Capitolo 63

Don Bosco non perde di vista gli alunni delle sue case - Scrive a D. Rua ciò che vi ha di bene o di male nell'Oratorio: narra che assistè agli ultimi istanti del Gran Duca di Toscana: proibisce ogni festa al suo ritorno in Torino; ha ricevuti i libri pel Santo Padre: dà alcune disposizioni per la festa di San Francesco: unisce un biglietto coi nomi dei giovani pericolosi - Biglietto di visita del parroco dei XII Apostoli in Roma - Prima udienza concessa dal Papa a Don Bosco: presentazione del Danaro di S. Pietro: omaggio dell'intera collezione delle Letture Cattoliche e dei primi volumi della Biblioteca della gioventù: Il Papa dice che gli oppositori di Don Bosco sono quelli che ora si oppongono a lui, e propone al Servo di Dio di dar principio a un corso di Storia Ecclesiastica - Lapide nella chiesa di Mornese che ricorda questa udienza - Lettera di Don Bosco a Don Rua: Fu dal Santo Padre: notizie consolanti: lavori ottenuti: egli prepara danari per l'acquisto di una casa in Roma - Seconda udienza: il Papa dice a Don Bosco essersi parlato della Pia Società Salesiana nel Concilio: altri lavori concessi: consigli per gli alunni: Pio IX offre a Don. Bosco la chiesa di S. Giovanni della Pigna - Lettera di Don Bosco a Don Bonetti: L'udienza affettuosa di Pio IX e i favori spirituali concessi: dolore per la morte del padre di D. Provera; si facciano star allegri gli alunni: lo invita a Torino: la contessa Callori è inferma a Roma Lettera a D. Francesia - Don Bosco continua a interessarsi delle cose del Concilio in servizio del Papa - Visita la Chiesa e gli edifizii di S. Giovanni della Pigna - Terza udienza: Don Bosco accetta la chiesa offertagli dal Papa: di Papa Onorio I: Don Bosco espone al Papa quella parte della visione che lo riguarda: il Papa invita Don Bosco a prendere stanza in Ronza - Don Bosco scrive a Don Rua delle accoglienze che gli fece il S. Padre: Prega pel riposo di una benefattrice defunta; dà nuove disposizioni per la festa di S. Francesco - Discordie tra i figli della Chiesa - Le Potenze europee sono trattenute provvidenzialmente dal recare disturbo al Concilio.

Capitolo 63

da Memorie Biografiche

del 05 dicembre 2006

Studiavasi Don Bosco di cooperare efficacemente al bene della Chiesa universale, ma non perdeva d'occhio i suoi alunni. Egli, benchè lontano, vedeva i loro diportamenti; e talora ne dava avviso al Superiore di una casa, se scopriva qualche cosa riprovevole. Ne è prova una lettera da lui scritta nei primi giorni di febbraio. Una parte era diretta ai giovani dell'Oratorio e Don Rua la lesse una sera all'intera comunità., omettendo la postilla:

 

 

Carissimo D. Rua,

 

Sebbene qui in Roma io non mi occupi unicamente delle cose nostre e de' nostri giovani, tuttavia il mio pensiero vola sempre dove ho il mio tesoro in Gesù Cristo, i miei cari figli dell'Oratorio. Più volte al giorno vo loro a far visita. Ora vedo D. Cagliero attorniato da una schiera di giovanetti che si confessano; altri che si accostano alla Santa Comunione; altri che pregano con fervore; altri che pensano a Don Bosco, altri in trastulli coi compagni. Ne vedo poi un bel numero che lungo il giorno vanno a fare la visita al SS. Sacramento e questa per me è la massima delle consolazioni.

Ma con grande amarezza dell'animo mio ho vedute cose che farebbero orrore a tutti, se si potessero affidare alla carta. Dirò soltanto che fra i molti buoni che vidi, eranvi alcuni che avevano forma di maiale, sulla cui fronte stava scritto: quorum Deus venter est. In altri era scritto: Jumentis insipientibus comparatus est. E ciascuno operava secondo queste iscrizioni.

Ma quello che mi ha in modo particolare occupato furono tanti, sulla cui lingua stava come innestato una fragrante rosa, oppure un candido giglio, e di costoro il numero era grande. Ma ohimè! In mezzo a quelle consolanti vedute un giorno osservai, non uno, ma molti tra studenti ed artigiani, che tenevano in bocca un mostruoso serpente, il quale tramandava bava immonda e veleno mortale. Mi son messo a gridare contro costoro, ma essi fuggirono e non mi ascoltarono. Dovrò nominarli? Mi limito di darne alcuni in nota a Don Rua per vedere se può bastare ancora qualche avviso. Costoro avevano in fronte: Corrumpunt bonos mores colloquia mala.

Ma lasciamo cose tristi, passiamo ad altro. Venerdì passato sono stato chiamato ad assistere il Gran Duca di Toscana Leopoldo. Era agli estremi della vita; mi conobbe ancora; disse più cose; fra le altre: Perdono di buon cuore ai miei nemici ed invoco sopra di loro la misericordia del Signore. L'assistei dalle 10 alle 12 ½, quando in presenza di sua moglie, del Duca di Parma, del Re di Napoli e molti altri personaggi che pregavano e piangevano, mandò l'ultimo respiro, in età di anni 73. Gli onori, le persone, le grandezze non valsero ad allungargli di un sol momento la vita. Con sè portò soltanto quel po' di bene o di male che ha operato in vita sua, come dice S. Paolo.

Giovani miei cari, ricordiamoci che in punto di morte raccoglieremo quanto avremo seminato nella vita.

Ad altro.

Quando Don Bosco sarà fra voi? Se a Dio piacerà io partirò di qui alla sera del 21 corrente e alla sera del 25 sarò in mezzo di voi, per essere tutto di voi. Mi raccomando però che non cerchiate di farmi alcuna festa. La festa più grande per me si è vedervi tutti in buona sanità e con buona condotta. Io procurerò di farvi stare allegri. La domenica seguente al mio arrivo spero che faremo un gran festino in onore di S. Francesco di Sales. Fatemi adunque una festa la più cara che io possa desiderare, cioè che tutti facciate in quel giorno la vostra Santa Comunione Quando voi fate feste di questo genere, il resto è più niente. Dio vi benedica tutti e vi conceda di vivere lunghi anni di vita felice col prezioso dono della perseveranza nel bene.

Aff.mo in G. G.

Sac. Giov. Bosco.

 

P. S. - Ho ricevuto in buono stato i libri pel S. Padre. Spero di poterli presentare al più presto. Pensa con D. Durando e fa' come giudichi meglio. Consegna a lui la lettera ivi acchiusa. Va' da parte mia a pregare il signor Marchese di Margone perchè accetti di essere priore della nostra festa e me ne darai tosto avviso.

M.... M..., B.... P..., M..., ed alcuni altri sono nel numero di quelli che hanno venerum aspidis super linguas eorum.

Ho ricevuto anche il quaderno di Berto col Catalogo dei socii. Tutto bene. Molte cose per noi in corso assai bene avviate. Continuate preghiere. Vale et valedic.

Chi sa che una parte delle lettere non possa averle per lunedì?

Un biglietto di visita con data del 23 maggio 1875 ci conferma un periodo di questa lettera:

P. Antonio Bonelli Parroco dei SS. XII apostoli e Procuratore generale dei Min. Conv. - riverisce Don Bosco, da esso conosciuto nell'occasione della morte del Gran Duca di Toscana Leopoldo II, quando Don Bosco fu ad assisterlo.

Il Gran Duca era morto dopo la mezzanotte dal 28 al 29 gennaio.

Don Bosco in que' giorni non aveva ancor visto il Papa e delle due prime udienze avute ben presto, egli fece questa narrazione in Torino ai confratelli radunati in conferenza:

“ Avere un'udienza dal S. Padre era cosa molto difficile in questo tempo, essendovi ancora più di due terzi de' Vescovi che non erano stati ammessi. Il S. Padre però aveva letto, certo con suo incomodo, la mia relazione sullo stato della nostra Pia Società e ne aveva provato molto piacere. Io intanto, senza domandare di essere a lui presentato, stava attendendo, quando lo stesso Santo Padre fecemi avvertire che mi voleva a sè nel giorno 8 febbraio. La mia udienza era fissata per le 9 e ½ del mattino, ma non sono entrato che ai 3/4

” Per prima cosa presentai al Pontefice un biglietto di 1000 franchi pel danaro di S. Pietro. Il Papa lo accettò, e:

” - Oh! questa è maravigliosa! disse, che voi, il quale avete sempre la borsa vuota, portiate denari a me, che ho pur sempre lo scrigno vuoto. Voi vi chiamate Giovanni, ed io mi chiamo anche Giovanni: sarebbe bene che ci chiamassimo ambidue Francesco, chè saremmo davvero due Francescani.

” Avevo anche fatta portare con me una collezione, ovvero una copia di tutti i fascicoli delle Letture Cattoliche ed una copia dei pochi volumi già usciti della Biblioteca della gioventù italiana. Io glieli ho presentati dicendo: - Ecco, S. Padre, questi sono gli sforzi che fanno i vostri figli della Società di S. Francesco.

” - Che libri sono, chiese il S. Padre?

” - Ecco, ripresi io, queste sono Letture Cattoliche che si pubblicano da diciassette anni ed hanno per iscopo la diffusione di libri buoni e la distruzione dei libri cattivi.

” - Oh, sia lodato il Signore, esclamò il Santo Padre, che vi abbia inspirato un'opera così santa. - Quindi guardava quei libri, che magnificamente legati accrescevano la sua meraviglia. Egli prese fra mani più volumi delle Letture Cattoliche, ne lesse con grande compiacenza parecchi brani, e parea non potersi saziare di osservarli. Prese poi fra mano alcuni volumi della Biblioteca, e svolgendo quei fogli ripurgati da certe immoralità ne fu contentissimo, e: - Bravo esclamò, così si vede che la vostra non è solo una Congregazione di nome, ma anche di fatti. - Svolse molti fogli della Divina Commedia, e lodandone il chiosatore volle sapere chi fosse. Io gli dissi essere quel Sacerdote che tre anni fa era meco a Roma, cioè D. Francesia, ed Egli se ne accertò leggendone il nome nel medesimo libro. Rivoltosi poi a me: So, mi disse, che voi l'anno scorso avete avuti nemici ed oppositori, voi li avete superati; io vi ammiro e vi lodo; poichè quelli che l'anno passato erano vostri nemici, quest'anno sono contumaci alle voci del Pontefice. Conosco da questo che la vostra è opera santa, e la loro diabolica.

” Dopo di ciò interruppe il discorso intorno alla Società, e parlò di altro che non è mestiere il dirlo. Mi ripetè alcune delle principali obiezioni che certi scrittori credono di poter ricavare dalla Storia Ecclesiastica intorno all'infallibilità del Papa. Mi interrogò ed io risposi il meglio che potei. Da una obiezione passò ad un'altra, e, sentitane la breve risposta, senza soggiungere altro:

” - Voi avete molto da fare, non è vero? - mi disse.

” - Grazie a Dio, il lavoro non manca, risposi.

” - Non vi sarebbe possibile, soggiunse Egli, dar principio ad un corso di Storia Ecclesiastica, in cui fosse svolto lo spirito che avete manifestato nel risponder a queste obiezioni, che sono il verme della storia? Osservate però, che questo non è un comando, chè io nè posso nè voglio comandarvi questo. Ma se un mio consiglio può aver il suo effetto, io ve lo raccomando con tutto il cuore.

” - Se Vostra Santità desidera questo, risposi, guarderò, coll'aiuto de' miei congregati, di aggiustare e modificare alcune cose che abbiamo fra mano, prima che vadano alle stampe e procureremo, in quanto possiamo, di mettere in pratica il Vostro consiglio.

” Parlò in seguito anche della Società Salesiana. Ma restandogli ancora molte cose a dirmi, mi invitò ad un'altra udienza per la stessa sera. Io m'inginocchiai, chiesi la benedizione, la ebbi e partii. Egli volle tenere sul suo scrittoio tutti i fascicoli delle Letture Cattoliche e della Biblioteca, e per tutto quel giorno a quelli che andavano all'udienza faceva vedere quei libri, ne leggeva qualche brano, ne lodava lo scopo, ne promoveva la lettura, sempre lodando gli iniziatori di sì bell'opera.

” Volendoli poi ritirare, chiamò il suo domestico, e: Prendiamo, gli disse, questi libri e li riporremo in questi scaffali, ben aggiustati. - Il domestico incominciò a prenderli; ma siccome la quantità era piuttosto grande, una parte li prese lo stesso Sommo Pontefice, che, facendo falda della sua veste, salì con quell'incomodo su per uno scalotto a mano, ed al domestico che insisteva che lasciasse a lui quella fatica (poichè non aveva mai veduto il Papa prender parte a tal opera): - In casa mia comando io! - disse il Papa. E li ripose un per uno, in detti scaffali, colla massima diligenza. Sceso a terra, li guardò e riguardò, e salì di nuovo per aggiustarli meglio, in modo che fossero ben in vista; tanta era la compiacenza che provava. Ciò seppi dal domestico stesso ”.

Alla sera Don Bosco ritornava in Vaticano, e così egli narrò della seconda udienza:

“ Pio IX mi parlò molto della nostra Società. Mi disse che nel Concilio un Vescovo aveva parlato a lungo della necessità che c'è in questi tempi di una Società religiosa, i cui membri fossero legati in faccia alla Chiesa, ed in faccia al civile fossero liberi cittadini. Tutti approvarono ed applaudirono. Che un altro Vescovo (il Vescovo di Parma) s'alzò a parlare e soggiunse: - Io godo di potervi partecipare che questa Società già esiste, e molto fiorente, e dessa è quella dei Salesiani. - Allora vi furono degli applausi; e fu tosto incaricato un altro Vescovo (quel di Mondovì) di darne una minuta, esatta relazione.

” Io gli domandai qualche favore spirituale per noi, per tutti i giovani e per gl'insigni benefattori delle nostre Case. Me li concedette col più grande piacere. Quindi i giovani, ogni volta che faranno la S. Comunione, lucreranno l'indulgenza plenaria, e così anche i benefattori della Casa. I sacerdoti la guadagneranno tutte le volte che celebreranno la S. Messa. Concesse poi al Superiore della Società la facoltà di dare a' suoi sudditi licenza di leggere libri proibiti, di dar la benedizione papale agli infermi, e di benedire corone e medaglie. Quanto alla facoltà di dare la benedizione papale agli infermi e benedir corone e medaglie fin d'ora la comunico a tutti i Sacerdoti; quanto al permesso di legger libri proibiti, mi riservo di concederlo secondo il caso ed il bisogno.

” Io gli domandai qualche ricordo per tutti i miei giovani, ed Egli:

” - Guardino, disse, di metter in pratica tutto quello che dicono i loro Vescovi nelle circolari.

” - Ma, insistetti, qualche ricordo speciale che io possa lasciare a nome di Vostra Santità...

” - Dite ai vostri figli, soggiunse, che procurino solo di perseverare in quei principii ne' quali cominciarono, e poi stiano certi della volontà del Signore.

” - La ringrazio, S. Padre, gli dissi io, e son contento che, dicendoci Ella di perseverare, non ha niente da rimproverarci. Noi faremo tutti gli sforzi possibili per perseverare e procureremo di lavorar sempre per la maggior gloria di, Dio.

” - Voi, se volete che la vostra Congregazione vada bene e fiorisca ognor più, andate molto a rilento nell'accettare individui e siate molto facile nel concedere l'uscita; così saranno più pochi, ma di buona volontà, il che è meglio che non un gran numero di malcontenti.

” Troncando quindi questo discorso: - Ebbene, disse, quella casa dell'anno scorso qui a Roma è poi andata a monte! Ma quest'anno io voglio che ne mettiate una e ci penserò io a procurarvela. Avete veduto la chiesa di S. Giovanni della Pigna?

” - No, Santità, risposi.

” - Ebbene andatela a vedere, poi tornerete a dire se vi garba ... ”.

Tornato dall'udienza, il Venerabile passò buona parte della notte a scriver lettere. Avendo ottenuta un'indulgenza per tutta la popolazione di Mornese mandò la cara notizia a D. Pestarino, e di tanto favore fa testimonianza una lapide nella Chiesa parrocchiale di quel paese, dove si legge questa iscrizione:

D. O. M. - Quando - l'immortal Pontefice - Pio Nono - ai voti alle preci - dell'esimio Sacerdote Torinese Don Giovanni Bosco - con breve 8 febbraio 1870 - concedeva - ai Parrocchiani di Mornese - i viventi - quotidiana plenaria indulgenza - comunicandosi - il Clero ed il Popolo - con voto - unanime riconoscente - a spese comuni - questo monumento - posero.

Don Bosco scriveva pure a Torino.

 

 

Carissimo Don Rua,

 

Finora non ho ricevuto la musica; se non fate presto, io non potrò più presentarla. Mandami entro il più breve spazio di tempo il nome di battesimo del Commendatore Dupraz.

Oggi sono stato dal Santo Padre. Migliore accoglienza non poteva farmi. Non posso scrivere tutto; ma partecipa ai membri della nostra Congregazione che abbiamo gravi motivi di rallegrarci nel Signore. Ma continuate a pregare; al mio ritorno racconterò tutto.

Intanto incomincia a partecipare a tutti i giovani della Casa che per l'avvenire ogni volta che si accosteranno alla Santa Comunione possono lucrare indulgenza plenaria.

Per te facoltà di leggere e di ritenere qualsiasi libro proibito; benedire corone e crocifissi; benedizione papale agli ammalati.

Del denaro che ho qui, ne faccio un consolidato di franchi 100 al mese per la futura casa di Roma. Il rimanente lo porto a casa meco.

Mio caro Don Rua, fatti coraggio, abbi cura della sanità; al tempo prescritto sarò teco a dividere le fatiche.

Monsignor Manacorda manda a te e a tutti i nostri giovani affettuosi saluti.

Dio vi benedica tutti e a tutti conceda il dono della perseveranza nel bene. Pregate per me che sono sempre

 

Roma, 8 febbraio 1870,

Aff.mo in G. C.

Sac. Giov. Bosco.

 

P. S. - Fa' i miei saluti al mio amico Goffi, cui raccomando il buon ordine della Casa. Va' a dire a Madama Giusiana e sua sorella, a madama Gilardi e famiglia, dam. Bonvicino e a casa Fassati, che ho domandato per loro una speciale benedizione del S. Padre.

 

Al direttore del piccolo Seminario di Mirabello scriveva:

 

 

Carissimo Don Bonetti,

 

Vengo in questo momento dal S. Padre che mi accolse con tale benevolenza che descrivere non potrei. Parlò molto delle cose nostre e di Mirabello. Intanto siete voi i primi, o miei cari Mirabellesi, a ricevere la speciale benedizione apostolica. Sebbene abbia molte cose a dirvi, cose di molta importanza, cominciate da questa.

Il Santo Padre in data di oggi concede indulgenza plenaria a tutti i giovani, superiori e benefattori dei collegio di S. Carlo, compresa tutta la famiglia Provera, indulgenza plenaria tutte le volte che si accosteranno alla santa comunione, per tutta la vita. Si noti soltanto che è una rinnovazione di quanto concedette nel 1867 agli attuali giovani e benefattori. Il resto lo dirò quando mi recherò costà per fare una gran festa. E ciò sarà, spero, nel principio della quaresima.

Ho ricevuto con vivo rincrescimento la notizia della morte del nostro amatissimo Provera padre. Dio ce lo volle togliere in tempo che non avremmo pensato. Sia fatta la santa Sua Volontà. Procura di consolare la famiglia, fa' visita alla madre, dicendole che io prego per lei e pel defunto.

Ti raccomando di far stare allegri i tuoi giovinetti e affinchè facciano un evviva a Don Bosco, procura di darne loro l'occasione con un festino a pranzo. Ma fa' loro notare che io li voglio tutti sani, robusti, allegri, e che si chiuda l'infermeria e si spalanchino le porte del refettorio.

Per S. Francesco di Sales desidererei che venissi tu con D. Cerruti, affinchè possiamo discorrere delle cose nostre.

La Contessa Callori è malata da ieri; credo non sia gran cosa: pregate anche per lei.

Dio benedica tutti; pregate per me che con paterno affetto mi offro,

Roma, 9 febbraio 1870,

Aff.mo in G. G.

Sac. Giov. Bosco.

 

P. S. - Se non succede grave ostacolo, partirò da Roma la sera del 21 corrente. Fa' speciali saluti al mio amico Giulio.

 

Una terza lettera spediva il buon Padre al Direttore del Collegio di Cherasco.

 

 

Carissimo D. Francesia,

 

Ieri sono stato dal S. Padre e tu ne hai avuta buona parte. Accoglienza la più cordiale. Gradì con viva soddisfazione un'offerta della collezione delle Letture Cattoliche e della Biblioteca.

Lesse qualche tratto di Dante e richiamò alla memoria il buon Don Francesia, parole testuali, che ne fece le note e di cui aveva già udito a parlare favorevolmente. Parlò assai della casa di Mirabello, dei giovani e della parrocchia di Cherasco, degli interni ed esterni. Mi diede carico di partecipare che egli vi ama assai, vi benedice e concede la plenaria indulgenza a tutti quei giovani interni o esterni, che attualmente fanno parte del collegio, parrocchia o scuole di Cherasco, per ogni volta che si accostano alla santa comunione, per tutto il corso della loro vita.

Mi diede poi una stupenda medaglia d'oro che spero far vedere a te e a' tuoi giovani nella seconda settimana di quaresima quando, Deo dante, spero di andarvi a fare una visita. Per te poi: 1° facoltà di leggere e ritenere qualsiasi libro vietato; 2° benedire medaglie e crocifissi; 3° benedizione papale coll'indulgenza plenaria agli infermi.

Sono poi molte e gravi cose che riguardano al bene della nostra Congregazione, che non istimo di confidare alla carta.

Alla festa di S. Francesco di Sales ci verrai tu con quei preti che potranno esimersi dal collegio e allora ci potremo parlare.

Dirai a D. Provera che io ho molto pregato e fatto pregare pel caro padre defunto; e mentre ho provato molto rincrescimento per la perdita mi sono molto consolato al pensiero che egli sia già al possesso della gloria celeste donde ci protegge e ci attende. È come il fumo il tempo che deve passare prima che lo andiamo a raggiungere, spero, nella patria dei beati.

Desidero che i tuoi giovani stiano allegri il giorno seguente a queste notizie; affinchè possano di cuore gridare: Evviva Don Bosco, procura di dar loro qualche cosa a mensa, che metta la loquela in movimento.

Mons. Manacorda, Cont. Calderari, casa Vitelleschi, Madre Galleffi, Villarios, Rosa Mercurelli, e molti altri ti salutano. Partirò il 21 corrente.

Dio vi benedica tutti e vi conceda sanità stabile e lunghi anni di vita felice col prezioso dono della perseveranza nel bene. Saluta in modo particolare quelli della Società; ma di' che continuino a far speciali preghiere perchè possano condursi a buon termine le cose che ho tra mano.

Pregate poi in modo particolare per me che vi sarò sempre

 

Roma, 9 - 2 - 1870,

Aff.mo amico in G. G.

Sac. Giov. Bosco.

 

P. S. - Saluta Camparini e Cerrato Luigi.

 

A questo punto noi vorremmo rilevare la gaia amabilità paterna di Don Bosco, e la sua perseverante attività nel trarne profitto. Vi sono in queste lettere dei rilievi e delle frasi, che, leggendole, in noi crescono anche ora l'amore che portiamo a Don Bosco: pensate come dovessero riuscire efficaci nel cuore di quelli cui erano indirizzate.

Notiamo anche come Don Bosco nel raccontare ai Salesiani la prima udienza avuta dal Papa disse questa frase: Pio IX parlò di altro che non è mestieri il dirlo e come il Papa avesse voluto il secondo colloquio con lui, avendo ancora molte cose a dirgli. Di queste non fece alcun cenno. Erano cose importantissime che riguardavano il Concilio. Quali delicati incarichi gli avrà mai affidato il Vicario di Gesù Cristo, che noi non conosciamo? Sta il fatto che egli continuava a cercar di convincere alcuni della minoranza sulla necessità della definizione dommatica dell'infallibilità pontificia, e si recava ad assistere alle sedute di varie congregazioni particolari e riferiva al Pontefice ciò che credeva conveniente o necessario. Così lavorava indefessamente per una causa, alla quale aveva consacrata tutta la sua vita: la gloria del Papato e della Chiesa. Il Papa ne era soddisfattissimo.

Risorgevano dunque le speranze di aprire una casa salesiana in Roma. Il Venerabile fece parola della proposta avuta dal S. Padre per la Chiesa di S. Giovanni della Pigna coll'Eminentissimo Cardinale Quaglia, e ne ebbe incoraggiamento. Anzi con uno degli addetti alla sovraintendenza delle proprietà del Vaticano si recò a vedere la chiesa proposta e trovò una magnifica chiesa, piccola sì, ma bella, con cinque altari di marmo e un bell'organo nuovo. Presso la chiesa era una casa e visitò anche questa: e gli parve che essa potesse comodamente dare alloggio a quindici persone. Gli si fece anche vedere un altro edifizio un po' discosto, assai più grande, appartenente alla Chiesa stessa, che, appigionato, rendeva seimila franchi all'anno.

Compiuta la visita tornò dal Santo Padre il 12 febbraio; e gli disse:

 - Santità, ho poi veduto la casa e la chiesa.

 - Bene, rispose il Santo Padre; se le volete, sono per voi.

 - Ringrazio tanto Vostra Santità, ed accetto.

Quindi Pio IX si aperse con lui e gli manifestò progetti e deliberazioni confidenziali, riguardo al Concilio. Don Bosco, sorridendo, lo interruppe:

 - Santo Padre, e il segreto?

 - Io non son tenuto al segreto, gli rispose il Pontefice sorridendo egli pure.

E, fattosi serio, continuò: - Sento purtroppo che alcuni non solamente combattono l'opportunità della definizione, ma mettono in dubbio o negano la stessa infallibilità.

 - Hanno, osservò Don Bosco, per cavallo di battaglia Onorio I.

 - E voi? - l'interrogò il Papa che si compiaceva di sentirlo parlare - voi che cosa rispondete?

 - Io penso e dico ciò che pensarono e dissero tutti gli autori più accreditati, i quali difendono Papa Onorio con ragioni validissime, e salvano così anche l'infallibilità. Nelle

due lettere al Patriarca Sergio nulla definì come Capo della Chiesa. In queste non errò neppure come dottore privato, perchè il senso naturale delle sue parole, prese nel loro contesto, è cattolico. San Massimo rende testimonianza della sua santità ed ortodossia. S. Giovanni Damasceno, combattendo i fautori del monetelismo, non nominò mai Papa Onorio. Questo Papa temporeggiò nel combattere la novella eresia, perchè forse non ne conosceva ancora tutta la malizia. Un grave autore lo chiama cunctator e dice che, se mancò, mancò di diligenza e null'altro. Io però ritengo che se cunctavit, se temporeggiò, egli l'abbia fatto per prudenza, e siccome si può temporeggiare senza mancare, così penso che Papa Onorio non abbia commesso neppure peccato veniale.

 - Sta bene! È così! - ripose Pio IX; e dopo un po' di silenzio, guardando con insistenza il Servo di Dio: - E voi avete qualche cosa da comunicarmi in particolare, riguardo alla Chiesa e alle circostanze presenti?

Il Venerabile giudicò esser giunto il momento di parlare al Papa del sogno, o visione avuta il 5 gennaio, del quale aveva messo in iscritto pure un riassunto: e umilmente rispose:

 - Santità; se il Signore volesse manifestare qualche cosa del presente o dell'avvenire riguardo alla Chiesa, pare che dovrebbe prima manifestarlo al suo Vicario in terra e non ad un semplice e povero prete. Tuttavia ecco un foglio indirizzato a Vostra Santità; chi me lo consegnava non mentisce.

In quella carta erano soli i periodi che riguardavano il Papa e il Concilio, intestati: - La voce del cielo è al Pastore dei Pastori. - Noi già li conosciamo. Era un comando perentorio, assoluto, che non si sciogliessero le difficoltà, si troncassero; che venissero superate le angustie; che si continuasse l'opera incominciata, e si terminasse con celerità; che l'aiuto di Maria SS. era sicuro. Il Signore voleva la definizione dommatica dell'infallibilità papale.

Il Papa lesse e rilesse quella carta, meditò alquanto, fece alcune interrogazioni, e noi crediamo che fin da quel momento risolse a non più indugiare.

Quindi chiese a Don Bosco:

 - Non potreste voi lasciar Torino e venire qui con me a Roma? La vostra Congregazione ne perderebbe?

 - Oh Santo Padre, sarebbe la sua rovina!

Il Papa non insistette, ma era suo manifesto desiderio di ritenerlo a Roma e prenderselo al fianco, elevandolo alla dignità di Principe della Chiesa.

“ Ma Don Bosco amava troppo i suoi giovani per lasciarli ”; sono sue precise parole. Disse bene Don Rua, quando definì Don Bosco: “ un uomo nel quale Dio elevò la paternità spirituale al più alto grado ”.

In quel giorno il Venerabile scriveva a Don Rua, al quale ripeteva alcune concessioni già comunicate.

 

 

Carissimo Don Rua,

 

A quest'ora avrai ricevuta una mia lettera. Ora aggiungo che fui all'udienza del Santo Padre, che mi accolse con amorevolezza inesprimibile. Gradì, parlò, rise, e lodò assai la pubblicazione e la collezione delle Letture Cattoliche e della Biblioteca e ci animò a continuare. Sono più cose che non ci conviene affidare alla carta; dirò soltanto che abbiamo molti motivi di essere contenti.

Intanto avvisa i nostri amati giovani che tutti quelli che appartengono alla Casa dell'Oratorio possono per l'avvenire acquistare indulgenza plenaria tutte le volte che si accostano alla Santa Comunione.

Per te àvvi la facoltà di leggere e ritenere qualsiasi libro proibito, dare la benedizione papale in articulo mortis, benedire medaglie e crocifissi.

Pel denaro non sono più a tempo. Ho già disposto pel consolidato. Per ciò di' a D. Savio che pensi a prepararne; io porterò a casa un paio di mille franchi.

Temeva assai della buona Giacinta Bertinetti; ho pregato e pregherò pel riposo dell'anima di Lei. In quanto alla casa, o meglio alla famiglia di Chieri, si può lasciare come è; giunto a Torino, vedremo il da farsi.

Avevo detto di preparare la festa di S. Francesco di Sales la domenica di quinquagesima; ora però sarà meglio differirla fino alla domenica prima di quaresima, perchè i Direttori delle nostre case non si possono, se non con difficoltà, allontanare dai loro giovani in quel

l'epoca. È sempre inteso, si Dominus dederit, che partirò al 21 corrente da Roma; un paio di giorni a Firenze, poi a Torino.

Le cose di nostra Congregazione vanno assai bene. Continuate a pregare.

Di' a Barale che uomo allegro il ciel lo aiuta. Dio ci benedica tutti e ci conservi per la via del cielo. Amen.

 

ROMA, 12 - 2 - 1870

Aff.mo in G. C.

Sac. Giov. Bosco.

 

P. S. - Di' a D. Bonetti che cominci pure a lavorare o meglio a preparare materiali per la costruzione. Intanto Dio ci aiuterà.

 - Orario della festa di S. Francesco di Sales da mandarsi:

A S. E. il Conte Sclopis Senatore del regno, casa propria, piazza d'Erbe.

D. Tomatis, casa propria, accanto lo scalo di Porta Nuova.

Dam. Falletti, casa propria ecc.

Sig. Giacobini casa propria, vicino ai molini di città.

Sig. Grida proprietario, idem.

Cav. Lintau, casa propria, piazza d'Italia.

Mad. Chirio Angela.

 

Pio IX intanto, colla sicurezza che il Signore non lo avrebbe abbandonato, tranquillo e con fiducia mirabile proseguiva la grande opera. Le stesse defezioni erano un nuovo argomento e un eccitamento a sollecitare. L'ostinazione del Patriarca Caldeo Audu, la rivoluzione degli Armeni a Costantinopoli, la disobbedienza e fuga dei monaci Armeni Antoniani a Roma, alla quale erano stati incoraggiati da qualche vescovo francese: il ritorno, senza licenza di molti prelati dell'opposizione alle loro Diocesi; la scellerata agitazione in Svizzera, contro l'infallibilità, dell'Herzog, più tardi consecrato sacrilegamente Vescovo de' Vecchi - cattolici, erano cose predette nella carta di Don Bosco con le parole: Il nemico del bene seminerà la discordia fra i tuoi assessori; susciterà nemici tra i miei figli.

Ma si diceva anche: La grande Regina sarà sempre il tuo aiuto! E lo fu anche a que' giorni. Il Concilio era circondato da potenti nemici, e Maria Santissima, in modo inaspettato, non permise che alcun di essi riuscisse a turbarlo.

La Francia che teneva, si sarebbe detto, il Concilio in mano, potendo a suo talento imporgli fine col solo richiamo delle sue milizie, conseguentemente avrebbe anche potuto fare proposte assai moleste e farle valere col peso della sua potenza. Ma, proprio durante il concilio, era capo del Ministero di Napoleone Emilio Ollivier, il quale, rispetto alla questione Romana, teneva saldo il principio di mantenere in Roma il presidio francese e di non permettere che venisse in alcun modo messa in pericolo la piena libertà del Concilio.

La Baviera, desiderosa di fare opposizione, tentò per mezzo dell'Inghilterra di unire le altre potenze in un'azione comune, e, a questo fine, aveva già guadagnato il direttore della politica inglese Mr. Gladstone. Ma l'agente diplomatico dell'Inghilterra, Odo Russel, avendone dissuaso il ministro degli affari esteri, Lord Clarendon, il Gladstone non trovò nel ministero l'appoggio per le sue proposte, e la Baviera si ritirò delusa.

Il rappresentante del Governo Prussiano in Roma, Arnim, era instancabile nell'infiammare le passioni contro il Concilio: ma il principe di Bismarck, benchè certamente per nulla amico al grande consesso cattolico, in que' momenti per ragioni di umana politica, impose silenzio al troppo zelante diplomatico.

I politici settarii dell'Austria, della Spagna e del Portogallo, non osarono dare un passo senza le altre potenze, mentre l'Italia fu tenuta lontana da Roma dalla guarnigione francese, finchè la guerra tedesco - francese ne cagionò la partenza.

Chi non vede in questi avvenimenti la mano della Provvidenza divina?

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