Nobili giovani che servono la Messa a Don Bosco - Lettere dall'Oratorio a Don Bosco - Lettera di D. Francesia ai suoi alunni: altra udienza di Pio IX a Don Bosco: favori spirituali concessi dal S. Padre: guarigioni: una madre presenta a Don Bosco il suo bambino morente: fortunato chi vive al fianco di Don Bosco: il Conte Vimercati migliora: preghiere nelle stanze di S. Luigi, S. Stanislao e del B. Berchmans - Trattenimenti di Pio IX con Don Bosco: l'amnistia: tre Papi debitori a Don Bosco: supplica esaudita - La Vigna Pia offerta a Don Bosco perchè ne prenda la direzione - Difficoltà per ottenere le dimissorie per le ordinazioni e l'approvazione delle Regole: Dialogo col Segretario della Congregazione de' Vescovi e Regolari - Don Bosco a pranzo dai Padri della Civiltà Cattolica narra i suoi abboccamenti con Ricasoli e con Tonello - Fa spedire libri de' Protestanti al Padre Perrone perchè li confuti - E tenuto per santo da eminenti ecclesiastici - Il Padre Pio Mortara espone le sue impressioni nell'osservare Don Bosco e riconosce in lui il dono del discernimento degli spiriti.
del 04 dicembre 2006
I Signori che avevano la cappella nei loro palazzi, andavano a gara nell'invitare Don Bosco a celebrarvi la S. Messa e nobili giovanetti ambivano di servirgliela. Il principe Paolo Borghese gliela volle servire in Roma e quando si recò a chiese fuori di città. E ricordavano con piacere quei momenti fortunati! Il Marchese Giacomo Antinori scriveva a Don Bosco nel marzo del 1868 dal Collegio dei Nobili, studente del primo anno di Filosofia: “ Spero che Ella non si sarà scordato di me, come io non mi sono mai scordato di lei col quale ho avuta la fortuna di parlare spesse volte in casa del Conte Vimercati ed al quale ebbi l'onore di servire la Santa Messa il giorno della Cattedra di S. Pietro, l'anno scorso, in casa della Contessa Mellingen, 18 gennaio ”.
Il giorno 19, sabato, dopo essere andato a celebrare presso la famiglia della Duchessa di Sora, il Servo di Dio tornava in udienza dal Papa.
D. Francesia ne dava notizia all'Oratorio con molta vivezza di espressioni, perchè quantunque fossero molti i giovani che scrivevano a Don Bosco, pure non eguagliavano in numero le lettere del 1858. Così affermava D. Durando che aveva l'incarico di trasmetterle. La causa della freddezza di alcuni proveniva dal fatto che D. Bosco non potevasi trovar più continuamente in mezzo agli alunni come nei primi anni, e i novellini entrati in ottobre non avevano avuto ancor tempo di conoscerlo.
 
Roma, 21 gennaio 1867.
 
Carissimi giovani,
 
Questa mia sia tutta destinata per voi. Da tanto tempo che non vi vedo e non vi parlo pi√π, sento un vero bisogno di dirvi qualche parola, massimamente che ho grandi cose a comunicarvi.
Sabato ultimo scorso, otto giorni dopo la prima udienza dal Santo Padre, Don Bosco fu nuovamente invitato. E per poter a bell'agio parlare con Sua Santità andò alle 4 dopo mezzodì, ora in cui non si ricevono che le persone più ragguardevoli. Che se potessi mai dirvi quanto interesse desta in tutti i Romani la cara persona del caro nostro D. Bosco, non vi stupireste sicuramente se il Pontefice stesso lo manda ad invitare in Vaticano. Ci fui anch'io; e con quanta consolazione a voi stessi il lascio pensare. Quante belle sale; se fossero nostre per la ricreazione! quanti magnifici corridoi, quanti dipinti, quante altre cose, che voi meglio potete immaginare che io descrivervi.
Alle 4 dunque Don Bosco, tranquillo ed allegro sempre, fu davanti al Pontefice. Appena questi lo vide:
- Oh il carissimo mio D. Bosco, disse, venite, chè desiderava assai di rivedervi.
Sebbene io sia in voce di avere buon orecchio, e voi vel sapete, non potei altro sentire. E dentro all'udienza stette più d'un ora. Nè poteva sicuramente dimenticarsi di tutti voi, e godendo così da vicino il Vicario di G. C. domandò parecchi spirituali favori per voi e per gli altri Oratorii di Torino, Lanzo e Mirabello.
Che volete? vi ama tanto nel Signore il nostro D. Bosco che ovunque vada si ricorda di voi. Tenetelo adunque in mente, anzi scrivetelo per maggior sicurezza nel luogo più caro e più bello, che Sua Santità Pio IX vi concede l'Indulgenza plenaria in articolo mortis, l'Indulgenza plenaria ogni mese se sarete confessati e comunicati, e questa per tutta la vita. Che bei favori, o miei cari, favori che non tanto facilmente si concedono, e che altri per ottenere chi sa che cosa farebbero.
Il Santo Padre domandò con molta sollecitudine di voi, parlò pure di Savio Domenico, e se altri ancora si avvicinano a lui in virtù; e nel suo cuore paterno giubilò assai nel sentire che molti all'Oratorio si erano proposti di copiare per modello quel giovane angelico. I doni che nella sua bontà volle a noi concedere il S. Padre teniamoli preziosi, e non permettiamo che sieno senza profitto. Altre cose pure domandò e ottenne e che riserva D. Bosco a dirvi egli stesso.
E voi, o carissimi miei amici, pregate per lui? Con quanta soddisfazione egli legge le vostre letterine che gli mandate! Non credete che le metta nel dimenticatoio, o che le faccia leggere dal suo segretario.
Mai no, anzi prepara a tutti una risposta, come di memoria della sua
venuta a Roma. Ma vi conosco troppo bene, e so quello che desiderate.
Alcuni che mi scrissero, anche un po' severamente amichevoli, dimandano che io vi mandi notizie di cose straordinarie avvenute per D. Bosco. Oh cari, ben volentieri vi soddisferei in questa giusta brama, ma se D. Bosco mi si oppone coi fatti che ci posso io? Chè dovete sapere che D. Bosco prega ed ha pregato che a Roma non dovesse succedergli cosa alcuna grande, da attirare maggiormente gli occhi del pubblico devoto. Ma ad ogni modo il Signore non volle ascoltarlo in tutto, e qualche cosa qua e colà a suo dispetto gli avviene. Un principe napolitano, che soffriva le vertigini quotidiane, ebbe una sola benedizione da D. Bosco e ne fu subitamente libero. Sabato ultimo scorso fu a ringraziarlo ed io lo vidi e portava un'oblazione per la chiesa.
Un fanciullo gravemente infermo, solamente benedetto da lui, è già venuto a ringraziarlo col padre, chè egli è pienamente guarito. Pare che le malattie sentano paura della sua mano, che a lui davanti fuggano. Questa è l'intima persuasione di Roma, e qui numerosissimi accorrono i poveri pazienti, direi, sicuri di risanare.
Anche sabato fui spettatore e testimonio di un tenerissimo spettacolo. D. Bosco instava di partire verso il Vaticano, perchè come il solito era in ritardo. Ma la porteria del palazzo era gremita di gente, che tutta voleva vedere, parlare, farsi benedire e confessarsi. Una popolana colle lagrime agli occhi, vedendo che D. Bosco voleva partire, si getta per terra davanti a lui, e alzando al Cielo una bambinella coi segni di morte sulla faccia, grida:
- La mi muore, o Signore, la mi muore, deh! la benedica che muore. Veda! la mi muore!
E non poteva più dire, chè il dolore la impediva. Tutti piangevano d'attorno e i soldati presenti, insoliti forse alla tenerezza, asciugarono anch'essi le lagrime per compassione di quell'infelice. Era un quadro commoventissimo. D. Bosco la benedisse e la mandò in pace. Oh che il Signore le conceda in premio della sua fede, la guarigione di quella sua creaturina, che forma la sua consolazione. E anche a voi io la raccomando.
Non so se vi ricorderete di avere veduta mai rappresentata la benedizione dei fanciulli pel Salvatore. Ebbene è quello che mi succede di vedere tante volte per la città di Roma a motivo di D. Bosco. Nè solo la povera gente vogliono essere benedetti da D. Bosco, ma Monsignori, Vescovi ed Arcivescovi ancora. E dovunque va, lascia di sè tal vivo desiderio che mi è impossibile esprimervi. Che fortuna, mi vanno più volte dicendo, hanno quei giovanetti di Torino di poter godersi questo santo sacerdote. Ed è allora che io doloroso penso a quei tali, che così trascurano questa benedizione: pochi sono, ma ci sono.
D. Bosco vi ringrazia di tutto quello che fate e specialmente delle Comunioni, perchè ogni cosa gli riesca propizia. So che desiderereste di aver una sua lettera, ma per ora gli è veramente impossibile e mi lascia di salutarvi con tutto il suo cuore.
Il Conte Vimercati, grazie alle vostre preghiere, migliora assai e fra breve lo vedremo passeggiare. Ho un sacco pieno di altre cose che a voi piacerebbero e lo vuoterò fra breve. Pregai nelle camerette di S. Luigi, del Beato Giovanni Berckmans, del B. Stanislao Kostka e con molto fervore per voi, perchè possiate imitarli in tutte le loro virtù e specialmente nella purità dei costumi.
Addio; il cielo vi benedica, come con tutto il cuore vi desidera il
 
vostro aff.mo amico in G. e M.
Sac. FRANCESIA G. B.
 
Don Francesia narra nella sua lettera di un'altra udienza data da Pio IX a Don Bosco. Nessuno potrà mai immaginarsi la famigliarità colla quale trattavalo il S. Padre. Caduto il discorso sulle tristi condizioni nelle quali i settarii avevano ridotta la Chiesa, dei peggiori tempi che le preparavano, e delle cause che avevano facilitato tanti luttuosi avvenimenti, il Papa richiese a Don Bosco il suo giudizio, sopra un punto assai delicato, con queste parole:
- E riguardo all'amnistia che al principio del nostro Pontificato abbiamo concesso a tutti i condannati politici dello Stato Pontificio, sappiamo che altri lodano, ed altri biasimano questo atto. Voi che cosa ne dite?
Il Venerabile a questa interrogazione esitava a pronunciarsi, osservando che nessuno poteva prevedere quali avvenimenti peggiori si sarebbero svolti se si fossero mantenuti gli atti di giusto rigore dei tribunali; ma il Papa soggiunse insistendo:
- Dite, dite pure liberamente il vostro pensiero.
- Vostra Santità, rispose Don Bosco, con quel tratto di sovrana clemenza secondò certamente la grande bontà del suo magnanimo cuore, sperando di commuovere ed affezionarsi que' felloni; ma pare abbia fatto come Sansone, il quale catturò e chiuse insieme 300 volpi e poi le lasciò andare in libertà; ed esse corsero subito ovunque a portare l'incendio e la distruzione nelle messi.
- Il paragone non regge! osservò il S. Padre.
E Don Bosco:
- Similitudines non sunt undequaque urgendae.
- Eppure, concluse il Sommo Pontefice, abbiam creduto di far bene nell'agire in quel modo!.... Ci piace però la vostra schiettezza. - E soggiunse: - Sì, Noi ci siamo ingannati! Ma crediamo che questo errore affatto innocente da parte nostra, entrava nei disegni della Provvidenza. Se noi avessimo opposto un'assoluta resistenza ad aspirazioni divenute generali anche presso i cattolici, si sarebbe accusato il Papato d'avere, con la sua inflessibilità, alienato da sè volontariamente la società moderna. Pel contrario, abbondando nella clemenza, concedendo le libertà civili compatibili coi diritti essenziali della Chiesa, Noi abbiamo smascherato la ipocrisia di coloro che non domandavano le anzidette libertà, che per opprimere la Chiesa stessa.
Dopo altre riflessioni D. Bosco ebbe il piacere di sentirsi dire dalla bocca stessa del Vicario di Ges√π Cristo queste parole:
- Tre Papi sono a voi debitori! Ne avete difesa la fama oltraggiata, colla Storia d'Italia, l'Ecclesiastica e le Letture
Cattoliche.
E Don Bosco argutamente:
- Non solo i passati, ma anche i presenti! - Volendo indicare di aver bisogno di favori da Sua Santità.
Pio IX intese benissimo e soggiunse:
- Ho capito! avete qualche cosa da sottoscrivere?
Il Venerabile presentò una supplica e il Papa la esaminò e gli concesse i favori domandati. Noi la riportiamo, distinguendo con carattere corsivo quanto vi scrisse di proprio pugno il S. Padre.
 
Beatissimo Padre,
 
Il sacerdote Giovanni Bosco, Superiore Generale della Congregazione di S. Francesco di Sales eretta in Torino, a fine di promuovere per quanto gli è possibile la maggior gloria di Dio ed il bene delle anime:
Supplica umilmente la Santità Vostra a voler degnarsi concedergli la facoltà di potere, all'opportunità, autorizzare li Sacerdoti della sua Congregazione, a benedire croci, medaglie, corone, ecc. colle Indulgenze annesse.
(20 gennaio 1867, agli attuali e ora esistenti per sette anni.)
Inoltre supplica di potere, semprechè ne riconosca il bisogno, autorizzare li Sacerdoti, o professi o giovani, a lui soggetti, a leggere o ritenere quei libri proibiti, che crede utili al rispettivo ufficio.
(Per dieci casi).
E finalmente supplica la stessa Santità Vostra, a volersi degnare a conferire al medesimo Sac. Giovanni Bosco la facoltà di far celebrare la Santa Messa prima dell'aurora, quando occorre il bisogno.
(Per sette anni, come sopra.)
PIO PP. IX.
 
 
D. Bosco non mancò di comunicare al Santo Padre l'esibizione che eragli fatta di locali e danaro, perchè aprisse una Casa in Roma. Era questo un suo desiderio. Pio IX gli indicò Vigna Pia, bella istituzione da lui stesso fondata, della quale aveagli già parlato nel 1858, una specie di colonia agricola e di casa di correzione per cento giovanetti abbandonati, vagabondi, oziosi. Alla direzione dello stabilimento vi erano alcuni religiosi francesi, i quali volentieri avrebbero ceduto ad altri quella missione. Pio IX desiderava che i figli dell'Oratorio di S. Francesco di Sales succedessero ad essi. Il Duca Salviati era tutto caldo per effettuare un tal progetto e andò con Don Bosco a visitare Vigna Pia. Il progetto però, dopo pratiche durate più mesi, non fu attuato. Le Commissioni Direttive delle Opere Pie di Roma non vollero mai cedere alcunchè della loro autonomia, anche in minima parte. Noi abbiamo in un manoscritto la base di quelle trattative, e crediamo di non doverla ommettere.
 
PROPOSTA INTORNO ALL'AMMINISTRAZIONE DELLO
STABILIMENTO DETTO DI VIGNA PIA.
 
Il Sac. Giovanni Bosco si assume l'amministrazione dello stabilimento di Vigna Pia proponendo quanto segue:
1° Provvederà un numero di persone sufficienti per la educazione religiosa, morale, artistica e scientifica, in proporzione dell'età, bisogno e condizione dei giovanetti ricoverati.
2° I giovanetti saranno occupati nell'agricoltura, ne' mestieri più vitali della società come sono calzolai, falegnami, sarti, ferrai ed anche nello studio, qualora se ne vedesse la convenienza. Tutti per altro avranno la scuola serale in cui fra le altre cose vi sarà l'insegnamento musicale.
3° Il Direttore locale è arbitro della disciplina, ma non può nè ricevere nè mandare via alcun allievo dallo stabilimento senza il consenso dell'Amministrazione.
4° Il Direttore provvederà vitto, vestito, medico, medicine, capi d'arte, parrucchieri, bucato, rappezzatura e quanto altro possa occorrere pei giovani.
5° Per la coltivazione della terra si tratterà a parte se debbasi operare a conto dell'Amministrazione oppure a conto del Direttore: ma è fatta facoltà di seminare legumi ed erbaggi per uso dello stabilimento.
6° L'Amministrazione dà facoltà al Direttore di accettare giovani a di lui conto proprio e destinarli al lavoro od allo studio come egli meglio crederà, purchè lo comporti la capacità del locale.
7° L'Amministrazione pagherà al Direttore per ciascun individuo in ragione di un franco al giorno se non eccedono il numero di cento; per quelli che oltrepassassero questo numero saranno pagati per ciascuno 90 centesimi.
Il Direttore, maestri, assistenti, persone di servizio, sono considerati come allievi nel pagamento per parte dell'Amministrazione, cioè avranno tutti un franco caduno.
8° Con questa somma l'Amministrazione intende di essere esonerata da ogni spesa, fuori di quanto sarà giudicato necessario per la conservazione od ampliazione dell'edificio dello stabilimento.
9° L'Amministrazione farà un mutuo di tre mila scudi al Direttore per le spese di primo impianto e per l'anticipazione delle provviste più necessarie.
10° Questa somma comincerà ad estinguersi dopo un anno, mercè la ritenuta di tre franchi al mese su quanto si corrisponde per ciascun allievo.
11° Questo mutuo sarà garantito con mezzi da convenirsi.
12° Il contratto durerà un quinquennio e in caso che alcuna delle parti per ragionevoli motivi volesse ritirarsene, dovrà prevenire l'altra parte due anni prima.
13° Qualora succedessero tempi in cui i commestibili aumentassero di prezzo in modo eccezionale, l'Amministrazione si obbliga di inviare due de' suoi membri per verificare il bisogno e venire in soccorso, per quanto sarà possibile secondo le gravità del caso.
14° Nella entrata di possesso si farà un inventario degli oggetti mobili, esistenti nello stabilimento, e se ne darà conto in caso di scioglimento di contratto. Si eccettuano però le cose che si consumano coll'uso, di cui si dirà soltanto in qual modo siansi consumate.
15° Il contratto incomincierà ad essere in vigore nell'anno....
Ma un altro fine importantissimo che aveva condotto Don Bosco a Roma era il conseguimento dell'approvazione della sua Pia Società, o almeno di poter dare le dimissorie ai Chierici ad instar Ordinarii. A lungo ne aveva parlato col Sommo Pontefice. Il Papa, che gli era deferente, approvava, ma, come era naturale, desiderava che le cose procedessero secondo il corso ordinario, e diceva a Don Bosco:
- Bene! rivolgetevi alle Congregazioni; quando esse avranno deliberato, io interverrò.
Ma qui stavano le difficoltà. Don Bosco non aveva trovati troppo propensi i membri della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari. Sul punto specialmente del voto di povertà, come esso lo esponeva, dovette impiegare e tempo e parole con poca riuscita. E poi allora studiavasi il modo di estendere quanto più si poteva la giurisdizione vescovile sugli ordini religiosi.
Sovra tutti contrario ai progetti di Don Bosco era Mons. Svegliati, Segretario della Congregazione, persona influentissima, dalla quale dipendeva assai la decisione. E il Papa indirizzò Don Bosco a Mons. Svegliati, facendogli capire che se riusciva a trarlo dalla sua l'affare era concluso. Alle parole del Papa era presente Mons. Ricci, il quale accondiscese alle preghiere di Don Bosco di accompagnarlo al palazzo della Cancelleria, ove teneva uffizio lo Svegliati. Andarono con D. Francesia, ma dovettero aspettare per più di un'ora, poichè il Segretario era uscito. Stanchi di attendere si mossero per ritornare a casa, ma nell'atto che sotto i portici D. Bosco indicava a D. Francesia il luogo dove era stato ferito il Conte Pellegrino Rossi, ecco comparire Mons. Svegliati. Mons. Ricci gli presentò Don Bosco dicendo:
- Questi è Don Bosco di Torino. Il Santo Padre desidera che si aggiustino le cose con lui e che V. S. veda il modo di contentarlo.
Il Segretario salutò cortesemente Don Bosco, e questi prese a dirgli:
- Credo che Monsignore avrà ricevuto ed avrà letto quel memoriale che indirizzava alla S. Congregazione, e le regole della Pia Società di S. Francesco di Sales.
- Io l'ho letto ed ho lette eziandio le regole; ma, mi perdoni, sa, mi ha sorpreso la maniera colla quale sono concepite: come vuole, per esempio, che si accordi il voto di povertà col possesso dei proprii beni?
- Eppure se Monsignore mi permette di parlare, vedrà che la cosa non è contraria a questo voto come Ella dice.
- Sarà ben difficile! e poi questa approvazione va maturata bene: e ciò che dimanda in quanto alle dimissorie, non è cosa ammissibile.
- Ma pure il Santo Padre mi ha detto che desiderava....
- Il Santo Padre!? Il Santo Padre non si ricorda più i decreti che esso stesso ha fatti?... Si persuada, D. Bosco: non si può!
- Mi ascolti, Monsignore... - e si mise ad esporre le sue ragioni, a rispondere alle obbiezioni che gli si potevano fare, a dimostrare la ragionevolezza, anzi la necessità delle sue domande. Tuttavia Monsignor Svegliati ad ogni tratto ripeteva: Non si può! e non ci fu verso di trargli altra risposta.
Fu una scena ben singolare. Mons. Svegliati, essendo fermo a nulla concedere e seccato da quell'insistenza, procurava che i suoi sguardi non si incontrassero con quelli di D. Bosco e per conseguenza volgeva alquanto il viso altrove; e D. Bosco calmo e tranquillo, ma deciso di avere una risposta favorevole, si muoveva sempre in modo da trovarsi innanzi al Segretario, il quale senza avvedersene fece molte volte il giro intero sulla sua persona. A lungo durò questo dialogo, e nella maniera più lepida per chi ne era spettatore. Finalmente Don Bosco lo pregò:
- Se Monsignore volesse accordarmi una breve udienza questa sera in casa sua, forse riuscirei a persuaderlo della bontà delle mie ragioni
Monsignor Svegliati, che era un gentiluomo compitissimo, gli rispose:
- Venga pure: ben volontieri: ma sarà cosa inutile: non si può! non si può! e a me rincresce farle perdere un tempo così prezioso.
- Son venuto a Roma principalmente per questo affare e se non disturbo Monsignore col venire a sua casa, per me sarà un abboccamento desideratissimo.
- Ebbene: io la attendo.
D. Bosco vi andò, lunghissima fu la conferenza e quando uscì egli era abbastanza appagato. Mons. Svegliati non parve più così ostinato nel suo “ non si può! ”, che cessò di ripetere due anni dopo quando una benedizione di Maria Ausiliatrice gli ridonava la sanità.
Il 20 gennaio Don Bosco recavasi a pranzo dagli scrittori della Civiltà Cattolica. Si parlò dell'elezione de' nuovi Vescovi e quei Padri vollero udire da Don Bosco l'abboccamento che aveva avuto col Ministro Ricasoli a Firenze, e i dialoghi avvenuti tra lui e il Comm. Tonello. Don Bosco, che parlava talora di cose per lui gloriose senza darsi alcun'aria di importanza e con una bonarietà ammirabile, li accontentò, esponendo i fatti in modo che que' venerandi religiosi ammiravano la sua umiltà, dicendola propria di un santo. Don Francesia li udiva esclamare:
- Si puon dire cose di maggiore importanza con più semplicità?
E il Padre Oreglia gliele fece ripetere in varie circostanze quattro o cinque volte.
E forse a questo pranzo che si parlò anche della propaganda de' protestanti e si convenne che Padre Perrone avrebbe scritto un libro popolare contro i loro errori, che sarebbe stato stampato nell'Oratorio di Torino.
Carissimo D. Barberis,
Un po' di lavoro anche pel Bibliotecario. Fammi il piacere di cercarmi i seguenti libri proibiti: Catechismo dei Valdesi di Ostervald; Liturgia dei Valdesi, stampata in Losanna; Inni cattolici ovvero Cristiani primitivi di Arturo Bert; Amico di famiglia, libretto di preghiere
ed anche altri libretti protestanti. Sopra ognuno metti il bollo dell'Oratorio; metti tutti in un fascio per la posta corrente, con Buzzetti, raccomandato, poi li manderai all'indirizzo:
Al Rev.mo Signore
il Sig. P. Perrone della C. di G.
Collegio Romano
Roma.
Amami nel Signore, prega per me che ti sono di cuore
aff.mo in G. C.
Sac. Giov. Bosco.
 
P. S. - Saluta Bisio.
 
A Roma adunque Don Bosco era oggetto della pi√π attenta osservazione da parte delle persone ecclesiastiche. Diceva Padre Giuseppe Oreglia:
- È un santo: fu studiato bene e nulla si trovò in lui di meno retto. Va ai pranzi e mai nulla domanda o rifiuta, desidera o abborrisce, loda o biasima; del bicchiere di vino, sempre adacquato, non vede mai il fondo.
Egli era così anche a Torino. Tornando talvolta dai grandi pranzi, la sera mangiava con appetito la minestra di riso, cotta e stracotta, senza lasciarla mai.
Don Francesia insisteva presso Padre Oreglia solo per stuzzicarlo a parlare:
- Ma in quanto a penitenza non saprei che cosa vi abbia in lui d'eroico.
- In quanto a penitenza basta per dirlo santo la sola pazienza che ha nelle udienze!
Ed era vero. Scriveva di lui il rev. Padre Felice Giordano degli Oblati di Maria Vergine: “ L'assioma di S. Teresa: Niente ti turbi, niente ti sgomenti! pareva la tessera che guidava praticamente il servo di Dio Don Bosco, a tale, che questo bel detto sembravagli passato in seconda natura. Vi fu mai uomo distento in maggiori sollecitudini, in maggiori affari, in maggiori impegni, in maggiori e più disparate corrispondenze? Figurarci! Un giorno che nell'intimità dell'amicizia contavami le distrazioni onde gli era sorgente il timone della sua
barca: - Guardi, mi disse, fra tante lettere che continuamente mi piovono da tutte parti, a fare una media, almeno sei al giorno sono tali, che mi fanno mettere la testa fra le mani per trovare un filo di luce, un po' di barlume a rispondere. - E senza questo tante ore di udienza ogni giorno, tante visite interminabili, bene spesso di noiosi, di rozzi, di poveri, di angustiati, di afflitti, e massime di indiscreti. Ed Egli tutti accogliere, con sorriso, tutti ascoltare con attenzione, non mai veruna premura di congedarli. Avvien che egli debba uscire di casa, per qualche obbiettivo da finire, da sistemare? Non vi arriverà così presto! Già nel sottostante cortile vi è qualcuno che lo aspetta; poi nelle contrade e giù per le piazze vi è qualche altro ser cotale che l'arresta; ed Egli tosto fermarsi sereno, udire con interesse, come non avesse altro al mondo che fare, fuorchè ascoltarlo. Una simile calma e pazienza, una tale equanimità portentosa potrà sembrare ai futuri nepoti ipotetica, non punto ai contemporanei innumerevoli, i quali a forza d'esserne spettatori ne avevano perduto, come dell'aurora, il prestigio ”
Il 21 di gennaio Don Bosco era in mezzo ai Canonici Regolari Lateranensi, detti volgarmente Rocchettini. Questi religiosi uffiziavano la chiesa di S. Pietro in Vincoli, presso cui era l'abitazione del Conte Vimercati, dove D Bosco si recava talvolta a celebrare ed erasi fatto intimo amico col giovane religioso Edgardo Mortara, il cui battesimo aveva messo sossopra la Sinagoga degli Ebrei, tutte le sette nemiche della Chiesa, e la diplomazia di qualche Stato.- Il Papa non cedette, il giovane coraggioso perseverò, e si preparava al Sacerdozio. Or bene Padre Pio Mortara nel 1898 ci faceva da Marsiglia questa relazione:
“ Lascio correre la mia penna dietro ai sentimenti di profonda venerazione che mi uniscono alla memoria del servo di Dio Don Bosco ed alla sua opera, il cui svolgimento riempie di stupore e di ammirazione tutti coloro che la conoscono.
Fin dal 1867, essendo ancora giovane professo e scolastico in S. Pietro in Vincoli a Roma presso i Canonici RR. LL., sentii parlare di Don Bosco ed ebbi l'onore e la gioia di vederlo e di assisterlo al santo altare, dove rimasi più volte edificato dalla sua profonda pietà e devozione, che però non presentava nulla di affettato, nè di straordinario.
” Al ritornare alla sacrestia, mentre pie persone imploravano in ginocchio la benedizione del Venerabile Sacerdote, io non mi saziava di ammirare la sua modestia e umiltà, facile, disinvolta, senza violenza, riflesso genuino di una virtù profondamente impressa nel suo animo.
” Nel prendere un frugale rinfresco, Egli si porgeva a tutti amabile, gioviale, conversando con tutti di cose edificanti e istruttive, perfino di filologia e del greco moderno, che egli pareva conoscesse benissimo. Insomma al mirarlo superficialmente nulla di notevole si scorgeva in lui, se non una modestia e una compostezza esteriore che incantava e profumava l'ambiente; ma all'osservarlo attentamente s'indovinava l'uomo di Dio.
” Ricordo che essendo stato invitato alla nostra frugale mensa in S. Agnese fuori le mura, il dì della festa di quella gloriosa Vergine e Martire, noi ci dicevamo l'un l'altro: - Avete veduto? Egli ha desinato come gli altri! -Ma che parsimonia, che riserbo, che modestia nelle sue parole e ne' suoi sguardi!
” Don Bosco mi trattò sempre con speciale benevolenza, del che io non saprei indicarle altro motivo, senonchè perchè egli sapeva benissimo quello che aveva fatto e sofferto per me l'angelico Pontefice Pio IX, che egli venerava ed amava sì teneramente, come speciale protettore della cara sua Opera.
” Dopo la S. Messa, egli mi dirigeva sempre qualche parola affettuosa, mi regalò la medaglia di Maria Ausiliatrice, invitandomi più volte a visitarlo in Torino ed onorandomi anche di speciali confidenze.
” Una volta mi chiamò a parte e mi pregò di scrivergli a Torino, giacchè egli voleva manifestarmi un segreto.
” Nella sua risposta alla mia lettera, che io non tardai a scrivergli, egli si esprimeva presso a poco così: - Caro mio D. Pio! (era ed è il mio nome di religione in luogo del nome semitico Edgardo). Io debbo manifestarvi una cosa, che vi prego per ora di tener segreta. Nel ritornare alla sagrestia dopo la messa, io vidi sulla vostra fronte ondeggiare una nube oscura. Quando voi abbassavate la fronte, voi sembravate tutto sereno e ridente. Nell'alzarla però quella tetra nube ricopriva il vostro volto, che io non vedeva più. Al disopra di quella nube due angioli sostenevano una bella corona di fiammanti rose. Figlio mio, siate umile e tutto andrà bene per voi. L'orgoglio figurato da quella oscura nube sarebbe la vostra rovina. Quella bella corona il Signore ve la darà, se voi persevererete. Siate sempre fedele.
” Debbo dire, per amore della verità, che questa comunicazione segreta corrisponde perfettamente al mio stato interiore ed all'insieme del mio carattere e del mio temperamento, ed anche allo svolgimento della mia modesta esistenza. Quante volte in mezzo alle più terribili lotte interne ed esterne, nelle più acerbe ed amare prove, ho compreso e sentito che l'umile soggezione all'adorabile volontà di Dio, era per me un conforto e un sostegno che spandeva lo splendore di una celeste pace nell'animo, mentre che l'impazienza non avrebbe fatto che riempirlo di tenebre. Tante volte, oppresso da amarezza, privo di ogni umana consolazione, rivolsi lo sguardo a colui che ci animò dicendo: Merces vestra magna est in coelo e scorsi quella bella corona di rose che il Signore mi darà, spero, se, adjuvante ejus gratia, sarò fedele usque ad mortem.
” Per mia parte credo che questa rivelazione di D. Bosco potrebbe trovare il suo posto nel capo della sua vita Discernimento degli Spiriti... ”
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