva desiderare di più. I vini erano squisiti ed in grande abbondanza. Dopo il pranzo incominciarono i divertimenti.

”Si giocava alle bocce, si cantava, si correva e sempre serviti di ottimo vino. In tal modo si passò tutta la giornata. Verso sera ritornammo in città e quando giungemmo a Porta Palazzo, andammo tutti non alla benedizione, ma a prendere il caffè, e dopo ci siamo disciolti per recarci ciascheduno alla propria abitazione coll'invito però di ritrovarci tutti alla domenica successiva di mattina nella chiesa di S. Martino.

”Io invece di andare a casa venni nell'Oratorio per rendere conto a D. Bosco di tutta la giornata, e a domandargli come dovessi regolarmi per la Domenica successiva. D. Bosco, dopo di avere ascoltato tutto, mi disse di andarvi. Alla Domenica prefissa ci siamo trovati alla Chiesa indicata. Finita la messa, fummo condotti al caffè detto delle Gallerie di S. Carlo, che si trovava a Porta Nuova (ora via Roma) a fare colazione.

”In queste due circostanze le prediche non mancavano d'incoraggiarci ad abbandonare l'Oratorio, dicendoci che Dio si trovava dappertutto e che in qualunque luogo chi voleva poteva farsi santo.

”Al dopo pranzo ritornai all'Oratorio per far di tutto consapevole D. Bosco, dicendogli che era invitato di nuovo per la Domenica prossima ad una gran merenda: ma D. Bosco non mi lasciò più andare con quella brava gente.

”D. Rodrigo mi aveva regalati sei scudi d'argento (30 lire) sperando con ciò di meglio raggiungere il suo scopo che era di legarmi indissolubilmente alle loro radunanze. Io non voleva accettarli; ma egli mi addusse tante ragioni, mettendo nello stesso tempo i danari nelle mie mani, che io restai confuso e incantato come una statua di marmo. Appena ebbi quei denari, perdetti la mia pace, fui preso dai rimorsi, credendo di aver già tradito D. Bosco pel solo fatto di averli accettati, e li diedi subito in elemosina ad un povero padre di famiglia che ne aveva estremo bisogno. Dopo ciò corsi all'Oratorio per esporre a D. Bosco il mio operato, ed egli mi disse che avrei potuto tenerli i danari senza scrupolo, ma che aveva fatto una bell'opera a darli in elemosina”. Così il Brosio.

D. Rodrigo non mancava di danaro, e difatti ne era largamente provvisto e per molto tempo da persone ricchissime, le quali credevano sinceramente di concorrere ad opere di carità. Siccome la lingua batte dove il dente duole, Don Rodrigo, che aveva molte relazioni in città, sparlava del povero D. Bosco con una passione che egli battezzava per zelo; e perciò aveagli alienato l'animo di molti fra coloro che lo soccorrevano. Crediamo che sia di questi tempi un fatto che narrò il Teol. Leonardo Murialdo, relativo alla mansuetudine di D. Bosco: “Un giorno egli confidenzialmente mi riferiva il danno che gli era stato recato da persone che avevano mormorato a suo carico e ciò che egli aveva giudicato di dover dire al capo dei mormoratori: - Veda un po' il danno che Ella mi ha fatto, gli disse: Ella mi ha obbligato a cangiare tutti i miei benefattori! - D. Bosco non aveva dubbi sull'incremento delle sue opere, poichè era sicuro che di benefattori ne avrebbe sempre avuti: era il cambiamento che gli rincresceva, ritirandosi da lui taluni de' suoi primi e cari sostegni”.

Ma ad aiutare D. Bosco in questa lotta concorreva Mons. Fransoni. Dal luogo del suo esiglio essendo stato informato di queste male arti, da prima incoraggiò D. Bosco e poscia lo volle premunire; onde con un decreto lo stabilì ufficialmente Direttore-Capo di tutti gli Oratorii da lui fondati. Ecco il tenore di questo decreto o patente.

 

LUIGI DEI MARCHESI FRANSONI

CAV. DEL SUPREMO ORDINE DELLA SS. ANNUNZIATA

PER GRAZIA DI DIO E DELLA SEDE APOSTOLICA

ARCIVESCOVO DI TORINO

 

Al Molto Rev. Sig. D. Giovanni Bosco da Castelnuovo, Sacerdote della nostra Diocesi: Salute.

 

Congratulandoci con Voi, degno Sacerdote di Dio, che abbiate con industre carità saputo stabilire la non mai abbastanza commendevole Congregazione dei poveri giovani nel pubblico Oratorio di S. Francesco dei Sales in Valdocco, giudichiamo cosa giusta il testificarvi, mercè  le Presenti, il nostro perfetto gradimento con deputarvi effettivamente Direttore Capo Spirituale dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, a cui vogliamo siano uniti e dipendenti quelli di San Luigi Gonzaga e del S. Angelo Custode, affinchè l'opera intrapresa con sì felici auspizi progredisca e si amplifichi nel vincolo della carità, a vera gloria di Dio, e a grande edificazione del prossimo, conferendovi tutte le facoltà, che sono necessarie e opportune al santo scopo.

Mandiamo intanto ad inserirsi negli atti della nostra Curia Arcivescovile queste Patenti per originale, con facoltà al nostro Cancelliere di rilasciarne copia.

Dato in Torino addì trent'uno di Marzo l'anno mille ottocento cinquanta due.

 

Firmato: FILIPPO RAVINA Vic. Generale,

e manualmente sott. BALLADORE Cancell.

 

Per copia conforme all'originale

Torino, li 12 Maggio 1868

 

In fede

Teol. GAUDE Pro Cancelliere.

 

LUIGI DEI MARCHESI FRANSONI

CAVALIERE DELL'ORDINE SUPREMO DELLA SS. ANNUNZIATA

CAVALIERE DI GRAN CROCE

DECORATO DEL GRAN CORDONE

DELL'ORD. DEI SS. MAUR. E LAZZARO

PER GRAZIA DI DIO E DELLA SEDE APOSTOLICA

ARCIVESCOVO DI TORINO

 

Al M. Rev. Sig. Teol. Norberto Murialdo Sacerdote Torinese:

Salute.

 

In considerazione dello spontaneo impegno e caldo zelo, con cui da degno sacerdote attendete con diligenza ed assiduità alla Cristiana istituzione dei poveri giovani, che si radunano nel pubblico Oratorio del Santo Angelo Custode nella regione Vanchiglia di questa città, crediamo pregio dell'opera il darvi mercè  le Presenti una pubblica testimonianza del nostro pieno gradimento con deputarvi effettivo Direttore Spirituale del sullodato Oratorio sotto la sola condizione che per voi si conservi sempre fedelmente l'unità e la dipendenza dal Sig. D. Giovanni Bosco, Direttore Capo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco e fondatore di questa Pia istituzione, conferendovi al santo scopo le facoltà necessarie ed opportune.

Mandiamo intanto ad inserirsi negli atti della nostra Curia Arcivescovile questo decreto per originale con facoltà al nostro cancelliere di rilasciarne copia.

Dato in Torino addì trentuno marzo mille ottocento cinquanta due

 

Firmato in Originale FILIPPO RAVINA Vic. Gen.

Sigil. e manuale BALLADORE Cancell.

 

Così dall'Originale

BALLADORE ff. Cancell.

 

Una sconfitta più dichiarata non potevano subire gli avversari di D. Bosco. Ogni loro pretensione di supremazia nei tre Oratorii era andata in fumo. - Sei sono le cose, dicono i Proverbi, che il Signore ha in odio e la settima è all'anima di lui in esecrazione:... il testimone falso che spaccia menzogne e colui che tra fratelli semina discordie.

Ma intanto che cosa avveniva degli antichi catechisti? Non avevano osato abbandonare interamente D. Bosco; ma al mattino delle Domeniche si presentavano a lui per qualche istante e poi correvano al novello ritrovo, dove aspettavali D. Rodrigo. Alla sera non comparivano, radunandosi, tutti nell'Oratorio di S. Martino. D. Bosco un giorno a Gastini Carlo disse queste gravi parole: - Tutti mi abbandonano, ma ho Dio con me e di che debbo temere? L'opera è sua e non mia, ed egli penserà a condurla innanzi.

D. Bosco per qualche domenica pazientò; ma vedendo che quel brutto scherzo continuava, decise di finirla con quelli che volevano tenere, come si dice, un piede in due staffe. Nel mattino di un giorno festivo, mentre essi facevano la solita apparizione, li radunò nella sua saletta da pranzo. Costoro gli avevano regalata una campanella a mano che, suonata in cortile, doveva chiamare i giovani alla Messa. D. Bosco intravide nell'intenzione di alcuni di quegli offerenti un secondo fine. Tuttavia incominciò a manifestar loro la propria riconoscenza, ma concluse francamente e con calma: - Io non son contento di voi: chi vuol andare, vada; chi non vuol più venire, rimanga pure dove meglio gli piace. Io mi formerò nuovi catechisti. Ho cominciato da capo altre volte e son pronto a ritornare da capo anche oggi. - Ciò detto, li guardò fissamente con faccia ilare e si ritirò. Quei mal consigliati vennero ancora la seguente domenica: circondarono D. Bosco, ma senza dargli alcun segno di affezione, quindi scomparvero e più non si fecero vedere nell'Oratorio di San Francesco di Sales. Presso quello di S. Martino essi avevano a merenda pollastri, salame, dolci, frutta e vino e altri camangiari. Ma erano poi veramente contenti? Uno di questi incontratosi un giorno col compagno Francesia gli disse: Là a S. Martino si sta bene; ma ci manca qualche cosa che ci faceva andare più volentieri all'Oratorio di Valdocco. Questo qualche cosa era D. Bosco colla sua paterna affabilità, colla sua carità scevra di ogni interesse.

Infatti questi giovani, passati i bollori di quei primi anni, ravvivarono talmente l'affetto per D. Bosco, che ritornati a stringersi intorno a lui, gli furono amici teneri e costanti per tutto il tempo di sua vita. D. Bosco ne li ripagava. Non aveva dimenticati i servizi che avevano reso a lui e all'Oratorio come catechisti; e dimenticò i dispiaceri che gli avevano recati in un istante di eccitate passioni. Quindi accoglieva sempre con gran festa quelli che, conseguita onorevole professione in società, venivano a visitarlo o a passare un giorno con lui, altri bisognosi ricoverò in sua casa e qualcuno ebbe ufficio e paga conveniente nei laboratori dell'Ospizio, perchè , poco valente nell'arte sua, non avrebbe potuto somministrare il necessario alla propria famiglia.

Fervendo però le animosità, Brosio al vedere che in tali momenti una riconciliazione non era possibile, troncò ogni attinenza coi novatori. “Alla gran massa dei giovani, egli continua a scrivere, nulla importava delle bizze di quei signori, ed erano tutti per D. Bosco. Di ciò D. Rodrigo era indispettito vedendo che faceva fiasco, e D. Bosco per sventare le sue arti accrebbe tutti i divertimenti con nuovi dilettevoli giuochi. Siccome il cortile non era sufficientemente largo per le nostre manovre e per le partite delle bocce, si andava nel campo e nel gerbido, ove ora è la Chiesa di Maria Ausiliatrice a giuocare e a fare gli esercizi militari. Più volte, per dare maggior sfogo al nostro battaglione, ci siamo spinti fino sui prati del Borgo S. Donato, sempre manovrando per la campagna, facendo così una passeggiata militare. Giunto colà andavo a comprare due grossi cesti di frutta coi danari che mi aveva dati D. Bosco per questo scopo, e ne faceva la distribuzione a tutti i miei soldati. La ginnastica e la corsa a piedi erano sempre all'ordine del giorno. Sovente invitava alla corsa anche D. Bosco, che accettava e, cosa che faceva tutti stupire, prendeva quasi sempre il premio assegnato al primo che giungesse alla meta”.

Ma D. Bosco intanto colla sua ferrea volontà erasi rifatto da capo per provvedersi di nuovi catechisti, tanto più che una parte degli avvenimenti erano accaduti sul principiare delle istruzioni quadragesimali. La quaresima era incominciata il 25 febbraio e finiva colla Pasqua l'11 aprile, ed ei non poteva distrarre il personale dall'Oratorio di S. Luigi, nè  da quello de' Santi Angeli Custodi, che radunavano circa un migliaio di fanciulli, ai quali facevasi anche un po' di scuola. Degli antichi in Valdocco eragli rimasto il solo giovanetto di 14 anni Giovanni Francesia, che abitava ancora presso i suoi parenti. A questi aggiunse allora Giovanni Cagliero, altri suoi coetanei interni e qualche chierico, che furono sempre pronti a suoi cenni. Erano, si può dire ragazzi, eppure ebbero ciascuno la propria classe di venti o venticinque vivaci monelli; e si impegnavano di compiere il loro ufficio. Quindi benchè più d'uno dei loro scolari fosse più grande del suo catechista, non veniva mai a nessuno per il capo la voglia di disturbare. E poi D. Bosco girava sorvegliando. Aveva prescritto che si insegnasse a studiare il catechismo alla lettera, facendone dare anche di quando in quando pubblici saggi, e distribuendo piccoli premii. I nuovi catechisti, con una disinvoltura e prudenza superiore alla loro età, assistevano nei giorni festivi i molti esterni mentre si preparavano per confessarsi, durante la santa messa e la predica che si faceva subito dopo, le funzioni della sera, e durante le ricreazioni. Sovente erano incaricati di distribuire un pane anche ai giovani esterni, tanto più se avevano fatta la S. Comunione, poichè a molti di essi riusciva di grande disagio il ritornare digiuni a casa loro per la colazione. D. Bosco godeva nel vederli fare così buona riuscita, e non si stancava di ripetere loro: - Per carità, raccomando di non lasciare mai soli i giovani, ma di assisterli sempre, continuamente e dovunque. - E per animarli spiegava loro quel motto di S. Agostino: Animam salvasti, animam tuam praedestinasti.

I catechismi della quaresima volgevano al termine, benedetti in modo evidente dal Signore, e si incominciava il triduo di preparazione per la Pasqua, che rimase impresso nei giovani per un aneddoto così descritto dal Prof. Raineri.

“Si era presso la Pasqua: la sera d'un giorno feriale, Don Bosco faceva l'istruzione sul tema: Fuggire le occasioni del male, fuggire i pericoli. Ad un certo punto disse: - Chi non vuol bruciare, stia lontano dal fuoco. - Ecco, proprio in quell'istante, prendono fuoco le scatolette dei fiammiferi che un giovinetto giardiniere aveva in tasca per portare a casa. Tosto si alza fumo, ed un crepitare intenso si fa sentire, così da attrarre l'attenzione di tutti. Non mai precetto fu così prontamente seguito e confermato dall'esempio. Tutti risero di cuore e dettero ragione al precettore, che rise pure egli; ma il suo riso si vedeva, non si udiva mai”.

Anche gli altri Oratorii portavano ottimi frutti. Quivi D. Bosco era sempre coadiuvato da zelanti sacerdoti e dal Teol. Borel, il quale passava sovente da un Oratorio all'altro catechizzando e predicando con mirabile ardore ed efficacia. Egli tuttavia di quando in quando vi interveniva, e con quanta gioia e con quante grida di evviva egli era ricevuto dai giovani! In queste sue visite egli soleva far la predica, e dopo le funzioni procurava di avere a sè  i ragazzi, e rivolgeva a ciascuno un consiglio particolare molto appropriato e conveniente all'indole, quasi fosse stato sempre loro amico intimo. E Iddio lo benediva, e molti giovani che prima davano poca speranza di buona riuscita, uscivano dagli Oratorii migliorati, e si diportavano da uomini di fede e di onore negli impieghi che poi occupavano.

Finite le feste pasquali i nuovi catechisti, i quali appartenevano alla Compagnia di S. Luigi, continuarono con ardore crescente ed estesero la loro missione anche agli alunni interni. D. Bosco bramava che tutti imparassero le laudi sacre e il canto gregoriano, e nel 1852, come aveva già incominciato nell'anno antecedente, cessavano le scuole al sabato sera perchè s'imparassero le antifone e il salmeggiare per il vespro della Domenica. Tutte le sere vi era pure il catechismo per quelli più ignoranti delle cose di religione, volendo Don Bosco ammetterli alla Comunione appena ne fossero capaci. - Bisogna, ci diceva, che il Signore prenda possesso dei loro cuori prima che vengano guasti dal peccato. - Tutto ciò ei faceva o per sè  o per mezzo de' suoi catechisti, i quali eziandio supplivano a qualche maestro mancante nelle scuole serali.

Si adoperavano inoltre per le funzioni di chiesa. Nel 1851 D. Michelangelo Chiatellino aveva scritta la musica di una Messa e quella di alcune terzine di Litanie da lui regalata a Don Bosco; essi l'impararono ed eseguirono con molto piacere, e poi l'insegnarono ai nuovi cori che per anni si andarono formando. Oltre a ciò avevano imparato ad assistersi a vicenda ed è questo il motivo per cui non accadevano disordini di qualche entità. Talvolta certe ricreazioni potevano recar sorpresa a qualche intransigente. Non essendovi allora luoghi abitati intorno all'Oratorio, i giovani scorrazzando si spingevano fino ai prati della cittadella lontani quasi un mezzo chilometro; ma in mezzo a loro correva eziandio e guidava le mosse uno di quei più zelanti, che li riconduceva indietro per radunarli affettuosamente intorno a D. Bosco.

Ogni burrasca adunque erasi acquietata nell'Oratorio e nel giornale moderato ma cattolico, la Patria, usciva un magnifico articolo in lode della Storia Sacra di D. Bosco. D. Cocchis, chiamato intanto ad altre fondazioni, specie a quella degli Artigianelli, aveva affidata la direzione dell'Oratorio di S. Martino a D. Ponte. Questi, ritornato dal viaggio colla Marchesa Barolo, attese con grande ardore all'istruzione dei fanciulli del popolo fino al 1866. In quest'anno si ritirava, rimettendo il suo Oratorio alla società di S. Vincenzo de' Paoli, che ne diede al Rettore degli Artigianelli la direzione spirituale, e che ora trasferito al di là della Dora in locale proprio, raccoglie nelle feste oltre a 400 giovanetti.

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