Nuova destinazione dei locali nell'Oratorio per le officine: personale dirigente: Compagnie - La tipografia e un bel libretto - Il Seminario Metropolitano è restituito alla Diocisi - Il R. Provveditore richiede le statistiche del ginnasio - D. Bosco gli offre la scelta degli insegnanti - Il R. Provveditore chiede documenti e diplomi - Decreto di approvazione per l'anno 1863 - 1864 - Eroismo di D. Alasonatti - Disinteresse di D. Bosco - Dono di vestiarii del Ministro della guerra - L'Arcivescovo di Cagliari e il Teol. Margotti - D. Bosco sogna di accompagnare un feretro alla sepoltura - Raccomanda preghiere per un alunno che dopo qualche tempo dovrà passare all'altra vita - Esercizio di Buona Morte e Mons. Losana - Sogno: il serpente in un pozzo: riflessioni.
del 01 dicembre 2006
 Anche nell'Oratorio si andava disponendo ogni cosa pel nuovo anno scolastico. Il locale ultimato per le scuole doveva ben presto accogliere tutti gli studenti del ginnasio. Direttore degli studi, succeduto a D. Rua, era D. Ruffino Domenico, incaricato della Compagnia dell'Immacolata. Presiedeva alle Compagnie di S. Luigi, del SS. Sacramento e al piccolo clero D. Bongiovanni Giuseppe, che si occupava con vivo ardore nell'esercizio del sacro Ministero. Sebbene fosse poco favorito nella voce, riusciva tuttavia a farsi ascoltare molto volentieri nelle prediche e nelle conferenze per la bellezza varia della materia e per l'unzione nell'esporla.
La Compagnia di S. Giuseppe animava al bene gli artigiani, pei quali si prepararono alcuni nuovi e pi√π vasti laboratorii. Ai falegnami ed ai fabbri ferrai avevano dato un gran lavoro il collegio di Mirabello e le costruzioni dell'Oratorio; e molto pi√π loro ne apprestava la chiesa di Maria Ausiliatrice. Nelle stanze della vecchia porteria, rimasta sgombra, furono collocati i calzolai ed i sarti che avevano il loro da fare per tener calzati e vestiti tanti compagni. Li sorvegliava Rossi Giuseppe.
La tipografia affidata al Cav. Oreglia era stata traslocata in una sala a pian terreno del fabbricato lungo la via della Giardiniera. Tre nuove macchine erano comprate e messe a posto, alle quali ben presto si pensava di aggiungerne altre due. Urgeva la necessità di fare una spesa così grave. Oltre la stampa delle Letture Cattoliche, e le edizioni incominciate di libri di scuola, i sostenitori della causa cattolica si rivolgevano a D. Bosco perchè pubblicasse qualche loro scritto o storico o polemico. E in questi stessi giorni si andava componendo un lavoro, adatto a promuovere le vocazioni ne' giovani e a fare conoscere ai chierici la dignità alla quale il Signore gli aveva chiamati.
 
L'Armonia lo annunziava l'II novembre 1863.
 
Dalla Tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales è uscito alla luce un grazioso discorsetto sull'Eccellenza del Sacerdozio cattolico, nel quale alla varia erudizione e alla bella disposizione degli argomenti, si accoppiano dolcezza di affetto e non poche rettoriche bellezze.
Ci congratuliamo ben di cuore coll'autore sig. Don Fontana Giambattista, prevosto di Saluggia e tanto più perchè sappiamo che egli ne ha dedicato il prezzo a beneficio del danaro di S. Pietro e dell'Oratorio di San Francesco di Sales. Si vende al prezzo di centesimi 70 in detto Oratorio, e dal libraio Barberis in Vercelli e presso l'autore in Saluggia.
In quanto ai chierici noi diremo che il Governo avendo restituito il Seminario di Torino colle sue rendite alla Diocesi, questo in novembre incominciò ad accogliere i pochi suoi chierici, che in piccol numero albergavano in case private, e altri più numerosi che vi si trasferirono dall'Oratorio. Alcuni lasciarono D. Bosco in impiccio dovendo essere surrogati in qualche loro ufficio, ed egli continuò a mandare i rimasti con lui a tutte le lezioni che ivi si dettavano dai dotti e provetti insegnanti, già da noi altrove nominati. Tra gli alunni del Seminario e quelli di D. Bosco v'era perfetta armonia. “ Ricordo, affermò il Teol. Can. Ballesio, che noi avevamo per i chierici della Diocesi molti riguardi e grande deferenza, secondando i sentimenti che da D. Bosco ci erano ispirati; ed è da notarsi che anche negli anni seguenti molti dei chierici diocesani avevano vissuto da fanciulli nella Casa di Valdocco ”.
Tutte queste disposizioni che D. Bosco dava nei mesi di settembre e di ottobre, si venivano complicando per le esigenze dell'autorità scolastica e le pratiche, perchè venissero approvati per l'insegnamento due professori che non avevano il diploma.
Il 9 settembre un foglio col numero 2185 invitava D. Bosco a presentare la statistica del suo ginnasio.
 
“ Nell'atto in cui si trasmettono i moduli per la statistica, come in quest'anno furono determinati dall'Autorità Centrale, la S. V. Ill.ma è invitata a rispondere adeguatamente alle domande in essi espresse, avvertendo che le notizie statistiche del 1861 - 62 siano in foglio separato da quelle del 1862 - 63, e che sia notato nelle colonne delle osservazioni entro quali limiti estremi corra l'età degli alunni per ciascheduna classe.
Il sottoscritto sarà tanto più grato alla S. V. Ill.ma quanto maggiore sarà la sollecitudine impiegata.
 
Per il R. Provveditore
Vigna.
 
Intanto D. Bosco scriveva al Provveditore:
 
Ill.mo Sig. Provveditore,
 
L'anno 1862 - 63 otteneva l'approvazione provvisoria di poter fare insegnare il corso ginnasiale ai poveri giovani accolti in questa casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales. Per condizione si notava che passato l'anno si dovessero presentare maestri titolati; ma gli insegnanti provvisoriamente approvati non avendo potuto ottenere il favore di essere ammessi agli esami finali di Lettere, dovettero limitarsi a quello di ammissione, cui di fatto si presentarono e furono inscritti al corso di Lettere.
Ora trattandosi di continuare le medesime classi si fa rispettosa domanda che gli insegnanti destinati per ciascuna classe siano approvati come segue:
Alla 5a ginnasiale il Sac. Francesia Giovanni approvato l'anno scorso perla stessa classe, già da cinque anni uditore alle lezioni di lettere nella Regia nostra Università ed ammesso con lode al corso regolare.
Alla 4a ginnasiale il chierico Durando Celestino del 5° anno di Teologia, approvato uditore come sopra ed ammesso al corso di lettere con pieni voti.
Qualora tornasse di maggior gradimento al sig. Provveditore si proporrebbe per la medesima classe il professore Ballesio Giacinto autorizzato con diploma per l'insegnamento Ginnasiale inferiore.
Alla 3a, Anfossi Giovanni del 5° anno di Teologia approvato, uditore, ammesso come sopra con pieni voti allo studio di lettere.
Se havvi difficoltà in questo insegnante si propone il Sac. Fusero Bartolomeo, maestro di 45 elementare e professore del corso Ginnasiale inferiore approvato con diploma.
Alla 2a il Sac. Ruffino Domenico maestro di 4a elementare, approvato con diploma pel corso Ginnasiale inferiore.
Alla Ia il Sac. Alasonatti Vittorio, Maestro elementare, e approvato con diploma per l'insegnamento delle prime due classi latine.
Per l'aritmetica il Sac. Savio Angelo maestro di quarta elementare.
L'anno scorso notavasi eziandio che una scuola non appariva di sufficiente altezza per dare libera ventilazione secondo le regole igieniche e a questo si è provveduto colla costruzione di apposito locale dove gli allievi saranno traslocati appena che le mura del medesimo siano abbastanza asciutte.
Avendo per quanto fu possibile adempiuto ciò che V. S. Ill.ma compiacevasi di prescrivere l'anno scorso, spero che in quest'anno otterrà novella approvazione: tanto più se Ella si degnerà di considerare lo scopo benefico cui tendono queste classi. Imperciocchè hanno per unico scopo di beneficare poveri giovani, che hanno il merito dell'ingegno e della moralità, ma affatto privi o quasi del tutto privi di mezzi di fortuna, per coltivare quell'ingegno che la Divina Provvidenza ha loro largito.
Così mentre una ragguardevole parte dei giovani di questa casa attendono al lavoro delle mani per apprendere un mestiere, altri faticano per procurarsi un grado di scienza che loro valga a guadagnarsi col tempo onoratamente il pane della vita.
Con pienezza di stima ho l'onore di potermi professare di V. S. Ill.ma,
 
Ottobre, 1863.
 
Obbl.mo Servitore
Sac. Bosco Giovanni.
 
Il Regio Provveditore rispondevagli con foglio portante il numero 2564.
 
Torino, addì 20 ottobre 1863.
V. S. è invitata a trasmettere a quest'ufficio i documenti seguenti:
Pel sac. Francesia Giovanni proposto per la 5a classe ginnasiale,
I° La carta di ammissione al corso di lettere.
2° L'attestato dei professori comprovante la di lui frequenza alle lezioni di lettere in qualità di uditore.
Pel ch. Durando Celestino proposto alla 4a ginnasiale i certificati analoghi ai precedenti.
Pei Sac. Fusero Bartolomeo alla 3a classe, Ruffino Domenico alla 2°, e Alasonatti Vittorio alla Ia. i loro diplomi di abilitazione all'insegnamento cui vogliono attendere.
 
Il Regio Provveditore
P. Selmi.
 
Furono tosto mandati i richiesti documenti e il R. Provveditore non tardava di rilasciare il seguente decreto col n° 2743.
 
Torino, addì 2 novembre 1863.
 
Il sottoscritto, sentito l'avviso del Consiglio Provinciale sopra le scuole nella tornata del 16 ottobre ultimo scorso, approva nel corrente anno scolastico, a condizione che Ella debba uniformarsi intieramente alla legge per l'anno accademico venturo, il personale insegnante di cui seguono i nomi;
Per la 5a classe Francesia Sac. Giovanni
Per la 4a     ”       Durando ch. Celestino
Per la 3a    ”      Fusero Sac. Bartolomeo
Per la 2a    ”      Ruffino Sac. Domenico
Per la 1a      ”     Alasonatti Sac. Vittorio
 
Il R. Provveditore
P. Selmi
 
 
In tutti gli affari era di gran sollievo a D. Bosco il Prefetto D. Alasonatti Vittorio e nella direzione materiale interna ed esterna e disciplinare della Casa. Il Servo di Dio però, come abbiamo detto già altrove, cercava di sgravarlo per quanto poteva dal faticoso incarico. Malgrado ciò col moltiplicarsi il numero dei giovani si accrescevano parimente altre nuove cure per il Prefetto, che non risparmiavasi nè fatiche, nè penitenze per ottenere da Dio ogni benedizione sopra l'Oratorio. D. Bosco era stato costretto a proibirgli ogni astinenza, ad imporgli l'uso del vino e ad ingiungergli in virtù di santa obbedienza di aver cura della sua sanità, almeno per poter lavorare più langamente alla gloria di Dio: e siccome ei teneva il suo letto nell'ufficio sempre occupato dai visitatori, condannandosi a non poter prendere un minuto di riposo lungo il giorno, lo costrinse a trasportarlo in altra camera meno incomoda e più tranquilla.
Ma sovratutto D. Bosco divideva con lui varie occupazioni e specialmente collo scrivere, lettere e col dare udienze ai parenti e ai benefattori che si presentavano per fare accettare i giovanetti. È in questa occasione, narra la cronaca, che in sul finir dell'ottobre, parlandogli un sacerdote della somma esigua che avrebbe pagata mensilmente un bravo signore per un suo protetto se fosse stato accettato nell'Oratorio, ci rispondeva: - Più me ne danno, più mi aiutano ad andare avanti: del resto non è il danaro che faccia: viviamo di Provvidenza.
E infatti alcuni giorni dopo il Ministro della guerra, generale Della Rovere, accordavagli un soccorso, non dispregievole, da lui domandato.
 
MINISTERO DELLA GUERRA.
DIVISIONE VESTIARIO. N. 13342.
 
Torino, 14 Novembre 1863.
 
Questo Ministero volendo in qualche modo concorrere al sollievo ed alle strettezze dei numerosi giovani accolti nella casa di beneficenza dalla S. V. diretta, ha dato le opportune disposizioni a che dal Regio Magazzino dell'Amministrazione della guerra in questa città, siano tenuti a disposizione di V. S. gli oggetti in calce della presente notati.
Voglia perciò disporre per il ritiro degli oggetti stessi presso il suddetto magazzino, mediante il rilascio di apposita ricevuta.
Tanto mi pregio significare in risposta al foglio di V. S. delli 26 scorso mese di settembre.
 
Cappotti di panno 200
Coperte diverse 200
Farsetti a maglia 120
 
Il Maggior Generale
incaricato della direzione generale
de' servizi amministrativi
Incisa.
 
Frattanto si eran ordinate con lieti auspici le classi del ginnasio.
Veniva nell'Oratorio l'Arcivescovo di Sassari per conoscere personalmente D. Bosco, col quale era da tempo in corrispondenza epistolare; visitava la casa, e s'intratteneva per molto tempo coi giovani che si affollavano a baciargli la mano. Il Teol. Giacomo Margotti, strenuo e dotto difensore del Papa e della Chiesa, che da quasi due mesi aveva cessato di scrivere nell'Armonia, istituiva l'Unità Cattolica, annunziando a D. Bosco che metteva la propria penna e il giornale a suo servizio. L'Unità incominciava a pubblicarsi il I° novembre.
In que' giorni anche un nuovo collaboratore erasi unito a D. Bosco, non tanto per stare con lui nell'Oratorio, quanto per indurlo ad aprire un collegio in sua patria. Era l'avvocato Sacerdote Ignazio Arrò - Carroccio di Lanzo che poteva fare bella messe di anime con la parola viva ed ardente che gli prorompeva dal petto. Gli effetti che con questa produceva nel popolo si ponno argomentare dalla missione che'ei diede col Can. Gastaldi nella cattedrale di Asti. A memoria d'uomo non si era mai veduto uno spettacolo eguale, operato dalla magica, franca e animata parola di questo sacerdote.
Intanto D. Ruffino ripigliava da solo la cronaca poichè D. Bonetti, mandato a Mirabello aveva cessato di scrivere le proprie note. Abbiamo però molti altri testimonii che lo suppliranno.
“ Il 28 ottobre muore all'ospedale di S. Luigi in età di 24 anni lo studente Brunerotto Sebastiano di Lucerna ”.
“ Il I° novembre, D. Bosco, alla sera raccontò ai giovani in modo quasi di scherzo un breve sogno con queste parole: Non so se fosse per causa del pensiero della festa dei Santi, e della commemorazione dei morti, fatto si sta che la notte scorsa sognai essere morto un giovane e che io lo accompagnai fino alla sepoltura. Non voglio dire che questo sia indizio che qualcuno di voi debba morire; ma ebbi già parecchi di questi sogni e per caso si avverarono sempre ”.
“ Due giorni dopo (il 3) D. Bosco ritornò a parlare sull'argomento della morte e disse: - Noi siamo soliti a fare sempre un po' di bene e preparare un fondo di preghiere, per quegli che fra noi sarà il primo a morire. Così anche adesso dobbiamo farlo. Non voglio dire che molto presto debba accadere il passaggio all'eternità di chi gioverassi di questo deposito spirituale, ma tardi tardi nemmanco. Perciò a costui prepariamo un capitale che gli renda frutto. Chi resterà, sarà contento di essere ancor vivo; colui che deve morire sarà contento di trovare quel bene preparato ”.
“ 12 novembre. Si fece l'esercizio della buona morte e distribuì la SS. Eucaristia Mons. Losana Vescovo di Biella ”.
Alla sera del giorno 13 D. Bosco così parlò:
Ieri mattina abbiamo fatto l'esercizio della buona morte. Io fui occupato tutto il giorno da questo pensiero cioè dal buon frutto che ne sarebbe nato. Temo però che qualcheduno di voi non l'abbia fatto bene: questa notte ebbi un sogno, che vi racconterò.
Io mi trovava nel cortile con tutti i giovani della casa che si divertivano saltando qua e là. Siamo usciti dall'Oratorio per andare a passeggio e dopo qualche tempo ci fermammo in un prato. Colà i giovani ripresero i loro giuochi e ciascuno andava a gara cogli altri nel far sponda. Mi accosto per osservarlo e assicurarmi che non presentasse qualche pericolo per i miei giovani e vedo in fondo ad esso un terribile serpentaccio. La sua grossezza era come quella di un cavallo, anzi di un elefante. Era corto sicchè appariva informe, e tutto chiazzato di macchie giallastre.
Tosto mi ritirai alquanto pieno di tremore ed osservava i giovani che non già tutti, ma in buona parte, avevano preso a saltare da una parte all'altra di quel pozzo, e cosa strana, senza che mi venisse in capo di proibirli ed avvisarli del pericolo. Vedeva alcuni piccolini che erano così snelli da saltarlo senza alcuna difficoltà. Altri poi più adulti, essendo più pesanti, spiccavano il salto con maggior sforzo e meno alto, e spesso andavano a cadere sull'orlo: ed ecco sporgersi e poi scomparire la testa serpentina di quel mostro spaventevole, che li mordeva quale in un piede, quale in una gamba, e altri in altre membra. Ciò nonostante questi incauti erano così temerarii che saltavano più volte di seguito e quasi mai restavano illesi. Allora un giovane mi disse accennandomi un compagno. - Ecco: costui salterà una volta e salterà male: salterà la seconda volta e vi resterà.
Ma faceva intanto compassione il vedere giovani distesi per terra, questo con una piaga in una gamba, quello piagato in un braccio e altri nel cuore. E andava loro chiedendo: - Perchè correvate a saltare là sopra quel pozzo con tanto pericolo? Perchè dopo essere stati piagati una e due volte ritornavate a quel giuoco funesto?
Ed essi rispondevano, accompagnando le parole con un sospiro:
 - Non siamo ancora abituati a saltare.
Ed io - Ma dunque non bisognava saltare!
Ed essi di nuovo: - Che vuole? Non siamo abituati. Non credevamo d'incontrare questo male.
Ma uno sopra tutti mi colpì e mi fece tremare: quello che mi era stato indicato. Ritentò il salto e precipitò dentro. Dopo qualche istante il mostro lo sputò fuori del pozzo, nero come un carbone, ma non era ancor morto e continuava a parlare. Io ed altri stavamo là guardandolo pieni di spavento ed interrogandolo.
Fin qui D. Ruffino e nulla aggiunge di più. Tace dell'interpretazione del sogno e degli avvisi che D. Bosco immancabilmente avrà dato ai giovani in generale ed in particolare, tanto più necessarii in quanto che si era sul principio dell'anno scolastico. E che cosa diremo noi? Possiamo esporre una spiegazione?
Il pozzo è quello detto dal libro dei Proverbi: Fovea profunda, puteus angustus e che finisce in puteum interitus come asserisce il Salmo LIV. Fossa profonda, pozzo stretto, pozzo di perdizione. In questo sta il demone dell'impurità, come spiega S. Gerolamo nell'Omelia XI in i ad Corinthios. Nel sogno non pare si tratti di anime già schiave del peccato, ma sibbene di quelle che si mettono in pericolo di commetterlo. Incomincia colla spensieratezza e colla gioia di una ricreazione e quindi tranquillità di coscienza; ma presto cambia scena. I piccolini saltano incolumi e con sicurezza il pozzo, perchè tacciono ancora in essi le passioni, nulla intendono del male, il divertimento assorbe tutti i loro pensieri e l'angelo dei Signore protegge la loro innocenza e semplicità. Non fu detto però che ritornassero a saltare in quel luogo, poichè forse udirono obbedienti l'avviso di un amico.
Gli altri giovani più grandi si accingono al salto. Non hanno esperienza. Non sono snelli come i piccolini; sentono il peso delle prime lotte per conservar la virtù; il serpente sta nascosto: - È  forse pericolo mortale arrischiarsi a saltare quel pozzo? Pare che dicano: e incominciano i loro salti. È  un primo salto contrarre certi amicizie particolari, accettare un libro non purgato, accogliere in cuore un'affezione troppo accesa. È un salto abituarsi a tratti troppo liberi e sguaiati, l'assentarsi dei buoni compagni, trasgredire certe piccole regole o ammonizioni alle quali i superiori danno seria importanza pei buoni costumi.
Ma al primo salto ecco la prima ferita dal dente uncinato del serpe. Qualcuno ne riusciva incolume e reso prudente non ritentava la prova; ma fra questi vi era pur anco chi disprezzando il pericolo conosciuto, temerariamente, ma a suo danno, tornava ad affrontarlo. Chi precipitò nel pozzo e fu gettato fuori sembra la caduta in peccato mortale, rimanendo la speranza di risanare col mezzo dei sacramenti. Di chi resta nel pozzo null'altro a dire se non che, qui amat periculum in illo peribit.
 
 
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