Capitolo 52

I Fratelli delle Scuole Cristiane assoggettati al servizio militare - Il Ministro Cibrario - Catechismo e Storia Sacra nelle scuole elementari - Distruzione di una bettola - L'Oratorio padrone del campo nemico

Capitolo 52

da Memorie Biografiche

del 27 novembre 2006

 Se le belle feste degli Oratorii di D. Bosco attraevano migliaia di giovani all'istruzione religiosa, un numero anche più grande dei figli del popolo imparavano a vivere secondo le leggi di Dio e della Chiesa dai Fratelli delle Scuole Cristiane: quand'ecco questi ricevere dal Governo una dispiacente comunicazione.

Il Ministro della guerra, il 30 luglio, con una circolare, li informava essere revocate le concessioni fatte loro da Carlo Alberto nel 1839 e nel 1842 con cui li esonerava dall'obbligo del servizio militare. Erano quindi sottoposti alla legge comune. Non si tenne conto della loro infaticabile operosità, dello zelo, della religione, del merito segnalato nell'educazione del popolo minuto. Questo era un colpo da maestro contro le scuole dei buoni Fratelli. La gioventù torinese a poco a poco avrebbe perduto molti de' suoi catechisti.

Ma quasi per mettere riparo ai gravi danni che avrebbe recato la deficienza di tali maestri, il Ministro Cibrario pubblicava il 21 agosto 1853 un'Istruzione per l'attuazione dei programmi nelle scuole elementari. Notiamo qui ciò che riguarda il Catechismo e la Storia Sacra, non senza lamentare l'esclusione dell'autorità ecclesiastica da ogni ingerenza nel pubblico insegnamento. Nello stesso tempo rileviamo quanto grande importanza si desse ancora in questi anni da un Ministro del regno all'educazione religiosa della scolaresca.

Per la prima elementare si leggono i seguenti articoli:

 

Art. III. Spiegazione e studio dei Piccolo Catechismo.

 

Siccome la prima parte del Catechismo non è la stessa nella varie Diocesi, perciò onde togliere ogni dubbio e mantenere l'uniformità nell'insegnamento, nella 1a elementare si insegnerà: - Gli esercizi del Cristiano per la mattina e per la sera, l'Orazione Domenicale e la Salutazione Angelica anche in latino; le lezioni del Catechismo che trattano dell'unità di Dio, del mistero della SS. Trinità, dell'Incarnazione del Figliuolo di Dio, della venuta di Gesù Cristo alla fine del mondo, e dei due giudizi, universale e particolare.

Per insegnare bene e con frutto il Catechismo deve il Maestro por mente alle seguenti cose: 1° che questo insegnamento venga dato nelle scuole con quella serietà e con quel raccoglimento con cui si insegna la preghiera. Quindi il Maestro prepari con diligenza le sue spiegazioni, affinchè non gli esca di bocca parola od esempio che non risponda convenientemente al delicato soggetto che ha per le mani; e dove s'incontri in qualche proposizione che ben non comprenda, ricorra ai consigli delle persone religiose e dotte, e curi di rendersi ragione di ogni verità o precetto che nel Catechismo si contenga.

2° Non ponga mano ad esso senza aver insegnato le prime lezioni di Storia Sacra, cioè quelle che trattano della

Creazione del mondo, della caduta di Adamo, della promessa del Redentore ecc., poichè il racconto di questi fatti giova assaissimo ad illustrare le verità fondamentali della dottrina cristiana: quindi l'insegnamento della Storia Sacra deve camminare di conserva con quello del Catechismo.

3° Non costringa i fanciulli a mandare a memoria le domande e le risposte senza avere sì le une che le altre acconciamente dichiarato in modo facile e piano e senza essersi assicurato per mezzo di dialoghi maestrevolmente condotti, che gli alunni attribuiscono alle parole di cui consta la domanda e la risposta un preciso significato.

4° Ottimo precetto è pur quello che viene raccomandato da parecchi scrittori di far riunire insieme le varie risposte e recitare di seguito, affinchè gli alunni si avvezzino a collegare le cognizioni imparate ed a passare con facilità dalle une alle altre senza l'aiuto delle domande.

 

Art. IV. Storia Sacra - Racconti orali fatti prima dal Maestro, poi ripetuti dagli alunni, di alcuni fatti principali del Vecchio e Nuovo Testamento.

 

L'insegnamento della Storia Sacra deve camminare di conserva con quello del Catechismo. E perchè nella 1a elementare non si ingombrino le tenere menti degli allievi con molti e minutissimi fatti e lunga serie di nomi e di date, il Maestro esporrà colla massima semplicità e chiarezza: la creazione del mondo e dell'uomo, la caduta di Adamo e la promessa d'un Redentore, la morte di Abele, il diluvio, la dispersione dei popoli, la vocazione d'Abramo, il sacrificio d'Isacco, la schiavitù del popolo Ebreo in Egitto e la sua liberazione per opera di Mosè , la nascita del Salvatore.

Nel dare questo insegnamento il Maestro si varrà di autori “approvati” e ridurrà le sue lezioni a semplici e brevi racconti. Ciascuno dei quali egli esporrà con precisione, e spiegando all'uopo quei vocaboli che fossero nuovi pei fanciulli: 2° per mezzo di interrogazioni condurrà gli allievi a scomporre il racconto medesimo, accompagnandolo con quelle riflessioni che si presenteranno opportune, e traendo dal medesimo quei principii morali, che sono di cotanto aiuto nell'indirizzo pratico della vita, e quei documenti che servono a provare la verità della dottrina cristiana, Finalmente farà ricomporre il racconto così esaminato e si ripeterà intiero da uno o più allievi.

Fra la seconda e terza elementare è divisa la restante materia, del Catechismo fino al fine; e della storia sacra per la seconda elementare i fatti dei patriarchi fino alla divisione dei regno di Giuda, e per la terza fino alla venuta del Redentore.

Il maestro di queste due classi doveva al principio dell'anno ripetere e spiegare in modo pi√π ampio le lezioni, sia sul catechismo sia sulla storia sacra, date nell'anno antecedente.

Riguardo al Catechismo nota l'Istruzione: “Il maestro della seconda potrà pure esercitare i giovani ad interrogarsi a vicenda su quelle parti del catechismo che già furono spiegate; cosicchè essi ne apprendano non solo le risposte, ma ancora le domande, ne ritengano il nesso e sappiano discorrere con facilità e prontezza dal principio alla fine di qualunque paragrafo.

Per la 4 classe elementare: - Istruzione religiosa - La terza e quarta parte del grande catechismo della Diocesi, cioè quelle che trattano diffusamente dei comandamenti di Dio e della Chiesa e dei Sacramenti - e - Storia Sacra del nuovo testamento.

Chi mai colla sua esperienza avrà consigliato ed aiutato, il Ministro Cibrario a formare un programma così opportuno? Chi vi fece inserire la prescrizione che i libri di Storia Sacra fossero approvati e, naturalmente, da quella sola autorità che ne aveva il diritto? Non sappiamo; ma è certo che il Cibrario veniva in quest'anno più volte in Valdocco e s'intratteneva con D. Bosco in lunghi e serii ragionari; e lo videro tutti gli alunni dell'Oratorio. Senza dubbio non parlavano di politica.

Ma se il Ministro ordinava provvedimenti di ordine generale pel bene della gioventù, D. Bosco doveva anche studiarne altri di non poco rilievo, d'interesse suo proprio e de' suoi giovani. Aveva risolta la distruzione della Giardiniera, bettola impiantata in casa Bellezza, divisa da un solo muriccio dal nostro cortile. Come abbiamo già detto, colà convenivano nei giorni di festa i buontemponi, i giuocatori ed i bevoni, ed altra gente di simil fatta, compresi alcuni discepoli dei protestanti ai quali l'apostasia aveva rifornita la borsa. Organini, pifferi, clarinetti, chitarre, violini, bassi e contrabassi, ed omne genus musicorum da piazza e da trivio vi si succedevano nel corso della giornata; anzi non di rado e in certe ore del pomeriggio erano contemporaneamente tutti insieme raccolti a far concerti, sicchè avveniva che i cantori della Cappella restassero confusi e come soffocati dai rumori e dagli schiamazzi. Erano al vivo rappresentati i figli del secolo da una parte, e i figli della luce dall'altra, la città del diavolo e la città di Dio. Il nostro D. Bosco, per cancellare la mala impressione che poteva lasciare nell'animo dei giovani quel disordine, ne coglieva sovente l'occasione di ricordar loro le parole del Vangelo: Il mondo esulterà e voi sarete nella tristezza; ma fatevi animo, chè la tristezza vostra sarà convertita in gaudio: Mundus gaudebit;

vos autem contristabimini; sed tristitia vestra vertetur in gaudium.

Ma era uopo far cessare affatto quel disordine, e Don Bosco vi si applicò con tutto l'ardore. Vedeva i pericoli per i suoi cari giovani e conosceva pure quelli che a lui sovrastavano se avesse cercato impedire le riunioni scandalose. Però la sua virtù abituate rendevalo imperterrito. Da prima egli cercò di fare acquisto di quella casa; ma poichè la padrona, la signora Teresa Catterina Novo vedova Bellezza, non aveva intenzione di venderla, non si potè  far nulla. Allora le propose di prenderla a pigione; ma l'affittaiuolo che vi aveva aperta la bettola reclamava dalla padrona danni favolosi, pretendendo una indennità spaventosa. Solito a confidare negli aiuti della divina Provvidenza e nella carità dei benefattori, D. Bosco non si arrestava alla grave difficoltà di questa nuova spesa. In quel mentre però veniva a morire l'esercente di quella malabolgia; e sua moglie, benchè più di lui onesta, continuava a tener aperta l'osteria.

D. Bosco cominciò ad amicarsela col salutarla, poi con pregarla ad imprestargli qualche utensile di cucina, in ultimo col comprare da lei a quando a quando qualche pietanza cotta, specialmente nei giorni di festa. Questa donna a poco a poco acquistò grande stima per D. Bosco, il quale un giorno avutala a sè  le disse, se pensava di continuare per tutto il tempo di sua vita a tenere osteria e se non aveva ancora riflettuto come ogni giorno fosse un accrescimento continuo di legna per l'inferno, nel quale sarebbe caduta.

La donna rispose: - Lo so, lo capisco; ma come faccio altrimenti a vivere?

- Io avrei un progetto per assicurarvi un'esistenza senza rimorsi.

- Sentiamo; chè io sarei ben contenta di cessare da questo mestiere.

- Il mio progetto sarebbe di rilevare a mio conto la vostra osteria.

- Bisogna vedere se madama Bellezza sarà contenta.

- Quanto a questo ci penso io e sono sicuro che si contenterà.

- Se la cosa è così, dice benissimo; ma e che cosa io farò dì tutto il mobilio dell'osteria? Bottiglie, litri, piatti, pentole, padelle, bicchieri, banchi, tavolini, botti, seggiole, ecc.?

- Io comprerò pure tutta questa roba; sceglieremo due periti, ed io vi darò quella somma che essi stabiliranno.

- Ma ho ancor da pagare qualche mese di fitto!

- Pagherò io!

- Ben parlato: io tengo l'affare come conchiuso.

Fatta la perizia del mobilio dell'osteria, ogni cosa fu generosamente pagata. Quando mamma Margherita vide trasportare in sua casa centinaia di bottiglie vuote di ogni forma e valore, e litri e mezzi litri, e mastelli e panche ed altri oggetti che pel momento sembravano inutili, esclamò: - E che cosa ne faccio di tanti turaccioli, tavolini da caffè, caffettiere, bicchieri?

- Lasciate fare, mamma, rispondeva Don Bosco, ogni cosa a tempo e luogo verrà opportuna. Ciò che facciamo è pel meglio.

Intanto l'albergatrice continuava ad occupare alcune stanze, e D. Bosco temendo che si pentisse e si ritraesse da un contratto fatto solamente a voce, le fece suggerire da alcune persone di sua fiducia come la prudenza richiedesse di non riporre cieca fiducia nella promessa dell'indennizzo abbastanza vistoso che D. Bosco doveva sborsarle, e che perciò si facesse stendere per iscritto due linee di obbligazione. E il contratto venne firmato da ambe le parti, colla condizione che l'ostessa sloggiasse.

Ma i frequentatori di quell'osteria non è a dire come imbizzarrissero a questa novella e tante ne dissero con malignità a quella buona donna contro i preti, che dopo pochi giorni venne piangendo a trovare D. Bosco, dicendogli che era stata ingannata. - Non so dove andare, gridava; rompiamo il contratto.

- Non è il caso, rispondevagli D. Bosco. Procurerete di cercarvi qualche altra abitazione.

“In quel mentre, ci raccontò Giovanni Cagliero, entrai per caso nella retrosagrestia e vi trovai D. Bosco, Buzzetti ed una vecchia donna che noi chiamavamo la Giardiniera. Essa era adirata contro D. Bosco, perchè aveala licenziata dalle stanze della sua osteria. - D. Bosco le rispondeva pacatamente di aver bisogno di quelle stanze perchè le voleva occupare per scuole di giovanetti esterni. Tale infatti era il suo primo disegno. La vecchia allora preso un aspetto come di una furia, urlò: - Lei è un bugiardo! - D. Bosco le rispose: - Oh infelice! Una donna dare dei bugiardo ad un prete! Buzzetti, Buzzetti! conducila fuori questa donna!

Ed io corsi subito a presentargli una sedia, perchè lo vidi impallidire e bisognoso di sedersi, tanta era la violenza e lo sforzo che dovette fare a se stesso per dominarsi, e conservarsi calmo”. Infatti rientrata in sè  poco dopo quella donna e con sentimenti più miti, D. Bosco potè  toglierle ogni prevenzione che simile contratto avesse qualche cosa di odioso per lei, e la persuase a cercarsi in Torino alcune stanze, concludendo: - Io vi pagherò il fitto di tre mesi E così fece, e quella donna si pacificò.

D. Bosco accomodato così il negozio andò subito a visitare la proprietaria che abitava in Torino, le narrò quanto aveva fatto, e quella buona cristiana approvò. A questo modo D. Bosco potè  dirsi padrone di metà di quella casa. E più non si udirono risuonare bestemmie e canzonacce scandalose. D. Bosco appigionò immediatamente quelle stanze a gente quieta e di timorata coscienza: ma questa, non ostante mille promesse antecedenti, o non poteva pagar pigione o si abusava della pietà compassionevole del prete, sapendo che non avrebbe fatto ricorso ai tribunali. Intanto l'altra metà della casa, benchè più tranquilla, continuava ad essere un covo d'iniquità E D. Bosco si presentò di nuovo alla padrona e le chiese di voler appigionare a lui solo tutto quell'edifizio. La signora esitò. Non trovava il suo conto a concedere tutte quelle stanze ad un solo inquilino temendo che gli restasse ad un tratto spigionata tutta la casa. Soleva affittare ogni stanza mese per mese. D. Bosco allora le propose di stendere un contratto di affitto per più anni, e così madama fu contenta.

“Lo stabile, scrisse il notaio, consisteva in due cantine verso mezzogiorno. Al piano terreno tre camere a mezzogiorno, altra nel corridoio, due altre verso mezzanotte. Al primo piano tre camere verso mezzogiorno e tre altre verso mezzanotte. Al secondo piano quattro camere a mezzogiorno ed altra nel corridoio e due a mezzanotte. Due pergolati grandi, tutti e due in buono stato, sostenuti dai rispettivi pali pure in buono stato; e una lunga siepe verso mezzanotte”. L'affittamento incominciava col 1°di ottobre 1853 fino a tutto settembre 1856, mediante l'annua somma di lire 950. Fu poi rinnovato per altri tre anni dal 1° ottobre 1856 a tutto settembre 1859 per l'annua somma di lire 800, colla clausula però che il contratto fosse risolvibile di anno in anno, previo avviso tre mesi prima della scadenza.

D. Bosco, appena avuta per sè  tutta quella casa, licenziò gli antichi inquilini. Ma alcuni non vollero sgombrare, mentre altri andarono ad allogarsi altrove, allettati da grosse mance. Fu lunga impresa e dispendiosa poichè per giunta nessuno volle pagare la pigione arretrata dovutagli; anzi vi fu chi trascorse a insulti, a minacce e perfino ad attentati alla sua vita, come diremo. Tuttavia egli non guardava a sacrifizii, piuttosto che desistere dall'opera di premunire i suoi figli.

Fatte sgombrare quelle stanze D. Bosco dovette dar mano alle riparazioni e al ripulimento di quei locali, non badando a far altre spese; e vi collocò subito nuovi inquilini di sua fiducia, per assicurarsi che non avrebbe più ai fianchi nessun vicino pericoloso. Desiderava però, come era giusto, di ritrarre da quella casa la somma necessaria per pagare la proprietaria. Non volendo mettersi egli in persona a questionate per i fitti, pose alla testa di questo suo affare un certo

Mar….., facendo patto che costui si prenderebbe cura di riscuotere le pigioni, e pel suo disturbo avrebbe il dieci per cento sulle somme riscosse. Ma l'amico intascava e teneva tutto per sè . Invano D. Bosco lo invitava a versargli le somme dovute, invano lo mandava a chiamare perchè rendesse i conti. Ora con un pretesto, ora con un altro, il suo agente temporeggiava sempre. Così la cosa andò per ben quattro anni, senza che D. Bosco ritraesse un centesimo dagli inquilini. Finalmente messolo D. Bosco alle strette con una intimazione risoluta, Mar…., che abitava in quella stessa casa, rispose:

Se vuole, vado via! - E gli consegnò le chiavi, e se ne andò senza restituire nessun danaro a D. Bosco, cui toccava pagare tutta la pigioni a madama Bellezza.

Il danaro che dovette spendere D. Bosco per causa della Giardiniera, a conti fatti, oltrepassò la somma di 20,000 lire; pure, sebbene sprovvisto di tutto, ebbe il necessario in maniere sempre provvidenziali.

Finalmente la signora lo tolse da quel gravoso impaccio col venir ella stessa ad abitare in quella casa. È vero che per il suo naturale pretendente D. Bosco ebbe a sostenere non poche liti e intimazioni per mezzo di usciere, poichè le era limitrofo; ma ciò era nulla a petto delle passate vicende cogli antichi inquilini. Tuttavia D. Bosco cercò di comperare quella casa, ma inutilmente perchè la padrona non volle saperne di vendere. I suoi figli però essendo favorevoli a quella vendita, morta la madre nel 1883, stipularono il contratto con D. Bosco il 22 febbraio 1884 per 110,00 lire, che rimase finalmente padrone della casa e di tutto il podere annesso così raddoppiando quasi lo spazio dell'Oratorio.

In questa guisa egli aveva distrutto il secondo baluardo del diavolo, che s'innalzava vicino alla casa del Signore, aveva disseccata la mala sorgente di iniquità, che scorreva in quei dintorni, e si era fatto padrone assoluto del campo nemico. Oggidì in quei luoghi stessi, dove Iddio in passato ebbe a ricevere tante offese, si innalzano al Cielo preghiere e canti di gloria.

 

 

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