Circolari del Provveditore agli studii - D. Bosco risponde con nota degli insegnanti nell'Oratorio e statistica de' suoi studenti - Visita il Cav. Gatti che non ammette insegnanti senza diploma - Gatti contro il Provveditore che approvò per un anno gli insegnanti dell'Oratorio - Tra due contendenti il terzo gode - Il Ministero e il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione nega a D. Bosco e a' suoi figli la chiesta ammissione agli esami di idoneità - D. Bosco espone per lettera sue ragioni anche legali al Ministro Amari rinnovando le sue preghiere - Nuovo rifiuto del Ministero - Ripulse con false gentilezze e segni di stima.
del 01 dicembre 2006
 Da quanto abbiamo scritto nei precedenti capitoli ri­guardo ai primi mesi del 1863 parrebbe che D. Bosco abbia passati i suoi giorni occupatissimo, ma tran­quillo anche per l'avvenire delle sue scuole. Il Regio Provve­ditore agli studii gli aveva mandato due circolari, le quali avevano per oggetto Notizie per l'annuario e Notizie statistiche. Erano d'ordine generale per tutti i ginnasii e convitti della Provincia.
Ecco il tenore della seconda circolare.
 
R. PROVVEDITORE AGLI STUDI
    DELLA PROVINCIA DI TORINO
                           N. 251.
 
Torino, addì 31 Gennaio 1863.
 
Il Sottoscritto invita V. S. Ill.ma ad inviare a questo ufficio, con la maggior sollecitudine possibile:
I° Lo stato del personale del ginnasio con l'esatta indicazione del nome, prenome, qualità e distinzioni accademiche e cavalleresche di ciascuna persona, riempiendone l'acchiuso modulo.
2° Uno stato numerico degli studenti pel 1862 - 63, diviso nei cinque anni di corso.
La S. V. vorrà curare che nella compilazione di questi stati sia usata la maggior diligenza e precisione, per modo che si possa fare pieno assegnamento sulla loro esattezza.
 
                                             Il R. Provveditore F. Selmi.
 
D. Bosco gli rispondeva il 4 febbraio, e dalla sua lettera si viene a conoscere lo stato dell'Oratorio in quest'anno per la parte degli studenti. Dopo un breve periodo che esprimeva il suo rispetto pel Provveditore, così riferivagli i dati della statistica:
 
INSEGNANTI: - Direttore Picco Matteo Sac. Prof.
5a Classe. Francesia Giovanni Sac.
4a Classe. Cerruti Francesco chierico.
3a Classe. Durando Celestino chierico.
2a Classe. Anfossi Gio. Battista chierico.
Ia Classe. Alasonatti Vittorio Sac. Maestro.
Aritmetica e Geografia, Savio Angelo Sac. Maestro.
 
ALLIEVI: -   5a classe 64    2a classe 53
               4a classe 40     1a  classe 90
               3a classe 94
 
Nota. - Questi maestri prestano gratuitamente l'opera loro in pro dei giovani accolti e l'autorizzazione loro sta a mente del Rescritto di codesto R. Ufficio dello scorso dicembre pel corrente anno scolastico.
Ma nonostante che pel suddetto atto dell'Autorità scolastica della Provincia fosse scongiurato il prossimo pericolo della chiusura delle scuole dell’Oratorio, pur tuttavia D. Bosco non trascurò i mezzi che la prudenza suggeriva per sempre meglio premunirle, e perciò riprese le pratiche già incominciate onde avere eziandio l'appoggio del Ministero e presto fossero forniti di legale patente i prelodati insegnanti. Quantunque sapesse il mal talento del cav. Gatti, che in quei giorni negli uffizi del Ministero faceva e disfaceva, a sua posta, pure sul principio del 1863 si era presentato a lui dimandando risposta della supplica inoltrata al Ministero della Pubblica Istruzione sin dall'II novembre dell'anno precedente. Appena uditolo:
 - Mi rincresce assai, mio caro D. Bosco, gli disse il Gatti; ho fatto quanto ho potuto, perchè ella fosse favorita, ma non si può andare contro all'imperio delle leggi. I suoi attuali maestri non possono essere nè approvati, nè ammessi ai pubblici esami.
 - Se ne potrebbe sapere la ragione? domandò D. Bosco.
 - Sì, che si può sapere. Essi non hanno frequentato regolarmente le scuole della regia Università.
 - Ma sì che le hanno frequentate, e in questo uffizio già esistono i certificati che dichiarano questa loro frequenza per oltre quattro anni.
 - Sì, ma soltanto come uditori, e senza prendere le regolari iscrizioni, e senza pagare le tasse prescritte.
 - Pel passato bastava frequentare regolarmente l'Università per essere ammessi agli esami, e se ne hanno molti esempi. Se poi è mestieri pagare le tasse volute dalla legge, mi offro a farlo quando che sia.
 - Non è più a tempo. Gli esempi sono favori eccezionali, che non possono addursi contro il disposto della legge.
 - Come adunque può concepirsi questo? Il Ministero, per mezzo di lei medesima, tempo fa avvisò i miei maestri di subire i pubblici esami, per essere abilitati all'insegnamento che danno, e adesso non si vuol concedere che li subiscano. Mi scusi la S. V., ma qui io scorgo una vera contraddizione.
 - Il Ministero quando diè l'ordine accennato non aveva ancora studiato a fondo la questione; ma ora si è verificato che, per essere ammesso agli esami pubblici, fa d'uopo avere non solo assistito alle lezioni dei rispettivi corsi universitarii, ma aver ciò fatto dopo presane regolare iscrizione.
Se è così, si compiaccia, signor cavaliere, di darmi un consiglio da vero amico. Che cosa dovrei io fare al presente? - Cercarsi professori patentati per quattro anni, e fare immediatamente inscrivere all'Università i maestri attuali. Solo in questo modo ella può provvedere alle sue scuole.
 - Ma non è possibile trovare sull'istante quattro professori patentati, e quand'anche li trovassi non avrei onde pagarli.
 - Mi rincresce.
 - E dunque?
 - Chiuda le scuole.
 - Per quest'anno io credo di poterle tenere aperte; per l'anno prossimo provvederò.
 - E con quale autorità vorrebbe lei tenere aperte le sue scuole anche in quest'anno?
 - Coll'autorità del regio Provveditore.
 - E il Provveditore potrà egli concedere quello che non può il Ministero? Il Provveditore non può immischiarsi in questi affari.
 - Eppure il Provveditore mi autorizzò gli attuali maestri per l'anno scolastico corrente.
 - Ma egli non può fare questo. Ha lei qualche suo scritto?
 - Sì, ed eccole copia del suo decreto.
 - Ma egli non può, ripetè il Gatti più volte leggendo, non può, non può; questa non è cosa di sua spettanza. Vado subito a scrivergli e a rimproverargli l'abuso di potere. Egli è un ignorante, e bisogna metterlo all'ordine.
 - Io non conosco i limiti dei loro poteri, conchiuse Don Bosco; so per altro che, per gli affari scolastici della Provincia di Torino, tutti fanno capo al Provveditore. Adunque per ora io me ne vado a casa tranquillo, ma ad ogni modo, se la S. V. avrà qualche ordine contrario a questo decreto, la prego a volermene avvertire per mia norma.
Al vedere lo sdegno concepito dal Gatti, D. Bosco ebbe forte motivo a temere da lui qualche dolorosa sorpresa; onde partito dal Ministero andò tosto dal Provveditore, cui riferì ogni cosa. Questi, all'udire le parole mandate dal Gatti al suo indirizzo, montò sulle furie. - Io ignorante! prese a dire il Selmi; io ignorante!... Lui ignorante ed imbecille! Fu sempre rimandato agli esami, ottenne il titolo di professore non per merito ma per grazia e per biglietto regio. Salì al posto che occupa a forza d'inchini e di cortigianerie, ed osa chiamare ignorante gli altri? Ma lasciamo queste cose a parte. Lei, signor D. Bosco, vada pure a casa quieto. Autorizzando i suoi maestri ho fatto quello che poteva e doveva. Se taluno emanasse ordini contrarii alla mia approvazione non tema che saprò ben io toglierla d'imbroglio.
Come si vede accadde allora il contrario di quanto avvenne già tra Erode e Pilato, che da nemici divennero amici. Il Gatti invece ed il Selmi da amici si fecero nemici, ma questa inimicizia, nè prevista nè voluta da D. Bosco, tornò per divina disposizione all'istituto di grande vantaggio, avverandosi il proverbio che dice: Tra due contendenti il terzo gode; e il terzo a godere fu l'Oratorio. Di fatto il Gatti scrisse più lettere risentite al Selmi, e questi gli rispose per le rime; ma mentre i due impiegati del Governo si accapigliavano tra di loro le scuole di Valdocco tiravano innanzi, e il decreto di approvazione aveva suo pieno vigore.
In quanto però all'ammissione dei maestri agli esami d'idoneità, D. Bosco riceveva dal Ministero una negativa, basata sulle futili ragioni già dal Gatti verbalmente manifestate; circostanza questa, la quale faceva supporre che la risposta fosse dettata da lui medesimo, quantunque non portasse la sua firma; anzi, per togliere ogni speranza a D. Bosco, A cav. Gatti fece addurre in conferma del rifiuto il parere del Consiglio Superiore della Istruzione Pubblica, ligio ai suoi voleri.
 
 
Torino, addì 2 marzo 1863.
 
Sentito il parere del Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione sulla dimanda della S. V. perchè i giovani sacerdoti e chierici insegnanti nell'Istituto da Lei diretto in questa Capitale siano ammessi agli esami universitari per la patente di professore nelle materie d'insegnamento secondario, questo Ministero con suo rincrescimento deve significarle non potersi accogliere la domanda medesima per le seguenti ragioni:
I° La legge 13 novembre 1859 e i successivi regolamenti dispongono che niuno possa ammettersi agli esami universitarii senza che, abbia preso le necessarie iscrizioni e frequentati i corsi prescritti, mentre gli individui, di cui si chiede l'ammissione, frequentarono i corsi delle tre letterature come semplici uditori.
2° Dalla legge Casati si derogò al R. Biglietto 12 dicembre 1835 che riteneva l'abilitazione con privati studii all'insegnamento filosofico e letterario, come titolo all'ammissione agli esami nel conseguimento delle cattedre.
3° Il potere discrezionale del Magistrato della Riforma di ammettere ai detti esami, non può più dal Ministero assumersi, nè gli sarebbe più consentito dall'attuale sistema.
4° Sarebbe inevitabile uno sconvolgimento economico del presente ordinamento, qualora bastasse l'essere chiamato senza legale idoneità all'insegnamento privato o l'avere irregolarmente atteso agli studi per essere ammesso ad un esame pel conseguimento della patente di professore.
5° Nè di alcun giovamento alla domanda entro scritta è il Decreto d'autorizzazione provvisoria emesso dal R. Provveditore in data 21 dicembre p. p. (posteriore alla domanda) perchè al medesimo si op­pongono gli articoli 246, 247 e 254 della legge 13 novembre 1859, a norma dei quali non può aprirsi istituto privato senza che oltre alle condizioni prescritte dell'articolo 246 si aggiunga la idoneità degli in­segnanti.
Mentre il sottoscritto per i suaccennati motivi non può accogliere la domanda della S. V., ha voluto però questi minutamente indicarle, perchè meglio la S. V. sia persuasa che alla sola impossibilità in cui è lo scrivente di assecondare la fatta domanda vuolsi attribuire un rifiuto, reso più spiacente al Ministero stesso, per la benemerenza di cui rendesi degna la S. V. nel così lodevolmente dirigere codesto filantropico istituto.
 
Pel Ministro
Rezasco.
 
 
Ma a questo rifiuto Don Bosco non si perdette d'animo e nella speranza di far giungere la sua voce alle orecchie del Ministro Amari mandava una nuova istanza.
 
Eccellenza,
 
Prego rispettosamente V. E. a leggere con bontà questo scritto diretto a chiedere un favore per la povera studiosa gioventù.
Nel vivo desiderio di promuovere l'istruzione secondaria nella classe dei giovani poveri o meno agiati, ho iniziato una specie di piccolo seminario o ginnasio a benefizio dei giovani ricoverati nella casa detta: Oratorio di S. Francesco di Sales. In questa guisa alle arti meccaniche aggiungevansi le belle lettere come novello mezzo, con cui questi giovani avrebbero potuto procurarsi il pane della vita.
Il Ministero della Pubblica Istruzione vide sempre con occhio paterno queste scuole; disse pi√π volte parole d'incoraggiamento venne anche in aiuto con sussidii pecuniarii, e con lettera in data 29 aprile 1857, n. 1585, mi era significato come codesto Ministero desiderava che queste nostre scuole avessero il maggiore loro sviluppo, disposto a concorrere con quei mezzi che sono in suo potere.
L'anno scorso (1862), sempre dietro il consiglio dei Ministero, ne fu, domandata regolare approvazione, ed il regio Provveditore benignamente appagando la domanda, con decreto del 21 dicembre prossimo passato approvava queste scuole nella persona degli attuali insegnanti. Questi maestri da oltre a sette anni prestano gratuitamente l'opera loro a benefizio di questi nostri ricoverati, che ne riportarono profitto veramente soddisfacente, a segno che molti di essi ora si guadagnano onesto sostentamento o come maestri di scuola, o come tipografi, o come graduati militari, o come sacerdoti, ed alcuni eziandio come pubblici impiegati. Ma mentre attendono all'insegnamento essi frequentano da cinque anni le scuole universitarie quali uditoti, come risulta dal certificato ivi unito.
Ora l'approvazione del regio Provveditore essendo soltanto provvisoria per mancanza di maestri titolati, sarebbe di tutta necessità che questi insegnanti subissero un regolare esame, di cui a giudizio dei loro rispettivi professori si credono capaci.
A questo scopo io supplicava per ottenerne l'opportuna facoltà, Ma con lettera in data 2 corrente marzo, mi era risposto che detti insegnanti non potevano ammettersi agli esami rischiesti, perchè frequentarono i corsi universitarii di lettere greche, latine ed italiane, come semplici uditori senza le necessarie iscrizioni. Tali iscrizioni non furono prese per l'unico motivo che questi maestri essendo poveri, e lavorando e vivendo in una casa che si sostiene di sola beneficenza, non si potevano pagare le tasse stabilite dalle leggi 13 novembre 1859.
Ciò premesso, io supplico V. E. a voler prendere in benigna considerazione:
I° L'appoggio morale ed anche materiale, che il Ministero della Pubblica Istruzione ha sempre dato a queste scuole;
2° L'idoneità riconosciuta dal regio Provveditore negli insegnanti delle rispettive classi ginnasiali;
3° Le dichiarazioni dei rispettivi professori dell'Università, con cui attestano la frequenza ed il profitto dai medesimi riportato;
4° Il caritatevole servizio che da oltre a sette anni prestano a favore dei poveri giovani di questa casa.
Per questi riflessi e più ancora per la grande propensione che V. E. ha di beneficare le persone e le istituzioni che tendono a promuovere la pubblica istruzione, dimanderei umilmente che la frequenza di detti giovani alla regia Università fosse convalidata, sebbene non abbiano prese le necessarie iscrizioni, e che quindi possano essere ammessi agli esami di Lettere.
Qualora per altro V. E. giudicasse essere troppo grande l'implorato favore, voglia almeno per via eccezionale a questi insegnanti concedere quello che la legge 719, art. 5°, concede all'Università di Napoli ove è stabilito che, “ Chiunque volesse in quella Università “ esporsi agli esami pel conseguimento dei gradi accademici, senza essersi precedentemente iscritto ai corsi universitarii, potrà esservi “, ammesso mediante il pagamento di una somma eguale a quella stabilita per le corrispondenti tasse di iscrizione; ” purchè col pagamento di queste tasse siano dispensati dal tempo materiale, che dovrebbero ripetere frequentando i medesimi corsi, che hanno già frequentato come uditori.
Pieno di speranza che V. E. sia per appagare questa umile mia domanda, l'assicuro che i giovani beneficati conserveranno incancellabile verso di Lei la pi√π grata rimembranza; mentre unito ad essi Le auguro di cuore ogni bene dal Cielo, professandomi con pienezza di stima.
Della E. V.
 
Torino, 9 Marzo 1863.
 
         Obbl.mo Servitore
Sac. Giovanni Bosco
 
 
Questa medesima supplica era appoggiata dalle raccomandazioni del Ministro Peruzzi, al quale D. Bosco erasi pure rivolto; ma non ebbe miglior sorte. Il Ministro dell'Interno in data del 23 marzo informavalo con queste parole:
 
Spiacque a questo Ministero, che non abbiano potuto ottenere il desiderato effetto le calde raccomandazioni, colle quali si faceva premura di accompagnare a quello della Pubblica Istruzione l'istanza da lei qui presentata, onde i giovani sacerdoti e chierici docenti presso codesto Istituto fossero ammessi agli esami universitarii di abilitazione al secondario insegnamento.
Dolse non meno al Ministero della Pubblica Istruzione di non aver potuto emettere in proposito un favorevole provvedimento cui ostavano le leggi, non che il parere del Consiglio Superiore dell'Istruzione pubblica, al quale fu deferita la cosa come già consta che le venne direttamente significato.
Con questo cenno il sottoscritto si fa debito di riscontrare dal canto suo la domanda in discorso e di rendere qui uniti i relativi allegati.
 
Pel Ministro
S. Spaventa.
 
Era disperante la gentilezza, l'urbanità calcolata colla quale continuamente venivano respinte le domande di Don Bosco. Lo stesso Cav. Gatti lo trattava con grande affabilità; approvava e lodava a cielo il suo ginnasio, a condizione però che gli insegnanti avessero i titoli legali. D. Bosco era tra l'incudine e il martello. I suoi maestri erano obbligati a subire i pubblici esami sotto pena della chiusura delle scuole, mentre un divieto dello stesso Ministro, ossia del Cav. Gatti, aveva disposto che a tali esami non fossero ammessi. D. Bosco andava pazientemente dall'Università al Provveditore, dal Ministero dell'Istruzione Pubblica a quello degli Interni. Le visite che egli fece ai più illustri personaggi di Stato non si ponno numerare. Ma se que' Signori a tutti i costi volevano chiuse le sue scuole, egli a tutti i costi era risoluto di tenerle aperte: - Coraggio, ei diceva a quando a quando a' suoi coadiutori; non abbiate paura; la misericordia di Dio è infinita!
 
 
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