1860 - Letture Cattoliche - Avvisi di D. Bosco agli associali per allontanare i mali presenti e premunirsi dai futuri - Lettera di Pio IX a D. Bosco - Il danaro di S. Pietro - Conversione di due giovanetti anglicani e di un ebreo - Il Vescovo di Ivrea nell'Oratorio - Cortesie di D. Bosco ad un ministro protestante - Un neofito raccomandato all'Oratorio dall'Arciprete della Cattedrale di Vercelli - La festa di S. Francesco di Sales.
del 30 novembre 2006
Era sorto l'anno 1860 apportatore a D. Bosco di sempre nuovi lavori, di gioie e di tribulazioni. Il primo fascicolo delle Letture Cattoliche del Gennaio, scritto da un anonimo, descriveva: Il momento della grazia o le ultime ore di un condannato a morte. Lo stampatore era sempre Paravia.
Come appendice di questo fascicolo, D. Bosco aggiungeva alcuni avvisi che parve accennassero alle previsioni descritte nel Galantuomo sul finire del 1859.
 
MEZZO FACILE EFFICACISSIMO PER ALLONTANARE I MALI PRESENTI, E PRESERVARCI DAI FUTURI.
 
Invito al popolo cristiano.
 
Gemiamo da gran tempo sotto i colpi de' flagelli, che ci percuotono, e v'è bene da temerne de' maggiori. Tutti ne sospirano, molti se ne sdegnano, e, più ancora, prorompono in amare querele. Ma quei che ne conoscono la vera cagione, e vi procurano il necessario rimedio, purtroppo son rari.
Intendiamolo, o cristiani.
La vera cagione di tutti i mali è il peccato. Il peccato rende infelici i popoli. L'uomo ardisce di offendere ed oltraggiare Iddio, e Iddio offeso ed oltraggiato dall'uomo lo punisce, lo castiga. Così insegna la ragione, così insegna la fede. Solo uno stolto potrebbe dubitarne.
Vogliamo dunque allontanare i mali, che ci affliggono e preservarci da quei, che ci sovrastano? Allontaniamone la cagione, il peccato: riconciliamoci con Dio, plachiamo la sua ira, soddisfaciamo la sua giustizia.
Iddio ricco in misericordia, per l'eccessiva carità con cui ci ama, ci dà in Gesù Cristo suo figliuolo un mezzo facile e sicuro per la nostra riconciliazione. Questo mezzo costò a Gesù Cristo tutto il suo sangue, a noi costa soltanto la buona volontà di profittarne. Si trova questo nella confessione sacramentale. È la fede, che ce ne assicura, e da questa fede animati, in tutti i secoli della Chiesa ne hanno profittato sempre i fedeli di tutto il mondo, e ne han sempre riportato ogni maggior vantaggio. Ma, oh Dio, quanti miseri peccatori lasciano di profittarne, e invece di riconciliarsi con Dio, l'offendono maggiormente, e provocano sempre più la divina giustizia a castighi sempre maggiori, che saranno poi seguiti da altri tanto più spaventosi per una eternità nell'inferno!
Oh! cristiani, cristiani, e come potremo vedere con indifferenza la rovina di tanti nostri fratelli, e lasciare che sempre pi√π si provochi l'ira di Dio, e si accrescano sempre pi√π i castighi anche temporali su di essi, e su di noi tutti?
Vogliamo piuttosto implorare le divine misericordie, vogliamo placare l'ira divina ed anzi soddisfare pienamente la sua giustizia? Avviviamo la nostra fede....
E qui D. Bosco continua eccitando sempre pi√π l'amore verso Ges√π Cristo e promovendo la frequenza nell'assistere alla Santa Messa.
Lo ricompensava largamente del suo zelo e gli cagionava grande gioia una lettera di Pio IX in risposta a quella scrittagli a nome suo e a nome di tutti i suoi giovani sul principio di novembre. Il glorioso Pontefice aveva gradito sommamente questo attestato di figliale ossequio e di fedeltà inalterabile e per un atto di insigne bontà, in data del 7 di gennaio del 1860, rispondeva a D. Bosco con un Breve, che rimarrà monumento imperituro della benevolenza di Pio IX verso del nostro Oratorio. D. Bosco ricevuto il prezioso documento il volse tosto dal latino in italiano, e poscia raccolti i suoi giovani lo lesse, mettendoli a parte della propria consolazione. Ecco il tenore di questo Breve pubblicato nell'Armonia.
 
PIO P. P. IX.
 
DILETTO FIGLIO, SALUTE ED APOSTOLICA BENEDIZIONE.
 
Nella lettera, che Ci scrivesti il nove dell'ultimo novembre, scorgemmo novella prova della tua singolare fede, pietà e riverenza verso di Noi e verso la suprema dignità Nostra. Di leggieri comprendiamo, Diletto Figlio, quale sia il dolore dell'animo tuo e degli altri ecclesiastici in questo grande scompiglio d'Italia e stravolgimento delle pubbliche cose, e nella ribellione di alcune provincie del nostro temporale dominio. Questa ribellione, come a tutti è noto, venne provocata da esterne istigazioni e macchinazioni, e con ogni sorta di mezzi fomentata e sostenuta. Ora si aggiunse uno scritto, pienissimo d'ipocrisia che diffuso nel popolo tende ad ingannare i semplici ed a scemare il comune consenso dell'orbe cristiano nel difendere il civile Principato della Sede Apostolica. La fede stessa dell'italiana penisola è messa in pericolo: una colluvie di libri e di giornali perversi si divulgò non solo per le città, ma eziandio pei villaggi, nè solamente in cotesti paesi del Piemonte, ma anche nella Toscana, e nelle Provincie confinanti; i protestanti vomitano il veleno delle loro malvagità, avendo a tal fine istituite scuole, vuoi clandestine, vuoi pubbliche, alle quali anche con premii si sforzano di allettare la povera ed incauta gioventù. Se non che in questa fierissima procella, suscitata da Satana, Noi nell'umiltà del cuore sommamente ringraziamo Iddio, che colla sua grazia avvalora e conforta i Vescovi dell'Italia a custodire intrepidamente ciascuno nel proprio gregge il deposito della fede. Sono di sollievo al cuor Nostro la somma concordia degli animi, colla quale anche il Clero in questo tristissimo tempo attende alla salute delle anime, e la fermezza e costanza d'animo, con cui per la causa di Dio e della Chiesa esso sopporta e sostiene ogni avversità. Non possiamo poi esprimere con parole la consolazione che ci apportò quella parte della tua lettera, da cui conoscemmo che le presenti calamità di questo tempo resero maggiore l'alacrità tua, o Diletto Figlio, e quella delle altre persone ecclesiastiche. Quindi e colla predicazione della parola di Dio, e colla diffusione di buoni libri e di buoni scritti, uniti di animo e di zelo vi sforzate a tutto potere di opporvi alle macchinazioni de' nemici della Chiesa. Non v'ha cosa più eccellente di questo operare, e non v'ha cosa più utile a promuovere ed infiammare la pietà del popolo. Nè fu priva di frutto quella tua esimia sollecitudine, per la quale moltissimi giovani recandosi ai sacri Oratorii nei giorni festivi, e quotidianamente alle scuole ad ore opportune divennero ognora più ferventi sia per mezzo degli ammaestramenti cristiani, sia colla frequenza de' Sacramenti. La cura che hai dei giovani poveri da te ricoverati ottiene di giorno in giorno più felice successo, ed accresce il numero di coloro, che potranno poi diventare una volta utili ministri della Chiesa. Continua, Diletto Figlio, la carriera che hai intrapreso a gloria di Dio e ad utilità della Chiesa. Sopporta, se ti avverrà qualche grave tribolazione, e sostieni con grandezza d'animo le tribolazioni di questo tempo. La nostra speranza è riposta in Dio, il quale, per la protezione della Regina del Cielo e Signora del mondo, la Madre di Dio Maria Vergine Immacolata, ci libererà da questi si grandi mali e consolerà la sua afflitta Chiesa facendola trionfare de' suoi nemici. Non dubitiamo punto che a questo fine, e per impetrare alla Nostra debolezza prontissimo l'aiuto e il soccorso di Dio, continuerai, o Diletto Figlio, insieme cogli alunni e discepoli del tuo Ospizio a te e a noi carissimi a supplicare lo stesso Iddio con sempre maggior fervore in ogni sorta di preghiere. Noi caldissimamente preghiamo il medesimo Dio che custodisca te e quelli nella sua pace, vi copra colla sua destra e vi difenda col suo santo braccio. Pegno di questo celeste aiuto desideriamo che sia l'Apostolica Benedizione, che con effusione ed affetto di cuore paterno e con amore impartiamo a te, Diletto Figlio, ed anche agli alunni e discepoli, non che a tutti coloro che con te si occupano a favore di queste pie opere, ovvero le frequentano.
Dato in Roma presso S. Pietro il 7 gennaio 1860.
Del nostro Pontificato l'anno decimo quarto.
PIO P. P. IX.
 
Mentre il Sommo Pontefice scriveva questa affettuosa lettera a D. Bosco, l'Armonia col numero 19 del 1860 apriva nuove sottoscrizioni di offerte al Papa col nome di Danaro di S. Pietro e in poco più di un anno raccoglieva trecento mila lire. Le aveva dato l'ispirazione e l'impulso la Duchessa di Montmorency e D. Bosco fra i primi presentava la sua offerta, seguita poi da molte altre. Era un invito ai fedeli: Qui Domini sunt jungantur vobis. Ne ebbero dispetto i liberali e facendone frequentissimo tema delle loro invettive, proposero una legge che vietasse la sottoscrizione per collette aventi scopo religioso; tale proposta però non ebbe accoglienza in Parlamento.
Ma nei buoni e in D. Bosco l'attaccamento al Pastore supremo, era anche amore intenso alle pecorelle che erravano fuori dell'ovile per condurvele.
Il 24 gennaio così stampava l'Armonia:
 
BATTESIMO DI UN GIOVANETTO ISRAELITA.
 
Sono or quattro mesi, che due fanciulli fratelli anglicani furono battezzati nell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Qui due giovanetti nati a Londra, dopo una serie di strane vicende vennero dalla divina Provvidenza condotti nel ricovero annesso a questa chiesa, dove coll'alimento materiale trovarono il pane della vita eterna.
Domenica 15 corrente, in questo medesimo Oratorio fu amministrato il Sacramento del Battesimo ad un giovinetto israelita d'Ivrea. Egli è figlio del rabbino Iarach, persona assai erudita, che da dodici anni rinunziò all'ebreismo ed ora vive da fervoroso cristiano. Il figlio Iarach ha sempre avuto le più belle disposizioni per farsi cristiano; ma la madre se gli è sempre opposta. Egli toccava già il suo quattordicesimo anno di età; e più cresceva negli anni, più vive erano le sue istanze di essere fatto cristiano. Finalmente il padre per appagare i vivi desideri del figlio il condusse nell'Oratorio maschile di Valdocco, dove tra le cognizioni che già aveva del Cristianesimo, e l'istruzione ivi prodigatagli, fu in breve trovato abbastanza istruito per ricevere il sacramento del Battesimo e della Cresima. Mons. Moreno, Vescovo d'Ivrea, insigne benefattore della famiglia Iarach, con bontà paterna veniva a raccogliere il frutto delle sue sollecitudini. Alle ore dieci il Venerando Prelato cominciava la messa, in cui una assai numerosa schiera di giovanetti si accostarono alla mensa eucaristica. Seguiva la interessante funzione del battesimo del giovanetto Iarach. Il suo contegno, la franchezza delle sue risposte, la gioia ed il raccoglimento dimostravano che egli era giunto ad appagare un vivo desiderio da lungo tempo nutrito. Egli prendeva il nome di Tommaso, Luigi, Maria; il duca Tommaso Scotti erane padrino; la marchesa Maria Fassati era madrina.
Dopo il Battesimo fu amministrata la sacra Confermazione al novello cristiano e ad altri giovani in numero di circa trecento. Tra essi notavansi con occhi di meraviglia venticinque spazzacamini, che per cura della Società di S. Vincenzo De-Paoli furono istruiti nell'Oratorio dell'Angelo Custode di Vanchiglia. Questi poveri giovanetti, la cui condizione fa che non osano presentarsi alle pubbliche chiese, avrebbero forse passato chi sa quanto tempo, se la carità cristiana non fosse andata in cerca di loro per radunarli, istruirli e farli cosi perfetti cristiani. Il Conte Cays, deputato, era il padrino dei giovani della Cresima.
Dopo la Confermazione Mons. Vescovo con animate e commoventi espressioni incoraggiava il neofito a tenere in pregio il gran dono della fede, che aveva testè ricevuto. Animava poi tutti i cresimati a mostrarsi veri seguaci di Gesù Cristo, compiendo con fermezza e coraggio i loro cristiani doveri senza punto badare ad umano rispetto.
Le varie parti della sacra funzione erano allegrate dal canto di voci argentine, che ora a coro, ora a solo eccitavano nel cuore degli astanti celesti pensieri. La funzione compievasi
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