Entusiasmo dei giovani per le passeggiate - Un garzone muratore e il suo primo entrare nel prato di Valdocco - Una colazione al Monte dei Cappuccini - I cantori di D. Bosco e i navicellai del Po - Ubbidienza militare - Affetto a D. Bosco dei giovani dell'Oratorio.
del 26 ottobre 2006
 La passeggiata a Superga del 1846 fu come il principio, come un anello di una lunga serie dì molte altre di simile natura, che D. Bosco in quello e negli anni successivi condusse a fare ora in questo ed ora in quell'altro luogo. Generalmente egli annunziavale qualche tempo prima e le proponeva quale un premio, esigendo che i giovani fossero puntuali all'Oratorio, diligenti ad imparare il catechismo, obbedienti ed esemplari nelle fabbriche e nei laboratori, e non alieni dall'accostarsi di quando in quando ai Santi Sacramenti. Così questo buon padre di tutto, si serviva per attirare al bene i suoi figliuoli, studiandosi di far loro come toccar con mano che il servire a Dio può andare bellamente unito coll'onesta allegria, avendo detto il real profeta: Servite Domino in laetitia . Questa massima egli praticò costante sino alla morte, e l'inculcava continuamente ai suoi allievi; - Coscienza monda e pura, ecco la vera pace nel servire il Signore! Pax multa diligentibus legem tuam .
Un certo Paolo C.….antico allievo ci descrive in una lunga lettera il suo primo entrare nel prato Filippi, la gioia delle adunanze e delle passeggiate festive, e l'amabilità di D. Bosco. Dopo aver scritto della decisione presa dai suoi genitori di mandarlo a Torino perchè si guadagnasse il pane, lavorando da garzone muratore, così prosegue: - “Messa la mia secchia sulle spalle, lasciava il mio paese e giungeva in Torino. Io mi trovava come un puledro sbrigliato, non buono ad altro che a correre e saltellare sbadatamente. I pericoli nelle grandi città sono gravi per tutti, ma sono mille volte maggiori per l'inesperto giovinetto. Mio padre mi aveva raccomandato ad un suo amico, uomo di molta carità ed esemplare in religione. Io mi recai tosto da lui per avere guida e consiglio. Questi mi cercò un padrone, che mi dava pane e lavoro per tutti i giorni feriali. Ma come passare i giorni festivi? Talora egli mi conduceva seco alla Messa, ai divini uffici, alla predica e poi mi lasciava in libertà. Quindi alcuni compagni mi invitavano a giocare, a far partita alla bettola o al caffè, dove è inevitabile la rovina morale di un pari mio che appena toccava gli anni quindici.
” Una domenica il buon amico di mio padre mi disse: - Paolino! Non udisti mai parlare di un Oratorio, in cui va una moltitudine di giovanetti nei giorni festivi?
 - Che cosa si fa in questo Oratorio?
 - In questo oratorio ciascuno soddisfà a' suoi doveri religiosi, di poi vi si trattiene in piacevole ricreazione con trastulli di ogni genere, e canti e suoni.
 - E perchè non mi avete mai condotto? lo interruppi, pieno di curiosità ansiosa: dove si passa per andarvi?
 - Ti condurrò io stesso un'altra domenica, e ti raccomanderò al Direttore di quei trattenimenti, affinchè ti usi speciale riguardo.
” I giorni di quella settimana mi parvero anni; e nel lavorare e nel mangiare e nello stesso sonno mi sembrava sempre di udir la musica, veder salti, giuochi d'ogni specie. Venne finalmente la domenica; ma il mio protettore impedito dagli affari di famiglia non poteva accompagnarmi. Avendo io il fuoco nelle vene lo richiesi impazientemente delle indicazioni necessarie, e correndo m'incamminai Alle 8 del mattino giunsi al sospirato Oratorio. Era un prato: una siepe di bosso lo cingeva; qui vidi una moltitudine di giovani che si divertivano senza fare schiamazzi; un bel numero dì questi stavano ginocchioni intorno ad un prete che, seduto sopra una riva del prato, li ascoltava in confessione.
” Io restai sbalordito. Era estatico di maraviglia, come chi si trova in un mondo nuovo pieno di cose curiose non ancora conosciute. Un compagno accorgendosi che io era novizio tra loro, mi si avvicinò e in un modo garbato: Amico, mi disse, vuoi giocare con me alle piastrelle? Questo era il mio giuoco prediletto, perciò con subito trasporto accettai la proposta. Avevamo terminato la partita, quando il suono di una tromba impose silenzio a tutti. Ognuno lasciando i trastulli, si raccolse intorno al prete, che poi seppi essere D. Bosco: - Giovani cari, disse questi ad alta voce, è ora della santa Messa: questa mattina andremo ad ascoltarla al Monte dei cappuccini; dopo la Messa avremo una piccola collezione. Quelli a cui mancò tempo di confessarsi oggi, potranno confessarsi altra domenica; non dimenticate che ogni domenica vi è comodità di confessarvi. ” Detto questo, suonò di nuovo la tromba e tutti si posero ordinatamente in cammino. Uno dei più adulti cominciò la recita del Rosario, a cui tutti gli altri rispondevano. La camminata era quasi di tre chilometri, e sebbene non osassi associarmi cogli altri, tuttavia, spinto dalla novità, li accompagnava a poca distanza, prendendo parte alle comuni preghiere. Quando eravamo per intraprendere la salita che conduce a quel Convento, si cominciarono le litanie della B. V. Questo mi ricreò assai, perciocchè le piante, ali stradali, il boschetto che coprono le falde del monte risuonavano del nostro canto e rendevano veramente romantica la nostra passeggiata.
” Venne celebrata la Messa, in cui parecchi giovani si accostarono alla santa Comunione. Dopo breve predica e sufficiente ringraziamento, andarono tutti nel cortile del Convento per fare la collezione. Non ravvisando alcun diritto alla refezione de' miei compagni, io mi ritirai aspettando di unirmi ad essi nel ritorno, allorquando D. Bosco avvicinandosi mi parlò così:
 - Tu come ti chiami?
 - Paolino.
 - Hai presa la colazione?
 - No, signore.
 - Perchè?
 - Perchè non mi sono nè confessato, nè comunicato.
 - Non occorre nè confessarti, nè comunicarti per avere la colazione.
 - Che cosa si ricerca?
 - Niente altro che l'appetito e la volontà di venirla a prendere - Ciò detto mi condusse al cesto e mi diede in abbondanza pane e frutta.
” Disceso dal monte, andai a pranzo, e dopo il mezzodì ritornai a quel prato, ove con tutto mio gusto presi parte alla ricreazione fino a notte. Da quel punto per più anni non abbandonai l'Oratorio e il caro D. Bosco, che tanto bene fece all'anima mia e tanti giovani ridusse sul buon sentiero. Quanti disagi sofferse, quanta pazienza lo vidi usare, e quante industrie adoperare, per restituire a Dio certi cuori superbi, pieni di cattive inclinazioni, rozzi e talora maligni. E quando riusciva a farli migliori dava segni di così grande contentezza, che stimava un nulla quanto aveva dovuto sopportare, e prendeva animo ad assoggettarsi a fatiche più gravi.
” Fui presente a tutte le feste ed a tutte le passeggiate, le quali eccitavano un entusiasmo indescrivibile in quella accolta di giovani. Queste gite, accompagnate da avventure quasi sempre piacevolissime e talora meno gradite, davano argomento di infiniti discorsi, ed era ciò che D. Bosco desiderava, perchè la nostra fantasia avesse sempre oggetti nuovi ed innocenti intorno ai quali occuparsi con intensità. Un volume non basterebbe a svolgere questo solo periodo della storia dell'Oratorio. Io, continua egli, non ho agio a descrivere tutto ciò che accadde sotto i miei occhi, ma non voglio lasciar da parte un avvenimento singolare.
” D. Bosco con una ventina di giovinetti cantori andava a Sassi per una festa religiosa. Arrivato al Po, si volgeva a destra per camminare lungo la riva e giungere al ponte; quando una turba di garzoni navicellai gli furono intorno, invitandolo a traghettare il fiume sulle loro navicelle, e assordandolo colle loro voci gli impedivano di procedere. D. Bosco non potendo liberarsi da un'insistenza così sgarbata, visto poco lungi un barcaiolo tarchiato, robusto e già di età, gli fe' cenno di allestire la sua barca, che era capace di riceverci tutti. Il barcaiolo, rimossi minacciando quegli importuni, si avviò con D. Bosco, e noi lo seguimmo discendendo la ripa. Allora tutti quei garzoni, vedendo delusa la loro speranza di guadagnare il nolo, ruppero in un baccano infernale, scagliando ogni fatta d'ingiurie contro il prete. Intanto fra i giovani dell'Oratorio, che già stavano adagiati nella barca, si erano intromessi alcuni di quegli insolenti, e guardavano a destra e a sinistra con modi beffardi; ma il barcaiolo, senza fiatare e senza complimenti, afferratili ad uno ad uno per la camicia e per la pelle della schiena, li gettò sulla sponda. Costoro però coi loro compagni risaliti sul ciglione della ripa, appena la barca incominciò a muoversi, abbrancati i ciottoli, là ammonticchiati per selciare le vie, presero a lanciarli contro loro che si allontanavano. I giovanetti cantori si stringevano spaventati attorno a D. Bosco; alcuni piangevano. Era infatti un rischio molto serio. Le pietre fischiavano da ogni parte, tutto intorno facevano sobbalzare le acque e talora percuotevano i fianchi della barca. D. Bosco diceva sereno ai giovani: - State tranquilli al vostro posto: nessuna pietra vi toccherà. - E così fu con grande meraviglia di quei paurosi, che ben presto si trovarono fuori di tiro. - Ma allora fu un subisso di urla, fischi e grida di quei discoli: - Stasera ritornerete! Avrete da fare con noi!
” La barca approdò alla Madonna del Pilone, e D. Bosco andò a Sassi, riempiendo di soave allegrezza quegli abitanti, colle voci graziose del suo coro. Alla sera ritornando a piedi imboccava il ponte di Po. I suoi giovani camminavano in fila serrata. Quand'ecco giungono ove, secondo la minaccia, erano attesi da un gruppo di dieci o dodici garzoni barcaioli, i quali li guardavano fissamente in, atto di provocazione e ghignando parlavano fra di loro sottovoce, in modo però che non si poteva intendere che cosa dicessero. D. Bosco osservava ogni loro movimento, ma nulla più accadde che cagionasse disgusto. Sembrava che rattenuti da un misterioso agente non potessero risolversi a dar principio alle loro brutali prodezze ”. - Fin qui il manoscritto.
Intanto i giovani dell'Oratorio a cosiffatta alternativa di devozione e di onesti piaceri, erano vivamente compresi dell'amore sincero, che lor portava D. Bosco. Nel vedere la tenera sollecitudine e il vivo interessamento che egli mostrava pel loro bene, studiavansi di contraccambiarlo nel miglior modo possibile, e sopra tutto lo ubbidivano con una prontezza ammirabile. Bastava una sua parola, un suo cenno, talora uno sguardo solo per chetarli, far cessare tra loro un diverbio, impedire un disordine e imporre silenzio a 400 e più lingue giovanili. Una volta tra le altre erano tutti affaccendati nel correre, giocare, far schiamazzo, quando D. Bosco ebbe bisogno di loro parlare: ad un cenno della sua mano come in un baleno cessarono da ogni chiasso e divertimento, e furono a lui d'intorno per udirne gli ordini. A questa vista un carabiniere, che li stava da qualche tempo osservando, non potè trattenersi dall'esclamare: - Se questo prete fosse un generale d'armata, potrebbe combattere contro al più agguerrito esercito del mondo, con sicurezza della vittoria.
In Torino si faceva un gran parlare di D. Bosco. Quando percorreva le vie co' suoi giovani, la gente usciva dai cortili, affacciavasi ai balconi, alle finestre e sugli usci per godere di quello spettacolo. Chi diceva D. Bosco essere un gran santo, chi lo qualificava per un gran pazzo. Nel ritornare dalle passeggiate, alcune volte la comitiva si fermava, e tolto, sulle loro braccia il buon prete, che si sforzava a schermirsi ed insistere non facessero, lo sollevavano in alto, e volere o non volere lo portavano in trionfo, come gli antichi Romani portavano sugli scudi i loro imperatori. A gloria di queste camminate si deve notare che fra quei giovani, non legati da alcuna disciplina, non si dava il minimo disordine. Non una rissa, non un lamento, non il furto di un frutto, quantunque il numero fosse grande e talvolta di sei o settecento. Nè si trattava di soli fanciulli, ma eziandio di giovanotti robusti, audaci, sfidatori dei pericoli, che non mancavano di portar seco l'indivisibile coltello.
Ma non è a farsene le meraviglie. Questi giovani amavano D. Bosco con quell'amore col quale sanno affezionarsi a chi loro vuol bene. Allorchè nei giorni feriali egli usciva per le vie della città, si vedeva ad ogni passo sulle porte delle officine giovanetti, i quali correvano intorno a lui per dargli il buon giorno. Guai a chi avesse fatto il minimo segno di irriverenza al loro prete; guai a chi si fosse permesso di parlare meno bene di lui! Se qualche giovane dell'Oratorio fosse stato invitato al male, bastava il pensiero del disgusto che ne avrebbe provato D. Bosco per tenerlo lontano dal cattivo passo. Sembra perfino incredibile, eppure tant'è. Un suo desiderio era realmente per essi un comando. Infatti la loro affezione a D. Bosco andava, sarei per dire, fino alla follia.
 
 
 
 
 
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