D. Bosco a Sassi - Gli allievi delle Scuole Cristiane - Slancio giovanile - Doppio imbarazzo - La carità supplisce al miracolo.
del 26 ottobre 2006
 In tutti i tempi e luoghi la gioventù mostrò di avere un bel cuore per chi l'ama sinceramente e ne cerca il vero bene. Turbe di fanciulli e di giovanetti si accalcavano presso la persona del divin Salvatore, perchè Egli li amava ben più che un tenero padre i figli suoi. Un S. Filippo Neri veniva per ogni dove attorniato da giovani, chè quell'Apostolo di Roma li trattava con una bontà inarrivabile. Lo stesso accadeva a S. Giuseppe Calasanzio, a S. Gerolamo Emiliani, al B. Sebastiano Valfré, a S. Francesco di Sales ed a tanti altri Santi che ebbero da Dio la missione di salvare i pargoli. E ai tempi nostri, quanto D. Bosco sia stato amato da' suoi giovanetti, ne sono una prova incontrastabile i fatti che siamo per narrare. Oltre al lavoro dell'Oratorio D. Bosco attendeva eziandio al sacro ministero nelle carceri, nell'Ospizio dei Cottolengo e al Rifugio; era quindi ben poco il tempo che gli rimaneva libero. Or questa incessante occupazione del giorno faceva sì che egli, per compilare i libri che gli erano necessari, dovesse studiare e lavorare di notte: partito che gli tornò fatale. In capo ad alcune settimane, dopochè ebbe preso possesso della tettoia Pinardi, la sua sanità, già per se stessa cagionevole, deteriorò siffattamente, che i medici lo consigliarono a desistere da ogni fatica, se non voleva andare incontro ad una irreparabile sciagura in sul fior dell'età sua. Il Teologo Borel, che lo amava e gli faceva più che da fratello, vistolo in quel pericolo, lo mandò a passare alcun tempo in casa dell'ottimo Teologo Pietro Abbondioli, Curato di Sassi, nel suburbio ai piedi della collina di Superga. Egli fermavasi colà i giorni feriali, e al sabato sera ritornava in città per passare la Domenica co' suoi giovani.
Nonostante la caritatevole attenzione del buon Curato e la salubrità dell'aria, quel soggiorno non apportava a D. Bosco il giovamento che gli era necessario. Una delle cause si era che, non potendo egli rimanere inoperoso un sol momento, si occupava nell'ufficio di vice - parroco; e l'altra, che per la sua vicinanza a Torino i giovani dell'Oratorio vi si recavano ben sovente a visitarlo, e uniti con quei del paese finivano per dargli non poco da fare. E non solamente quelli dell'Oratorio, ora a gruppi, ora individualmente, correvano di quando in quando a Sassi; ma vi si univano eziandio gli allievi dei Fratelli delle Scuole Cristiane, i quali una volta tra le altre lo posero in un doppio imbarazzo. Ecco in quale occasione e in che modo, secondo la narrazione dei Sig. Carlo Rapetti, allora Economo nel Collegio di S. Primitivo, e di altri che furono presenti al fatto.
Tra le scuole saggiamente dirette dai suddetti religiosi erano le municipali di Torino, chiamate di Santa Barbara, frequentate da parecchie centinaia di giovanetti. D. Bosco vi andava ogni settimana a confessare nella cappella annessa; alcuni venivano da lui all'Oratorio; quasi tutti erano suoi penitenti. Sulla fine della primavera di quell'anno si diedero loro gli Esercizi spirituali. Durante il sacro ritiro essi aspettavano Don Bosco, e nella speranza che vi si recasse secondo il consueto, quasi nessuno aveva pensato di confessarsi da altri. Intanto venne il mattino della chiusura, e quei buoni ragazzi di mano in mano che dalle loro case erano entrati in Collegio, non vedendo Don Bosco, colla licenza dei propri maestri andavano a cercarlo in Valdocco. Non trovatolo e udito che egli era a Sassi, a schiere a schiere partirono per quella volta, credendo alcuni che Sassi fosse una casa di tal nome, ed altri un luogo da Torino non molto distante. Poverini! Essi ignoravano che avevano da percorrere tra andata e ritorno parecchi chilometri. Quando si accorsero che toccava loro di uscire dalla città e passare il Po, avrebbero dovuto desistere dal loro divisamento e tornare in Collegio; ma la considerazione non fu mai la virtù della età giovanile, e quei ragazzi ascoltando solo la voce del cuore, e i secondi seguendo l'esempio dei primi, tirarono innanzi intrepidamente.
Il tempo era piovoso, ed essi arrivati ad un certo punto, mal pratici del luogo, smarrirono la strada, e andavano in cerca di D. Bosco pei prati, pei campi e per le vigne. Le persone che li incontravano loro chiedevano Dove andate? Chi cercate?
 - Andiamo a Sassi e cerchiamo D. Bosco: dov'è Sassi? Dov'è D. Bosco?
 - Sbagliate la via, rispondevano i contadini: bisogna tornare indietro, voltare, ascendere; e poi chi sia e dove sia D. Bosco non lo sappiamo. Il parroco di Sassi non si chiama Bosco; anzi nel paese non vi è alcun sacerdote che porti tal nome.
 - Eppure, rispondevano i giovani erranti, ci hanno detta che D. Bosco è a Sassi, e ci deve essere.
Altri, che venivano dietro all'insaputa dei primi, prendendo un qui pro quo domandavano: - Dov'è Sassari?
La gente rispondeva ridendo: - Sassari è in Sardegna, e vi si va in barca; e i poverini restavano mortificati.
Finalmente messi sulla buona via, quali da una parte e quali dall'altra giunsero alla parrocchia in più volte un trecento giovanetti, molli di sudore, spruzzati di zacchere e di fango, e per la stanchezza e per la fame così sfiniti da fare compassione.
Chiamato si presentò D. Bosco, che al vedere quella turba de' suoi piccoli amici fu oltremodo intenerito.
 - Che volete, miei cari figliuoli? domandò loro. Avete la licenza dei vostri maestri per venire qui?
Uno rispose per tutti: - In questi giorni abbiamo fatto gli Esercizi spirituali; questa mattina si chiudono, e noi vogliamo confessarci da Lei. Ieri sera l'aspettammo indarno a Santa Barbara; e neppure questa mattina avendola veduta, col permesso dei nostri maestri siamo andati di buon'ora a cercarla in Valdocco, e di là, una schiera, all'insaputa dell'altra, siamo venuti qui. Non abbiamo detto nulla al Superiori, perchè credevamo di poter ritornare in Collegio per la Messa e per la Comunione. Molti di noi abbiamo da fare la confessione generale, moltissimi la confessione annuale.
Ognuno può immaginare lo stupore di D. Bosco e de' suoi buoni ospiti. Essi non poterono non ammirare quello slancio giovanile; tuttavia cercarono d'indurli a ritornare tosto in Collegio per togliere dall'ansietà i loro maestri ed i loro parenti. Furono parole gittate al vento, e dovettero cedere alla loro viva insistenza; ma intanto si trovarono in un grande imbarazzo. Come sbrigare una sì grande moltitudine di giovani, che volevano di soprappiù fare la confessione generale od annuale? Come restituirli in Collegio per la Comunione? E poi, anche solo per confessarli, non avrebbe bastato una dozzina di sacerdoti; ed essi volevano confessarsi tutti da uno! Fu più agevole cosa il persuaderli che questo non era possibile, e che dovevano tramandare la Comunione al domani. Ciò fatto, D. Bosco, quantunque quasi esausto di forze, si pose in confessionale. Vi entrarono eziandio il parroco, il vice - curato e il maestro comunale, e tutti vi rimasero sino ad un'ora dopo mezzogiorno, senza poter tuttavia soddisfare intieramente alla pietà di quei giovani.
Nè l'imbarazzo fu tutto qui. Quei buoni ragazzi nell'uscir di Torino avevano fatto come le turbe che seguivano Gesù nel deserto: preoccupati solamente del cercar D. Bosco e confessarsi da lui, erano partiti sprovveduti di pane, tanto più che credevano di trovarsi a casa pel tempo della colazione. Per la qual cosa, oltre al soddisfare alla loro pietà, era pur d'uopo calmare i latrati della loro fame, resasi come canina per la fatica del viaggio fatto a denti asciutti. Non potendosi operare il prodigio della moltiplicazione dei pani, il buon curato non lasciò in pena D. Bosco; egli supplì al miracolo colla sua carità. Pertanto mise fuori pane, polenta, fagioli, riso, patate, frutta, cacio; quanto insomma egli possedeva di commestibile, tutto pose innanzi agli ospiti affamati; anzi, non bastando quello che aveva in casa, ricorse ancora all'imprestito dai vicini. Per questa guisa tutto quel giovanile esercito ebbe il necessario ristoro, e nel ritorno in città, niuno venne meno per istrada.
Ma se in quel mattino furono negli imbrogli Don Bosco e il generoso suo ospite, una disgustosa sorpresa ed una mortificazione tal quale subirono i maestri delle Scuole Cristiane, i predicatori degli Esercizi ed altre persone invitate; imperocchè all'ora stabilita per la Messa e per la Comunione generale, sopra 400 allievi, non se ne trovarono presenti che poche decine: tutti gli altri od erano a Sassi o per quella volta smarriti.
Parimenti in altro giorno di vacanza una schiera di questi con un fratello di Michele Rua, si avviò di buon mattino a Sassi per assistere alla messa dì D. Bosco e ricevere dalle sue mani la santa Comunione. Quelli che non avevano potuto confessarsi prima della partenza, si confessarono da lui. La funzione si protrasse sino ad ora molto avanzata, e ritornavano quindi in città tutti lieti e contenti, lasciando anche D. Bosco fuor di modo consolato. Michele Rua udiva poi raccontarsi dal fratello, di lui maggiore di tre anni, le gioie spirituali e i santi ricordi di quella cara passeggiata.
Da questi fatti ognuno può di leggieri arguire quanto il nostro D. Bosco fosse amato dai giovanetti che lo conoscevano; e d'altra parte come Sassi poco si adattasse al suo riposo e al miglioramento della sua malferma salute.
 
 
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