Letture Cattoliche - Lettera dell'Arcivescovo di Firenze in lode delle suddette Letture - La Pasqua: ed un muratore che D. Bosco sostiene perchè non cada Protesta di fedeltà al Papa dei giovani dell' Oratorio e il danaro di una colazione per l'Obolo di S. Pietro Lettera di D. Bosco al Papa - Tre previsioni di avvenimenti futuri - Punizione di chi scherniva il segno della Santa Croce - Lettera del Card. Marini e dispensa di età a D. Rua per le sacre ordinazioni - La morte di un giovane predetta ed avverata - Come fa D. Bosco a prevedere queste morti - Predizione a Gastini Carlo - La rovina delle Sicilie e l'andata del Ch. Castellano in paradiso - Risposta del Card. Antonelli a D. Bosco in nome del Papa - Due verbali del Capitolo: accettazione di soci - Esercizi spirituali, ricordi e mese di Maria - Garibaldi parte per la spedizione di Sicilia - Il Card. Antonelli e i volontari pontifici piemontesi.
del 30 novembre 2006
 Per Lettura Cattolica di maggio era preparato il fascicolo anonimo: Angelina o la buona fanciulla istruita nella vera devozione a Maria SS. - LA MIA GIORNATA CON MARIA - era il tema svolto in capitoli nei quali, in ogni azione comune e spirituale del giorno si propone per modello e per aiuto la Madre SS. del Salvatore. Non manca un capo che tratta della Chiesa di Gesù Cristo.
La diffusione di questi libretti stava a cuore all'Arcivescovo di Firenze, il quale rispondeva ad una lettera di D. Bosco.
 
Pregiatissimo Signore,
 
Appena ricevuta la pregiata sua del 31 marzo ho mandato a chiamare il Sac. Gerolamo Carloni, che è uno dei canonici della Basilica di S. Lorenzo di questa città e gli ho dato incarico di procurarle le notizie che Ella desidera intorno a questo bellissimo tempio. In questi giorni egli si trova assai occupato, ma appena trascorsa la Pasqua, egli si occuperà della cosa e gliene scriverà direttamente.
Io sono ben lieto di potere servirla ed esserle utile nelle sue pie intraprese in servizio della nostra S. Religione. In questi giorni sono state ristampate qui a Firenze le Conversazioni tra un avvocato ed un curato da Lei composte sovra il Sacramento della Confessione, che sono un ottimo libro e che hanno già cominciato a produrre buon effetto, ravviando qualche testa traviata. Mi è grato il dirle ciò a gloria di Dio e per di Lei incoraggiamento.
Mi darò anche cura che si diffondano qua le eccellenti Letture Cattoliche, che si pubblicano a Torino e delle quali mi ha inviato il manifesto per l'anno ottavo. Continui a comandarmi con libertà. Mi tenga ricordato nelle sue orazioni e mi creda, quale mi segno pieno di rispetto e di stima
 
Di Lei pregiatissimo Signore
Firenze, il 2 aprile 1860.
 
Dev.mo e obb.mo servo
Gioachino Arcivescovo di Firenze.
 
 
Era questo il principio di una affettuosa corrispondenza, per la quale poco dopo D. Bosco e l'esimio Prelato concertarono fra di loro il modo di arrestare la propaganda dei Protestanti, che si erano installati in un borgo di Firenze. Così narra Mons. Cagliero.
Ma D. Bosco mentre in tanti modi lavorava alla salvezza delle moltitudini, cercava di attrarre a Dio gli individui dei quali le moltitudini stesse sono composte, tutti quelli cioè nei quali s'imbatteva, e che egli stesso andava cercando. Opera questa di maggior umiltà e sacrifizio della prima. Quanti di costoro da lui invitati e confessati si videro il giorno di Pasqua, 8 aprile, fare la S. Comunione nell'Oratorio insieme coi giovanetti.
Ci raccontò il Teol. Reviglio: “Dove la via S. Domenico sbocca in via Milano, D. Bosco s'imbattè in un vecchio muratore, il quale in quell'istante sdrucciolò in modo, che si sarebbe fatto male cadendo. Il Servo di Dio lo sostenne e il vecchio esclamò, ringraziandolo: - Oh, se non era di lei, che mi sostenne, sarei caduto per terra. - D. Bosco gli rispose: - Potessi pure sostenervi ed impedirvi di cadere nell'inferno. - Tali parole fecero così impressione in quell'operaio, che in un lampo riconobbe il miserando stato dell'anima sua, il quale lo avrebbe fatto sicuramente precipitare negli abissi dell'inferno, se non si convertiva. Tocco dalla grazia di Dio volle tosto andarsi a confessare da D. Bosco, il quale ebbe così la consolazione di difenderlo dalla caduta del corpo e da quella dell'anima. Quel muratore fu tanto contento, che salutava D. Bosco ogni volta che incontravalo”.
Intanto D. Bosco, scrisse e fece scrivere dai giovani degli Oratorii una protesta di fedeltà al Papa, con 710 Sottoscrizioni e fu inviata l'11 aprile, unendovi lire 163 e 40 centesimi per l'Obolo di S. Pietro.
L'offerta ebbe occasione da questo fatto. Una caritatevole persona aveva regalata tale somma all'Oratorio e D. Bosco comunicando ai giovani la buona notizia, aggiunse che l'Oblatrice desiderava, che quel denaro servir dovesse per dar loro una gustosa colazione. Allora si levò unanime una voce: - Si mandi, al Santo Padre! - Don Bosco loro fece osservare che quel regalo era dato per i giovani e non pel Papa: - Noi ci rinunziamo volentieri, replicarono, e se occorre faremo digiuno in quel giorno, ma quel danaro lo vogliamo mandare al Santo Padre. Egli ha già fatto a noi tanti regali. - La persona caritatevole informata della generosa risoluzione di que' poveri giovani mandò un'altra somma eguale alla prima, affinchè quasi come premio della loro venerazione al Romano Pontefice, avessero parimenti un meritato e copioso companatico.
Alla protesta dei giovani D. Bosco aveva unita una lettera al Papa scrivendogli: “che stava per cadere sulla Chiesa una grave sciagura, la quale avrebbe messa a pericolo la fede di molti, e che dovrà essere difesa dal sangue dei più fedeli. Si confortasse però perchè Maria SS. preparava per la Chiesa un grande trionfo e il tempo di questo, non dover essere lontano”.
Con queste parole, tratte dalla cronaca di D. Ruffino, pare che D. Bosco alluda ai volontari Pontificii, e al trionfo, della canonizzazione dei martiri Giapponesi, poichè egli (come vedremo) tenne sempre per fermo essere ben lontana ogni speranza di ristorazione politica.
Il giorno dopo 12 aprile, D. Bosco alla sera, parlando in pubblico, fece qualche commento a quanto si era operato a sollievo del Vicario di Ges√π Cristo e soggiungeva: Nel mese di gennaio io diceva: aspettiamo il mese di marzo: e ora dico: aspettiamo il mese di agosto!
Quindi dopo aver esortato i giovani ad essere sempre franchi e generosi cristiani, disse loro:
- Vi narrerà un terribile esempio, che ha un intiero paese per testimonio. Prima delle vacanze di Pasqua un giovane dell'Oratorio si portava a casa. Fra gli altri avvertimenti ebbe quello di farsi sempre il segno della Santa Croce prima e dopo di prendere cibo. Questo giovane, benchè ottimo, si accomodò facilmente ad eseguire tutti gli altri avvisi, ma quest'ultimo gli parve difficile troppo a mettersi in pratica in casa sua, dove non eravi simile usanza, e prevedendo che sarebbe stato fatto segno a molte derisioni. D. Bosco allora disse: - Che hai da temere? Se i tuoi parenti faranno qualche osservazione tu dì loro così: - siamo in tempo di Costituzione e perciò vi è libertà per tutti.
- Bene; farò quanto ella mi dice, - rispose il giovane sorridendo, e partì pel suo paese. Quivi giunto e accolto con feste, innumerevoli furono le interrogazioni che gli vennero fatte, specialmente intorno a ciò che aveva imparato a Torino. Intanto venne l'ora aspettata della cena. Tutti si mettono a tavola come i bruti animali, senza alzare la mente a Dio, divorando coll'occhio ingordo, prima ancora che colla bocca, ciò che era stato apparecchiato. Ma il nostro giovane, non senza rossore ma con intrepidezza fece il segno di croce seguito da breve preghiera: poi si assise. A quell'atto religioso un suo fratello assai maggiore di età gli disse: - Che cosa fai? - e incominciò a motteggiarlo; gettando spropositi in fatto di pratiche di pietà.
- È tutto questo che hai imparato a Torino? Come! Tu che sei andato a scuola e che pretendi saperne tanto, ti lasci ancora dominare da questi pregiudizi? Se hai imparato solamente a fare il bigotto, potevi startene a casa.
- Caro Domenico (così chiamavasi il fratello maggiore), non sono pregiudizi, ma sono pratiche religiose che ci furono insegnate dai nostri buoni vecchi, dai nostri maestri, dal nostro parroco.
- Queste sono favole e le favole non sono pi√π pei nostri tempi: mettiti a mangiare e lascia a parte queste anticaglie.
- Io non so dove tu abbia imparato queste brutte maniere di parlare. Io trovo che sono ragionevolissimi certi atti di pietà. Il Catechismo ci dice che dobbiamo fare il segno della Santa Croce prima e dopo il cibo, ed ha ragione, perchè gli animali soltanto mangiano e bevono senza mai badare al loro creatore. Ma noi non siamo bestie, siamo creature ragionevoli, noi dobbiamo riconoscere la santa mano del Creatore in ogni opera, in ogni momento del giorno e specialmente quando andiamo a, ricevere gli alimenti che Dio ci dà per conservare questa vita, che egli eziandio ci ha donata e che ad ogni momento ci può togliere.
- Inezie, inezie, - disse Domenico, al quale gli altri fratelli avevano fatto coro; e dette queste parole si venne a parlare d'altro e per quella sera la cosa passò così.
Ma il domani doveva essere battaglia campale. Per festeggiare l'arrivo dello studente furono, dalla madre vedova, assai trascurata nelle cose di religione, invitati a pranzo parenti ed amici. Il momento di sedersi a mensa che avvicinavasi, metteva in un po' di timore e di confusione il nostro caro giovane, ma quando tutti ebbero preso posto intorno alla mensa senza preghiera, egli non mancò alle sue promesse. Appena ebbe incominciato il segno di croce, da tutte parti le risa, i motteggi, le villanie, tennero luogo delle congratulazioni e dei complimenti che si usano in tali circostanze. Fatto un po' di silenzio suo fratello Domenico, capoccia di quel baccano, gli rivolse la parola schernendolo:
- Oh! Dimmi un po', vuoi tu che facciamo un patto tra me e te?
- Quale sarebbe?
- Questo che ti dico: tu farai dei segni di croce, dirai dei Pater noster ed io mangerò la tua parte di pietanze. Al fine del pranzo poi vedremo chi sarà più benedetto e avrà meglio pranzato.
- Come vuoi! e, se così ti piace, io sono contentissimo di lasciarti la mia parte di pietanza. A me basterà la minestra con pane e formaggio, purchè tu mi lasci in libertà di compiere le mie pratiche religiose. In quanto poi al dir dei Pater mi basta adempiere semplicemente al mio dovere.
Così si fece: Domenico scherzando mangiava la sua parte e poi mettevasi innanzi quella che il fratello cedevagli. I commensali, gente male educata, sghignazzavano.
La sera all'ora di cena Domenico disse di nuovo al fratello: - Siamo intesi: tu farai il Segno della Croce e pregherai a piacimento, e la mia preghiera consisterà nel mangiare la tua pietanza.
- Non m'importa cederti la mia pietanza, prendila pure, ma mi rincresce che tu abbia così perduta la religione. Credimi, o fratello, io sono profondamente -addolorato; che se tu non vuoi praticarla, almeno non burlartene, poichè D. Bosco mi ha detto e più volte ripetuto che col Signore non si burla, e che la religione è una spada a due tagli, che ferisce chiunque tenta d'impugnarla. Credimi; col Signore non si burla.
Mentre cenavano entrò nella stanza un buon numero di giovanastri che si unirono a Domenico per burlare suo fratello. Io non voglio qui ripetere le scempiaggini degli uni e le salde risposte date dall'altro. Dico solo le cose essere giunte al punto che tutti insieme schiamazzavano, mentre il poveretto non poteva più dire altro se non che: Col Signore non si burla.
Finita la cena quel cattivo disse a suo fratello: - Ebbene, hai mangiato con appetito?
- Sì: io sto benissimo; è vero che non ho il mio stomaco così pieno come il tuo, ma spero che la digestione la farò più facilmente.
- Oh, oh! i Pater noster li digerisci con molta facilità! - ripigliò quell'incauto, il quale non aveva ancor finito di parlare che incomincia ad impallidire e a storcersi; poi si tocca il ventre e infine dice: - Mi sento un po' male alla pancia... il dolore cresce... mi vien caldo... aiutatemi.
Erano le dieci di sera e i compagni che stavano già per partirsene gli andarono d'attorno e vedendo che non si riaveva, lo portarono di peso in letto. Violenti convulsioni lo assalgono e acutissimi dolori d'intestini lo costringono a mandare grida spaventevoli. I compagni erano là sbalorditi e la madre mandò tosto pel medico, non sapendo quali cure prestargli. Allora il buon fratello si avvicina all'infermo e gli domanda se è contento che vada a chiamare il parroco. Domenico con un atto di furia gli minaccia uno schiaffo, per un momento lo respinge; ma tosto lo richiama e fa segno che vada presto dove aveva detto.
Giunsero poco dopo quasi contemporaneamente il Parroco e il medico e l'infermo moriva la notte seguente soffocato dalle convulsioni e di una rottura al petto. Egli però aveva riconosciuto e detestato il suo fallo e le ultime sue parole furono queste:
- Compagni, non disprezzate mai la religione: col Signore non si burla; io muoio percosso dalla mano di Dio in castigo della mia intemperanza e delle bestemmie proferite contro di Lui.
Speriamo che questo giovane sia spirato nella misericordia del Signore. Fu per altro una terribile lezione a que' compagni, che giudicarono di non fare opera migliore, se non coll'andare il pi√π presto possibile ad un convento di cappuccini per confessarsi e ricevere la loro Pasqua.
Il fratello piange la morte di questo poveretto, e prega ogni giorno del riposo dell'anima sua.
Mentre D. Bosco così spargeva la buona semente, ornai era certo che nuovi e valenti operai lo avrebbero aiutato a raccoglierne il frutto. D. Rua ormai terminava il corso regolare di Teologia. Si era chiesto a Roma la dispensa della sua età per le Sacre Ordinazioni ed affettuosa fu la risposta ricevuta da D. Bosco.
 
Rev. Signore,
 
Mi è grato di aver potuto corrispondere a' suoi desiderii. Qui
unita le mando la dispensa a favore dell'ottimo suo protetto e cooperatore nelle Opere di Carità e di Religione D. Michele Rua. Il Santo Padre per darle una prova ulteriore di sua benevolenza, ha concessa la grazia implorata per semplice rescritto, che è quello che qui accluso le ho mandato, onde esonerarlo da qualunque spesa.
Desidero sempre di prestarmi ove posso; La prego a non dimenticarmi nelle sue orazioni, mentre salutandola distintamente mi confermo con tutta la stima
Roma, 20 aprile 1860
 
Di Lei
 
                                                                       Servitore vero verissimo addittissimo
P. Cardinale Marini.
 
Tale dispensa però arrivava tardi, essendo allora necessario per l'esecuzione del Rescritto il placet Regio; sicchè D. Rua dovette attendere ancora per due mesi il compimento de' suoi vivi desiderii.
Il Signore intanto co' suoi doni dava a D. Bosco prova di gradire quanto operava per la sua gloria. Nota D. Ruffino in data del 7 aprile: “Più volte D. Bosco nei giorni precedenti annunziò: - Qualcheduno della casa dovrà morire in questo mese.
” Il 24 aprile moriva il torinese Trona Alessandro di anni 14, entrato nella casa con suo fratello il giorno 8. Era stato messo all'Oratorio da un certo signor Gianoglio per sottrarlo alla vita cattiva, che toccavagli fare in casa di suo padre. La prima Domenica che si trovò qui, ossia la Domenica in Albis, 15 aprile, fece la sua Pasqua. Dai sette anni non si, era più confessato. Il giorno dopo si coricò infermo di rosalia, il 22 Domenica, ricevette il Santo Viatico, lunedì l'Estrema Unzione, ed il martedì morì di tifo circa alle ore nove e mezza antimeridiane”.
Si parlò molto in casa di queste ripetute previsioni e D. Bosco talvolta disse, presente D. Francesia: - Se sapeste quanto mi costa prevedere l'avvenire degli altri! - Dà ciò si arguisce che vi fosse qualche condizione misteriosa o sacrifizio straordinario e che fosse ciò effetto delle sue preghiere.
- Come fa, un giorno fu interrogato a sapere i giovani che dovranno morire?
- Vedo talora, rispose, molti sentieri ciascuno dei quali è percorso da un giovane e il sentiero è interrotto da un fosso a metà, a un terzo ovvero a un quarto della - sua lunghezza; altra volta sopra questi sentieri a un certo punto leggo la cifra dell'anno, del mese, del giorno.
Carlo Gastini andò a chiedere a D. Bosco fino a quale età sarebbe vissuto. D. Bosco gli rispose: - Fino a settanta anni! - Questa predizione il buon Gastini la ricordò mille volte in prosa ed in poesia ed era conosciuta da tutto l'Oratorio ed anche da molta gente di fuori. Ed egli moriva nel 1901, il giorno dopo che era entrato nel settantesimo anno, assistito da D. Rua.
Succedevansi le previsioni. D. Ruffino nota nella sua cronaca. “Il 25 aprile D. Bosco disse privatamente: Sono decise due cose: - La rovina delle Sicilie e l'andata del Chierico Castellano in paradiso”. Questo chierico malaticcio erasi ritirato a casa sua in Torino per sottoporsi ad una cura diligente.
Intanto mentre in Piemonte si preparavano segretamente gli uomini e le armi per conquistare l'Italia meridionale, Pio IX faceva rispondere alla lettera di D. Bosco.
 
Ill.mo Signore,
 
Rassegnai volentieri al Santo Padre il plico che V. S. Ill.ma mi rimetteva col suo foglio del 25 aprile e del quale mi manifestava il contenuto. La Santità Sua accolse lo scritto con vero gradimento, conoscendo appieno il figliale zelo, ond'era dettato. Implora frattanto su Lei e sopra i giovanetti alla sua direzione affidati la copia delle celesti benedizioni. Ed esortandola al non cessare dalla preghiera di cui molto si abbisogna,, ho il piacere di conformarmi con sensi di distinta stima
Di V. S. Ill.ma
Roma, 17 maggio 1860.
 
Servitore
G. Card. Antonelli
 
Sig. D. Giovanni Bosco - Torino.
 
 
Colla benedizione del Papa D. Bosco aggregava nuovi confratelli alla sua Pia Società, come si legge nei seguenti due verbali delle sedute del Capitolo.
 L'anno del Signore 1860, 1 maggio, il Capitolo della Società di S. Francesco di Sales si è radunato per fare l'accettazione dei giovani, Capra Pietro figlio di Francesco di Alfiano, Albera Paolo figlio di Gio. Battista da None, Garino Giovanni figlio di Antonio da Busca, Momo Gabriele figlio di Giuseppe da Saluggia, tutti proposti dal Rettore D. Bosco in altra seduta anteriore. Pertanto dopo la solita preghiera ed invocazione dello Spirito Santo fecesi la votazione. Capra Pietro ottenne i pieni voti, gli altri su sette voti ebbero ciascuno un sol voto negativo. Perciò tutti furono ammessi alla pratica delle regole della Società.
 Due giorni dopo il Capitolo tenne un'altra seduta.
L'anno del Signore 1860 li 3 maggio alle 10 pomeridiane il Capitolo della società di S. Francesco di Sales radunossi per l'accettazione dei giovani, Ruffino Domenico, Chierico, figlio di Michele, da Giaveno, Vaschetti Francesco, Chierico, figlio di Pietro, di Avigliana, Donato Edoardo fu Carlo da Saluggia. Fatta secondo il solito la votazione, il Chierico Ruffino su sette voti ne ottenne sei, il Chierico Vaschetti ne ottenne cinque, il giovane Donato ebbe i pieni voti. Pertanto furono tutti ammessi alla pratica delle regole di detta Società.
Tutti i sunnominati per ingegno, studio, pietà, e condotta erano fra i primi dell'Oratorio: D. Bosco aveali formati a sua immagine e somiglianza pel candore, l'attività e risolutezza di propositi. Gli irresoluti, i snervati di volontà non facevano per lui, specialmente se gli fossero stati raccomandati per lo studio. In questi giorni scriveva alla signora Damigella Adele Daviso di Chieri.
 
Pregiatissima Signora,
 
La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi.
Affinchè il giovanetto Rossi possa essere accolto in questa casa, bisogna che pensi a qual cosa voglia appigliarsi in fine de' suoi studi; ma egli sa nemmeno se ami più un mestiere o lo studio. In tale dubbiezza Ella potrebbe indirizzarlo al sig. Can. Caselle che saprà studiarlo e consigliarlo nella sua vocazione ed io sono sempre pronto di fare per questo suo raccomandato quanto sembrerà di maggior gloria di Dio e bene dell'anima di lui.
Raccomando me e i miei giovanetti alla carità delle divote di Lei preghiere, mentre colla dovuta stima mi professo nel Signore
Di V. S. Preg.ma
Torino, 24 aprile 1860.
Devot.mo servitore
Sac. Bosco Giovanni
 
 
“Si era in tempo di esercizi spirituali, si legge nella Cronaca di. Don Bonetti, i quali incominciati il 30 aprile, finivano il 4 maggio. Oltre ai ricordi dettati ai giovani dai predicatori, D. Bosco volle dar loro egli pure alla sera i suoi. Ci diede due “F” ed un “S”. Il primo “F” spiegò che voleva dire frequenza dei SS. Sacramenti della Confessione e della Comunione. Il secondo “F” fuga dei cattivi compagni e frequenza dei buoni compagni, che possono insegnarci la strada della virtù e lo spirito di pietà. L'“S” schiettezza e sincerità nella confessione. - Oh I miei cari figliuoli, proseguì, se voi mettete in pratica queste raccomandazioni io vi assicuro che il demonio farà banca rotta”.
Con gli esercizi spirituali era incominciato il mese consecrato a Maria, nel quale, testifica il Can. Ballesio, D. Bosco dava un fioretto generale per tutto il mese ed un particolare ogni sera per ciascun giorno, i quali fioretti erano molto osservati con profitto dei giovani e della disciplina interna.
Mentre così D. Bosco informava a virtù lo spirito dei suoi alunni, Garibaldi radunati i suoi volontarii, con 1000 di questi, tolti con simulata violenza due piroscafi alla società Rubattino, s'imbarcava a Quarto presso Genova il 5 maggio. Cavour segretamente lo forniva d'armi e di danari. Protetto da navi da guerra inglesi, l'11 maggio approdava a Marsala. La Sicilia eccitata da molti emissarii sollevavasi; i soldati del Re di Napoli o impauriti o traditi, si lasciarono vincere a Calatafimi, a Palermo e a Milazzo. Garibaldi il 28 luglio poteva entrare in Messina. Le navi da guerra Napoletane erano dai loro comandanti consegnate all'ammiraglio Piemontese Persano. Francesco II era troppo debole ed inesperto di fronte a coloro, che numerosi congiuravano, contro il suo trono.
Intanto conoscendosi a indizii abbastanza chiari che la guerra doveva finire per cadere sul Papa, affluivano a Roma i giovani generosi di varie nazioni, e molti della prima nobiltà Francese e Belga, per arruolarsi in sua difesa nell'esercito pontificio. Eziandio alcuni Piemontesi si portarono a Roma per militare sotto quelle bandiere, ma non furono accettati. Il Cardinale Antonelli disse loro che si facessero dare una commendatizia da D. Bosco.
 
 
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