D. Bosco è invitato a fondare un collegio in Mirabello - È afflitto da una gonfiezza al collo; non prega per la sua guarigione - Sviene a S. Ignazio - Conversione di un giovane cavaliere - Lettere di D. Bosco a varii chierici ed alunni - D. Rua agli esercizi nella Casa dei Lazzaristi e generosità del Can. Vogliotti - Disastroso fine dell'anno scolastico a Giaveno. - Nuove istanze del Vicario generale a D. Bosco perchè accetti la direzione di quel seminario -Trattative col Municipio di Giaveno e lettera di D. Bosco al Can. Vogliotti con sue proposte - D. Bosco con altra lettera accetta di accompagnare il Canonico a Giaveno per intendersi col Municipio; accordo fallito - Sacra Ordinazione e prima messa di Don Rua - Un parere di D. Bosco sulla costumanza di baciarsi in segno d'amicizia.
del 30 novembre 2006
Avvenimenti di grande importanza per la novella Pia Società, incominciavano a svolgersi nel mese di luglio. D. Bosco aveva ricevuti molti inviti, affinchè non limitasse il suo apostolato tra i fanciulli della sola diocesi di Torino. Egli avrebbe voluto aderire alle varie richieste, che gli venivano dal Monferrato, perchè fondasse un collegio in quella regione coll'aiuto di qualche persona benefica; ma attendeva che la divina Provvidenza gli indicasse il tempo e il luogo. Ed ecco in que' giorni giungere nell'Oratorio D. Coppo Felice parroco di Mirabello diocesi di Casale, facendo viva insistenza per la costruzione di un edificio scolastico e per convitto nella sua parrocchia. D. Bosco fu persuaso dalle sue ragioni, sostenute anche dal Ch. Francesco Provera, ed acconsentì a studiare le basi di quelle trattative, benchè si risentisse fisicamente di tante lotte, e fatiche sopportate in quest'anno. Per sopra più eraglisi formato un grosso tumore nel collo che gli dava grave fastidio e pena.
D. Coppo Felice, vedendolo così sofferente, gli disse: Ma lei che ha guariti tanti coll'intercessione di Maria SS., perchè non domanda alla Madonna che lo guarisca?
- Veda, rispose D. Bosco; se io sapessi che basterebbe un Ave Maria per guarirmi, io non la reciterei. Lasciamo che si faccia la volontà di Dio.
Stabilito quest'affare, D. Bosco non badando ai suoi incomodi dolorosi andò a S. Ignazio per gli esercizi, risoluto di occuparsi nel sacro ministero. Aveva condotti con sè i chierici Boggero, Durando e Francesia. Al segno delle sacre funzioni D. Bosco andò in Chiesa. Vicino a lui prendeva posto un giovane Cavaliere, che non gli era sconosciuto, da lungo tempo immerso nelle più stravaganti avventure del bel mondo. Si trovava a S. Ignazio per contentare l'afflitta madre, che aveagli promesso di pagare i suoi debiti. Ora accadde che a D. Bosco non bastando le forze per stare in ginocchio, quanto portava la funzione, ed essendosi aperto il tumore, egli cadde in deliquio.
Il Cavaliere visto D. Bosco svenuto si sentì preso da tale compassione quale aveva mai provato. Se lo tolse in braccio, lo portò delicatamente in camera, ove le cure prodigategli non tardarono a farlo rinvenire. Quando D. Bosco ritornò ai sensi vide ai piedi del letto piangente il Cavaliere.
Chiamatolo a sè, lo prese per la barba, se lo tirò adagio adagio sul petto e con accento affettuoso gli disse: - Oh! ora ella è nelle mie mani. Che cosa ne devo fare? - Aggiunse poi alcune altre parole e il nobile giovane commosso da quella carezza affatto paterna, da quel punto divenne cosa tutta sua.
Cedendo all'impulso della grazia, si confessò; e rinunciava con santi propositi di costanza e di fede alla sua vita dissipata.
D. Bosco intanto da S. Ignazio rispondeva ai giovani che dall'Oratorio, o dai loro paesi gli avevano scritto delle lettere. Eccone alcune.
 
All'Ornatissimo giovane il Sig. Rossetti Stefano, studente di Prima Rettorica. Montafia.
 
Amatissimo figliuolo,
 
La lettera che mi hai scritto mi ha fatto veramente piacere, con essa dimostri che tu hai compreso quale sia l'animo mio verso di te.
Sì, mio caro, io ti amo di tutto cuore, ed il mio amore tende a fare quanto posso, per farti progredire nello studio e nella pietà e guidarti per la via del Cielo.
Rammenta i molti avvisi che ti ho dati in varie circostanze; sta allegro, ma la tua allegria sia verace, come quella di una coscienza monda dal peccato. Studia per diventar molto ricco, ma ricco di virtù, chè la più grande ricchezza è il santo timor di Dio. Fuggi i cattivi, sta amico dei buoni; rimettiti nelle mani del tuo sig. Arciprete e seguine i consigli e tutto andrà bene.
Saluta i tuoi parenti da parte mia; prega il Signore per me, e mentre Iddio ti tiene lungi da me, lo prego a conservarti sempre sdo finché. sarai di nuovo con noi, intanto che ti sono con paterno affetto
S. Ignazio presso Lanzo, 25 luglio 1860.
affez.mo
Sac. Bosco GIOVANNI
 
Al giovane Parigi Domenico,
 
Parigi fili mi,
Si vis progredi in viam mandatorum Dei perge quemadmodum aliquo ab hinc tempore cepisti. Quod si volueris animam tuam pretiosis margaritis exornare, amicitiam institue cum humilitate, caritate et castitate. Eo sanctior eris quo strictior erit haec amicitia.
Ora pro me. Vale.
S. Ignatii, 25 julii 1860.
Sac. BOSCO GIOVANNI
 
Al chierico Giovanni Anfossi,
 
Dilecto filio Anfossi salutem in Domino.
Ut recipiam fratrem tuum domi apud nos per epistolam postu­lasti. Hic et nunc absolutum responsum dare non possem; sed cum venero ad te disponam quomodo satius in Domino fieri potuerit.
Interim, fili mi, praedica verbum importune et opportune, argue, obsecra, increpa in omni patientia et doctrina. At cave a magistris, et sunt, qui a verbo Dei auditum avertunt, ad fabula autem convertuntur; hos devita. Audi constanter verba oris mei, et spera in Domino esse futura verba et monita salutis.
Ora pro me. Vale.
S. Ignatii apud Lanceum, 25 julii I86o.
Sac. BOSCO GIOVANNI
 
Al giovane Giovanni Garino,
 
Garino fili mi,
 
Magnam rem, fili mi, obtulisti per epistolam tuam; in manus meas voluntatem tuam commendasti; hoc frustra non erit. Praebe mihi etiam cor tuum; et ego duo tibi promitto. Rogabo Dominum pot quotidie intendat in adiutorium tuum, et totis viribus agam ut cor tuum semper immaculatum coram Domino permaneat.
Bono animo esto; res magni momenti te expectat: cum venero apud te nexum resolvam.
Ora pro me ne in vacuum gratiam Dei recipiam. Vale.
 
S. Ignatii apud Lanceum, 25 julii I86o.
Sac. BOSCO GIOVANNI
 
Al Chierico Ghivarello Carlo,
 
Dilecto filio Ghivarello salutem in Domino.
Si propter dentis deficientiam verborum articulatio et pro­nunciatio impeditur, utique tibi concedo ut eidem alium ab artis  perito substituere valeas. Cave tantum ne res melioris boni gratia  incoepta in pejus vertatur.
Interim, fili mi, praebe teipsum exemplum bonorum operum. Cura ut scientia, gratia, et benedictio Dei quotidie augeatur in corde tuo, adeo ut cas de virtute in virtutem donec videas Deum  Deorum in Sion.
Ama me in Domino, sic√πti ego amo te. Vale.
S. Ignatii apud Lanceum, 25 julii I86o.
Sac. Bosco GIOVANNI
 
A D. Michele Rua.
 
Dilecto flio Rua Michaëli salutem in Domino.
 
Litteris gallicis conscriptam epistolam ad me misisti; et bene fecisti. Esto gallus tantum lingua et sermone; sed animo, corde  et opere Romanus intrepidus et generosus.
Scito ergo et animadverte sermonem. Multae tribulationes te expectant; sed in his magnas consolationes dabit tibi Dominus Deus noster. Praebe teipsum exemplum bonorum operum; vigila in petendis consiliis; quod bonum est in oculis Domini constanter facito.
Pugna contra diabolum; spera in Deo: et si quid valeo totus tuus ero.
Gratia Domini N. J. C. sit semper nobiscum. Vale. S. Ignatii apud Lanceum, 27 julii 1860.
 
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
D. Rua in quei giorni si trovava a fare gli esercizi spirituali nella casa dei Lazzaristi in Torino preparandosi per la sacra Ordinazione del Sacerdozio. Il Can. Vogliotti non solo pagava per lui a que' religiosi la retta fissata per quei dieci giorni di ritiro, come aveva già fatto prima per le ordinazioni del suddiaconato e diaconato, ma sborsava quasi per intero la somma assai vistosa dovuta alla regia cancelleria per il placet concesso alla dispensa giunta da Roma. Ciò consta da una lettera di D. Rua scritta in ringraziamento al detto Canonico, il quale mentre con quest'atto generoso compieva una fiorita carità, nello stesso tempo aveva di mira un altro santo scopo, cioè quello di far risolvere D. Bosco in favore di Giaveno.
Non era ancora decisa da D. Bosco l'accettazione del Seminario. Questo sulla fine dell'anno scolastico 1859-1860, prima ancora del 12 agosto giorno di chiusura secondo il Regolamento, pi√π non contava che pochissimi alunni e nel congedarli i Superiori avevano loro dichiarato che probabilmente nell'anno venturo non si sarebbero pi√π riaperte le scuole.
Pareva spenta ogni speranza di far rivivere quell'Istituto dal quale tanto clero aveva ricevuta la sua prima educazione. A Mons. Fransoni doleva grandemente un tal fatto; ma non sapendo come scongiurarlo per essere lontano, rimetteva al pieno arbitrio del Vicario generale lo scioglimento di quel problema. Il Vicario allora non vide altro partito sicuro, se non quello di insistere nuovamente presso D. Bosco nella fiducia che questi, colla fama del suo nome e coll'opera de' suoi figli, avrebbe richiamato quel Seminario a florida vita, conservandolo alla Chiesa. Egli adunque interpretando la mente dell'Arcivescovo lo pregò a voler accettare quell'incarico. D. Bosco acconsentì ai desideri del suo Superiore ed accettò di gran cuore l'offerta, lietissimo di poter in quel modo cooperare viemeglio al bene dell'Archidiocesi, ma però non senza certe prudenziali riserve, come vedremo.
Egli pertanto troncò le trattative pel Convitto di Cavour, rimandandone la ripresa ad altri tempi; ma dovette aspettare per più di un mese le risposte del Municipio di Giaveno, senza le quali non conveniva prendere una decisiva risoluzione. Quelle giunsero finalmente in Curia con uno schema di convenzione per iscritto, poichè così Don Bosco erasi inteso col Sindaco. Il Can. Vogliotti, dopo averle esaminate, le mandava a Lanzo ove si trovava D. Bosco. Questi gliele restituiva colle seguenti riflessioni.
 
Ill.mo e Molto R.do Sig. Rettore,
 
Ho letto attentamente la risposta o meglio il progetto del Municipio di Giaveno, e sebbene in esso io scorga il buon volere e dal canto mio siavi disposizione di fare quid quid valeo, tuttavia colla somma di mille franchi io non posso assumermi e garantire tutti i pesi che si vorrebbero imporre.
L'unica cosa che parmi potersi fare, e per cui m'adoprerei quanto posso nel Signore, si è di studiare di montare un seminario unicamente per giovani che aspirano allo stato ecclesiastico; e rinunciando ad ogni trattativa col predetto Municipio, mettersi in piena libertà pei maestri limitandosi ad alcuni patentati.
Le cose basate su questo punto si possono, parmi, provare per un anno e vedere quello che la divina Provvidenza vorrà disporre di noi. Venerdì 27 corrente mese sarò di nuovo a Torino e mi darò premura di recarmi da Lei.
Dio Le doni sanità e grazia e mi creda quale con gratitudine mi professo
Di V. Sig. Ill.ma e Molto R.da
Lanzo, 17 luglio 1860.
Obbl.mo servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Il Can. Vogliotti il quale, amante della pace, temeva di venire in urto col Municipio, se quelle pratiche' non fossero riuscite a buon termine, risolse di recarsi in persona a Giaveno, e tentare la prova per venire ad una conclusione favorevole ad ambe le parti. Era un passo necessario, perchè quel Municipio aveva già presentato domanda formale di quell'edifizio scolastico al Ministero dell'Istruzione pubblica, ottenendo eziandio l'appoggio del Ministro di Grazia e Giustizia. I decreti necessari si diceva che già fossero pronti. Scrisse pertanto a D. Bosco invitandolo ad accompagnarlo a Giaveno. D. Bosco gli rispondeva.
 
Ill.mo e Molto R.do Signore,
 
Con vero piacere andrò con V. S. Ill.ma a Giaveno, ma credo che si farà poco.
Il punto fondamentale sta qui: D. Bosco fu perquisito due volte, perciò sospetto al Governo. Il Municipio vorrebbe svincolarsi da quella specie di offerta, che prima aveva fatto fare a D. Bosco e ciò vorrebbe fare in bel modo.
E quando anche andassi a Giaveno, ed il Seminario, così giudicando i miei Superiori, mi fosse affidato, saremmo forse in urto continuo con tutti quelli che ecc.
Ho stimato bene di notarle questo pensiero, pronto però a fare quanto posso per secondarla in tutto quello che sembrerà di maggior gloria di Dio e salute delle anime.
Con pienezza di stima e di gratitudine mi professo
Di V. S. Ill.ma e molto R.da
Obbl.mo servitore
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
Il 27 luglio D. Bosco, accompagnato dai suoi tre chierici, scendeva da S. Ignazio per obbedire all'invito del, Can. Vogliotti di recarsi con lui a Giaveno. Ma nulla si potè  conchiudere, poichè i signori del Consiglio Municipale stettero fermi a non mutare la convenzione proposta, adducendo per causa le ristrettezze finanziarie. D. Bosco ruppe allora ogni trattativa.
D. Rua Michele il 29, Domenica, veniva insignito del carattere sacerdotale da Mons. Balma, in Caselle nella villeggiatura del Barone Bianco di Barbania, detta di Sant'Anna. Nella cappella di questo insigne benefattore amicissimo di D. Bosco servirono ai sacri riti il Ch. Durando e il Ch. Anfossi.
Il 30 luglio D. Rua celebrava nell'Oratorio senza speciale solennità la sua prima messa e alla sera, invece di D. Bosco, teneva il discorsino dopo le orazioni, dimostrandosi commosso e riconoscente per le festose accoglienze e supplicando tutti a pregare per lui Gesù e Maria a sostenerlo onde potesse portare degnamente il grave peso, che gli imponeva la nuova qualità di sacerdote. Gli alunni infatti in quel giorno furono continuamente intorno a lui a baciargli affettuosamente la mano. Quest'atto doveroso, fece nascere tra i chierici una questione sull'abitudine ovvero sulla costumanza di baciarsi a vicenda in certe circostanze. “ Il 31 luglio, nota la cronaca, fu interpellato D. Bosco, che rientrava in casa ed egli diede la seguente risposta: - 1. Quando si tratta del padre e della madre o di qualcuno che si diporta verso di noi con affetto paterno, riceviamo e restituiamo il bacio.
2. Baciamo quando vi è un'utilità o convenienza, come quando si potrebbe con questo atto spegnere un odio, o non dimostrarci avversi, escludendo però sempre le persone di diverso sesso.
3, Quando fosse una persona amica che da molto tempo non abbiamo più vista. Del resto tutti quelli che reggono, comunità, e attendono all'educazione della gioventù, proibiscono il mettersi le mani addosso, il baciarsi, il toccarsi la mano, eccetto che sia in occasione di un addio per lungo viaggio, oppure di rivedersi dopo una prolungata assenza ”.
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