Giungono notizie all'Oratorio dell'arrivo di Don Bosco a Firenze - È ospitato dall'Arcivescovo - Prime sue visite presso il Ministro Menabrea - Presso il Cav. Canton - Progetti per la Chiesa del S. Sudario in Roma - Presso i varii Ministeri; parla delle Diocesi vacanti e perora la causa dei chierici, ai quali si voleva togliere ogni esenzione dalla leva militare - Altre notizie di Don Bosco inviate all'Oratorio - Le medaglie prodigiose di Maria Ausiliatrice - Un giorno in casa Uguccioni - Ultime visite Lettera di Don Bosco a Don Rua: Buone notizie: un debito da saldare: spera ottenere una riduzione sulla tassa del macinato: per la stampa di un libro: riguardo alla Biblioteca della gioventù per le cose scelte da opere proibite si rimette al giudizio dell'Arcivescovo: raccomanda preghiere per la generosa famiglia Uguccioni: ordina che in tutte le case ogni domenica, durante la sua assenza, si legga ai Salesiani un capitolo del libro: Avvisi agli ecclesiastici - Sussidii all'Oratorio del Regio Economato e della Banca Nazionale - Il Ministro dei lavori pubblici concede a Don Bosco biglietti gratuiti sulle ferrovie del sud - Don Bosco parte per Roma - Lettere da Firenze esprimenti il desiderio di riveder presto il Servo di Dio.
del 07 dicembre 2006
 Don Bosco, arrivato a Firenze, fu subito condotto al palazzo Uguccioni, e la Marchesa prendevasi l'incarico di scrivere nella sera stessa all'Oratorio. È dalle lettere seguenti che abbiamo la traccia di questa sua dimora nella Capitale provvisoria del Regno.
 
Pregiatissimo Cav. Oreglia,
 
Ho la consolazione di annunziarle il felice arrivo del bene amato Don Bosco. L'ho avuto qui a pranzo, glielo dico con vera gioia. Mi disse di riferirle che sono qua tutte le persone che D. Bosco deve vedere. Egli mi incarica di spedirle per la posta le bozze di stampa da lui rivedute. La prega inoltre di mandarle alcuni di quei libretti: Rimembranza di una solennità ecc., con dei programmi di quelle feste e quelli delle Letture Cattoliche. Le accludo anche il nome di due associati alla Biblioteca della Gioventù Italiana.
 
8 gennaio, alle 10 e ¬Ω ... di sera
 
GEROLAMA UGUCCIONI GHERARDI.
 
 
Altra lettera giungeva al Cavaliere dalla Marchesa, colla data del giorno 9.
 
 
Pregiatissimo Cavaliere,
 
Le do ottime nuove del nostro amatissimo Don Bosco, di sua commissione e di mia consolazione. Le accludo un appunto di sua mano. Egli disse di aver passata bene la sua giornata; a me lascia sempre desiderio di lui. Mio marito la riverisce: io la prego di raccomandarmi al Signore colla mia famiglia...
Dev.ma
GEROLAMA UGUCCIONI GHERARDI.
 
Pi√π particolareggiate erano le novelle che mandava il Padre Verda.
 
 
Cavaliere gentilissimo,
 
Abbiamo tra noi il santo uomo Don Bosco, arrivato venerdì sera. Sta bene. Alla stazione per riceverlo ed ossequiarlo eranvi il Cav. Uguccioni ed il Cav. Carlo Canton, Capo Sezione al Ministero degli affari esteri. L'Uguccioni lo condusse a pranzo e poi egli andò all'Arcivescovado dopo le dieci della sera.
Sabato mattino io era tutto in moto per sapere ove fosse alloggiato: mi dicono all'Arcivescovado: vado là ed era già uscito solo. Era l'ora tra le 9 e le 10. Allora mi reco di botto da Canton e non lo trovo: scendo nella corte, ed ecco Don Bosco impicciato per cercare Canton. Non può immaginarsi la sua sorpresa nel vedermi. Io prendo per la mano e lo conduco da Canton, col quale ha fissato varie cose. Quindi lo accompagno dal P. Giulio (Metti) e lo riconduco al Ministero per parlare con Menabrea.
Ieri, dopo le tre, andai per visitarlo, ma dopo lungo attendere non potei parlargli. Vi era la Moma e la Digny che lo condussero dall'Enrichetta (Nerli).
Di oggi non so niente.
Domani, lunedì, va a dire la Messa dalla Uguccioni ed alla sera dopo le 5 siamo tutti e due a pranzo da Canton. Canton si è offerto di condurre Don Bosco in diversi posti...
Caro Federico! Mi è venuta una forte tentazione. Ho scritto alla buona Fanny che mi ottenga dal nostro Padre Generale il permesso di poter andare a Roma accompagnando Don Bosco. Lui andrebbe dal Marietti ed io andrei a stare a S. Quirico. Se riesce, è bella davvero Ho saputo che Don Bosco può condurre con sé, chi vuole, gratis.
Avrà saputo la morte della madre dell'Enrichetta Nerli.
Ieri Don Bosco è stato condotto dalla Moma a S. Giovannino. Oggi è a pranzo dall'Arcivescovo. Egli sta bene ed è allegro e gira per i Ministeri.
 
Firenze, S. Marco, 10 gennaio 1869.
P. DOMENICO VERDA.
 
 
Don Bosco si era presentato al Ministro Menabrea che aspettavalo con impazienza, e al primo incontro gli diceva cortesemente: - Sappia, Eccellenza, che io sono in ogni cosa col Papa! - Quindi ebbe con lui varii colloqui.
Che cosa dissero? di che trattarono? Don Rua nella sua cronaca accennando a questa andata di Don Bosco a Firenze scrive: “ Non si seppe alcunchè di preciso di ciò che Don Bosco fece colà ”. Esaminati tutti i documenti dei nostri archivii, neppur noi ritroviamo alcunchè di più. È certo però che quelle chiamate pressanti avevano per oggetto fatti d'importanza innegabile. Noi pensiamo che lo si invitasse a accettare qualche pratica ufficiosa presso il Governo Pontificio, nell'interesse del Governo Italiano. Diremo meglio ciò che pensiamo dando uno sguardo alla storia di quei giorni.
Il 24 novembre 1868 i muratori Monti e Tognetti per aver fatto saltare colle polveri il 22 ottobre 1867 una parte della caserma Serristori in Roma uccidendo 27 Zuavi, convertiti sinceramente avevano lasciato il capo sotto la ghigliottina. Vittorio Emanuele era stato spinto dai settarii ad interporsi in loro favore, ma la gravezza del delitto e la pubblica sicurezza esigevano che si desse corso alla giustizia, per evitare il ripetersi degli attentati. Quindi la Suprema Consulta aveva confermata la sentenza di morte, alla quale però il Papa non aveva apposta la sua firma, non essendosi ciò mai praticato.
Non è possibile descrivere il fermento che ne venne in tutta l'Italia. Le bestemmie più orribili contro la religione e le ingiurie più ignominiose contro il Papa non solo riempivano le gazzette e ripetevansi pei circoli, ma risuonavano nel Parlamento, ove il deputato Ferrari, chiamando martiri Monti e Tognetti, richiedeva, insieme con molti altri, che alle loro famiglie fosse assegnata una pensione.
Intanto il Mazzini meditava ben altro disegno. Il suo ideale era di preparare la rivoluzione in Italia ed in Francia, abbattere il trono di Vittorio Emanuele e di Napoleone III, impadronirsi di Roma e proclamarvi la Repubblica democratica, senza Religione e senza Papa. Nuove società segrete lavoravano alacremente per l'esecuzione di tali progetti. La rivoluzione sarebbe scoppiata contemporaneamente a Milano, Torino, Genova, Napoli ed in tutta la Romagna. Nella congiura entravano pure militari, specialmente sottufficiali, e infatti il 27 marzo 1869 scoppiava l'insurrezione in Napoli e Faenza al grido di Morte al Re. Ma alcune lettere, intercettate alla posta, avevano scoperta la trama, così chè il movimento fu soffocato nel nascere.
Re Vittorio, fra tante complicazioni, ora parteggiava con Garibaldi e col partito radicale, ora si accostava ai Conservatori della Permanente, ora tentava di riappattumarsi col Papa.
Mentre Vittorio Emanuele era in queste angustie aveva fatto sapere replicatamente a Don Bosco come desiderasse di vederlo a Firenze. In Roma era incominciato il processo dell'Ajani, del Lussi e di 22 loro complici nella resistenza opposta armata mano e con spargimento di sangue nell'ottobre del 1867 presso il Ponte Trastevere; e nell'uccisione proditoria di alcuni soldati. Erano delitti di alto tradimento, puniti dalle leggi colla pena di morte. Il Re temeva l'esito del processo, e il furore delle sette che volevano la liberazione degli imputati. Perciò si era indotto nuovamente a chiedere grazia per loro, inviando appositamente a Roma il generale Marozzo della Rocca. Il Santo Padre lo accolse e ricevette la lettera del Re, ma la depose sul tavolo facendo cadere il discorso ora sul Cardinale Marozzo della Rocca, ora sul Cardinal de Gregorio, e ciò con tanta disinvoltura che il Generale si trovò confuso e non seppe aprir bocca. Nel congedarlo il Papa gli fece notare che certamente Re Vittorio doveva avere molto danaro, giacchè aveva mandati 5000 franchi alla vedova del Monti, mentre vi erano per l'Italia moltissimi infelici, danneggiati dalle inondazioni, verso cui molto più a proposito avrebbe potuto esercitare la sua regale generosità.
Al Re dava poi riscontro per iscritto.
Fu in queste circostanze che il Ven. D. Bosco si presentò più volte al Palazzo Pitti per essere ricevuto dal Re ma non gli fu possibile incontrarlo. Gli fu detto che era fuori di Firenze. Dei suoi inutili passi alla Reggia egli stesso fece parola in Francia, sul finir del pranzo, ad una sua nobile ospite, alla presenza dell'architetto Domenico Del Piano, nostro confratello, senza fare alcun cenno dei motivi che aveanlo condotto.
Quando poi egli giunse a Roma il processo era al suo termine. Gli accusati eran sudditi pontificii, i loro delitti erano provati, e la sentenza potevasi prevedere quale sarebbe stata a norma del codice penale. Il Governo Italiano temeva di essere costretto ad atti violenti per appagare le sette che facevano rumore in tutta l'Italia, con insulti alla Casa Reale, in difesa dei rei.
E in Roma certamente vi fu chi per mezzo di Cardinali influenti fece conoscere quanto pericolosa fosse una sentenza capitale in quei tempi così torbidi. Il mite animo del Pontefice propendeva di per sé a clemenza; e la sentenza in seconda istanza, emanata nel marzo del 1869, condannava l'Ajani col Lussi al carcere perpetuo e gli altri alla galera.
Il Governo Italiano respirò.
L'11 aprile il Pontefice celebrava il cinquantesimo anniversario della sua prima messa, e in que' giorni le Amministrazioni Ferroviarie delle linee da Ancona e da Napoli concedevano un ribasso, quasi del 50 %, e ordinavano convogli straordinarii.
Ma Don Bosco era andato a Firenze anche per suo conto. Egli trattò lungamente col Cav. Canton sul modo di riuscire ad aver una casa in Roma presso la Chiesa del Santo Sudario; e gli parlò del documento di cui noi abbiamo fatto cenno. Il Canton presentò Don Bosco ad alcuni alti impiegati, suoi amici e buoni cattolici, che a tempo e luogo lo avrebbero potuto aiutare presso il Governo. Per ora si doveva solamente studiare il progetto: e Don Bosco esponeva, per sua norma, alcuni preliminari di convenzione da lui meditati e scritti in varii articoli.
 
 
LA CHIESA E IL SODALIZIO DEL S. SUDARIO IN ROMA.
 
1° Il Sacerdote Bosco, seguendo lo spirito dell'Istituto di Torino col titolo di Oratorio di S. Francesco di Sales, sottentrerebbe alla cessata società o sodalizio del SS. Sudario che, secondo le tavole di fondazione, oltre alle pratiche religiose, aveva pure lo scopo di dare ospitalità ai pellegrini, visitar i carcerati e gli infermi, indirizzare i fanciulli per la via della salvezza ed altre simili opere di carità.
2° Si obbliga di pagare le tasse di qualunque specie, fare a sue spese le riparazioni ordinarie tanto per la chiesa quanto per i fabbricati annessi; provvedere per la nettezza della chiesa, fornire e riparare i paramenti, banchi, sedie, candellieri, cera e vino e tutto quello che è necessario al divin culto.
3° Provvede per l'amministrazione dell'istituto, della chiesa e dei fabbricati; sia per ciò che riguarda agli inquilini, sia alla manutenzione degli edifizii, non meno di sei persone; non meno di due sacerdoti, uno Rettore, l'altro Vicerettore, un sagrestano, due chierici pel servizio delle sacre funzioni nei giorni feriali e sopratutto nei giorni festivi.
4° Ogni giorno vi saranno non meno di due messe, con obbligo di assistere alle confessioni, visitar gli ammalati, e, se ne avranno il permesso, anche visitare i carcerati.
5° Nei giorni festivi faranno la spiegazione del vangelo agli adulti e il catechismo per fanciulli più abbandonati, colla benedizione del SS. Sacramento.
6° Adempirà i legati pii annessi, sia in messe lette o cantate, sia in tridui, novene, quarant'ore, e per tutte le altre solennità che corrono nel corso dell'anno.
 
In allora pare non si parlasse dei diritti che spettavano alla Casa Reale.
Don Bosco si fermò a Firenze una settimana, andando da uno all'altro dei varii Ministeri, tenendo colloqui particolari con qualche Ministro e con altri personaggi di alto grado. Ovunque si presentava, era bene accolto, avendo il merito di essere chiamato la cortesia e l'affabilità personificata. Nei discorsi famigliari coi Capi del Governo si lamentò che nel 1867 fossero state rotte le trattative per le nomine dei Vescovi, sicchè nel Piemonte erano ancora vacanti le sedi di Acqui, di Fossano e di Susa. Ascoltato con deferenza, delineò allora le basi di un accomodamento che, secondo lui, poteva riuscire a buon porto, ma sempre, ripeteva, e in ogni cosa col Papa. Così egli tenne viva una questione, della quale per il momento non si fece nulla, ma che infine venne rimessa su tappeto. E noi vedremo, com'egli con gran zelo si adoperò per scioglierla.
Nello stesso tempo procurò di perorare la causa dei chierici, ai quali si voleva toglier del tutto l'esenzione dalla leva militare, mentre di essa godevano ancora in strettissimo numero le varie diocesi. Infatti il Ministro della guerra Bertolè Viale, volendo ingraziarsi i Mazziniani, il 18 novembre 1868 aveva presentato al Parlamento uno schema di legge per abolire tale immunità e togliere così alla Chiesa ogni modo di rifornirsi di giovani ecclesiastici, in vece di quelli che morivano.
Alle istanze e alle evidenti ragioni ebbe cortese assicurazione che la legge con tutta probabilità non verrebbe approvata; benchè vi fosse poco a sperare, atteso l'animo dei legislatori.
E continuavano le corrispondenze da Firenze a Torino, recando notizie di Don Bosco.
 
 
Signor Cavaliere,
 
Eccole ottime nuove del nostro amatissimo Don Bosco, che mi incarica darle con mille cordiali saluti. Temo però che la sua gita qua sia rimasta infruttuosa per i loro giovani, ma sia fatta la volontà di Dio. Per noi e segnatamente per me è stata una vera consolazione. Iddio ne sia benedetto. Io lui adopro quanto posso, ma non sono poi la Marchesa Villarios. Don Bosco la prega a mandargli una ventina di copie del Cattolico Provveduto, tre delle quali legate, duecento medaglie del SS. Sacramento e di Maria Ausiliatrice, duecento immagini del quadro di Maria Ausiliatrice: cento coll'orazione stampata.
 
12, 1869.
GEROLAMA UGUCCIONI.
 
 
Di queste medaglie giungevano da ogni parte domande all'Oratorio. Notiamo quella della Principessa Elena di Soresina Vidoni, la quale da Cremona scriveva al Cavaliere il 12 gennaio: “ Ci sono state chieste delle medaglie della Madonna di Don Bosco, medaglie che sono veramente prodigiose e vorrei averne un certo numero da distribuire; di quelle di ottone col SS. Sacramento da una parte e la Madonna Ausiliatrice dall'altra... Ne desiderano in molte case religiose ”.
Maria Ausiliatrice è dunque già chiamata: La Madonna di Don Bosco!
Altra lettera giungeva al Cavaliere:
 
 
Signor Cavaliere,
 
Ho passato una deliziosa giornata quasi tutta col nostro Don Bosco, che la riverisce tanto e le dice che ha inteso quanto Ella le scrive nella sua lettera e che le risponderà distesamente prima di lasciar Firenze, se lo può: altrimenti subito a Roma, dove sarà, pare, venerdì mattina 15.
 
12, 1869.
GEROLAMA UGUCCIONI.
 
 
Fu questo intero giorno, passato da Don Bosco in casa Uguccioni, un apprezzatissimo regalo per que' nobili signori, che sapevano quanto fosse per lui misurato il tempo.
Solamente alla sera e a ora tarda poteva intrattenersi coll'Arcivescovo perchè lungo il giorno recavasi a far visite ai benefattori e ad altre distinte persone. Il Prof. Filippo Parlatore, Direttore del Regio Museo di Fisica e Storia naturale, gli mandava poi un biglietto con sensi di riconoscenza per una visita che gli aveva fatto; e offrendogli copia di un libro da lui scritto, nel quale descriveva un suo viaggio per la Lapponia, lo ringraziava della viva parte che egli aveva presa nell'ascoltare i suoi racconti.
Don Bosco fu anche a qualche chiesa o casa religiosa. Fu a celebrare la S. Messa in S. Marco, mentre il Padre Verda riceveva dal suo Superiore generale la licenza di accompagnare a Roma il Servo di Dio.
 
 
Carissimo Signor Cavaliere,
 
Don Bosco saluta, sta bene. Che grande consolazione per me! Partiamo domani a sera.
Questa mattina Don Bosco è stato a dire la S. Messa all'altare di S. Antonino, poi è andato a visitare la signora Sorelli Carolina in via dei Servi N.° 15.
Domani pare che vada a S. Firenze.
 
S. Marco, 13 gennaio 1869.
P. DOMENICO VERDA.
 
 
Don Bosco stesso, prima di partire, scriveva a Don Rua:
 
Firenze, ore 6 del 14, 1869.
 
Carissimo D. Rua,
 
Finora le nostre cose vanno bene; grazie a Dio la sanità mi accompagna; alle 9 di questa sera partirò per Roma. Raddoppiate le vostre preghiere. Intanto:
1° Di' al Cavaliere che spero di poter mettere i cinque mila franchi a disposizione del debito residuo Filippi: per ora riceverai circa mille franchi per mano della Contessa Uguccioni. Qui avrei molte cose in corso, ma bisogna lasciare che Dio guidi il cuore delle persone caritatevoli.
2° Lo stesso scriva al T. Rovetti, che si farà conto delle sue osservazioni; il Cotrona essendo libro già usato nelle scuole, non si volle ritoccar di più per non far gridare; ma le pubblicazioni seguenti saranno secondo il suo desiderio.
3° Don Savio non dimentichi di mandarmi il parere sulla nota questione. Di più mi sappia dire quale aumento di spesa ci darà il macinato tra tutte le nostre case e me ne dia cenno con sollecitudine: forse otterremo qualche riduzione.
4° Ancora al Cavaliere. Faccia leggere e correggere da D. Picco, se si può, il fascicolo di cui parla e poi si stampi.
5° Riguardo poi alla facoltà di stampare cose scelte da autori proibiti è bene che egli si presenti all'Arcivescovo con cui, prima di ogni altro, fu progettata la Biblioteca e lo scopo della medesima, e, se ne sarà caso, farà egli stesso scrivere a chi di ragione. Se poi egli giudicasse bene che quegli autori fossero affatto tralasciati, si faccia pure.
6° Alla contessa Uguccioni si mandino con comodità una ventina di Chiave del Paradiso e di Giovane provveduto; sei Storia d'Italia: idem Sacra; ma non se ne tenga memoria nell'uffizio: con un catalogo di libri.
7° Domenica recitate il SS. Rosario, colla S. Comunione, secondo l'intenzione del sig. Cav. Tomaso e Contessa Gerolama Uguccioni, che per noi sono due tesori di beneficenza e di benedizione.
8° Cerca sul mio tavolino e vi deve essere, forse, la commendatizia di Mons. Galletti.
9° Non ho ricevuto alcun programma della Biblioteca e ne sono privo.
10° Item prendi il libretto del P. Teppa: Avvisi agli Ecclesiastici ecc.: mandane uno a Lanzo, l'altro a Mirabello, dove, raccolti chierici e preti, se ne legga ogni domenica un capo durante mia assenza. Si faccia lo stesso a Torino.
Dio ci benedica tutti e ci conservi per la via del cielo. Amen. Un caro saluto a tutti.
Aff.mo in G. Cristo
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
N.B. Lire italiane mille novantotto, delle quali si prega accusare ricevimento a Firenze, Uguccioni Gherardi, N. 4 Via Avelli.
 
 
Il poscritto era di mano della Marchesa Uguccioni.
Mentre Don Bosco era sulle mosse per lasciar Firenze veniva consegnato all'Oratorio questo foglio:
 
 
Al Sac. Gio. Bosco - Torino.
 
Regio Economato Generale dei benefizi ecclesiastici di Torino. - N. 2 17.
L'Economo Generale sottoscritto annunzia con premura a V. S. che il Governo di S. M. si è degnato concederle su la Tesoreria di quest'Economato Generale la somma di lire quattrocento.
Tale somma verrà da questo Generale Uffizio pagata a V. S. o a chi sarà da Lei incaricato a riscuoterla, purchè sia persona conosciuta e munita d'una regolare quitanza su carta da bollo debitamente legalizzata, e giusta il modulo qui sotto esteso.
 
Torino, il 14 gennaio 1869.
L'Economo Generale
REALIS.
 
 
Altra graziosa largizione era annunziata quattro giorni dopo.
 
 
Banca nazionale -- Sede di Torino. -- N.° 28.
 
Torino, il 18 gennaio 1869.
 
Il Consiglio di Reggenza di questa sede della Banca Nazionale in sua tornata d'oggi, nel ripartire il fondo assegnato per opere di beneficenza, decideva di allogare a cotesto Oratorio di San Francesco di Sales a Porta Nuova, Vanchiglia e Valdocco, L. 250.
Ho quindi l'onore di trasmettere alla S. V. Illustrissima colla presente un mandato di Pagamento di pari somma, N. 59, in capo alla S. V. ed esigibile a presentazione presso le casse di questo stabilimento.
Le presento l'omaggio della mia profonda devozione.
 
Il Direttore della sede
FONTANA.
 
 
Anche il Ministero dei lavori pubblici aveva disposto che a Don Bosco e ad una persona che lo accompagnasse, si desse un biglietto gratuito di circolazione di prima classe per tutta la rete ferroviaria del sud, valevole fino al 31 dicembre 1869.
E Don Bosco, accompagnato dal P. Verda, partiva da Firenze lasciando nel cuore di molti fiorentini il desiderio di presto rivederlo.
Partito il Servo di Dio, giungeva una lettera pel Cav. Oreglia, alla quale facevano seguito pi√π altre.
 
Firenze, 14 gennaio 1869.
 
Carissimo Signor Cavaliere,
 
... Ebbi il vantaggio di veder Don Bosco il giorno dopo il suo arrivo e di assistere quindi lunedì alla S. Messa che Egli celebrò nella cappella della mia amica Uguccioni. Mi rincresce che il suo soggiorno qui sia stato breve, ma spero che al ritorno da Roma potrà trattenersi qui un poco più di a lungo e che avrò la consolazione di rivederlo e di ascoltar le sue preziose parole.
VIRGINIA DE CAMBRAY DIGNY.
 
 
 
Firenze, 21 gennaio 1869.
 
Gentilissimo amico,
 
.... Vidi un momento Don Bosco che mi fece sperare di trattenersi un po’ più a lungo in Firenze al suo ritorno da Roma: mi parve in buona salute e fu meco, al suo solito, gentile e festoso. La buona Marchesa Nerli, benchè afflittissima, per la morte di sua madre, sta abbastanza bene e cerca conforto al dolore nelle opere di pietà e di carità.
L. MANUELLLI GALILEI.
 
 
28 del 1869.
 
Gentilissimo signor Cavaliere,
 
Non so davvero da qual parte rifarmi per domandarle scusa di non averla ancora ringraziata di quel tanto che fece e fece fare allorchè le annunziai per telegrafo la nuova sventura da cui veniva colpita insieme colla mia famiglia. Con D. Bosco, a voce, cercai di dimostrarle tutta la mia gratitudine.
Vedo anche in questa circostanza un'assistenza particolare del cielo, avendo potuto sostenere dolore così straordinario senza risentirne la salute, il che è successo pure al mio babbo ed a Maria che tanto ha sentita la perdita della sua Nonna.....
Don Bosco si degnò di venirmi a trovare, appena arrivato qua; può credere se mi fu di conforto la sua visita. In seguito lo rividi due volte, ma certo non potei fargli nessuna attenzione per la circostanza mia particolare.
Firenze.
 
T. NERLI.
 
 
Carissimo Cavaliere,
 
....Ebbi la consolazione di passare molte ore con Don Bosco in Firenze, che mi ricolmò d'immensa bontà. Già gli scrissi a Roma, ma ho un bisogno di cuore immenso che egli ritorni presto in Firenze.
Il Conte Ammiraglio Serra che associò suo figlio alla Biblioteca della Gioventù Italiana mi incarica di dirle che finora non ha ancor ricevuto alcun fascicolo. Ella potrebbe dirigerli al Ministero della Marina, ove il Conte predetto è Presidente del Consiglio d'Ammiragliato.
 
15 febbraio 1869.
CANTON.
 
 
 
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