La guerra in Germania e in Italia - La Madonna protegge un soldato, figlio di una benefattrice di D. Bosco - Statistica delle scuole per gli esterni - Sussidio del Regio Economato dei benefizii vacanti agli Oratorii festivi - Supplica presentata al limosiniere della Casa Reale - Ringraziamenti ad una benefattrice e due lettere che raccomandano i lavori della chiesa - Lissa: D. Bosco e il Conto Radicati - D. Bosco a S. Ignazio e al Collegio di Lanzo - Sua lettera ad un chierico che gli raccomanda il padre infermo e lo prega di un consiglio riguardo agli studii - Lettura delle promozioni e distribuzione dei premi nell'Oratorio - Don Bosco scrive agli alunni di Mirabello: avvisi per le vacanze - Armistizio della Prussia coll'Austria - D. Bosco raccomanda a un santo sacerdote la diffusione delle Letture Cattoliche, e lo incoraggia a confessare - Alcuni fascicoli delle Letture.
del 06 dicembre 2006
 La guerra imperversava. I battaglioni prussiani che avevano conquistato l'Annover si erano vòlti contro la Baviera e i confederati; il 3, il 4 e il 10 luglio sostennero battaglie micidiali e dopo una grossa zuffa a Grossdorf i Bavaresi finirono con ritirarsi a Würzburg. I Prussiani non li inseguirono, ma dirizzarono la loro marcia verso Francoforte sul Meno, sede della Dieta, e vi entrarono il 16 luglio dopo un fierissimo combattimento. Altri corpi prussiani occupavano il Ducato di Nassau e il 18 luglio entravano in Darmstadt, capitale dell'Assia granducale. Così ad uno ad uno i federati furono disfatti e soggiogati.
Nello stesso tempo 300.000 Prussiani penetravano in Boemia, territorio dell'Impero Austriaco. Dal 26 al 30 giugno sostennero sanguinosi combattimenti, ma sempre avanzandosi; e il 3 luglio a Sadowa, presso la riva destra dell'Elba, ebbero di fronte l'esercito imperiale, forte di 250.000 combattenti. Si attaccò la battaglia essendo presente il Re Federico Guglielmo; dal mattino alla sera fu orribile la strage da una parte e dall'altra, ma la vittoria rimase ai Prussiani. Gli Austriaci andarono in piena rotta. L'8 luglio i vincitori entrarono in Praga e il 13 occuparono Brünn desertando la Boemia e la Moravia. Il 17 stabilirono a Londenbourg sulla Thaya il loro quartiere generale per tagliare il passo verso Vienna all'esercito austriaco, che si era rannodato ad Olmütz; cosicchè, scompigliatolo, soli 45.000 poterono giungere a Florisdorf nel campo trincerato sulla sinistra del Danubio. Vienna era in pericolo.
Fin dal 1° luglio l'Imperatore Francesco Giuseppe per rendere possibile l'unione delle sue truppe in Italia con quelle dell'esercito del nord, aveva offerto a Napoleone le provincie del Veneto; e Napoleone il giorno 4 accettava la cessione e di farsi mediatore di un armistizio e di un trattato di pace tra l'Austriaco e Vittorio Emanuele. Ciò fatto, furono messi in marcia alla volta di Vienna 40.000 soldati veterani che erano in Dalmazia e una parte dell'esercito che aveva combattuto a Custoza.
L'Imperatore de' Francesi il 5 luglio dava notizia per telegrafo al Re d'Italia della cessione a lui fatta del Veneto e proponeva un armistizio. Gli fu risposto che prima bisognava intendersela colla Prussia; e Bismarck inculcò l'osservanza dei patti stipulati, cioè di non fare pace, senza un reciproco consenso. L'Italia pertanto rifiutò l'armistizio e, non avendo fatto Napoleone alcun atto di prendere possesso del Veneto, si affrettò di occupare quanto più le fosse possibile di territorio nelle provincie che venivano abbandonate dagli Austriaci. Perciò una parte dell'esercito imperiale dovette rimanere in difesa del quadrilatero, di Venezia, del Trentino e dell'Isonzo.
Il generale Nunziante, con una divisione, ricevuto ordine d'impadronirsi della testa di ponte sul Po, tenuta dagli imperiali a Borgo Forte sulla strada di Mantova, dopo 13 giorni di assedio e un cannoneggiamento furioso l'occupava il giorno 18.
L'8 luglio Cialdini, valicato il Po nelle circostanze di Sermide verso Massa con oltre 100.000 uomini, senza incontrare il nemico entrava il giorno 10 in Rovigo. Oltrepassato l'Adige, occupava Padova senza colpo ferire, poi Vicenza e Treviso. Il 16 giungeva al Tagliamento e il generale Cadorna s'inoltrava verso l'Isonzo, non raggiungendo gli Austriaci, che si ritiravano accumulando rovine e ostacoli d'ogni natura per impedirgli la marcia.
Intanto Garibaldi si era avanzato nel Tirolo passando ad occidente della valle del Chiese, e la divisione del generale Medici marciava su Trento per la Valsugana. Ma l'uno e l'altro incontravano ad ogni passo, pronti ad attraversare loro la via, numerosi nemici, che ributtavano con asprissimi combattimenti.
D. Bosco in questo tempo non si era allontanato da Torino. Pregava e faceva pregare per i suoi allievi soldati e per tanti altri che erano al campo e gli erano stati raccomandati; e parve che la Madonna stendesse realmente sopra di loro come scudo il suo manto materno.
La Contessa Virginia Cambray Digny l'II agosto 1866 scriveva al Cav. Oreglia:
“ Sono persuasa di aver ricevute molte grazie mediante l'intercessione dell'ottimo Don Bosco, e serberà sempre memoria della carità grande ch'egli mi ha usata e mi fa tuttavia, pregando e facendo pregare per me e per la mia famiglia.
Il mio figlio ufficiale si trovò impegnato il 26 luglio in uno scontro agli avamposti col suo Reggimento contro forze nemiche assai maggiori; per divina misericordia e per l'intercessione di Maria SS. mossa in suo favore dalle loro preghiere, egli ne uscì sano e salvo, mentre due soldati che gli erano vicini ricevevano varie ferite; ed ebbe anche la sorte di meritarsi per la sua condotta l'approvazione dei suoi compagni.
” Ella vede adunque, sig. Conte, ch'io debbo molto alle loro preghiere, della di cui efficacia ho già tante prove e nelle quali ripongo gran fiducia anche per l'avvenire.
” Non so dirle quanto mi facesse piacere il sentire dalla sua lettera che la salute di Don Bosco era alquanto migliorata. Ho saputo in seguito dalla March. Nerli che il miglioramento continuava e mi lusingo che adesso sarà del tutto ristabilito ”.
D. Bosco infatti non cessava di occuparsi dell'Oratorio e non dimenticava la fabbrica della chiesa.
Dovette rispondere alla circolare del R. Provveditore agli studi F. Selmi che in data del 12 luglio aveva chiesto per ordine del Ministro un'esatta statistica del suo convitto, da trasmettersi nei primi venticinque giorni del mese stante; e invitato, dava notizie anche al Teol. Baricco, Regio Ispettore per gli studi primarii della Provincia di Torino, inviando una statistica delle scuole elementari serali e festive dell'Oratorio di S. Francesco di Sales nell'anno 1865-1866.
La ringrazio infinitamente della premura che si prende per le nostre scuole e volentieri rispondo alle spiegazioni che Ella domanda.
” Furono sei le classi in cui si insegnava dai primi rudimenti di lettura fino alla grammatica ed aritmetica inclusive. Gli insegnanti sono tutti chierici addetti al medesimo Oratorio, aiutati anche dai giovani più provetti, sotto la direzione dei professori G. B. Francesia e Celestino Durando, sacerdoti. Il numero massimo di ogni classe è in media di 35 alunni che raramente va fino a 40. Le classi si tengono aperte dal mese di novembre a tutto luglio inclusivo. Si ebbe l'anno scorso il sussidio di 500 lire come aiuto, e per le scuole serali e diurne e per le ginnasiali ed elementari.
” N.B. - Oltre alle scuole di lettura, scrittura, grammatica ed aritmetica, serali e festive pei giovanetti artigiani, v'ha pure ogni sera la scuola di musica vocale o strumentale per 500 e più giovanetti ”.
 
Nè cessava di chiedere sussidii. Secondo il solito di ogni anno, aveva rivolto una supplica al Regio Economato generale dei benefizi ecclesiastici in Torino a favore degli Oratorii di Valdocco; Portanuova, Vanchiglia e S. Salvario; e l'Economo generale Fenoglio, con notificazione del 14 luglio, gli annunziava che il Governo di Sua Maestà erasi degnato di concedergli la somma di lire cinquecento.
Altra domanda presentava al Limosiniere di Casa Reale.
 
Sacra Real Maestà,
 
I poveri giovani ricoverati nella casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales, in numero di circa ottocento, trovandosi ridotti a gravi strettezze, fanno umile ricorso alla provata carità di V. S. R. M., supplicandola a voler prendere in benigna considerazione la misera loro condizione e concedere quel caritatevole sussidio che al paterno di lei cuore sarà beneviso.
Memori del benefizio, non mancheranno di porgere a Dio ogni giorno speciali preghiere per la conservazione dell'Augusta di Lei persona e di tutta la Reale Famiglia.
Che della grazia,
Torino, 18 luglio 1866,
A nome degli umili ricoverati
Sac. Bosco GIOVANNI
 
Al contino Callori inviava una risposta di ringraziamento, dalla quale traspare la tranquillità dell'animo suo, al pari della sua riconoscenza per quella nobile famiglia.
 
 
Torino, 23 luglio 1866.
 
Carissimo sig. Cesare,
 
Ella è sempre un buon segretario perchè scrive sempre cose buone, utili, vantaggiose. Grazie adunque della limosina che Maman si dispone di fare e fa in mille franchi per la costruzione del pulpito. Spero che Maria Ausiliatrice non istarà indietro a Maman in generosità.
Prima che termini questo mese porterò i mille franchi a sua casa come mi scrive e farò in modo di portare altrettanti napoleoni, ma tutti col capo scoperto. Perchè se portassi insieme cinquanta napoleoni col cappello in testa, forse metterebbero in combustione fin Giove Saturno e Marte, ecc.
Appena saranno ritornati dai bagni, spero di poterli riverire personalmente a Casale o a Vignale. Li assicuro però che ogni dì li raccomando tutti in particolar modo nella Santa Messa.
La grazia del Signore l'assista e il santo timor di Dio sia ognora la sua ricchezza favorita ed ambita. Amen.
Con gratitudine e stima mi professo
Di V. S. Carissima,
Aff.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
 
I lavori della chiesa progredivano; perchè il Servo di Dio non cessava di raccomandarli a quanti ricorrevano a lui per consiglio. Ecco due altre sue lettere, indirizzate a Roma; la prima all'illustrissima signora Contessa Violante Runez, Nancy.
 
Benemerita Signora,
 
La grazia di Nostro Signore Gesù Cristo sia sempre con noi! Ringrazio V. S. B. della cristiana lettera che si compiacque indirizzarmi. Farò quanto Ella mi dice; preghino e farò anche pregare questi miei giovanetti per le due famiglie che mi raccomanda; ma bisogna aver pazienza e rassegnazione e riconoscere in ogni cosa la santa volontà del Signore. Se poi Ella vuoi fare qualche cosa per noi, aiuti la marchesa Vitelleschi a spacciar alcuni cartellini di Lotteria il cui provento
è destinato alla costruzione della chiesa in questa città, sotto il titolo di Maria Ausiliatrice.
Io le auguro ogni celeste benedizione: Ella poi si degni di pregar per me e per li miei poveri giovanetti, mentre ho l'alto onore di potermi professare,
Di V. S. Benemerita,
Torino, 25 luglio 1866,
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Colla seconda lettera rispondeva all'Ecc.ma Presidente delle Oblate Benedettine Olivetane a Tor de' Spechi, Madre Maddalena Galeffi.
 
 
Torino, agosto 1866.
 
Rev. Signora Madre,
 
Ho ricevuta la sua lettera piena di cristiani sentimenti e la ringrazio delle sollecitudini che ella si dà pel bene di questi poveri giovanetti, che di nuovo raccomando alle divote di Lei preghiere.
Si faccia animo. Ella e le sue figliuole in Cristo preghino e sperino tutto da Gesù in Sacramento. A questo riguardo induca la novizia testè accolta a fare qualche preghiera a questo scopo e la vedrà cangiata, cioè deporrà ogni suo scrupolo.
L'assicuro che raccomanderò eziandio al Signore il bene spirituale di suo fratello. Ella poi faccia quanto può per aiutare la benemerita signora Contessa Calderari a spacciare biglietti di una Lotteria, che già forse conoscerà e di cui sentiamo il bisogno.
Dio benedica Lei e le sue fatiche, e la Santa Vergine difenda e protegga tutta la sua comunità e le faccia tutte sante. Amen.
Raccomando me alla carità delle sue preghiere e mi professo
Di S. V. Rev.da
Dev.mo Servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
 
Giungeva intanto la notizia d'una grande battaglia navale imminente. Il 16 luglio la flotta italiana era partita da Ancona comandata dall'Ammiraglio Persano. Il 18 e il 19 bombardava le fortificazioni dell'isola di Lissa, ma non riusciva ad operare uno sbarco di truppe; e la corazzata La Terribile rimaneva così malconcia dalle artiglierie nemiche da doversi riparare in Ancona. Il 20 compariva la flotta austriaca del Tegethof e si spingeva impetuosa ad attaccar battaglia. La Capitana Re d'Italia investita furiosamente andava a picco con tutto l'equipaggio e un'altra corazzata, la Palestro, incendiata dalle granate, saltava in aria con quanti aveva sopra. La flotta italiana, per l'imperizia di Persano, nell'impossibilità di respingere i nemici, verso sera si ridusse tutta nel porto male abbandonato. Per colmo di disastro la corazzata l'Affondatore sommergevasi poi nel porto stesso per l'urto violento de' marosi.
Alle prime voci di una sconfitta, D. Bosco che aveva amici nell'armata navale, ansioso di saperne novelle, passò in vettura insieme con D. Durando al palazzo prefettizio. Il Servo di Dio non discese e D. Durando salì all'ufficio del Conte Radicati, il quale mentre gli diceva non esser ancor giunte notizie ufficiali, ecco giungere un telegramma dal Ministero. Lo aperse e lesse quella frase famosa: - Siamo rimasti padroni delle acque! - Il Conte alzò gli occhi al cielo, si mise le mani nei capelli ed esclamò: - Ciò vuol dire una sconfitta. È un sanguinoso eufemismo per annunziare un terribile disastro. - E a capo scoperto scese per far leggere a D. Bosco il telegramma; capitano della Palestro era Faà di Bruno, suo cognato; e il Servo di Dio si recò dalla Contessa Radicati a confortarla per la perdita del fratello.
Adempiuto quel dovere di carità e gratitudine cristiana, si portò a Lanzo per dimorare qualche giorno a S. Ignazio, presiedere nel Collegio alla distribuzione dei premi, e visitar un infermo, padre di un suo chierico Lanzese. Era questi Giovanni Battista Verlucca, che fu poi professore in Seminario e Canonico Penitenziere della Metropolitana di Torino, il quale gli aveva scritto anche domandando consiglio se dovesse compiere i suoi studii in collegio o in Seminario.
D.. Bosco gli aveva risposto.
 
 
 Carissimo Verlucca,
 
volentieri unirà le povere mie preghiere e quelle de' giovani di questa casa a prò di tuo padre, e voglio anche dire una parola speciale a Savio Domenico. Di qui alla festa di Maria Assunta in Cielo recita ogni giorno tre Pater, Ave e Gloria a Gesù Sacramentato in onore di Savio Domenico, di cui egli era molto divoto. Andando a Lanzo spero di potergli fare una visita.
In quanto alla scelta del luogo di fare i tuoi studi c'è tempo a pensarci e a deliberare. Tu abbi solamente di mira di scegliere quel sito che sarà di maggior gloria di Dio e di maggior vantaggio all'anima tua. Noto solo che i grandi sacrifizi fatti in gioventù sembrano pungenti spine, ma esse saranno poi cangiate in odorifere rose nella eternità. Spero che presto potremo vederci.
Dio benedica te e le tue fatiche, prega per me che di cuore sono tutto tuo
Torino, 18 luglio 1866,
 aff.mo nel Signore
Sac. BOSCO GIOVANNI.
 
 
Il 26 luglio, giovedì, segnava gran festa pei giovanetti studenti dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, la solenne distribuzione dei premi. Si erano fatte lungo il mattino le funzioni di chiesa, e molti degli alunni, se non tutti, s'erano pure accostati ai SS. Sacramenti, avevano sentita la parola di addio dal loro amato D. Bosco, e presa la benedizione di Gesù Sacramentato. Raccolti quindi in luogo a ciò adattato si preparavano a sentire l'esito delle loro fatiche, e la proclamazione dei giudicati degni di premio. Il dire quale fosse il desiderio di tutti era facile; lo si vedeva chiaramente scritto a ciascuno in volto: quello di essere del bel numero uno.
Mons. Pietro Rota, Vescovo di Guastalla, onorava di sua presenza la solennità, ed una corona illustre di altri personaggi le accresceva maestà e decoro.
In questa occasione il Direttore degli studii D. Francesia indirizzò ai giovani un discorsino tutto cuore, che ben rivelava il molto affetto che nutriva per loro.
Nello stesso giorno D. Bosco scriveva agli alunni di Mirabello gli avvisi che aveva dato a voce ai giovani di Lanzo e a quelli dell'Oratorio.
 
 
Ai miei cari figliuoli di Mirabello.
 
Aveva deliberato di recarmi presso di voi nel giorno della domenica prossima, quando imperioso motivo mi fa cangiare divisamento. Mi rincresce assai; ed aveva già perfino stabilite le cose che desiderava di dirvi. Pazienza. Dio vuole riserbare questa nostra consolazione dopo le vacanze ed allora spero che passeremo insieme non un giorno, ma una settimana.
Intanto io giudico bene di augurarvi vacanze felici con alcuni paterni avvisi che mi sembrano necessarii alle anime vostre.
1° Io ringrazio il vostro Direttore, Prefetto, i Maestri, Assistenti e tutti gli allievi del piccolo Seminario, di tutte le cortesie, della pazienza usatami e delle preghiere fatte per la povera anima mia. Continuate, o cari figliuoli; io vi assicuro che ogni giorno vi raccomando tutti quanti nella Santa Messa.
2° Ognuno prima di partire pulisca la coscienza, con un fermo proponimento di volerla conservare tale fino al ritorno dalle vacanze, per quella settimana o per quel giorno che vi sarà stabilito per ritornare; ma non lasciatevi adescare da alcune frivolezze per rimanere a casa oltre il tempo stabilito, ad eccezione che lo stato della vostra sanità non ve lo permetta.
3° Giunti a casa, andate tosto da parte mia e degli altri vostri Superiori a salutare i vostri parenti, il vostro parroco, maestro ed altre persone verso cui abbiate qualche obbligazione. Questo è uno stretto dovere di gratitudine, che farà piacere agli altri e sarà eziandio vantaggioso a voi stessi.
4° Fate a casa la solita meditazione, messa, lettura quotidiana, come facevate in collegio. La medesima frequenza alla confessione e comunione.
5° Col vostro contegno in famiglia fate vedere che il vostro anno scolastico non fu perduto; perciò siate modelli agii altri vostri parenti ed amici nella virtù dell'obbedienza; sopportate con carità le molestie degli altri, siate senza pretese nel cibo, nel riposo, nel vestirvi e simili.
6° Non si possa mai dire di voi che facciate cattivi discorsi od anche solo ne ascoltiate. Ocorrendovi di sentire qualcheduno a farne, imitate il vostro protettore S. Luigi; o rimproverare chi li fa, o fuggire immediatamente dalla pericolosa compagnia.
7° Procurate di raccontare qualche fatto, qualche esempio, letto, udito, studiato a quelli che lo vogliono ascoltare; oppure leggete qualche buon libro; ma guardatevi dalle cattive letture, come da un mortale veleno delle vostre anime.
Certamente, o miei cari figliuoli, io vi direi ancora molte altre cose se la brevità di una lettera lo comportasse. Vi dico per altro ancora che voi andando altrove troverete persone più dotte e di gran lunga più virtuose di me, ma difficilmente potrete trovarne di quelle che più di me cerchino il vostro bene. - Perciò voi ricordatevi di me ogni mattino nell'ascoltare la Santa Messa; io non mancherò dal canto mio di far ogni giorno una commemorazione per tutti voi nel celebrarla.
Quale grande consolazione per me, che grande fortuna per voi se andaste a casa e ritornaste senza perdere la grazia del Signore! Del resto riposate, state allegri, cantate, ridete, passeggiate, e fate quanto altro vi piace, purchè non commettiate peccati.
Buone vacanze, miei cari figliuoli, e buon ritorno dalle medesime. La benedizione del Signore vi accompagni in ogni passo.
Il Direttore delle scuole dia pure a leggere ed anche a copiare, a chi lo bramasse, questa lettera.
La grazia di N. S. Ges√π Cristo, sia sempre con noi e la S. Vergine Maria ci assista e ci aiuti a perseverare per la via del Cielo. Amen.
Credetemi sempre con paterno affetto tutto vostro nel Signore,
Torino, 26 luglio 1866,
aff.mo amico
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
P.S. - D. Bonetti riveda perchè non ho potuto leggere.
 
 
Coi finire di questo mese avevano pur termine tante ecatombi di vittime umane e potevasi esclamare col salmista: - Dissipa gentes quae bella volunt. Bismarck avendo in mano quanto bastava pel compimento de' suoi disegni, senza consultare punto l'Italia, offerì all'Austria una tregua di cinque giorni e il 22 luglio l'armistizio era conchiuso; il 26 i plenipotenziarii di ambe le parti firmavano l'accordo per i preliminari di pace.
L'Italia fu sdegnata a quella slealtà per un misto d'ira e di sgomento, perchè, se non affrettavasi subito a stipulare una tregua, era in pericolo di vedersi piombare addosso l'esercito già vittorioso a Custoza e gran parte del vinto a Sadowa, smanioso di pigliarsi una rivincita, cioè 320.000 soldati. Perciò le fu giuocoforza il 24 luglio, pel consiglio autorevole di Napoleone, di firmare coll'Austria un armistizio per otto giorni. Quindi il 27 luglio vennero fermati il generale Medici giunto a Pergine, distante solo otto chilometri da Trento; Garibaldi, la cui avanguardia toccava già Riva sul Garda, scopo della spedizione; Cialdini, già sulle sponde dell'Isonzo in procinto di muoversi all'invasione di Trieste.
Le trattative per i preliminari della pace durarono fino al 10 agosto, poichè l'Austria rifiutava secco e reciso l'uti possidetis militare. Ella esigeva la ritirata delle truppe italiane fin sulla destra del Tagliamento e lo sgombro assoluto di tutto il Tirolo. E l'Italia dovette acconsentire per necessità.
Fra il tumultuare di tanti commovimenti ed interessi politici, D. Bosco nella quiete della sua cameretta continuava a scrivere lettere e a mandare programmi delle Letture Cattoliche. La diffusione di queste egli giudicava essere una delle prime opere ed una delle principali fra le sue obbligazioni. Si trattava di salvare migliaia di anime, o svelando le perfidie degli eretici, o strappando loro di mano i libri corrompitori dei costumi.
Riportiamo una sua lettera scritta a D. Raffaello Cianetti di Lucca, perchè certi consigli possono incoraggiare i sacerdoti timidi nell'esercizio del sacro ministero.
 
Carissimo Sig. D. Cianetti,
 
Ho a suo tempo ricevuta la roba della Caturegli e trasmessa ad uso del medesimo suo figlio. Riguardo al timore di confessare non ci badi. Difficilmente un penitente ne sa più di Lei. D'altronde noi dobbiamo giudicare della nostra idoneità dagli esami e dalla volontà dei Superiori. Di più nel lavorare per le anime vale tanto un'oncia di pietà quanto cento miriagrammi di scienza. Dunque coraggio e confessi alacremente per quanto la sua sanità lo comporta. Ho fatto e fatto fare in comune come ha dimandato; anzi continueremo a raccomandarlo al Signore nelle deboli nostre preghiere. Quando le corse della ferrovia saranno regolari, spero di fare una gita a Lucca e ci parleremo a questo proposito. Faccia umili ossequi a Monsignore, a D. Bertini, alla Marchesa Burlamacchi e famiglia, procuri di aumentare di diecimila gli associati alle Letture Cattoliche. La grazia di G. C. sia sempre con noi. Amen. Preghi per noi e a nome di tutti le sono
Torino, 20 luglio 1866,
aff.mo in G. C.
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
 
Il Cav. Oreglia, ritornato nel luglio da Roma, come Direttore della Tipografia faceva continuare la stampa delle Letture Cattoliche, i cui fascicoli uscirono in quest'ordine.
Per agosto: Carlo, ossia cenni intorno alla vita di un condannato ai lavori forzati. Si convertì, visse e morì santamente a Cayenna. In appendice si narra di un giovane che, essendo di mente ottusa, acquistò grande ingegno colla recita del santo Rosario e mori assistito da Maria SS.
Per settembre: Daniele e i suoi tre compagni in Babilonia, dramma in due atti (in versi) dei P. Giulio Metti, prete dell'Oratorio di S. Filippo coll'Appendice della farsa: Lo spazzacamino. La farsa in prosa, semplice, affettuosa, riflette lo spirito di D. Bosco, che pare l'abbia scritta.
Per ottobre: Vita del Beato Benedetto Giuseppe Labre.
Per novembre: Vita di S. Bernardo di Menthon, il costruttore dei due Ospizi, detti del Grande e del Piccolo S. Bernardo. Si dimostra da queste istituzioni che la verginità ed il celibato dànno vita ad opere colossali e producono una gloria imperitura; e si esortano i fedeli a praticare quell'ospitalità (tanto amata da D. Bosco), della quale scrive S. Paolo agli Ebrei: “ Si conservi tra di voi la fraterna carità. E non vi dimenticate dell'ospitalità, dappoichè per questa alcuni diedero, senza saperlo, ospizio agli angeli” - Il fascicolo termina colla narrazione di una guarigione istantanea, ottenuta da un'inferma col mettersi al collo la medaglia benedetta di Maria Ausiliatrice.
 
 
 
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