D. Bosco per Torino in cerca di fanciulli e sue industrie per invitarli all'Oratorio festivo - In mezzo ai monelli nella piazza Emanuele Filiberto - Scene memorabili, ed esortazioni di D. Bosco al popolo - Il sito ritorno alla casa Pinardi.
del 02 novembre 2006
 La sicurezza che la Madonna lo avrebbe sempre, assistito rendeva D. Bosco ogni dì più infaticabile ed animoso. Uno dei mezzi principali per accrescere il numero dei suoi ragazzi fu quello di andarli a cercare sulle piazze, nelle strade, lungo i viali. Incontrando qualche piccolo girovago, qualche scioperato che non aveva potuto trovar padrone, li fermava con molta amorevolezza e ben tosto li interrogava, se sapevano farsi il segno della Santa Croce: se non sapevano, traendoli all'angolo della via o invitandoli a sedere su di; una panchina del viale, con molta pazienza lo insegnava loro. Quando lo avevano bene appreso e avevano con lui recitata, un' Ave Maria, faceva loro qualche regalo, invitandoli ad intervenire all'Oratorio. Il giovane Rua Michele fu testimonio più volte di queste scenette edificanti che si svolgevano in pubblico, senza che D. Bosco badasse alla gente che andava e veniva.
Passando innanzi alle officine nell'ora del riposo o della colazione non si peritava di avanzarsi dove scorgeva in crocchio molti dei giovani apprendisti, e dopo averli cordialmente salutati, domandava di qual paese fossero, come si chiamasse il loro parroco, se fossero ancor vivi i genitori, quanto tempo era che avessero incominciato ad apprendere quel mestiere. E così dopo essersi guadagnata la loro simpatia, loro domandava se ancor ricordassero ciò che avevano imparato ai catechismi uditi nella parrocchia, se nell'ultima Pasqua si fossero accostati ai Sacramenti, se recitassero mattino e sera le loro orazioni. Alle franche risposte dei giovani, D. Bosco con eguale franchezza indicando la propria abitazione in Valdocco, loro manifestava il desiderio di voler essere loro amico, pel bene dell'anima. E quegli accettavano promettendo, e la seguente domenica D. Bosco li vedeva intorno a sè e attenti alle sue istruzioni.
Se imbattevasi con qualche giovanotto di sua antica conoscenza, che da qualche mese non avesse più visto alla domenica non lasciava di chiedergli da quanto tempo non si fosse più confessato, se ascoltasse la Messa nei giorni festivi, se la sua condotta fosse sempre buona, e concludeva: “ Vieni, mi farai sempre piacere e, potendolo, conduci con te i tuoi amici ”.
Scorgendo un gruppo di monelli in mezzo ai prati, si fermava accennando che desiderava intrattenersi con loro. Essi accorrevano, ed egli chiedeva loro se fossero allegri e buoni, come passassero la giornata, ove abitassero, qual mestiere esercitassero i loro genitori, quali giuochi essi prediligessero; quindi passava a descrivere i sollazzi di ogni genere preparati nel suo cortile, e il tamburo, e la tromba, e la passeggiata e cento altre meraviglie. Aggiungeva che se fossero venuti da lui, avrebbero uditi dei bellissimi racconti e un po' di dottrina cristiana. Nel congedarli, se era il caso, donava loro alcuni soldi. Quei giovanetti rimanevano incantati e gridavano: “ Domenica verremo anche noi! ”. Accadde più volte che in una pubblica piazza delle meno frequentate egli osservava un capannello di adolescenti popolani, i quali, seduti per terra, giocavano alle carte, a tombola, all'oca o ad altri giuochi analoghi. Sopra un fazzoletto disteso nel mezzo stavano i soldi. D. Bosco si avvicinava.
 - Chi è questo prete? - domandava uno di quei giovani con quel tono leggermente beffardo che risuona con facilità sul labbro del popolo.
 - Desidero giocare con voi! - Rispondeva Don Bosco: - Chi è che vince? Chi perde? Di quanto si gioca? Orsù, metto anch'io la mia posta! - E gettava una bella moneta nel fazzoletto. - Il nuovo giocatore era accolto con piacere, ed egli dopo aver giocato per qualche minuto, incominciava ad interrogarli sulle verità essenziali di nostra santa Religione e trovandoli ignari, li istruiva colle parole più facili e più chiare; e finiva il suo brevissimo trattenimento, invitandoli all'Oratorio e a confessarsi. Quindi si ripigliava il gioco, e D. Bosco lasciando la sua moneta, se ne partiva per le sue incombenze. E accadeva sempre che vari di quei giovani attirati da quel suo fare disinvolto andassero a visitarlo ed anche a confessarsi.
Altra fiata ei traversava il piazzale presso la chiesa di un sobborgo vicino alla città, ove molti ragazzi giocavano rincorrendosi l'un l'altro. Egli aveva in mano un cartoccio di ciambelle, che gli avevano poc'anzi donato. Si ferma, chiama a sè que' scapatelli e dicendo loro: - Qui ho delle ciambelle; chi mi raggiunge saranno sue si dà alla corsa. Tutti gli vanno dietro. Egli entra in chiesa, fa segno di cessar dalle grida, li invita a sedere nei banchi presso la porta e dice: - Ora darò a ciascuno la sua parte; ma prima ascoltate un po' di catechismo. - E rivolto al più grandicello: - Dimmi un po' tu che sembri più dottore degli altri: - Chi morisse con un peccato mortale sull'anima, quale sorte incontra nell'eternità? Con quale rimedio si toglie dall'anima il peccato commesso dopo il battesimo? - Gli occhi intanto dei giovani erano rivolti al cartoccio che D. Bosco teneva - in mano, e nella speranza di toccare una buona porzione di que' dolci, facevano il possibile per rispondere il meglio che sapessero. Con altre domande, con qualche amenità sulle risposte errate li tratteneva alquanto, finchè ricondottili poi fuori di chiesa, distribuiva le ciambelle, narrava un fatterello morale, ma lepido, e li invitava ad intervenire all'Oratorio. Quando se ne partiva, li lasciava meravigliati di aver incontrato come essi dicevano, un prete di nuovo genere, che li aveva divertiti, regalati, dicendo insieme tante belle cose. Costoro difficilmente mancavano poi dall'andare al suo catechismo.
La franchezza di D. Bosco nell'invitare i giovani aveva alcunchè di straordinario. D. Garigliano compagno di D. Bosco - alle scuole di Chieri, ricordando con grande tenerezza quella sua antica amicizia, narrò a D. Carlo Maria Viglietti nel 1839 fra altro il seguente episodio:
“ Accompagnava un giorno D. Bosco per Torino, quando, giunti innanzi alla chiesa della Trinità in via Doragrossa, c'imbattemmo in un giovanotto, malvestito e arrogante nell'aspetto.
 D. Bosco lo salutò amorevolmente, lo fermò e: - Chi sei tu? - gli disse.
 - Chi sono io?... e Lei che cosa vuole da me? chi è Lei? - rispose il giovane.
 - Io vedi, rispose D. Bosco, sono un prete che voglio tanto bene ai giovani, e li raduno alla domenica in un bel luogo presso la Dora vicino al Refugio, e poi dò loro delle cose buone, li diverto, ed essi mi portano molta affezione; io sono D. Bosco. Ma adesso che io ti ho detto chi sono, ho diritto di sapere chi sei tu.
 - Io sono un povero giovane disoccupato, senza padre e senza madre, e cerco d'impiegarmi.
 - Ebbene, guarda; io ti voglio aiutare... e come ti chiami?
 - Io mi chiamo... - e disse il suo nome.
 - Bene, ascolta: domenica ti aspetto con i miei figli... vieni, ti divertirai; poi io ti cercherò padrone... ti farò stare allegro.
 ” Il giovane fissò per qualche istante gli occhi in viso a D. Bosco e gli disse bruscamente: - Non è vero!
 ” D. Bosco trasse allora di tasca una pezza da dieci soldi, la pose nelle mani del giovane e: - Si... sì... è vero; vieni e vedrai.
 ” Quegli guardò commosso la moneta e rispose: - Don Bosco... verrò... Se domenica manco, mi chiami busiard.
 ” E andò e continuò assiduo a frequentare l'Oratorio, e credo che ora sia uno de' sacerdoti della loro Congregazione, perchè, venendo talora a veder D. Bosco, lo incontrai nell'Oratorio vestito da chierico ”.
D. Bosco adoperò eziandio molte e molte volte l'industrioso mezzo di invitare seco a pranzo qualche giovane che incontrava per via, e lo faceva sedere al suo fianco, dividendo con lui la sua povera pietanza. Così fece finchè l'Ospizio non fu pienamente ordinato. Questa amorevolezza legava talmente a lui i giovani, che non si può dire quanto strettamente e con risultati felicissimi per le anime loro. Basti un fatto fra i tanti.
Verso mezzo giorno D. Bosco ritornava a casa, e sul cancello che chiudeva il suo cortile ed il suo orto vide il giovane B …..che abitava poco distante. Aveva mani e faccia sudice e indossava una blouse unta e bisunta. Fino allora D. Bosco non aveva fatta con lui una gran relazione perchè rifiutatasi di venire alle funzioni; si erano però scambiati talora qualche parola. Tuttavia lo conosceva per fama, perchè il povero giovane ne aveva fatto d'ogni colore, e a lui si attribuivano, gravi delitti. Adunque D. Bosco gli si avvicinò salutandolo: - Buongiorno, mio caro!
 - Buon giorno! rispose B….. tenendo il capo basso coi capelli che gli cadevano sulla fronte.
 - Sono molto contento d'averti incontrato. Oggi devi farmi un gran piacere... e non dirmi di no.
 - Se posso, ben volentieri.
 - Sì che puoi; che tu venga a pranzo con me.
 - Io a pranzo con D. Bosco?
 - Sì, tu: oggi mi trovo solo.
 - Ma Lei si sbaglia: mi scambia con qualche altro. Lei non mi conosce.
 - Sì che ti conosco: non sei il figlio del tale?
 - Io che ne ho fatte tante, che Lei non si può neppure immaginare?
 - Proprio tu in persona.
 - Ma Lei prendersi quest'incomodo per me...
 - Nessun complimento... è cosa decisa... vieni.
 - Io non ho coraggio di venir così... nello stato in cui mi trovo! Potessi almeno andarmi prima a confessare!
 - Ci andrai, se crederai bene, sabato sera o domenica mattina, ma quest'oggi devi venire con me a pranzo.
 - Verrò un'altra volta. Mia madre non è avvertita, mi aspetterà a casa.
 - A tua mamma glielo manderemo a dire che oggi pranzi con D. Bosco. Il signor Pinardi mi farà il piacere di mandare una persona.
 - Ma veda, sono così sporco! bisognerebbe che mi lavassi, che andassi a cambiarmi i panni. Ho vergogna di venir così.
 - No; ti voglio oggi e come ti trovi: sono troppo contento che passiamo un'ora insieme.
Ma... ma...
Non c'è ma che tenga. Vieni, la minestra è in tavola. Già che Lei vuole proprio così... andiamo.
E andarono. Mamma Margherita al vedere quell'ospite: - Oh! disse a D. Bosco sottovoce, perchè hai condotto questo sporcaccione? Dove l'hai trovato?
 - Non dite così, rispondeva D. Bosco. È mio amico e grande amico, sapete. Trattatelo bene. E si pranzava. B…… da quel giorno incominciò a cangiar costumi e divenne poi un buon giovane.
Tuttavia queste care anime da lui raccolte nella rete del Signore, benchè fossero numerose, non reggevano per quantità al confronto della pesca, che, secondo la sua espressione consueta, faceva nella piazza Emanuele Filiberto. La parte vicina a Porta Palazzo brulicava di merciai ambulanti, di venditori di zolfanelli, di lustrascarpe, di spazzacamini, di mozzi di stalla, di spacciatori di foglietti, di fasservizi ai negozianti sul mercato, tutti poveri fanciulli che vivacchiavano alla giornata sul loro magro negozio. Ognuno può intendere genia di qual fatta, divenuta adulta, debba riuscire questa povera gioventù, senza persona che la sorvegli, l'istruisca e la consigli, abbandonata a se stessa ed a mali esempi di ogni specie. La maggior parte di questi appartenevano alle così dette Cocche di Borgo Vanchiglia, cioè numerose compagnie di giovinastri stretti fra di loro da patti di reciproca difesa, capitanati da alcuni dei più grandi e più audaci. Insolenti e vendicativi erano pronti a venire alle mani al menomo pretesto di offesa ricevuta. Non avendo - appresa alcuna professione, crescevano amanti dell'ozio e del giuoco, dati al furto di borse e di fazzoletti. Il più delle volte finivano coll'essere condotti in carcere, e scontata la pena delle malefatte, ritornavano a Porta Palazzo, continuando con maggior accortezza e malizia le loro malnate abitudini. D. Bosco adunque tutte le mattine si recava su questa piazza, ove egli aveva già fatta conoscenza con un certo numero di que' giovani, fin da quando l'Oratorio festivo era stato per qualche mese trasferito dal Refugio alla Chiesa dei Molini. Incominciò a intrattenersi con qualcuno di que' garzoni prima coi pretesto di chiedere qualche indicazione di via, o di farsi lucidare le scarpe; e quindi allorchè passava vicino ad essi, li salutava. Tanto più che fra questi alcuni avevali già trovati nelle carceri, che erano sempre una parte del suo campo evangelico.
Si fermava qua e là presso i vari gruppi eccitandoli al riso, con qualche facezia, domandando loro notizie della sanità, o del guadagno fatto nel giorno precedente; e nello stesso tempo dimostrava il suo vivo gradimento di averli incontrati; anzi talora diceva come fosse passato a bell'apposta in quel luogo pel desiderio di vederli e di salutarli.
A poco a poco li conobbe tutti per nome e parlava loro colla dimestichezza che un padre usa coi propri figli, della necessità di guadagnarsi il paradiso. Incontrandone qualcuno, senza altri testimoni, con una abilità tutta sua, e che nessuna riuscirà mai a degnamente descrivere, lo interrogava come stessero le cose dell'anima sua, e se andasse a confessarsi. Il giovane rispondeva con sincerità, ma in quanto alla confessione di raro diceva di sì, poichè quasi non sapeva che cosa fosse il sacramento della Penitenza.
 - Ebbene, conchiudeva D. Bosco, vieni a farmi una visita ed io ti insegnerò a fare una buona confessione, e tu ne sarai molto contento.
Per sempre pi√π affezionarseli, talora comprava su quel mercato uno o due cesti di frutta. E - venite qua, diceva ai pi√π vicini; chiamate gli altri; tutti. Diamo un pomo per uno. - E grande era la gioia di chi riceveva quel regalo inaspettato.
Allorchè percorreva il tratto di via fra il principio di Porta Palazzo e la chiesa di S. Domenico, lo circondavano i venditori di zolfanelli, i quali lo assordavano colle loro grida: - Bricchetti di cera - bricchetti alla prova - compri da me... non ho ancora venduto niente... Mi faccia guadagnare perchè possa comprarmi la colazione. - E D. Bosco invitandoli a non vociare a quel modo, e parlando or con l'uno, or con l'altro, impiegava una buona mezz'ora a percorrere quel breve spazio di via. Ad un tratto rivolgendosi a quella turba: - Ebbene per questa volta voglio che tutti abbiate da guadagnare, qualche cosa, ma ad un patto: che cioè domenica veniate tutti all'Oratorio! - Essi promettevano e D. Bosco comprava, da tutti qualche scatolino, e andava dicendo ai suoi nuovi amici. - Anch'io faccio conto di metter su un piccolo banchetto; con - una cordicella me lo appenderò al collo e verrò qui con voi a Porta Palazzo per vendere zolfanelli. - Tutti ridevano e ringraziavano contenti dei due soldi ricevuti, e D. Bosco ritornava sovente a casa colle saccocce piene di scatolette di zolfanelli, che alcuni buoni signori ricompravano poi da lui per uso proprio.
Spesse volte distribuiva a que' monelli le medaglie della Madonna, che essi stessi avevano con replicate istanze richieste e mentre gli sporgevano la mano, D. Bosco ripeteva: - Mettetevela al collo... Ricordatevi che la Madonna vi vuole un gran bene; e pregatela di cuore perchè vi aiuti.
Non si può dire da quanto amore fossero presi per Don Bosco questi giovanetti e a quali scene graziose e varie desse questo origine. Ogni volta che si doveva passare per Piazza Milano non gli era possibile proseguire il suo cammino senza fermarsi. Al suo comparire, i primi fanciulli che lo scorgevano gli andavano incontro; poi a poco a poco altri ed altri ancora finchè, sparsasi la voce, tutti lasciavano i loro posti per corrergli intorno ed augurargli un giorno felice. D. Bosco allora diceva: - Volete che io vi conti qualche bel fatto da ridere?
- Sì, sì, racconti, - gridavano i fanciulli. Intanto quel crocchio così numeroso attirava la curiosità delle donnicciole che vendevano la frutta ed i legumi, e anch'esse facevano ressa intorno a D. Bosco. Soldati, facchini e altro popolo numeroso accresceva la folla.
 - Che cosa c'è? - interrogavano gli ultimi venuti.
 - Noi saprei! Mi sono fermato vedendo tanta gente - rispondeva il vicino.
 - Veh! È un prete che sta nel mezzo! - annunciava un terzo alzandosi sulla punta dei piedi.
 - E D. Bosco! - s'intrometteva a dire un suo conoscente.
 - E chi è D. Bosco? - domandava un contadino venuto al mercato.
 -  Ma!!! - esclamava colui che era stato interrogato.
Qualche cittadino però appagava la curiosità dei forestieri, narrando quello che sapeva di D. Bosco. Intanto col crescere della folla cresceva il bisbiglio ed eziandio un vociare confuso.
 - Silenzio! - gridavano i giovani.
 - Silenzio! - ripetevano gli altri; e imponendo silenzio, come avviene, aumentavano il rumore. Finalmente tutti tacevano.
D. Bosco allora saliva sopra qualche gradino o su qualche sedia che gli andavano a prendere in una bottega vicina; oppure cercava solamente di avere qualche appoggio per non essere spinto e fatto cadere. Tutta la gente stringevasi sempre più intorno a lui per udire, quindi incominciava a predicare. Talora giungeva ad avere attorno centinaia di persone. Perfino i bottegai venivano sulle porte dei loro negozi per ascoltarlo. Accorrevano anche le guardie della città ed i carabinieri, i quali da principio temevano che quel prete cagionasse qualche disordine, poi ascoltavano anch'essi. È certo che difficilmente potevansi udire prediche più popolari e nello stesso, tempo più efficaci. D. Bosco narrava qualche episodio ameno, qualche fatto morale di storia, qualche esempio contemporaneo o antico, ricavandone sempre una massima che fosse profittevole per i suoi uditori. Nessuno zittiva più. Eziandio i più discosti benchè nulla potessero capire pure non osavano dir parola per tema di recar disturbo. Quando aveva finito, la gente ripeteva: - D. Bosco ha ragione; prima cosa è l'anima. - E molti si allontanavano raccolti e pensosi. Talvolta distribuiva qualche medaglia e allora la turba accorrente non aveva più fine.
In queste circostanze l'impresa difficile per lui era l'allontanarsi da quel luogo, perchè tutti volevano seguirlo ed andare dove egli andava. Perciò ogni volta doveva studiare qualche stratagemma, per sbrigarsi da tanta gente. Ora si toglieva il cappello in mano, simulando di lasciarlo cadere, si chinava e così curvo passava tra l'uno e l'altro. Ora lo nascondeva sotto il mantello, si abbassava, pregava un giovane ad imprestargli il berretto, se lo poneva in capo e così dietro alla barriera dei suoi monelli, rasentando il muro, spariva, e prima che la folla se ne avvedesse già si trovava lontano. Ora s'involava sotto i portici; ora entrando inosservato in una bottega ne usciva per una retroporta, avviandosi per i suoi affari. La massa della folla restava ancora là immobile per un po' di tempo e poi vedendo che era sparito, chiedeva: - Dov'è? Dov'è?
Qualche buona donna esclamava: - Gli angeli lo hanno portato in altro luogo. - L'assemblea intanto formava piccoli gruppi, nei quali chi non aveva udito si faceva narrare da altri quanto il prete aveva detto. Tutti approvavano, poichè in quei tempi la fede era molto viva nel cuore dei popolani.
Era poi ben divertente l'udire i commenti che facevano nell'atto di sbandarsi, sulle parole e sulla novità dei modi di quel prete. Chi lo diceva un santo, chi un folletto. Molti lo conoscevano e giudicavano il fatto sotto il suo vero aspetto; ma altri lo chiamavano un matto. D. Bosco prendeva tutto in buona parte, ed era contento che coloro, i quali raramente o quasi mai andavano in chiesa, avessero sentita la loro buona predica e proprio di quelle che difficilmente sfuggono alla memoria. Soleva dire: - Il prete per fare molto bene bisogna che unisca alla carità una grande franchezza.
Quando poi D. Bosco ritornava dall'interno della città, non solo rinnovavasi a quando a quando lo stesso spettacolo, ma la folla, specialmente dei giovani, finito di udire qualche leggiadro racconto, lo accompagnava a casa. I giovani non si stancavano di stargli attorno e di udirlo parlare. Talvolta intonava una canzone spirituale nota al popolo, e un coro di voci si univa alla sua. D. Bosco rinnovava la scena del Divin Salvatore quando era circondato dalle turbe e camminava per le contrade della Galilea. Si andava lentamente. D. Bosco ora, interrogato, rispondeva, ora egli stesso prendeva la parola. Finalmente tutti giungevano alla porta di quella microscopica abitazione. Giunto sulla soglia, D. Bosco, volgendosi a coloro che lo avevano seguito, li esortava a rimaner sempre fedeli alla Chiesa Cattolica ed agli insegnamenti della fede, e invitava i giovanetti a venire al Catechismo della domenica prossima. Finalmente si ritirava fra le grida che altamente risuonavano di: Evviva D. Bosco!
Tutti questi aneddoti li abbiamo scritti sotto il dettato or dell'uno or dell'altro fra gli antichi allievi che ne erano stati testimoni. Simili spettacoli si rinnovarono con grande frequenza fino al 1856.
Varie persone però, prudenti secondo il mondo e non esperte nel conoscere le vie per le quali il Signore conduce i suoi servi fedeli, censuravano D. Bosco con poco riguardo alle sue buone intenzioni.
Lo stesso signor Scanagatti, amico dell'Oratorio e antico conoscente di D. Bosco, non vedeva troppo bene da principio certe maniere del buon prete, certe usanze dell'Oratorio, e l'assembramento di tanti giovani. Ne parlò quindi con D. Cafasso anche suo confessore, pregandolo di avvertire D. Bosco affinchè desistesse da più coserelle che non gli garbavano. Ma D. Cafasso: - Lasciatelo fare, gli rispose; D. Bosco ha dei doni straordinari sembri a voi quello che si vuole, egli opera per impulso superiore: aiutiamolo per quanto possiamo.
Anche d'arcivescovo, prevedendo come ben presto la Chiesa sarebbe rimasta destituita dell'appoggio delle autorità civili, giudicava umanamente necessario sopperirvi con quello del popolo e che i sacerdoti si avvicinassero sempre più alle moltitudini dei fedeli, attraendoli a sè, col soccorso in tutti i loro bisogni, colle persuasioni della divina parola, con l’influenza della loro autorità e della santità della vita.
Egli perciò approvava che a questo fine D. Bosco si valesse di ogni mezzo lecito anche straordinario, suggerito da una prudente carità. Tanto più che in ogni azione di D. Bosco trionfava il dono della parola, da lui chiesto ed ottenuto dal Signore nel giorno della sacerdotale ordinazione. E in vero di lui si poteva dire: “ La sapienza esce fuori predicando alza la voce sua nelle piazze. Là dove si aduna la moltitudine, ella si fa sentire; alle porte della città ella espone i suoi documenti ”.
 
 
 
 
 
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