Capitolo 48

Fine dell'anno scolastico - Uno Sguardo retrospettivo - Il Caffè della Consolata: scortesia e carità: un alunno di più nell'Oratorio: tre anni con D. Bosco: riconoscenza: perseveranza nel bene - Besucco Francesco: suoi primi colloquii con D. Bosco: la riconoscenza ai benefattori: ingenuità: alcune sue virtù - D. Bosco non permette le passeggiate nelle vigilie delle feste.

Capitolo 48

da Memorie Biografiche

del 01 dicembre 2006

 Negli ultimi giorni di luglio cogli esami finali e colla solenne distribuzione de' premii finiva l'anno scolastico 1862 - 63. Molti alunni dovevano restituirsi alle loro famiglie, per ritornare poi all'Oratorio nel tempo fissato: altri stavano per allontanarsi da quell'asilo di pace per entrare in Seminario, o per attendere a qualche arte liberale, o al commercio, ovvero ad impieghi già promessi. Tutti riconoscevano aver loro D. Bosco aperta una via onorata per entrare in società, ed assicurato l'avvenire. Un gran numero aveva ricevuto per anni il nutrimento del corpo, dell'intelletto e la vita dell'anima. Perciò con vivo affetto si stringevano intorno a lui prendendo congedo.

Fra questi uno vi era che più degli altri pareva sentire la riconoscenza, avendo riguardato per tre anni nel Servo di Dio un vero padre. Ed ora doveva lasciarlo. Di questo giovane daremo qualche cenno perchè è come il rappresentante di cento e cento altri suoi compagni, i quali come lui furono salvati dalla carità di D. Bosco, corrisposero all'educazione loro impartita, vissero e morirono da buoni cristiani. Veniamo al fatto. D. Bosco nell'autunno, del 1860 entrava nella bottega da caffè, così detta della Consolata, perchè presso al celebre Santuario di tal nome, e prendeva posto in una stanza appartata per leggere con tranquillità la corrispondenza che soleva recar seco. In quella bottega un tavoleggiante disinvolto e cortese serviva li avventori. Si chiamava Cotella Giovanni Paolo, nativo di Cavour (Torino), dell'età di 13 anni. Era fuggito da casa nell'estate di quell'anno stesso, perchè insofferente de' rimproveri e della severità de' suoi genitori. Lasciamo a lui la descrizione del suo incontro con Don Bosco, come la narrò a D. Cerruti Francesco.

“ Una sera, raccontò egli, il padrone mi disse: - Porta una tazza di caffè ad un prete che è nella camera di là.

” - Io portare il caffè ad un prete? - soggiunsi tosto come trasecolato. I preti erano allora malveduti come adesso, anzi più, che adesso. Ne aveva sentite e lette di tutti i colori e mi era quindi formato de' preti un pessimo concetto.

” Andato con aria beffarda:

” - Che vuole da me, lei prete? - chiesi malamente a Don Bosco. Ed egli guardandomi fisso:

” - Desidero da te, bravo giovane, una tazza di caffè; mi rispose con grande amabilità,  ma con un patto.

” - Quale?

” - Che me la porti tu stesso.

” Quelle parole e quello sguardo mi vinsero e dissi fra me:

” - Questo non è un prete come gli altri.

” Gli portai il caffè; una forza arcana mi teneva presso di lui, che prese ad interrogarmi, sempre colla più grande amorevolezza, sul mio paese natio, la mia età, le mie occupazioni e sopratutto perchè fossi fuggito di casa. Poi:

” - Vuoi venire con me? mi disse.

” - Dove?

” - All'Oratorio di D. Bosco. Questo luogo e questo servizio non fanno per te.

” - E quando sarà là?

    ” - Se ti piace, potrai studiare. Ma lei mi terrà bene?

” - Oh, pensa! Là si giuoca, si sta allegri, ci si diverte...

” - Bene, bene, risposi: vengo.

” - Ma quando?

” - Subito? Domani?

” - Di stassera, soggiunse D. Bosco.

” Mi licenziai dal padrone, che avrebbe voluto mi fermassi ancora alcuni giorni, ed io, presi i miei pochi cenci, andai nella stessa sera all'Oratorio. Il domani D. Bosco scrisse a miei genitori per rassicurarli sul conto mio, e invitandoli a recarsi da lui per le necessarie intelligenze intorno al concorso loro per vitto e spese relative. Venne infatti mia madre cui, dopo aver ascoltato quanto espose intorno alle condizioni della famiglia: - Bene, concluse D. Bosco, facciamo così; lei paghi 12 lire al mese, il resto lo metterà D. Bosco.

” Ammirai in questo, non solo la squisita carità, ma la prudenza di D. Bosco. La mia famiglia non era ricca, ma godeva di sufficiente benestare. Se quindi egli mi avesse accettato affatto gratuitamente, non avrebbe fatto bene, perchè questo sarebbe stato di danno ad altri più bisognosi di me ”.

Per due anni i suoi parenti avevano mantenuto l'accordo con D. Bosco riguardo alla pensione, ma sul principio del terzo cessarono di pagare e più non ne vollero sapere: Il giovane, pur essendo vivace in sommo grado, era aperto, schietto, buono di cuore, di una condotta esemplare, e faceva molto profitto nello studio. Ora in quest'anno scolastico (1862 - 63) essendo per entrare nella quarta classe, timoroso di dover troncare gli studii, se ne aperse con D. Bosco, il quale gli rispose: - E che importa se i tuoi non vogliono più pagare ? Non ci sono io? Sta' sicuro che D. Bosco non ti abbandonerà. - E infatti, finchè stette nell'Oratorio, D. Bosco lo provvide di tutto il necessario.

Compiuta la quarta ginnasiale e superatine felicemente gli esami, s'impiegò; e i primi denari che potè mettere insieme col suo lavoro, li mandò a costo di privazioni e a piccole rate a D. Bosco per fare il saldo di quella poca pensione che i parenti nell'ultimo anno dell'Oratorio avevan tralasciato di pagare.

Visse da buon cristiano, zelò la diffusione delle Letture, Cattoliche, fu tra i primi ad aggregarsi all'unione degli antichi, allievi e si tenne sempre in continua attinenza co' suoi antichi superiori. Morendo nel maggio dei 1908, volle avere accanto al letto il suo antico professore Dott. D. Francesco Cerruti e il venerando D. Michele Rua.

Ma se col Cotella D. Bosco vedeva partire da sè tanti altri cari e buoni figliuoli, ne acquistava uno che veramente si potè definire un fiore di paradiso.

Il 2 agosto entrava nell'Oratorio come alunno il giovanetto tredicenne Besucco Francesco, nativo dell'alpestre villagio di Argentera in Piemonte. Per la riverenza e l'affezione ai parenti, per l'insigne pietà ed innocenza di vita, per il profitto nella scuola, era stato l'oggetto di ammirazione de' suoi conterrazzani. Avendo udito parlare dell'Oratorio, desideroso di esservi accolto, e conoscendo non essere cosa facile per l'estrema povertà de' genitori, un giorno dopo la santa, Comunione avendo supplicata Maria SS., udì una voce misteriosa che lo riempì d'immensa contentezza: - Fa' cuore, Francesco, chè il tuo desiderio sarà soddisfatto.

D. Bosco così descrisse il suo primo incontro con Besucco.

“ Egli aveva già passato alcuni giorni nell'Oratorio, ed io non l'aveva ancor veduto nè altro sapeva di lui se non quel tanto, che l'Arciprete Pepino per lettera mi aveva comunicato. Un giorno io faceva ricreazione in mezzo ai giovani di questa casa, quando vidi uno vestito quasi a foggia di montanaro di mediocre corporatura, di aspetto rozzo, col volto lenticchioso. Egli stava cogli occhi spalancati rimirando i suoi compagni a trastullarsi. Come il suo sguardo s'incontrò col mio, fece un rispettoso sorriso portandosi verso di me.

” - Chi sei tu ? gli dissi sorridendo.

” - Io sono Besucco Francesco dell'Argentera.

” - Quanti anni hai?

” - Ho presto quattordici anni.

” - Sei venuto tra noi per istudiare o imparare un mestiere?

” - Io desidero tanto tanto di studiare.

” - Che scuola hai fatto?

” - Ho fatto le scuole elementari del mio paese.

” - Con quale intenzione tu vorresti continuare gli studi e non intraprendere un mestiere?

” - Ah! il mio vivo, il mio gran desiderio si è poter abbracciare lo stato ecclesiastico.

” - Chi ti ha mai dato questo consiglio?

” - Ho sempre avuto questo nel cuore ed ho sempre pregato il Signore, che mi aiutasse per appagare questa mia volontà.

” - Hai, già dimandato consiglio a qualcheduno?

” - Sì, ne ho già parlato più Volte con mio padrino; sì, con mio padrino…… - Ciò detto apparve tutto commosso; co­minciavano a spuntargli sugli occhi le lagrime.

” - Chi è tuo padrino ?

” - Mio padrino è il mio prevosto, l'Arciprete dell'Argentera, che mi vuole tanto bene. Egli mi ha insegnato il catechismo, mi ha fatto scuola, mi ha vestito, mi ha mantenuto. Egli è tanto buono, mi ha fatto tanti benefizi, e dopo d'avermi fatto scuola quasi due anni mi ha raccomandato a lei, affinchè mi ricevesse nell'Oratorio. Quanto mai è buono mio padrino! quanto mai egli mi Vuol bene!

Ciò detto si mise di nuovo a piangere. Questa sensibilità ai benefizi ricevuti, questo affetto al suo benefattore fecemi concepire una buona idea dell'indole e della bontà di cuore, del giovanetto. Allora richiamai eziandio alla memoria le belle raccomandazioni, che di lui eranmi state fatte dal suo parroco e dal Luogo - tenente Eysautier; e dissi tosto tra me: Questo giovanetto mediante coltura farà eccellente riuscita nella sua morale educazione. Imperciocchè è provato dall'esperienza che la gratitudine nei fanciulli è per lo più presagio di un felice avvenire: al contrario coloro che dimenticano con facilità i favori ricevuti e le sollecitudini a loro vantaggio prodigate, rimangono insensibili agli avvisi, ai consigli, alla religione e sono perciò di educazione difficile, di riuscita incerta. Dissi pertanto a Francesco: - Sono molto contento che tu porti grande affetto a tuo padrino, ma non voglio che ti affanni. Amalo nel Signore, prega per lui, e se vuoi fargli cosa veramente grata, procura di tenere tale condotta che io possa mandargli buone notizie, oppure possa essere egli soddisfatto del tuo profitto e della tua condotta venendo a Torino. Intanto va' co' tuoi compagni a fare ricreazione. - Asciugandosi le lagrime mi salutò con affettuoso sorriso quindi andò a prendere parte ai trastulli co' suoi compagni.

” Pochi giorni dopo me lo vidi nuovamente venire incontro con aspetto turbato. - Che hai, gli dissi, mio caro Besucco?

” - Io mi trovo qui in mezzo a tanti compagni tutti buoni, io vorrei farmi molto buono al par di loro, ma non so come fare, ed ho bisogno ch'ella mi aiuti.

” - Ti aiuterò con tutti i mezzi a me possibili. Se vuoi farti buono, pratica tre sole cose e tutto andrà bene.

” - Quali sono queste tre cose?

” - Eccole: Allegria, Studio, Pietà. È questo il grande programma, il quale praticando, tu potrai vivere felice, e fare molto bene all'anima tua.

” - Allegria... Allegria... Io sono fin troppo allegro. Se lo stare allegro basta per farmi buono io andrò a trastullarmi da mattina a sera. Farò bene?

 - Non da mattino a sera, ma solamente nelle ore in cui. è permessa la ricreazione. ”

E Besucco nella persuasione di far cosa grata a Dio trastullandosi, in tempo di ricreazione gettavasi a corpo perduto in mezzo ai settecento suoi compagni, tutti intenti in varii giochi. Ma che ? Non essendo pratico di certi esercizi ricreativi, ne avveniva che spesso gli urti, i capitomboli, gli stramazzoni erano la conclusione de' suoi divertimenti.

“ Un giorno, continua Don Bosco, mi si avvicinò tutto zoppicante ed impensierito.

” - Che hai, Besucco, gli dissi?

” - Ho la vita tutta pesta, mi rispose.

” - Che ti è accaduto?

” - Son poco pratico dei trastulli di questa casa, perciò cado urtando ora col capo, ora colle braccia o colle gambe. Ieri correndo ho battuto colla mia faccia in quella di un compagno, e ci siam fatto insanguinare il naso ambidue.

” - Poverino! usati qualche riguardo, e sii un po' più moderato.

 - Ma ella mi dice che questa ricreazione piace al Signore, ed io vorrei abituarmi a far bene tutti i giuochi che hanno luogo tra i miei compagni.

” - Non intenderla così, mio caro; i giuochi ed i trastulli devono impararsi poco alla volta di mano in mano che ne sarai capace, sempre per altro in modo che possano servire di ricreazione, ma non mai di oppressione al corpo.

” Entrato la prima volta in mia camera lesse sopra un cartello queste parole: Ogni momento di tempo è un tesoro.

” - Non capisco mi chiese con ansietà, che cosa vogliano significare queste parole. Come noi possiamo in ogni momento di tempo guadagnare un tesoro?

” - È proprio così. In ogni momento di tempo noi possiamo acquistarci qualche cognizione scientifica o religiosa, possiamo praticare qualche virtù, fare un atto di amor di Dio, le quali cose avanti al Signore sono altrettanti tesori, che ci gioveranno pel tempo e per l'eternità.

” Non proferì più alcuna parola, ma scrisse sopra un pezzetto di carta quel detto: di poi soggiunse: Ho capito.”

Noi riportiamo queste sole pagine perchè risalti sempre più la dolce famigliarità di D. Bosco co' suoi alunni. In quanto alle ammirabili virtù di Besucco noi rimandiamo i lettori alla biografia, che di lui scrisse D. Bosco stesso. Possedeva in sommo grado lo spirito di preghiera e soleva porsi in ginocchioni nel luogo preciso dove Savio Domenico pregava dinanzi all'altare della Vergine Maria. Essendo proibito di far penitenza, corporale, egli esercitava i lavori più umili della casa e prestava ai compagni ogni aiuto materiale e spirituale suggerito dalla carità. Nello stesso tempo, oltre la custodia dei sensi esterni e specialmente degli occhi, egli considerava come penitenza la diligenza nello studio, l'attenzione nella scuola, l'ubbidire al superiori, il sopportare gli incomodi della vita, quali sono caldo, freddo, vento, fame, sete. Ogni atto di adorazione al SS. Sacramento, la confessione e la comunione erano la sua delizia.

Questo suo amore ardente a Gesù Sacramentato era anche effetto, come abbiamo già riferito molte volte, delle accese istruzioni di D. Bosco, del suo zelo per togliere ogni ostacolo che potesse diminuire la frequenza ai Sacramenti.

Scrisse D. Gioachino Berto:

“ Accadendo qualche volta che in tempo delle vacanze autunnali si conducessero i giovani di qualche scuola a fare una passeggiata al sabato od alla vigilia di qualche solennità, e ritardando essi perciò alla sera alquanto più del solito a venirsi a confessare, D. Bosco ne richiedeva ripetutamente e con insistenza la ragione, e poi al sentire il motivo, tutto corrucciato soleva dire: - Ma questa è una pazzia!…… Come è mai possibile che i giovani dopo il passeggio possano ancor raccogliersi per le confessioni e non siano distratti ? Questo è un grave inconveniente, è un disordine che va assoluta­mente rimediato. -

” Ordinava quindi a chi di ragione, affinchè non fosse più ripetuto ”.

 

 

 

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