D. Bosco la edificare un edificio per le scuole - Iscrizioni ne' portici di questo - Continuano le opposizioni perchè gli insegnanti dell'Oratorio non proseguano legalmente i corsi de Belle Lettere: si esige da loro l'esame di licenza liceale - L'esame di Filosofia in Seminario equipollente alla licenza liceale - Supplica dei maestri dell'Oratorio al Rettore dell'Università - Attestato dell'esame di Filosofia - Dichiarazione e raccomandazione di D. Bosco al Rettore dell'Università - Dimanda respinta - Ricotti e D. Bosco - Un intercessore - Sono concessi gli esami d'ammissione all'Università.
del 01 dicembre 2006
  Abbiamo detto come D. Bosco fosse risoluto di tenere aperto il suo ginnasio a qualunque costo poichè sentiva di essere sostenuto da una forza soprannaturale. Infatti, cosa sorprendente, mentre ferveva la questione coll'autorità scolastica, D. Bosco imperterrito faceva innalzare un nuovo edifizio destinato per le scuole. Il muro di confine a levante, tra la proprietà dell'Oratorio e il vasto cortile della palazzina del Signor Filippi, circa alla metà formava un angolo ottuso, aperto verso ponente; e da qui andava a congiungersi in linea retta, coll'estremità del fabbricato costrutto recentemente lungo la via della Giardiniera, ove era stabilita la nuova porteria.
Dalla casa adunque ove era la gran sala dello studio fino all'angolo suddetto si costruivano le scuole.
L'edifizio alto metri 14.24 lungo 39, e largo 10, fu di due piani, oltre le soffitte ed il pianterreno, il quale in tutta la sua lunghezza fu diviso metà in sale e metà in portici. I giovani in tempo di ricreazione portavano con entusiasmo i mattoni sui ponti e poi le tegole sul tetto. Tutto il lavoro proseguito in quest'anno venne ultimato sul principio del 1864
D. Bosco sotto que' portici fece porre quattro iscrizioni.
 
I.
 
Ne tradas bestiis animas confitentes tibi et animas pauperum tuorum ne obliviscaris in finem. Psal. LXXIII. 19.
Non dare in potere delle bestie le anime di quelli che ti confessano, e non ti scordare per sempre delle anime de' tuoi poveri.
 
II.
 
Praeoccupemus faciem ejus in confessione et in psalmis jubilemus ei. Psal. XCIV, 2.
Corriamo, a presentarci davanti a Lui coll'orazione e coi salmi celebriamo le sue lodi.
 
III.
 
Qui abscondit scelera sua non dirigetur: qui autem confessus fuerit et reliquerit ea, misericordiam consequetur. Prov. cap. XXVIII, 13.
Chi nasconde i suoi delitti non avrà bene: ma chi li confessa e li abbandona, otterrà misericordia.
 
IV.
 
Non confundaris confiteri peccata tua et ne subjicias le omni homini pro peccato. Eccl. capo IV, 31
Non ti vergognare di confessare i tuoi peccati, ma non ti soggettare a verun uomo per far peccato.
Mentre alacremente si lavora ad innalzare la fabbrica, Don Bosco in mezzo a quella fosca successione di tempi, ricevuta il 23 marzo l'ultima isposta dal Ministero, vedeva che l'unico mezzo per conservare le sue scuole era quello di tenersi alla legalità. Venne quindi nella deliberazione d'inscrivere i suoi chierici regolarmente all'Università. Ma allora fu dichiarato essere necessario che gli alunni di D. Bosco si assoggettassero all'esame di licenza liceale.
Tante difficoltà sorgevano una dopo l'altra di mano in mano che si presentavano nuove ragioni. Calcolatamente si opponevano gli ostacoli in modo che D. Bosco dovesse stancarsi e desistere.
Egli però trovava un'altra via e legale che lo traesse da quelle angustie. I maestri di ginnasio nell'Oratorio avevano compiuto il corso di Filosofia in Seminario sotto insegnanti laureati nella Regia Università: ora l'esame di detta materia preso nel Seminario sembrava potesse bastare, secondo certe disposizioni legali antiche, o almeno secondo l'interpretazione loro data da più anni, a supplire all'esame di licenza liceale. Infatti varii sacerdoti erano stati ammessi all'anno accademico con questo solo titolo.
Oltre a ciò D. Bosco mirava, per quanto le leggi lo permettevano, ad abbreviare i corsi dei suoi insegnanti. E i n questo senso faceva da loro presentare un ricorso al Rettore dell'Università, A questa domanda egli univa un attestato, in carta bollata e col sigillo del Capitolo della Chiesa Metropolitana, degli studii fatti dai ricorrenti nel Seminario.
Giuseppe Zappata Dottore Coll. in Teol. Can. Arciprete nella Metropolitana di Torino, Uffiziale dell'Ordine Mauriziano e, vacando la sede Arcivescovile, Vicario Gen. Capitolare.
A chiunque fa d'uopo certifichiamo ed attestiamo che li signori, Don Giovanni Francesia da S. Giorgio e chierici Francesco Cerruti da Saluggia, Celestino Durando da Farigliano e Giovanni Anfossi da Vigone, hanno fatto il corso di Filosofia frequentando le scuole di questo Seminario Arcivescovile e ci consta che li medesimi subirono con esito assai favorevole li prescritti esami, tanto nella metà che in fine di ogni anno e si comportarono ognora in modo lodevole ed irreprensibile.
Torino, li 27 marzo 1863,
 
GIUSEPPE ZAPPATA Vic. Gen. Cap.
Teol. GAUDE pro Cancelliere.
 
Al precedente attestato D. Bosco aveva aggiunta una sua dichiarazione essa pure in carta da bollo indirizzata al Rettore dell'Università.
 
DICHIARAZIONE.
 
Il sottoscritto dichiara che gli insegnanti Francesia Giovanni, Cerruti Francesco, Durando Celestino ed Anfossi Giovanni da sette anni prestano gratuitamente l'opera loro in qualità d'insegnanti a favore dei poveri giovani accolti in questa casa, detta Oratorio di S. Francesco di Sales. Essi sono in modo particolare commendevoli per la loro esemplare condotta morale e per le molte fatiche con alacrità sostenute, perciocchè mentre insegnarono nelle rispettive classi, fecero eziandio regolarmente i loro studii teologici, e frequentarono da cinque anni in qualità di uditori le lezioni di lettere greche, latine ed italiane e da un anno anche di storia.
Per questi motivi si raccomandano caldamente alla nota bontà dell'Ill.mo sig. Rettore della R. Università di Torino, affinchè voglia loro concedere tutti quei favori che nella sua prudenza e saviezza ravviserà compatibili colle vigenti leggi.
Si fa rispettosamente notare a V. S. Ill.ma che ogni favore concesso ai supplicanti ridonda totalmente a vantaggio di un'opera di pubblica beneficenza, che ha per oggetto di usare tutti i mezzi possibili per porre la giovent√π povera o meno agiata in uno stato da potersi guadagnare onestamente il pane della vita.
 
Torino, 28 marzo 1863.
 
Sac. Bosco GIOVANNI Direttore.
 
A questo nuovo ricorso fu risposto che le disposizioni citate degli antichi regolamenti si potevano ritenere per abrogate.
Il Rettore dell'Università di Torino, Ercole Ricotti, Professore di Storia moderna e di arte critica, non era stato l'ultimo ad essere visitato da D. Bosco. Ricotti, autore di molte opere storiche, di una storia d'Europa e specialmente d'Italia, godeva gran fama nel campo liberale. Aveva letto la Storia d'Italia ad uso della gioventù, stampata da D. Bosco ed aveva ascritto a pochezza d'ingegno ed a lieve coltura, quello che era aurea semplicità di stile e di dettato, come ebbe a dirne il Tommaseo. Gli facevano eziandio velo alla mente le sue idee avverse alla Chiesa. Varie volte D. Bosco erasi recato all'Università e alla sua casa, ma eragli sempre stata negata l'udienza. Ricotti si teneva personalmente offeso per certi giudizi di D. Bosco intorno alle sue Opere, che alcuni impiegati gli avevano calunniosamente: riferiti.
Per tentare un'ultima prova andò a trovarlo all'Università. Si attendeva secondo il solito di sentirsi rispondere che il Rettore era occupato e non poteva riceverlo, quando una circostanza favorevole venne in suo aiuto. In quell'istante si aperse la porta dell'ufficio del Rettore e usciva Ricotti in persona per dare un ordine al bidello. D. Bosco fu lesto a piantarsi innanzi a quell'uscio pel quale il Rettore doveva rientrare.Infatti non tardò a ricomparire. Egli conosceva D. Bosco, perchè più di una volta nei tempi andati si era trattenuto con lui, ma fe' vista di non riconoscerlo.
D. Bosco appena gli venne innanzi, gli disse: Mi permette una parola? Con chi ho l'onor di parlare?
 - Sono il povero D. Bosco.
 - Ah! sì, si! D. Bosco! Quel prete che ha parlato male di me ed ha screditata la mia Storia d'Europa!
 - Signor Professore! Ella s'inganna a gran partito. Io non ho mai scritto male della sua opera.
 - Sì, sì! Lei ha pubblicato che la mia storia è menzognera... su! non ricorriamo a sotterfugi, parliamoci chiaro, .... intendiamoci subito e bene, .... confessi candidamente ciò che io affermo... - E dicendo queste parole introduceva D. Bosco, nel suo ufficio, e fattolo sedere e sedutosi a lui vicino, continuò:
 - È vero sì o no, che ella si è permessa di proferire parole sconvenienti riguardo alla mia opera?
 - Io l'assicuro che non ho mai fatto, detto, scritto cosa qualsiasi contraria all'opera sua.
 - Ma intendiamoci; replicò il Rettore; approva ella sì o, no, ciò che io espongo nella mia Storia d'Europa?
 - Oh! questo poi no, signor Professore.
 - Aaah!... è qui che io la voleva, ripigliò il Ricotti; è qui! E perchè, sig. D. Bosco, questa sua disapprovazione?
 - Perchè ella contraddice apertamente alla verità. Senza discorrere vagamente in generale, veniamo subito a qualche particolarità. Veda, signor professore, ella parlando di Leone X, mi dice che colle frodi riuscì ad occupare il Pontificato; e, benchè menasse vita ipocrita e inoperosa, pure sì ebbe il nome di Magno dai suoi cortigiani; e, contro i suoi meriti, il suo secolo prese il nome da Lui. Ora conosce ella il Voit? Ebbene costui è un autore Protestante, eppure parlando di questo Pontefice mi dice, che per la sua vita piena di opere belle e buone onorò grandemente il Pontificato, che niuno meritò quanto lui del suo secolo, che giustamente e necessariamente il medesimo secolo dovette prendere il nome da lui: e gli tributa omaggio ed elogi ammirabili. Ora, mi dica lei, signor Professore, a chi debbo io credere di preferenza? A lei che si professa cristiano e mi scredita sì malamente un Pontefice così grande, oppure ad uno che, avendo ogni interesse a screditarlo, lo innalza e lo sublima con panegirici i più entusiastici? Il Professore si trovò imbarazzato a rispondere: cercò ragioni, scuse, ma dovette convenire che D. Bosco non aveva torto. - Passò quindi a fare le meraviglie per la non mai, come esso diceva, abbastanza apprezzata opera di D. Bosco sulla Storia d'Italia e dicevagli: - Come mai la S. V. con tante e così gravi occupazioni, ha potuto ideare e riuscire in cosi mirabile modo in un lavoro così bello e così difficile?
D. Bosco però che non era venuto per sentire elogi, che capiva non esser sinceri, non tardò a parlare delle sue scuole, che si volevano chiudere, dei suoi professori che non si volevano ammettere all'esame, e della necessità per lui di avere quanto prima insegnanti approvati. Ricotti lo ascoltò con molta benignità e promise da parte sua ogni protezione, protestando che l'opera di provvidenza intrapresa in favore dei giovanetti poveri ed abbandonati si meritava ed aveva tutta la sua benevolenza.
D. Bosco sperò di avere il suo appoggio, ma la risposta tardava, perchè Ricotti non ammetteva per legale l'esame di Filosofia preso in Seminario e l'abbreviare i corsi di Università.
Ma quando ogni ostacolo sembrava insormontabile, il Preside della Facoltà Filosofico - Letteraria, Prieri Bartolomeo, professore di Letteratura Greca, s'interpose presso Ricotti, perchè gli alunni di D. Bosco, in vista delle lezioni frequentate all'Università, fossero dispensati dall'esame di licenza liceale; e colla sua influenza fece desistere gli oppositori dell'Oratorio da tale pretenzione.
Infatti in risposta al ricorso presentato dagli insegnanti dell'Istituto del S. Francesco di Sales in Valdocco, giungeva a D. Bosco dalla Regia Università la seguente determinazione.
Visto il voto del Consiglio accademico e la proposta del sig. Rettore di questa Regia Università, il Ministero dell'Istruzione Pubblica consente che i ricorrenti siano ammessi ai corsi della facoltà di lettere con dispensa dall'obbligo di presentare la licenza liceale, ma purchè sostengano con buon successo l'esame di ammissione.
Si restituiscono le carte e titoli presentati a corredo.
Torino, li 3 maggio 1863.
 
Il Rettore
RICOTTI.
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