D. Bosco celebra messa in casa di un antico amico - Sua lettera a D. Rua per affari - Suo biglietto con un monito - Il Papa gli regala un magnifico cero, e D. Bosco recasi a ringraziarlo - Mons. Moroni gli dona il suo Dizionario Ecclesiastico - Omaggio di altri due ceri - Nell'Oratorio si aspettano lettere di D. Bosco - I biglietti di lotteria, rimedio contro il colera - Miglioramento del Conte Vimercati e diceria de' giornali - Conversioni - Sempre nuova gente intorno a D. Bosco - Le composizioni musicali di D. Cagliero - Saluti ai giovani di Torino. Diffusione del fascicolo il Centenario di S. Pietro; lodi del l'Unità Cattolica e della Civiltà Cattolica - Si pensa farne una ristampa a Roma - Un periodo che sembra inesatto - Giudizio di un Professore del Collegio Romano.
del 04 dicembre 2006
Il 5 febbraio D. Bosco celebrava la S. Messa nella cappella privata del signor Filippo Canori Focardi, coronaro, che aveva stretta intima amicizia con lui nel 1858; e di quel giorno scriveva a D. Rua:
Carissimo D. Rua,
D. Francesia ti scriverà delle cose nostre: io parlo solamente delle cose tue, dei denari. Dunque di' al sig. Cavaliere che vada da Don Tomatis e prenda fr. ottomila che io pagherò qui al P. Betti in vece sua.
Di essi fr. 8000 darai 6800 al Dott. Gribaudo, se desidera di averli; credo che tale sia il suo credito. Del resto ne farai quello che premerà di più.
I nostri affari qui vanno bene: spero che domani potrò scrivere una lettera ai nostri cari giovani. Continuate a pregare pel vostro D. Bosco, che è tutto occupato di voi. Sabato prossimo forse potremo fissare il giorno del desiderato nostro ritorno.
Dio ci benedica tutti e ci aiuti a salvarci l'anima in eterno. Amen.
Roma, 5 febbraio 1867.
 aff.mo in G. C.
Sac. Bosco GIOVANNI.
 
P. S. Se prima niuno, poi troppi biglietti. Perchè non mi dài notizie di madama Curona, madama Duprè, dei giovani ecc.?
 
Nella lettera era accluso il seguente biglietto ad uno addetto alla cucina. Lo pubblichiamo per mostrare come il Servo di Dio non di rado fosse solito avvisare.
 
A S… cuoco
1° Si trovi cogli altri alle preghiere, alla Messa.
2° Non bestemmi.
3° Non dia cose ad altri senza permesso.
4° Ogni quindici giorni od una volta al mese si accosti alla confessione.
5° Usi maggior economia nei combustibili, nel condimento ecc.
Insieme con quello di D. Bosco, giungeva un foglio di D. Francesia.
 
Roma, 6 febbraio.
Carissimo D. Rua,
 
Abbiamo avuto notizie di Casa e fummo consolati che i nostri cari fossero in quel tempo tutti fuori di letto. Ci spiacque assai la notizia che il pane fosse tanto accresciuto di prezzo. D. Bosco ne fu e ne è tuttora fortemente impressionato. Sarà una cosa passeggera, ma sempre dolorosa, come la tempesta; e dobbiamo ringraziare il Signor Iddio di averci qui guidati, dove si poterono trovare elemosine onde far fronte alle ingenti spese dell'Oratorio. Questa notizia già nota a molti di qui produrrà il suo effetto, si spera.
Quanto è mai buono e cortese il Santo Padre coll'ottimo nostro D. Bosco! E non a caso mi cadde dalla penna e dal cuore questa spontanea esclamazione. Devi sapere che domenica a sera il S. Padre mandò qui alla nostra abitazione il suo Maggiordomo Mons. Borromeo a recargli in tutta pompa un solenne cero che farà bella figura a suo tempo nella chiesa nuova. Esso è più alto di me di due buone spanne, grosso sì che ad impugnarlo ci vogliono le due mani, coll'effigie dell'Immacolata Concezione sopra e con altri tanti fregi, che mal può descrivere chi è sotto la cara impressione della sorpresa come sono io. Egli era il più bello, che nella festa della Purificazione gli fu presentato da uno de' diversi Parroci della città. Già vi ho scritto che il S. Padre ha veduto e letto con soddisfazione il Centenario di S. Pietro, ed al suo autore volle fare questo onorevole regalo.
Il Santo Padre è curioso di sapere la vita che fa D. Bosco in Roma, n'è lieto, chè predica e desta la pietà e la divozione, e ne desidera lunga la permanenza.
Ieri sera poi fummo a Palazzo per ringraziare S. S. della squisita bontà per il cero offerto, e potei essere testimonio oculare dell'affetto del S. Padre per il nostro amato D. Bosco. Stavano in anticamera ad aspettare l'udienza un Cardinale e diversi Monsignori, e D. Bosco con meraviglia di tutti stava dal Santo Padre e stette per più di mezz'ora. Potei poi essere ammesso anch'io alla sua presenza: per la seconda volta aveva questa fortuna e inginocchiandomegli:
- Santo Padre, dissi, permetta ch'io a nome de' miei compagni presenti a V. S. una manifestazione di voti e di eterna Fede per la V. S. Persona e di attaccamento alla S. R. Chiesa.
Egli accolse lo scritto che gli presentava, mi diede l'anello a baciare, e:
- Santo Padre, dissi; questo bacio lo assicuri della fede e dell'affetto di pi√π di 1800 giovanetti che frequentano gli Oratori di Torino.
Ci diede la benedizione, promise che avrebbe letto quello scritto e concesso quello che io domandava a nome dei giovani dell'Oratorio. Sentì a parlare degli Oratori, dell'affezione verso la S. Sede con molta compiacenza, e mandò a tutti la patema sua benedizione.
Gli affari poi della nostra Congregazione pare che vadano bene contro ogni speranza, e per darle maggior avviamento D. Bosco dovrà fermarsi ancora qualche giorno a Roma. Di questo ritardo mi lagnerei, ma forse non sarei creduto. Eppure è così. Io molte volte resto solo, giro per Roma e mi annoio tremendamente.
Mons. Moroni, anch'esso corso alla fama della pietà del nostro D. Bosco, venne a riverirlo giorni sono e si credette felice quando Don Bosco disse che volontieri e con gratitudine avrebbe accettato l'Opera sua del Dizionario Ecclesiastico. Di fatti due giorni dopo venne egli stesso a consegnare a me con mille ringraziamenti l'opera: più di 100 volumi. Ora l'abbiamo qui in camera, ed il sig. Conte Vimercati, inesauribile nella sua bontà, pensa a farcela spedire all'Oratorio.
A giorni riceverete pure il cero del Papa... Oh! ma a proposito mi dimenticava di dire, che una persona, cui ben conosce il Cavaliere, sig.ra Rosa Mercurelli ha voluto regalare a questo un cero che gareggiasse con quello del Santo Padre. Perciò invece di uno ne riceverete due, e chi sa che qualcuno volendo far qualche regalo al sig. Segretario di D. Bosco non faccia che diventino tre. Allora omne trinum esset perfectum davvero! La medesima persona oltre all'aver... sospendo un istante, forse con troppa libertà epistolare... per dire che il terzo cero è venuto adesso adesso portato al Segretario dalla Principessa Orsini! Non è tanto bello come i due primi, ma è più bello per l'importanza di chi lo dona e di chi lo benedisse, il S. Padre!
Continuano le udienze, e se Don Bosco non cercasse di diminuirle con eluderle, Dio solo sa se D. Bosco potrebbe ancora uscire di casa, pranzare e dormire. Dico ancora, chè la medesima signora Mercurelli ha fatto dono di più oggetti assai preziosi per la lotteria e medaglie, corone, croci per i giovani, e dice che prima della partenza di D. Bosco radunerà qualche altra cosa.
E' vero, fa specie a voi che D. Bosco non scriva, ma promette oggi di trovar qualche momento per consacrarlo a voi.
Delle notizie che mi dà D. Durando sono molto contento, e ringrazio cordialmente lui e tutti i professori che spiegarono tanto zelo in questi giorni e che procurarono così tanto bene ai nostri giovani. Ritornando porterà ad essi segno, piccolo se si vuole, ma caro della mia gita a Roma. I biglietti di lotteria piovuti sì copiosamente di costì vanno in modo incredibile. Si prendono da molti come reliquia e come rimedio efficacissimo contro il colera, che va pur infestando questi dintorni.
Se il sig. Conte potesse riaversi totalmente, o almeno da potersi mettere in viaggio, ci farebbe una visita, e ci restituirebbe quella che noi gli facciamo a Roma. Oggi per la prima volta uscì per Roma in carrozza. Un giornale che parlò di D. Bosco, disse tutte verità, tranne una sola e in materia che avremmo voluto fosse stato veridico. Diceva che il Conte era guarito. Oh fosse vero! Altri giornali si interessarono di D. Bosco ed era necessario che dopo il predicatore si facessero udire i critici. Però D. Bosco, invece di perdere, ne guadagna sempre più con tutte queste dicerie. È da tutti ammirato e chiamato santo, e per la sua semplicità e per l'amabilità.
Due cattivi signori, che non ne volevano sapere di religione, lo sentirono una volta l'amarono, e stassera verranno qui a confessarsi. Oh se avesse tempo, io credo che Roma intiera lo vorrebbe per confessore. Uomini barbuti, altro che il sig. Cavaliere e di faccia più rivoluzionaria, si aprono con D. Bosco colla stessa facilità con cui sogliono i nostri giovani. Ed è allora che le sue parole hanno dello straordinario, perchè dice a persone mai prima vedute e conosciute le cose più recondite e che esse cercano di nascondere con ogni studio; ma non agli occhi di Colui che tutto vede. Oh giunto che sia a casa, ne avrò delle belle sin qui da raccontare.
Dove D. Bosco va a celebrare la S. Messa accade l'innondazione: tutta gente nuova; le antiche conoscenze scomparvero. La Vitelleschi, la Villarios, ecc. perdettero ormai la speranza di averselo in casa qualche volta. E malgrado questa apparente noncuranza, in cui pare che D. Bosco tenga queste buone persone, esse lo ammirano tanto, lo compatiscono, ed in ogni verso cercano di beneficarlo. Delle sue fortune godono come di cosa propria.
Il giorno della partenza non si sa ancora, ma si spera che sarà prima della fine di febbraio. Credo che se D. Cagliero ci mandasse delle sue composizioni musicali, si preparerebbe un po' di fama. Comincio io a diffonderne il nome, ma non basta: ci vogliono fatti. Mandi lo Spazzacamino e l'Orfanello, ecc. Qui anche si faccia gustare un po' di musica dell'Oratorio. So che di questi giorni si deve eseguire in un Collegio Romano lo Spazzacamino: occasione bella per spacciarlo. Se ne sapessi il luogo ci andrei, sicuro di essere il benvenuto: chè come segretario di D. Bosco posso penetrare dovunque.
Saluta i giovani da parte mia, di' loro che io sono sempre in mezzo ad essi, che ho già molti amici, ma che non mi bastano. Questo riposo piacevole, e anche doloroso, spero che mi darà lena per raddoppiare i miei lavori al ritorno. Venerdì (8 febbraio) mentre forse leggerai questa mia, saremo a Camaldoli, sito amenissimo, posto sui colli degli Appennini. Di là cercheremo Torino e manderemo a te e a tutti i giovani teneri ed affettuosissimi saluti. Addio.
 
                       Tutto tuo in G. G. e M. aff.mo Amico
Sac. FRANCESIA G. B.
 
P. S. -Si è diffuso per tutta Roma ed è letto avidamente e lodato il Centenario di S. Pietro: al mese di giugno se ne augura uno spaccio assai forte. Il giorno 5, fummo a pranzo in casa del Conte e Contessa Antonelli Falchi. Oggi sono le 2 dopo mezzo giorno e D. Bosco non è ancora venuto a pranzo.
 
Del Centenario di S. Pietro l'Unità Cattolica, che aveva moltissimi associati anche nelle regioni meridionali d'Italia, aveva fatto menzione il 22 gennaio, annunziandone anche il prezzo in 40 centesimi:
“ Molto opportunamente il sacerdote Bosco Giovanni pubblicava nel primo fascicolo delle Letture Cattoliche di Torino questo libretto, dove, brevemente e con stile facile ed adatto alla capacità di tutti, viene esposta la vita di questo santo Apostolo, arricchita di memorie storiche, corroborate dall'appoggio dei più accreditati autori sacri e profani. L'importanza della materia, la profondità e chiarezza con cui è trattata, ed il mitissimo prezzo a cui si vende, rendono preziosissimo questo libro, e noi lo raccomandiamo caldamente ai buoni cattolici come istruttivo ed acconcio a promuovere il culto e la divozione al principe degli Apostoli nella presente ricorrenza del Centenario della sua morte. A compimento dell'operetta fa seguito un triduo di considerazioni e preghiere in preparazione alla festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo”.
Anche La Civiltà Cattolica nella serie VI, vol. IX, fasc. 407, 15 febbraio 1867, scriveva:
“ In questo libretto riunisconsi insieme le cose più opportune per celebrare il Centenario di San Pietro Apostolo, cioè: 1° La circolare pontificia sul Centenario; 2° L'anno del martirio di S. Pietro; 3° La vita di S. Pietro; 4° La venuta di S. Pietro in Roma; 5° Un triduo in onore dei SS. App. Pietro e Paolo. La vita si distende largamente per la maggior parte del libro ed è scritta con molta chiarezza e devozione. Gli altri trattatelli sono assai brevi, ma sufficienti all'istruzione comune dei fedeli. Il libro insomma è atto a servire di notizia e di preparazione alla celebrazione del Centenario di S. Pietro, al quale il suo successore, il Pontefice Romano, invita quest'anno la Chiesa ”.
E appunto per questo D. Bosco stava pensando se non fosse opportuno farne una ristampa in Roma, avuta l'approvazione dei Maestro dei Sacri Palazzi. Il suo amico torinese Cav. Pietro Marietti aveva da due anni la direzione e l'amministrazione della grande tipografia del Collegio di Propaganda Fide, destinata a diffondere in ogni lingua, specialmente nei paesi rimoti, le salutari dottrine della chiesa; e lo avrebbe certamente servito con impegno.
Ma già in questo tempo il gesuita Padre G. Oreglia, fratello del Cavaliere, aveva osservato nel libro un periodo che gli pareva inesatto. Il periodo, a pagina 192, sulla venuta di S. Pietro in Roma era il seguente: “ Stimo per altro bene di dar qui di passaggio un avviso a tutti coloro che si fanno a scrivere e a parlare di questo argomento, di non considerarlo come punto dogmatico e religioso e ciò sia detto tanto pei cattolici quanto per i Protestanti ”. Ne parlò a D. Francesia perchè ne riferisse a Don Bosco: e volendo meglio accertarsi egli stesso della cosa, scrisse un biglietto a Padre Cardella, Professore di Teologia nel Collegio Romano, chiedendo, se avendo un buon scrittore cattolico, del quale non palesava il nome, scritto quanto sopra, quella proposizione fosse sicura.
Il Padre Cardella gli rispondeva:
 
Collegio Romano, 4 febbraio 1867.
 
Rev.mo in Cristo Padre,
 
V. S. ha pensato benissimo di avvisare quel rinomato autore cattolico di correggere o piuttosto spiegare quel periodo, che ha bisogno piuttosto di spiegazione, che di rettificazione. Giacchè quando egli dice la venuta di S. Pietro in Roma non essere argomento dogmatico o religioso, ed essere storico ed estraneo alla fede, non intende già di dire che non meriterebbe alcuna censura chi lo negasse, o che in concreto, nella sostanza, non sia connesso col dogma, egli vuol dire che il dogma dei primato di S. Pietro ed anche dei Romani Pontefici suoi Successori polemicamente ed in astratto non dipende necessariamente dal fatto della venuta di S. Pietro in Roma. Che i Romani Pontefici siano successori di S. Pietro e come tali per diritto divino siano eredi del suo primato è cosa di fede e teologicamente si prova ad evidenza: colle stesse prove si dimostra che di fatto il modo di questa successione si è che i Romani Pontefici succedono nella Cattedra Romana di Pietro. Se i Protestanti riuscissero a gittar giù questo fatto, non per ciò potrebbero cantar vittoria, giacchè resterebbe fermo che i Romani Pontefici son successori del primato, benchè ne fosse diverso il modo. In astratto si può immaginare che S. Pietro, senza venir egli in Roma, avrebbe potuto stabilire che i Romani Pontefici fossero i suoi Successori: ma in concreto è chiaro che i Romani Pontefici gli succedono nel primato per diritto divino, appunto perchè seggono nella sua cattedra romana. Però il P. Perrone dice che in concreto la venuta di S. Pietro in Roma è un preambolo storico alla fede del Primato Romano, presso a poco come S. Tommaso chiama preamboli della fede certe verità razionali: ma in astratto anche il P. Perrone riconosce che la cosa avrebbe potuto andare altrimenti e così spiega un passo di Arduino (San Pietro in Roma c. I, par. 3): benchè di fatto anche l'Arduino sostenga la venuta di S. Pietro in Roma.
Adunque in quel periodo si dovrebbe aggiungere che è di fede non solo che S. Pietro fa capo della Chiesa, ma che tali sono anche i suoi Successori, i Romani Pontefici. Ma suppongo che l'autore lo dica nel contesto, benchè nel breve tratto che V. R. mi ha trascritto solo dica: Dio stabilì S. Pietro come capo della Chiesa, e questo è dogma e verità di fede: che poi, ecc. Una noterella poi di spiegazione in che modo il fatto dell'Episcopato Romano e della venuta di S. Pietro in Roma si dica estraneo alla fede, non punto dogmatica, basterebbe per togliere ogni equivoco.
Del resto in difesa di ciò che ha detto, o ha voluto dire il dotto autore, le trascriverò qui quello che dice il prof. Murray nel suo recente bellissimo trattato De Ecclesia e con ciò darò fine alla mia cicalata, che non avrei mai creduto così lunga (Disp. XIX, Sect. i).
I.- Primatu Petri statuto, duae restant quaestiones solvendae: 1° An primatus illo jure divino perpetuus esse debuerit in Ecclesia ..... seu, an jure divino Petrus successorem in primatu habere debuerit perpetuum. 2° Quis sit ille successor .....
II. - Quaestio secunda a multis auctoribus seorsum tractatur ei in plures dispertitur: I° An Petrus Romae unquam fuerit. 2° An ibi mortuus sit. 3° An episcopatum Romanum susceperit. 4° An hunc episcopatum unquam deposuerit. Sunt (ut Billuart d. 4. a 2, Cercià s. 2, 1. I, etc.) qui sentire videntur haec omnia, ne nutet primatus Romani Pontificis, affirmanda esse. Alii vero, ut puto, communius (Bellar. l. 2. C. I Collect. de Ord. c. 3; Weith § 18, etc.) censent nonnisi tertium et quartum necessario affirmandum. Et merito quidem: ut enim R. P. sit verus successor S. Petri, sufficit Petrum episcopatum Romanum suscepisse, et usque ad mortem tenuisse: utrumque autem praestaro potuit etsi Romam ipse numquam adiisset.
III. - Neque vero necessarium fuit ut Petrus Episcopatum Romanum unquam reciperet, multo minus ut eum ad mortem usque sustineret. Fieri enim potuit ut successio in primatu, non ex successione in aliquo episcopatu particulari, quem Petrus susciperet, penderet et haberetur, sed ex designatione Petri definientis Episcopum huius vel illius sedis v. g. Romanae, successorem eius in primatu fore. Cum enim haec omnia ex libera Dei voluntate pendeant, bene fieri potuit ut vel Petro, Deo dante, integrum esset ut quam ipse designasset episcopalem sedem, in ea esset successio primatialis; vel etiam ut Deus ipse revelasset Petro sedem in qua successio ista constituenda et perpetuanda esset. In hoc quidem casu Petri esset tantum declarare ei patefacere divinum decretum.
IV. - Resolutio ergo quaestionis: “ Quis est Petri successor in primatu ” polemice et contra adversarios nostros spectatae, nequaquam pendet ex resolutione istarum quaestionum de factis. Ut enim iam dictum est, ex Scriptura et traditione invicte demonstratur Petro jure divino successorem esso in primatu. Is alius esse non potest quam Romanus Pontifex quocumque modo haec successio primo constituta fuerit, sive successione in Episcopatu Romano Petri, sive libera designatione Petri, sive decreto divino Petro revelato. Quoniam enim ab initio Romanus Pontifex, isque solus, pro successore Petri habitus est ab universa Ecclesia, vel dicendum est eum verum esse successorem, vel dicendum est universam Ecclesiam ab initio, non solum suum verum caput non agnovisse sed aperte caput aliud fictitium appellasse eique paruisse.
V. - Haec polemice et contra adversarios dicta sunt. Si vero res trutina veritatis historicae ei dogmaticae examinetur, sine dubio ad quatuor quaestiones supra positas (n. 2) affirmative respondendum est.
Anzi appena val la pena di far quelle questioni in astratto e polemiche sulle mera possibilità: in concreto la successione nel Primato è connessa colla successione nell'Episcopato Romano.
Se avessi scritto più in breve, non dovrei chiudere chiedendo scusa. Son certo però che V. R. non solo mi perdonerà, ma anzi gradirà il desiderio che ho avuto di compiacerla.
In unione de' SS. CC.
Di V. R.
Infimo in Cristo servo
VALERIANO CARDELLA S. J.
 
Ma comunque potesse essere interpretato isolatamente l'accennato periodo, sta il fatto che Don Bosco, nello scrivere il libro, non si prefisse solo di narrare le gesta del Principe degli Apostoli, ma anche di mostrare al popolo cristiano la sublime dignità dei Papi per essere i Successori di Pietro sulla Cattedra Romana.
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