Capitolo 47

Ricordo del sogno della Ruota e del campo di grano - D. Bosco andrà ad Oropa per la scelta del personale da mandarsi a Mirabello: nell'Oratorio tutti indicano Don Rua come Direttore - Difficoltà Per la mancanza di patenti - il Ministro decreta una sessione straordinaria per esami a chi vuole conseguire il diploma di professore per le tre prime classi ginnasiali - D. Bosco esorta parecchi de' suoi a Prepararvisi - Studii generosi e indefessi - Parole memorabili di D. Bosco sul lavoro incessante per la gloria di Dio - Lettere di D. Bosco da S. Ignazio a dite chierici - Solite percosse misteriose a chi va nella Dora ed uno schiaffo da mano invisibile: testimonianze - D. Bosco ritorna da Lanzo - Sua lettera di consiglio ad un signore conosciuto a S. Ignazio.

Capitolo 47

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

  Era tante incertezze e pene regnava salda la speranza. La cronaca di D. Ruffino asserisce: “ Nel mese di luglio D. Bosco ricordando il famoso sogno della lente sulla ruota e del campo di grano coperto di spighe, ci confermò essere quello una manifestazione del volere divino, che ci assicurava della sua protezione sulla Pia Società ” Disse pure che dopo gli esercizi di S. Ignazio egli sarebbe andato a Biella al Santuario della Madonna di Oropa per fare colà la scelta delle persone da mandarsi nel collegio di Mirabello ”.

Si doveva in quest'anno aprire quel Collegio del quale le costruzioni erano ormai  condotte a termine. Siccome l'ultimo piano era ancora molto umido fu disposta per abitazione anche una casa colonica attigua, che apparteneva alla proprietà di D. Bosco.

Era necessario adunque stabilire il personale dirigente ed insegnante. Pel Direttore l'occhio di tutti si portava su D. Rua e nessuno più di lui si credeva idoneo a riprodurre la mente e la volontà di D. Bosco nel fare cioè in modo che egli fosse il D. Bosco di Mirabello. Ma anche qui sorgeva la questione dei professori. Si era combinato con Monsignor di Calabiana che il Collegio sarebbe detto Piccolo Seminario, e perciò di esclusiva dipendenza dal Vescovo di Casale; mentre col tempo se fosse stato d'uopo, si sarebbero provvedute persone con titoli legali. Questa idea però si temeva che a nulla giovasse  si prevedeva che per l'approvazione dell'Istituto si sarebbero richiesti dall'Autorità scolastica almeno due che avessero qualche diploma da professore o qualche titolo equipollente. Ci erano parecchi chierici e preti, che avevano la scienza necessaria per subire l'esame da professore e di più avevano già fatto il loro tirocinio nell'insegnamento ma non avevano i necessari requisiti. Ora come fare? Da molti anni non si davano più gli esami straordinarii pel conseguimento di tali diplomi. Era d'uopo aver pazienza e far il corso di Belle Lettere all'Università, il che importava un periodo di almeno quattro anni, prima che si potesse aprire regolarmente il ginnasio. Un tale ritardo portava sconcerto alla nuova Casa: ma siccome era opera di Dio, non mancò il suo aiuto. Al mese di luglio, mentre più nessuno se l'attendeva, viene pubblicato l'annunzio che in vista della deficienza di professori di ginnasio, in quell'anno 1863 ed in seguito, ci sarebbe stata una sessione straordinaria, nel mese di settembre, per chi volesse conseguire il diploma da professore. A tale annunzio D. Bosco non potè che riconoscere l'intervento della Provvidenza divina, ed esortò parecchi dell'Oratorio a prepararvisi. Il tempo stringeva, non vi erano neppure due mesi per fare almeno una preparazione prossima sulle molte materie prescritte, e sebbene fossero chi più chi meno tutti al corrente di tale studio, tuttavia sgomentava alquanto la poca distanza dell'epoca degli esami. Ma quella era l'epoca in cui tutti per amore di Dio, per affezione alla causa degli Oratorii, mettevano volontieri anche la loro vita in pericolo, se fosse stato di mestieri, per un sì lodevole scopo. Perciò D. Bosco trovò diversi che i diedero con tutto l'ardore a ripassare quanto era necessario per tali esami, malgrado che si trovassero già stanchi per le fatiche dell'anno scolastico poco prima passato. Uno di essi si mise alla testa, ed assegnando le lezioni ed i compiti quotidiani, comunicando insieme quanto studiavano giorno per giorno, si trovarono al principio di settembre preparati in modo da potersi presentare con tranquillità.

Avevano seguito l'esempio del loro caro padre e modello D. Bosco, il quale invitato a prendersi un po' di riposo nelle sue incessanti fatiche ed occupazioni, soleva rispondere: - Ciò che si può fare quest'oggi non rimandarlo a domani!

Dava pure quest'altro consiglio: - Bisogna operare come se non si dovesse morire mai e vivere come se si dovesse morire ogni giorno. Quotidie morior.

“ Trovando noi stanchi ed affaticati, scrisse Mons. Cagliero: coraggio, diceva, lavoriamo, lavoriamo sempre, perchè lassù avremo un riposo eterno. E quando avverrà che un Salesiano cessi di vivere lavorando per le anime, allora direte che la Congregazione ha riportato un grande trionfo, e sopra di essa discenderanno copiose le benedizioni del cielo ”.

D. Dalmazzo Francesco fu presente ad un dialogo che noi trascriviamo dalle sue note di Collegio. Si deve però osservare che D. Bosco parlava di quel lavoro, che era necessario assolutamente per compiere i disegni di Dio.

 - I suoi figli lavorano troppo, diceva un benefattore a Don Bosco.

 - Siamo qui per lavorare, sa! rispose D. Bosco.

Sta bene, ma la corda troppo tesa si rompe! Essi avrebbero bisogno di quando in quando di un po' di riposo.

 - Si riposeranno in paradiso.

 - Ma intanto pel troppo lavoro essi perdono la sanità.

 - Non è una perdita, ma un guadagno.

 - Ma non vede che si accorcieranno taluni la vita e moriranno giovani!

 - Avranno il premio più presto. Fortunato colui che muore per così bella cagione.

D. Bosco con queste parole dipingeva con verità l'animo generoso de' suoi valenti coadiutori, ai quali ricordava sovente le parole di S. Paolo nelle sue lettere: “ Non è Dio ingiusto onde si dimentichi dell'opera vostra e della vostra carità. Ognuno riceverà la sua mercede a proporzione di sua fatica ”.

D. Bosco partiva quindi per Lanzo e da S. Ignazio scriveva una lettera al Signor chierico Bonetti Giovanni in Torino. Certe sue frasi si riferiscono a lotte interne per la vocazione.

 

Bonetti mio carissimo,

 

Non darti la minima inquietudine su quanto mi scrivi. Il demonio vede che gli vuoi scappare definitivamente dalle mani, perciò si sforza d'ingannarti.

Seguita i miei consigli e va' avanti con tranquillità. Intanto potrai farti passare la malinconia cantando questa canzone di S. Paolo: Si delectat magnitudo proemiorum, non deterreat multitudo laborum. Non coronabitur nisi qui legitime certaverit. Esto bonus miles Christi et ipse coronabit te.

Oppure canta con S. Francesco d'Assisi:

Tanto è il bene che io m'aspetto

Che ogni pena m'è diletto,

Il dolor si fa piacere,

Ogni affanno è un bel godere,

Ogni angoscia allegra il cuor.

Del resto prega per me ed io non mancherò di pregare anche per te e fare quanto posso per renderti felice nel tempo e nell'eternità. Amen.

 

S. Ignazio, 20 luglio 1863.

 

Tuo aff.mo in G. C.

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Oltre questa letterina D. Bosco ne scrisse altre a chierici e giovanetti, ma una sola ci fu consegnata.

 

Carissimo Garino,

 

La tua ultima lettera ha dato nel segno. Fa' come hai scritto e vedrai che saremo ambidue contenti; ma come ti dissi già altra volta, io ho bisogno da te di una confidenza illimitata, cosa che certamente mi concederai, se pensi alle sollecitudini usate e che vieppiù userò in avvenire in tutto ciò che può contribuire al bene dell'anima tua ed anche al tuo benessere temporale.

Intanto ricordati questi tre avvisi: fuga dell'ozio, fuga dei compagni dissipati e frequenza dei compagni dati alla pietà; per te questo è tutto.

Prega per me che ti sarò sempre,

S. Ignazio 1863.

 

Aff.mo in G. C.

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Anche in quest'anno 1863 si rinnovò un fatto misterioso inesplicabile, mentre D. Bosco si trovava agli esercizi spirituati a S. Ignazio. “ Si direbbe, scrisse D. Rua, che più di una volta D. Bosco avesse il dono della bilocazione. Alla Domenica due giovani dell'Oratorio in tempo di predica andarono di nascosto a bagnarsi nella Dora poco lungi dalla fucina delle canne da fucili. Deposte le vesti e dopo aver diguazzato nella poca acqua corrente si sdraiarono sulla sabbia. Ad un tratto si sentono replicatamente cadere sul dorso una palmata data da mano pesante, che lasciò loro sulla pelle l'impronta delle dita. Guardando attorno e non vedendo nessuno, sentendosi bruciar le spalle con vivo dolore, si ricordarono, benchè troppo tardi, di ciò che era accaduto nell'anno scorso e in quelle vicinanze a tre dei loro compagni e si misero ambedue a gridare: - Ecco D. Bosco! - Vestiti in fretta ritornarono correndo all'Oratorio, credendosi inseguiti. Giunsero a casa pallidi come la morte; entrati con precauzione per la porta della Chiesa, andarono a nascondersi in una camerata ”.

Il domani mattina, ci raccontò D. Dalmazzo, giungeva da S. Ignazio un biglietto a D. Alasonatti scritto da D. Bosco: “ Ho veduto in questo momento i giovani Bastia e Vezzetti, fuggire, oggi domenica, dall'Oratorio per andare a bagnarsi nelle acque del fiume Dora. Là ascoltai che avevano incominciato discorsi poco convenienti e diedi loro un ricordo che dovrà durare per un pezzo. Lei, signor Prefetto, li chiami e li interroghi se hanno sentito o ricevuto nulla mentre erano sulla sponda del fiume ”.

D. Alasonatti colla lettera in mano andò in cerca dei due colpevoli, e trovatili lesse ad essi quel foglio: - D. Bosco mi ha scritto, disse loro: non l'avete fatta franca! Avete sentito qualche cosa nella Dora da farvi poco piacere. - I due giovani confessarono che loro ancor dolevano le spalle.

Anche il Ch. Bonetti li interrogò e si persuase esso pure che D. Bosco aveva scritto il vero. Eziandio ad Enria Pietro, che li conosceva personalmente, confermarono le carezze ricevute..

D. Alasonatti aveva detto a Vezzetti: - Prepara il baule che ritornerai a casa tua. - Il giovane mentre scendeva le scale della Prefettura, s'incontrò col giovane Fiocchi, del quale era molto amico per essere nativo della stessa regione, e gli narrò il suo caso; quindi lo interrogò come D. Bosco avesse conosciuta la sua scappata, essendo impossibile che in qualche modo gli fosse giunta notizia dall'Oratorio. - E gli soggiunse: - Sai.... mi vennero sopra, senza che io vedessi alcuno, tre colpi; e il terzo fu veramente terribile e doloroso.

I due giovani però vennero riammessi e fecero giudizio.

“ Dell'avvenimento suesposto sono stato io testimonio, scrisse D. Dalmazzo Francesco. Ricordo parimente, a conferma di questi fatti, che D. Bosco domandò una volta ad un giovane: - Non ti ricordi di aver ricevuto da mano invisibile uno schiaffo nel tal giorno? - E confessando egli di sì, molto meravigliato come D. Bosco il sapesse, aggiunse: E che cosa facevi in quel momento?

” Essendosi il giovane fatto rosso come bragia in viso, D. Bosco presolo in disparte gli disse una parolina all'orecchio. A questo fatto con me si trovavano presenti parecchi miei compagni ”.

D. Bosco ritornava da S. Ignazio, ove incontravasi sempre con vecchi amici, e nuove amicizie contraeva coi moltissimi che da lui erano andati a confessarsi. Ciò importava poi una viva corrispondenza per consigli spirituali, la quale naturalmente andò distrutta. Qualche rara sua lettera però ci fu consegnata ed una di quest'anno, scritta all'Ill.mo Cav. Grimaldi di Bellino, patrizio di Asti. Questo signore frequentava gli esercizi spirituali di S. Ignazio, dove conobbe D. Bosco e con lui aveva stretta affettuosa famigliarità. Stava a Maretto, diocesi di Asti, ove era parroco D. Giovanni Ciattino.

 

Carissimo Sig. Cavaliere,

 

Abbia pazienza se non rispondo, come vorrei, alle sue lettere; mi manca proprio il tempo. Ella è a Maretto ed è con un sant'uomo; ne segua pure gli esempi ed i consigli e farà la volontà del Signore.

Ho letto e fatto leggere le famose profezie, ma non sembrano tornare a gloria di Dio pubblicandole. Io non entro nel merito delle medesime, ma io non vedo in esse lo spirito del Signore che è tutto carità e pazienza. Io le trasmetterò ove Ella mi dirà.

Vuole che facciamo una prova pel giovane Vaianeo? Metà caduno. La pensione ordinaria di L. 30 io la ridurrei a 15 ed Ella pensi pel resto. Se darà buone speranze, lo faremo andare avanti, del resto si farà quello che il Signore farà conoscere di sua maggior gloria.

Noi preghiamo per Lei, Sig. Cavaliere, Ella preghi anche per noi; faccia da parte mia affettuosi saluti al caro D. Ciattino suo principale. La Santa Vergine della Mercede ci benedica tutti in terra e ci renda degni dell'eternità in cielo. Amen.

 

Torino, 24 Settembre 1863.

 

Sac. GIOVANNI BOSCO.

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