Morte di un buon giovanetto. - Lettera al Cavaliere: predizione avverata: il diploma di D. Durando: desiderato ritorno del Cavaliere a Torino: difficoltà per una gita di Don Bosco a Roma: sua gratitudine per i benefattori - Chiusura del mese di Maria - Altra lettera al Cavaliere: l'affare Morelli: preghiere per una benefattrice della chiesa: le corse di alcune ferrovie sospese - Lettere a due nobili giovanetti in collegio - D. Bosco a Lanzo e la lesta di S. Filippo Neri - Al Cavaliere: sue preghiere per i benefattori: lettere scritte e ricevute: sollecita il suo ritorno da Roma - La Prussia rompe la guerra coll'Austria - Al Cavaliere: altri giovani dell'Oratorio chiamati sotto le armi: se sarà possibile egli andrà a Roma: lo aspetta a Mirabello: la novena della Consolata: la cupola si va elevando - Dispiaceri di D. Bosco - Madri che raccomandano a D. Bosco i figli soldati - Una predizione consolante - Letture Cattoliche.
del 04 dicembre 2006
Dal meum ac tuum frigidum illud verbum! che Don Bosco dovette pronunziare, con grande suo dispiacere, per rivendicare una proprietà della quale volea lasciar erede la Pia Società Salesiana, ritorniamo col racconto alla fine di maggio del 1866.
Nell'Oratorio stavasi in attesa dell'avveramento imminente di una delle solite predizioni di D. Bosco, fatta come già si disse, alla metà del mese di febbraio. Nel maggio era morto in età di 16 anni Giuseppe Rosa di Verolengo. Era caduto infermo nella seconda settimana di marzo e restituito ai parenti il giorno 14. Di lui scrisse D. Rua nel necrologio:
“ Dimorò pochi mesi in questo Oratorio, ma furono sufficenti a lasciar di lui una cara memoria. Docile ai suoi superiori, diligente in ogni suo dovere, occupava sempre i primi posti nella sua classe. Allegro ed amorevole con tutti, era da tutti amato. Morì a casa sua, munito di tutti i conforti della religione ”.
Era forse questi l'indicato dalla predizione? No. D. Bosco aveva detto che la morte sarebbe avvenuta dopo tre mesi e mezzo; ed egli stesso in una lettera diretta al Cav. Oreglia, che trovavasi ancora in Roma ci dice per prima cosa il nome del defunto ed accenna al compimento delle sue parole.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
Siamo ai tre mesi e mezzo e ieri, però a casa sua, moriva il nostro allievo Gili calzolaio. Egli potè prepararsi nel modo più consolante. Raccomandi al Signore l'anima di lui.
Nelle due unite lettere ringrazio e raccomando: ciò per sua norma.
Nella casa godiamo tutti buona salute: Durando fu incomodato; ora sta bene: finalmente gli venne spiccato il diploma di laurea per cui si mossero tante difficoltà.
Noi desideriamo tutti il suo ritorno, ma se può fare qualche cosa ritardi pure: io desidererei e se, fosse obbediente, le comanderei di non venire a Torino finchè non abbia in saccoccia diecimila franchi, essendo questo il bisogno per continuare con un po' di energia i lavori della chiesa.
Al suo ritorno parleremo sulla possibilità della mia gita a Roma: ci sono difficoltà politiche, finanziarie, morali e religiose; ella mi darà poi il suo parere.
Attese le molte incombenze a farsi pel biglietto della ferrovia è meglio aver pazienza e fare tale spesa.
Vedendo il sig. Canori Focardi gli dica che la partenza di suo figlio fu certamente per lui una spina; ma in breve avrà una rosa che farà dimenticare tutto. Lo saluti da parte mia.
So che la Marchesa Villarios e casa Vitelleschi si occupano molto a nostro vantaggio ed io professo loro la più sentita gratitudine; ma dica loro che io non voglio lavorino per niente. Il nostro padrone è ricco e può pagare. Dunque io lo pregherò e lo farò pregare affinchè dia
il centuplo a tutti in questa vita con una bella camera a caduno in Paradiso.
Non dimentichi la pratica per un sussidio da parte del principe Torlonia.
Dio l'accompagni e benedica tutti i suoi passi; preghi per noi mentre a nome di tutti, perfino di Sirtori e di Jarach, me le professo nel Signore,
Torino, 31 Maggio 1866,
                                  Aff.mo amico
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
Il 31 maggio era la festa del Corpus Domini, ed in quel giorno gli alunni dell'Oratorio chiudevano solennemente il mese di Maria. Pel 3 giugno era stata fissata la stessa cara funzione a Mirabello col Vescovo di Casale, e a Lanzo ove dovea anche commemorarsi S. Filippo Neri, titolare del Collegio, coll'intervento di D. Bosco. In ambedue le case era preparata come al solito la distribuzione dei premi a sei giovani che il maggior numero dei voti dei compagni, dati segretamente da ciascuno, designava come i pi√π commendevoli fra tutti per religione e morale condotta.
Prima di lasciar Torino D. Bosco scriveva di nuovo al Cavaliere annunciandogli, fra altre cose, qualche disposizione del Governo per la guerra; e a due nobili giovanetti, il Barone Gregorio Cavalchini Garofoli, e il Marchese Emanuele Fassati, convittori nel Collegio Mongrée in Francia diretto dai Rev.mi Padri Gesuiti.
 
Car.mo Sig. Cavaliere,
 
La prego di far tenere l'unita lettera alla signora Duchessa di Sora e di sapermi poi dire le osservazioni che farà su questa lettera; io ho risposto a tutto quello che mi domandò ed altro ancora.
L'affare Morelli qui in Torino passò inosservato, però noi rettificheremo ristampandolo nell'attuale fascicolo delle Letture Cattoliche. Credo che sarà bene che se ne passi così anche a Roma.
Se può raccomandare alla Civiltà Cattolica due parole sulla novella edizione della Storia d'Italia, sarebbe forse cosa utile.
Dica alla signora padrona del sig. Aisca di Alessandro, che di buon grado pregherò per Lei e farò anche pregare i giovani della casa. Dirò a Maria Ausiliatrice che le prepari una bella camera in Paradiso, che è la mercede assicurata a quelli che con fede prendono parte ad innalzarle questo tempio in terra.
Oggi è pubblicato per Torino che le corse delle Ferrovie tra Torino, Bologna, Firenze sono tutte sospese.
Se vede di poter fare qualche cosa a maggior gloria di Dio, differisca pure il suo ritorno. Dio benedica le sue fatiche. Riceva i saluti di tutta la casa e mi creda sempre,
Torino, 1° giugno 1866,
aff.mo amico
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
 
Carissimo Gregorio Garofoli,
 
Ho ricevuto con piacere la tua lettera ed ho dato le tue notizie ai giovani che fecero parte alla carovana di Tortona. Ne ebbero vero piacere e dànno a me il piacevole incarico di ringraziarti e salutarti. Certamente io vorrei trattenermi alquanto a parlare teco, ma le cose che vorrei dirti non si possono confidare alla carta. Se ti piace di farmi poi una visita nelle prossime vacanze io ti dirò quanto vorrei scriverti. Come amico dell'anima tua non posso a meno che darti alcuni ricordi fondamentali e sono tre FFF. Cioè: 1° fuga dell'ozio; 2° fuga dei compagni che fanno cattivi discorsi o dànno cattivi consigli; 3° frequentare confessione, comunione con fervore e con frutto. Ti prego di salutare i tuoi due fratelli, Emanuele Callori, e gli altri piemontesi di costà che tu ravvisassi di mia conoscenza.
Dio ti benedica e ti conservi nella sua santa grazia; prega per me che ti sono.
Torino, 1° giugno 1866,
aff.mo nel Signore
Sac. GIOVANNI BOSCO.
 
 
Caro Emanuele,
 
Nella cara tua, che ti sei compiaciuto inviarmi, dimandavi che avessi pregato perchè la Santa Vergine ti concedesse buona volontà ed energia di studiare. L'ho fatto volentieri e ben di cuore in tutto il mese di Maria.
Non so per altro se io sia stato esaudito. Amerei molto di saperlo; sebbene io abbia motivo a credere affermativamente. Papà, maman, ed Azelia stanno bene; spesso li vedo alle cinque mezzo di sera ed il nostro discorso in gran parte è sempre di te. Gli altri sono sempre inquieti per timore che tu non vada avanti nello studio e così tu aggiunga loro qualche dispiacere ai molti che tu sai già avere essi avuto in quest'anno. Io li consolo sempre, appoggiato sull'ingegno, buona volontà e promesse di Emanuele. Mi sbaglierò? Credo di no. Ancora due mesi e poi che bella festa se i tuoi esami riusciranno bene! Dunque, caro Emanuele, io continuerò a raccomandarti al Signore; tu fa' uno sforzo: fatica, diligenza, sommessione, ubbidienza, tutto sia in movimento, perchè riescano gli esami.
Dio ti benedica, caro Emanuele, sii sempre la consolazione de' tuoi genitori colla buona condotta; prega eziandio per me che di cuore ti sono
Torino, 1° giugno 1866,
aff.mo amico
Sac. BOSCO GIOVANNI.
 
Il 1° giugno i chierici dell'Oratorio studenti di teologia e filosofia avevano subito lodevolmente gli esami in Seminario e il mattino del sabato 2 giugno D. Bosco arrivava a Lanzo, accolto con grande entusiasmo. In quella circostanza, con quella amabilità paterna che nulla dimentica e tutto prevede, disse che essendo stato D. Bonetti ricevuto a Mirabello con grandi feste quando nel passato novembre entrava in carica di direttore, mentre il direttore di Lanzo sia per i lutti che avevano addolorato il collegio, sia pel mandato ricevuto d'urgenza, era entrato solo, senza feste, senza presentazioni, intendeva e aveva disposto perchè la festa di S. Filippo supplisse al mancato festivo ricevimento.
Egli intanto impiegò tutto il dopopranzo nel confessare. Alla sera la banda musicale dell'Oratorio seguita dai cantori, saliva al Collegio, facendo risuonare le vie del paese delle sue marce. D. Bosco comparve sulla porta della chiesa, applaudito freneticamente dai giovani. Entrati tutti in chiesa, che era uno splendore per parati, fiori e lampadari, si impartì la benedizione. La domenica mattina comunione generale, messa cantata in parrocchia e processione col SS. Sacramento. A mensa sedettero con D. Bosco il Clero, il Sindaco Druetti coi consiglieri municipali. Quindi vespro, predica, benedizione, teatro, fuochi artificiali. Fu un giubilo universale; musiche e canti tutto il giorno.
Tornato a Torino riprendeva la sua corrispondenza.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
Ho ricevuto la sua lettera in cui mi fa cenno della carità che alcune pie persone di Roma fanno a questa Casa. Le ringrazi in genere da parte mia e dica pure a tutti che pregherò e farò pregare tanto il Signore da costringerlo a dar loro il centuplo in questa vita e la felicità eterna nell'altra.
Speciali ringraziamenti siano resi alla signora Duchessa di Sora per la parte che prende allo spaccio dei nostri biglietti, e sull'oggetto prezioso che una di lei caritatevole amica ci mandò. Dica al primogenito di questa signora che io voglio raccomandarlo ogni giorno nella S. Messa, affinchè a qualunque costo si conservi per la strada del Paradiso.
Mi rincresce che non posso per ora scrivere alla signora Marchesa Vitelleschi Matilde; spero di poterlo fare in breve, ma fin d'ora non mancherò di farle parte delle preghiere che in questa Casa si andranno ogni giorno mattino e sera facendo.
Favorisca di dare la letterina racchiusa alla signora Contessa Bentivoglio.
Non posso per ora riscontrare alle care lettere di Alberto e di Giovanni Vitelleschi; ma lo farò tra breve.
Le cose qui si fanno gravi, ed io credo bene che solleciti il suo ritorno. Pertanto nella prossima settimana noi l'attendiamo all'Oratorio, ad eccezione che avesse qualche affare da ultimare.
Dimenticava di pregarla a fare i miei ringraziamenti al sig. Aicardi che mi ha scritto una lettera modello. La conserverò qual cara memoria di lettera veramente cristiana. Dio lo benedica nel tempo e lo renda felice nell'eternità.
Noi qui della Casa stiamo bene in sanità, ma abbiamo da fare a più non posso.
Umili ossequi ai suoi fratelli, a P. Brunengo, a casa Vitelleschi, Villarios, ecc.
Riceva i segni della pi√π sincera affezione da parte di tutta la casa e specialmente da parte mia che le auguro ogni benedizione del cielo, mentre ho il piacere di professarmi tutto suo nel Signore
Torino, 8 giugno 1866,
aff.mo amico
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
P.S. - Ci sarebbe caro se ci scrivesse il giorno approssimativo del suo arrivo tra noi. Il Cav. Villanova ed il Conte Villa sono in mia camera, domandano di Lei, la salutano e le augurano buon viaggio. Fu eziandio qui suo zio il conte Della Margherita e ci parleremo.
Sull'orizzonte politico intanto s'erano addensati neri nuvoloni.
La Prussia aveva ultimati i suoi formidabili armamenti e i piccoli Stati della confederazione al nord già a lei infeudati dovevano fornirle tutto l'agio per i trasporti militari e 57.000 soldati. Il 4 giugno le sue truppe invadono improvvisamente l'Holstein e la piccola guarnigione Austriaca è costretta a ritirarsi. Il 13 l'Austria manda i passaporti all'ambasciatore prussiano a Vienna e richiama il suo da Berlino: il 14 chiede la cooperazione dell'esercito federale, di 157.000 uomini; e la Dieta ammette la proposta Austriaca coi voti favorevoli di 9 Stati contro 5 e l'astensione di uno. Ma il 16 giugno con rapidità fulminea 50.000 prussiani invadono l'Annover, la Sassonia e l'Assia elettorale, e benchè con gravi loro perdite costringono il Re di Annover a capitolare, il Re di Sassonia a fuggire in Boemia; e fanno prigioniero l'Elettore di Assia. Ciò accadde dal 16 al 20 giugno. Il 19 Re Guglielmo di Prussia pubblicava il suo bando di guerra contro l'Austria.
Anche in Italia in brevissimo tempo erano state prese tutte le disposizioni necessarie per trasportare l'esercito e la flotta dal piede di pace in cui erano al piede di guerra; ma continuava ancora, sebbene ridotto, il servizio ferroviario pei viaggiatori. D. Bosco ne assicurava il Cavaliere che avevagli annunziato il prossimo suo arrivo a Torino, e gli dava nello stesso tempo varie incombenze ed importanti notizie.
Carissimo sig. Cavaliere,
Venga pure tranquillo che non àvvi incaglio di sorta pei viaggiatori; così mi assicurò il Prefetto di questa provincia. Prima di partire si faccia una nota del nome, cognome, dimora delle persone con cui sarà conveniente di tenere relazione. Comperi fra altre cose una mezza dozzina di crocifissi un po' puliti, che si possano portare al collo da persone signore che li domandano.
Bisio, Peirano maggiore partirono per la guardia mobilizzata; Gallo partì per la riserva del 1842. Così noi ci troviamo privati di molte persone importanti. In ogni cosa sia Iddio benedetto.
Prima di partire, saluti chi di ragione da parte mia ed assicuri ognuno della nostra gratitudine, delle nostre preghiere a Dio ed a Maria Ausiliatrice, affinchè questa celeste benefattrice li colmi de' suoi tesori nel tempo e li renda beati nell'eternità. A molti non ho ancora scritto lettera, ma lo farà dopo il suo ritorno.
Se è possibile di fare una gita a Roma non differirò, ma c'è molto a pensarvi, tanto più che la casa in questi momenti ha sommo bisogno di assistenza.
Ho una serie di fatti e di cose da scriverle, ma bisogna avere pazienza e parlarcene dopo il suo ritorno. Sebbene io desideri che questo sia presto, tuttavia compia le cose sue; giorno pi√π giorno meno procureremo di cavarcela.
Giovedì (21) io sono a Mirabello: chi sa che non possa darsi il caso che Ella nel suo ritorno possa passare colà per fare insieme ritorno a Torino?
Noi facciamo la novena della Consolata, e tutti i giorni ho sempre indirizzate alcune comunioni con una messa a Dio per la famiglia Villarios e Vitelleschi, che usano a lei tanti riguardi e che si adoperano con tanto zelo per questa Casa nostra.
Dio la benedica e le conceda buon viaggio, e mi abbia sempre nel Signore
Torino, 15 giugno 1866,
aff.mo amico
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
P.S. - La cupola della chiesa si va elevando e non aspetta altro che danaro.
 
Per più motivi il Servo di Dio desiderava il ritorno del Cav. Oreglia. Questi aveva molta influenza su due giovani confratelli, largamente e in ogni modo beneficati, i quali presi dallo spirito di superbia e dalla smania di libertà, in que' giorni cagionavano gravi dispiaceri; e D. Bosco sperava che si sarebbero arresi e calmati alle parole del Cavaliere. Le cose erano giunte al punto, che il Servo di Dio li doveva sopportare in pace, per timore non facessero un mal passo.
Di queste sue pene abbiamo cenno in una lettera alla Contessa Callori, che conosceva que' due individui.
 
Benemerita signora Contessa,
 
Al 21 del corrente mese, se il Signore mel concederà, farò una gita a Mirabello, e nell'andata o nel ritorno calcolo una fermata a Casale: quindi avrò la consolazione di trattenermi un poco di presenza con Lei a discorrere di alcune mie gite alquanto più lontane.
C... e L... sembrano maniaci. Sparlano e minacciano pubblicità contro D. Bosco e pochi giorni dopo le loro minacce apparve un articolo contro alla nostra Casa nel Conte di Cavour. Alcuni lo attribuiscono a loro. Compatisco la miseria umana e prendo ogni giorno lezione che bisogna lavorare per la gloria del Signore e non per la benevolenza degli uomini.
M raccomando per altro in modo speciale alle divote di Lei preghiere.
Dio benedica Lei, il suo sig. Marito e tutta la famiglia, mentre con sentita gratitudine ho l'onore di professarmi
Di V. S. benemerita,
                                                       Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco Giovanni.
 
Di quei giorni molte madri trepidanti sulla sorte dei loro figli ricorrevano al Venerabile, perchè li raccomandasse alla protezione di Maria SS. Ausiliatrice. Fra le lettere che abbiamo in archivio ne scegliamo due. La prima è della Marchesa Nerli.
 
J.M.J.
Firenze, 15 giugno 1866.
 
M. R. Don Bosco,
 
Come le annunziava con altra mia il mio unico figlio è partito volontario per l'armata ed entrerà nel Battaglione delle Guide dell'Esercito regolare, credendo suo dovere di rendere questo servigio al paese. Questa risoluzione è caduta sul mio capo come un fulmine, perchè sebbene ne mostrasse vivissimo desiderio da circa un mese a questa parte, io ero alienissima dal crederlo capace di arrivare a darmi questo gravissimo dolore, essendo arrivato a quest'età senza mai intraprendere la più piccola cosa se non dopo averne avuto il consenso della madre. Oh che tempi disgraziati per tutti! Lo stato dell'animo mio le sarà più facile il capirlo che a me dimostrarglielo! Sono straziata nella parte più sensibile, e, se Iddio per sua misericordia non mi avesse soccorso con la sua grazia, la mia ragione sarebbe smarrita. A quante cose penso: la prima però è l'anima del mio figliuolo, perchè prima di tutto mi sento legata a quella essendo eterna!
Ella si ricorderà quanto le raccomandai il mio figliuolo, e le belle promesse che mi fece.
Ora davvero è il tempo di mantenerle e conto sulle sue orazioni e su quelle dei suoi giovanetti. In mezzo a tanta amarezza mi solleva il pensiero che a Dio è niente impossibile e che da un gran male ne può cavare un gran bene ed in fondo del cuore ho il presentimento che Mario, lontano dalla famiglia, ove era idolatrato, sentirà il bisogno di diventare più devoto, e penserà più all'anima sua, in vista anche dei pericoli maggiori a cui va esposto.
Ora è in Milano, ma pare che dimani debba partire per il deposito di Caserta, lontano dal fuoco per il momento, ma sempre in mezzo ai pericoli di tutti i generi, se Maria SS. non me lo salva. Senta, prometto fin da questo momento a questa gran Madre, se me lo protegge dai tanti pericoli per il corpo e di più se me lo fa ritornare a casa anche più buono e devoto di quello che era, un dono da rimanere nella sua nuova chiesa di Torino sotto il titolo di Maria SS. Ausiliatrice che si fabbrica sotto la sua direzione. Ella mi sarà di guida per la scelta, non sapendo cosa potrà essere di maggior utilità, perchè desidero che sia una cosa d'uso. Speriamo che a suo tempo possa soddisfare a questa promessa. Mi raccomandi molto a Dio, perchè anch'io profitti di quest'afflizione per il mio vantaggio spirituale. La Moma Uguccioni vuole essergli rammentata. Mi benedica ogni giorno unitamente a mio figlio e famiglia e mi creda
                                              Sua dev.ma Serva
ENRICHETTA NERLI.
 
L'altra lettera è diretta al Cav. Oreglia.
 
Gentilissimo Signore,
Firenze, II luglio 1866.
 
Avrei desiderato rispondere con maggior sollecitudine alla pregiatissima sua del 26 giugno e dirle che era ben lieta di sentire che la mia sorella e mio cognato avessero contribuito a procurare qualche vantaggio a cotesto tanto meritevole Oratorio, mediante le relazioni che le fecero fare fra i loro parenti ed amici. Lo sapeva già che era stata una gran soddisfazione per mio cognato e mia sorella l'aver l'onore di conoscerla e di sentirle narrare tanti atti sublimi ed edificanti della vita dell'ottimo D. Bosco, talchè le sono gratissima di aver accettata la mia lettera per i medesimi e di averla consegnata con tanta esattezza.
Ho ricevuto questa stessa mattina una lettera di mia sorella... Essa scrive aver saputo dalla Marchesa di Villa Rios che D. Bosco era stato ammalato e che ciò la teneva molto in pensiero; questa notizia mi ha recato molto dispiacere; la vita di quel sant'uomo è tanto preziosa. Egli è in grado di giovare tanto all'umanità in questi tristi momenti colle sue opere, i suoi esempi, i suoi consigli, che il sentirlo anche lievemente minacciato è cosa ben dolorosa per quelli che hanno la fortuna di conoscerlo.
Vorrei essere rassicurata sul conto di una vita così preziosa .....
La prego dire a D. Bosco che non ho parole per ringraziarlo del sommo favore che mi fa pregando ogni giorno nella S. Messa, onde Maria SS. prenda sotto la sua speciale protezione quei miei figliuoli che fossero al campo; ringrazio anche Lei, sig. Conte, di avermi data questa buona notizia che mi ha dato forza e coraggio in questi tristi giorni. Per ora il mio figlio maggiore non si è trovato esposto a pericoli, poichè fa parte del IV Corpo di armata, ma d'ora innanzi avendo passato il Po può da un momento all'altro trovarsi chiamato a battaglia. L'altro è tuttora qui al deposito del medesimo Reggimento come semplice soldato per imparare il maneggio delle armi, ma temo che presto dovrà anch'egli partire. Li raccomando entrambi alle preghiere di D. Bosco ed alle sue, sig. Conte, e la prego anche d'intercedermi dal Signore la rassegnazione e la forza di portare questa e le altre croci che piacerà al Signore d'impormi in sconto dei miei falli.
Voglia far gradire a D. Bosco i miei ossequi, e mi creda sempre,
Di lei, gentil.mo sig. Conte,
Obbl.ma Serva
VIRGINIA DE CAMBRAY DIGNY.
 
Con una predizione consolante il Servo di Dio aveva in queste circostanze messo in pace il cuore di una madre, moglie di un nobilissimo dignitario del Regno. Il suo secondogenito, entusiasmato per la guerra, era fuggito di casa per seguire la bandiera di Garibaldi. La signora tutta desolata ne scrisse subito a D. Bosco, il quale le rispose a volta di corriere, che bandisse dall'animo ogni timore poichè il figlio sarebbe ritornato a lei più buono di quello che era prima di partire. Infatti, al corpo di arruolamento, i capi al leggere il cognome di quel giovane, lo chiamarono, lo misero da parte, non vollero che partisse coi volontari e lo aggregarono allo stato maggiore del distretto. Così rimase salvo da ogni pericolo e venne poi insignito del grado di ufficiale ed ebbe tempo a pensare al dolore cagionato ai suoi genitori. Essendo di ottimo cuore provò vivissimo il pentimento del suo trascorso, e, finita la guerra, ritornò a casa, avverando colla sua condotta il vaticinio di D. Bosco.
Mentre consolava le madri, per quello zelo preventivo che possedeva in grado meraviglioso, cercava colle Letture Cattoliche d'infondere nei figli partiti pel campo sentimenti di fedel spirito di sacrificio, fedeltà nell'adempimento del loro dovere. Pel mese di luglio usciva il fascicolo: Una parola da amico all'esercito: per Vittorio Marchiale. Nella prefazione si legge:
Cari soldati - Voi non amate de' libri voluminosi, ed io perciò ve ne offro uno di piccola mole, di tenue valore e che potrete portare nella scarsella colla borsa del tabacco e del denaro. Leggete tutto quanto è scritto sia con carattere minuto, sia in carattere più grande, poichè in ogni pagina ravviserete la parola di un amico, il quale se potè così poco per voi, ha se non altro il merito della brevità.
L'autore, un sacerdote, in tre articoli spiega quelle parole di S. Pietro (I, XI, 17): Deum timete - Regem honorificate - Fraternitatem diligite; e dimostra: 1° Il rispetto umano essere una viltà ed una follia; 2° virtù necessaria, l'obbedienza (montar la guardia, fare gli esercizi militari, esporre la vita sul campo di battaglia); 3° dovere il vincere l'egoismo e l'orgoglio, l'esser generosi col perdonare le offese e col non fare duelli.
In appendice erano esposti due fatti: Giovanni Sobieski e la liberazione di Vienna: Una grazia di Maria SS. Ausiliatrice.
Infine alcuni canti pei militari.
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)