'La Storia Ecclesiastica' - Ragioni che mossero D. Bosco a scrivere questo libro - I Pontefici, i Concili, i progressi del Cattolicismo Alcuni fasti delle Diocesi subalpine - Fatti edificanti di santi giovinetti.
del 25 ottobre 2006
 Non meno dei libri di pietà D. Bosco aveva a cuore i libri di scuola. Nell'ottobre adunque del 1845 egli conduceva a termine il suo lavoro sulla Storia Ecclesiastica. Portava per titolo: “Storia Ecclesiastica, ad uso delle scuole, utile ad ogni stato di persone, compilata dal Sac. Giovanni Bosco”. Era un volume di circa 200 facciate, edito dalla tipografia Speirani e Ferrero. Degne di particolare menzione sono le ragioni, che mossero D. Bosco a comporre questo libro: “Dedicatomi da più anni, così egli nella prefazione, all'istruzione della gioventù, bramoso di porgere alla medesima tutte quelle più utili cognizioni, che per me fosse possibile, feci ricerca di un breve corso di Storia Ecclesiastica, che fosse alla sua capacità adattato. Ne trovai bensì alcune per più titoli pregiate, ma per l'uso proposto sono o troppo voluminose, o si estendono più del dovere sulla storia profana; diverse si possono denominare piuttosto dissertazioni polemiche sui fasti della Chiesa; altre finalmente sono tradotte da lingue straniere e pigliano il nome di storie parziali e non universali; e quel che non potei osservare senza indignazione si è che certi autori pare che abbiano rossore di parlare dei Romani Pontefici e, dei fatti più luminosi i quali direttamente alla S. Chiesa riguardano.” Perciò, mosso dal bisogno e dalle istanze di molte ed autorevoli persone, mi sono determinato a compilare questo compendio di Storia Ecclesiastica. Lessi tutte quelle che ho potuto rinvenire scritte in lingue nostrali e straniere, e ricavai da ognuna que' sentimenti e quelle espressioni che sono più italiane, (cioè Romane) e più semplici secondo la capacità di un giovinetto. I fatti del tutto profani o civili, aridi o meno importanti, oppure messi in questione tralasciai affatto, o solamente accennai; quelli poi che mi parvero più teneri e commoventi, li trattai più accuratamente, notandone con particolarità le circostanze, affinchè non solo l'intelletto venga istruito, ma il cuore eziandio resti spiritualmente commosso. Perchè più facilmente si possa percepire quanto di più importante in essa si contiene, la divisi in epoche e capitoli, il tutto esponendo in forma di dialogo; e tutto ciò io feci col consiglio di prudenti persone.
” Per chiunque nacque e fu educato nel grembo della Chiesa, Cattolica parmi non possa esserci cosa più necessaria, e che tornar possa ad un tempo più gradevole che quella storia, la quale espone il principio ed il progresso di questa religione, e mette in chiaro come essa in mezzo a tanti contrasti siasi propagata e conservata.
” Benedica dunque il Cielo questa lieve fatica, il cui scopo è di accrescere la gloria dei Signore e di agevolare l'avanzamento nella cognizione di una storia, che di tutte, dopo la Sacra, è la più commendevole; e sia dal Cielo benedetto quel cortese lettore che vorrà giovarsene ”.
Don Bosco dedicava questo suo lavoro al Provinciale dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Torino, fratello Ervè De la Croix, al quale diceva: “La stima ed il rispetto che professo a V. S. Onorat.ma m'impegna a dedicarle questa Operetta, unico omaggio che Le possa offerire. So benissimo, che si opporrà la modestia di Lei ed umiltà; ma siccome essa è stata scritta unicamente alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio spirituale principalmente della gioventù, nel che Ella indefessamente si occupa, così Le verrà tolto ogni pretesto di opposizione.
” Si degni adunque di riceverlo sotto la potente di Lei protezione; non sia più mia, ma sua, e faccia sì che scorra per le mani di chi vorrà giovarsene.
” Intanto mi reputo a grande onore il potermi dire colla più distinta venerazione
D. V. S. Onorat.ma
Umil.mo ed Obb.mo Servitore
Sac. Bosco Giovanni”
 
 
In queste pagine D. Bosco scolpisce tutta la sua fede e l'amore verso il Papato.
Data la definizione della Chiesa, descritta la gerarchia ecclesiastica, presentato al lettore S. Pietro che esercita il primo atto di sua suprema autorità nel Concilio di Gerusalemme, che accoglie in Cornelio le primizie dei Gentili, che va a Roma, vi fissa la sua Sede e vi muore martire dopo operati miracoli strepitosi e senza numero, continua D. Bosco a narrare ciò che noi qui accenniamo, perchè si apprezzi l'orditura della sua tela.
A Pietro succedonsi in Roma sulla sua Cattedra, eredi della sua autorità, per catena non interrotta 255 Papi, che tutti i fedeli riconoscono come Vicari di Gesù Cristo e come assistiti dallo Spirito Santo. I primi trentatrè Pontefici Romani imperterriti nelle persecuzioni, mentre col loro sangue testificano la divinità di Gesù Cristo e la sua dottrina, fanno altresì testimonianza del primato di giurisdizione di cui sono investiti sulla Chiesa universale; e bandiscono leggi alle quali tutti i veri cristiani obbediscono e che nella maggior parte ai giorni nostri sono ancora in pieno vigore. Contro il Papato insorgono a combattere le eresie, gli scismi, le prepotenze cesaree; e i Pontefici Romani convocano a centinaia i Vescovi da ogni regione della terra, presiedono ai Concili generali in persona o per mezzo dei loro Legati, e solo per la conferma del Papa le decisioni degli augusti consessi hanno valore. - Roma parlò; la causa è finita! - proclamava S. Agostino. Seicento trenta Vescovi del Concilio di Calcedonia, ascoltata la lettera di Papa S. Leone, il quale condannava l'eresia di Eutiche, a una voce esclamavano: - “Noi tutti crediamo così. Pietro ha parlato per bocca di Papa Leone. Sia anatema a chiunque non crede così!” - Nel II Concilio di Lione, tenutosi per la riunione della Chiesa Greca colla Latina, presieduto dal Papa Gregorio X, l'assemblea composta dei Patriarchi latini e greci, di cinquecento e più Vescovi, di mille e settanta tra abati e altri insigni teologi, protestava unanime: il Romano Pontefice essere il vero, legittimo successore di S. Pietro e l'impossibilità dì salvarsi per chiunque si ostini a non volergli stare unito. E il Concilio Lateranense V condannava il Conciliabolo di Pisa e dichiarava errore che un Concilio ecumenico fosse superiore al Romano Pontefice.
Per D. Bosco il Papa era tutto ciò che nel mondo esisteva di più caro e di più degno, geloso del suo onore più che del proprio. Scrivendo perciò di Papa S. Marcellino, la cui costanza nella fede in faccia ai persecutori fu rivendicata dal Sapientissimo Leone XIII nella lezione del Breviario, dice: - “In un sol giorno contansi diciassette mila cristiani coronati della palma del martirio, tra i quali S. Marcellino Papa, che intrepido incoraggiò gli altri a durarla ne` tormenti sinchè ebbe respiro.”
E intanto D. Bosco accenna come la maggior parte dei tiranni, e degli eresiarchi, che attentarono alla purità della Fede, e ai diritti spirituali o temporali della Chiesa e dei Papa, dal principio fino ai giorni nostri, siano stati colpiti dalla Divina Giustizia con sventure e morti spaventevoli: e nello stesso tempo fa vedere il propagarsi della Fede, il sorgere e fiorire all'ombra del Papato dei santi Padri, degli Ordini religiosi, che di mano in mano ricorda, e gli eserciti senza numero di santi.
Così procedendo di secolo in secolo fa risaltare l'azione benefica dei Romani Pontefici in mezzo alle nazioni; la divinità della Chiesa Cattolica continuamente affermata da fatti miracolosi; e lega in un sol fascio i suoi vari racconti mettendo in fine del libro l'elenco cronologico dei Concili generali dal Niceno al Tridentino e quello di tutti i Papi fino a Gregorio XVI.
Ma un buon cattolico è anche un buon patriota, e Don Bosco discorrendo della storia universale della Chiesa Cattolica non dimentica le glorie cristiane della sua patria, e qua e là non di raro le accenna opportunamente. Quindi ricorda i santi martiri della Legione Tebea, Secondo, Solutore,
Avventore ed Ottavio che in Torino versarono il loro sangue per la fede l'anno 300 dopo C.. Celebra S. Massimo Vescovo di Torino, morto nel 417, che, devotissimo di Maria Vergine, amantissimo dei poveri, fu così valente nel combattere gli errori di Nestorio e di Eutiche e nel tenerli lontani dalla sua diocesi, che nel Concilio Romano ebbe il primo seggio dopo quello di S. Ilario Papa. Rammenta Agilulfo Duca di Torino e poi Re d'Italia morto nel 615, che convertito dall'arianesimo usava tutte le sue forze nel far prosperare ne' suoi stati la vera religione, scacciando gli eretici, disperdendo gli ultimi avanzi dell'idolatria, fondando con S. Colombano il celebre monastero di Bobbio ed erigendo la chiesa di S. Giovanni Battista in Torino. Non dimentica la principessa torinese Adelaide, che nel 1064 faceva copiosissime donazioni alla Chiesa di S. Maria in Pinerolo in suffragio delle anime de' suoi parenti defunti. Fa cenno della venuta di S. Francesco d'Assisi in Torino, della setta dei flagellanti, del miracolo del SS. Sacramento, della carità del Beato Amedeo di Savoia, dell'Apostolo di Torino e di tutto il Piemonte il Beato Sebastiano Valfrè; del Padre Lanteri e degli Oblati di Maria Vergine; del Venerabile Cottolengo fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza, opera colossale, miracolosa meraviglia di Carità Cristiana; dell'Istituto dei Sacerdoti della carità, fondato dal celebre Abate Rosmini i cui membri formati nello studio e nella pietà si dovevano occupare delle varie parti del Sacro Ministero secondo il bisogno. E finalmente, dei molteplici Istituti della Marchesa Barolo.
In ultimo osserveremo che avendo D. Bosco destinato questo suo lavoro per i fanciulli delle scuole e degli Oratori, intreccia qua e là la sua narrazione con fatterelli edificanti ed eroici di santi giovanetti che innamoravano i suoi allievi ad essere pronti ad ogni sacrificio per la Fede e per la conservazione della grazia di Dio nei loro cuori.
Appena questa composizione di D. Bosco, vide la luce, fu trovata molto adatta alla gioventù, sia per l'assennata scelta dei fatti, sia per la facilità dello stile con cui erano esposti, e sia per la castigatezza delle espressioni che vi usava; onde venne accolta con plauso e largamente diffusa con immenso vantaggio della gioventù, il cui benessere stava sempre in capo ad ogni pensiero ed affetto dei sant'uomo. Infatti se ne fecero ben undici edizioni, e il numero delle copie finora spacciate supera le cinquantamila.
 
 
 
 
 
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